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La Liturgia di Domenica 26 Novembre 2023

26/11/2023

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NOSTRO SIGNORE GESU' CRISTO RE DELL'UNIVERSO
XXXIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO  - ANNO A - RITO ROMANO
ULTIMA DELL'ANNO LITURGICO

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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: BIANCO
COMMENTO AL VANGELO
di Don Massimo Tellan
“Alla sera della vita, saremo esaminati sull’amore” (cfr. S. Giovanni della Croce) è stato scritto, Signore, quasi a voler riassumere efficacemente questa pagina evangelica!
Quanto avremo amato e come lo avremo fatto?
Ci chiederai alla “sera della vita”. E per non giungervi impreparati, ci inviti a chiedercelo al termina di questo anno liturgico, come al termine di ogni singolo giorno. Tuttavia come non scivolare in una tranquillizzante filantropia, da un lato, o in un riduttivo pauperismo, dall’altro, nel quale i poveri e gli ultimi sono “sfruttati” per sentirci a posto con la coscienza o peggio per “meritarci il Paradiso”?
La risposta è tutta in questa pericope del giudizio finale. Sia i giusti che gli empi non ebbero a riconoscerti nelle diverse “categorie” di ultimi che tu, Signore Gesù, enumeri oggi. Ma i primi, nonostante questo, se ne presero cura, i secondi assolutamente no. Perché? Cosa videro i giusti se non videro te, tanto da amare senza riserve gli affamati, gli assetati, gli stranieri, gli ignudi, i malati o i carcerati? Non ti riconobbero ma li amarono, amando te, senza strumentalizzare loro.
Perché?
Credo perché l’amore si trasmette per contagio e si vive per emulazione. Contagiati da chi se non tu, Signore? Emulare chi altri se non te, o Maestro?
Non sei tu, infatti, il Pastore bello che si prende cura di noi, pecore del gregge, venendoci a cercare nelle terre disperse nelle quali questo tempo dispersivo ci relega? Non sei tu il Pastore buono che ci raduna quando i tempi “nuvolosi e di caligine” – come quelli di questa storia umana – ci percuotono e ci mettono in fuga con la verga della paura e dell’incertezza? Non sei tu il Pastore premuroso che ci conduce a quei pascoli in cui trovare il cibo che nutre davvero, salvandoci dall’affanno di cercare ciò che non sazia e non appaga?
Si, Signore Gesù, sei tu che sei venuto a cercarci per riportarci a Casa, dando significato alla nostra esistenza altrimenti votata allo smarrimento; sei tu che hai fasciato le ferite inferteci dal male e curato la malattia del nostro peccato; sei tu che non hai fatto discriminazione neppure tra “la grassa e la forte” a vantaggio della debole e della smunta. (Cfr. Ez 34,11-12.15-17).
Tu hai cura di tutto, Signore amante della vita, e tutto vuoi ricondurre sotto la tua cura perché – alla fine di tutto – Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,28)!
Se tu hai fatto così con noi, come potremmo noi non fare altrettanto con chi ci poni accanto? Amore con amor si paga! Questa la giustizia da compiere per esser trovati giusti… Dare da mangiare agli affamati ricordando che tu, Signore, ci hai sfamato con un cibo che nutre per la vita eterna. Dare da bene agli assetati, nella consapevolezza che tu hai abbeverato la sete dell’anima nostra, come “cerva ai corsi d’acqua” (Sam 41/42). Accogliere lo straniero, non dimenticando che siamo tutti stranieri in questo mondo e ancor più alle realtà del Cielo se tu non ci avessi reso “concittadini dei santi e familiari di Dio” (cfr. Ef 2,19).
Vestire chi è nudo, sentendo che la pelle dell’umana fragilità è stata rivestita dalla tua misericordia nel momento in cui hai voluto assumerla col farti uno di noi. Visitare gli ammalati, ricordando che tu hai curato ogni nostro tipo di infermità, nel corpo e nello spirito, col bere fino in fondo – sull’alto della croce – il calice amaro del male perché noi potessimo gustare la dolcezza della tua compassione. Andare a trovare chi è carcerato, facendo memoria che noi tutti, pure, eravamo sotto la schiavitù del peccato e della morte, prigionieri della paura e dell’angoscia, finché tu “non sei risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti” (1Cor 15,20).
In altre parole, sentendoci salvati, diventare portatori di salvezza; amati che amano. Pur senza saperlo, avremo fatto ogni cosa a te, Cristo Gesù. E perché lo avremo fatto? Per corrispondere al tuo amore! Infatti, “gratuitamente abbiamo ricevuto” e per questo gratuitamente vogliamo dare (cfr. Mt 10,8).
E perché gli “empi” non lo avranno a fare? Perché, accecati dalla propria autosufficienza, non sono capaci di vedere il bene ricevuto, scordando di corrispondergli col dono di sé. Donaci, Signore, di far sempre memoria del tuo dono cosicché, “gratuitamente amati”, amiamo!
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​LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
che hai voluto ricapitolare tutte le cose
in Cristo tuo Figlio, Re dell'universo,
fa' che ogni creatura,
libera dalla schiavitù del peccato,
ti serva e ti lodi senza fine.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta (Anno A)
O Padre,
che hai costituito il tuo Figlio
pastore e re dell'universo,
donaci di riconoscerlo nel più piccolo dei fratelli,
perché, quando egli verrà nella gloria
ci accolga nel suo regno di risurrezione e di vita.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Ez 34,11-12.15-17
Voi siete mio gregge, io giudicherò tra pecora e pecora
​
Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine.
Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia.
A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.

SALMO RESPONSORIALE - Sal 22
Rit. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare.
Ad acque tranquille mi conduce. Rit. 

Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome. Rit. 

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca. Rit. 

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni. Rit. 

SECONDA LETTURA - 1Cor 15,20-26.28 
Consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti

Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte.
E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.

VANGELO - Mt 25,31-46 
Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna»
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La Liturgia di Domenica 19 Novembre 2023

19/11/2023

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XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - A - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
​Siamo davanti ad una splendida parabola, che ci pone davanti quello che è il senso della vita e del suo epilogo, ovvero il giudizio di Dio.

Il padrone della parabola è immagine di Dio, che affida a ciascuno di noi i suoi beni che sono di inestimabile valore: questi beni, prima che le nostre capacità naturali, sono anzitutto i suoi doni, la sua grazia: la sua parola, i sacramenti, il Suo perdono. Quindi, tutti i doni che ci ha dato, a cominciare dal dono della vita: «Ognuno di noi è un capitale preziosissimo, ognuno di noi è un "sogno di Dio" chiamato a diventare realtà!» (card. Comastri). Sì, ognuno, che sia fisicamente sano o ammalato, più o meno capace, è un dono unico e di inestimabile valore!

E capiamo bene che se siamo un dono, se la nostra vita è un dono, l'unico modo perché si realizzi è quella di donarla agli altri, metterci a servizio di Dio e del prossimo. Se teniamo tutto per noi, se viviamo all'insegna dell'egoismo, tutto quello che siamo e che abbiamo si perderà; se invece lo doniamo, si moltiplicherà e sarà nostro per l'eternità. Per questo motivo Gesù nella parabola loda gli uomini che hanno fatto fruttificare i talenti: costoro sono i santi, sono coloro che hanno vissuto nella logica divina dell'amore e del dono di sé.

Se ci facciamo caso, l'uomo nella parabola non a tutti dona allo stesso modo: ma è un'ingiustizia divina questa? È forse segno che qualcuno è privilegiato rispetto ad altri? No, è segno della fantasia di Dio, perché Dio non ama la monotonia. Se tutti fossimo uguali, che noia! Saremmo come una produzione in serie, frutto più di una catena di montaggio che non figli del Dio Amore. La diversità dei talenti ci vuole dire che tutti siamo amati e preziosi allo stesso modo, ma ciascuno di noi ha una strada tutta sua per santificarsi, ha un suo compito e una sua vocazione. Dio ha "equipaggiato" ognuno di noi con le caratteristiche e le capacità che gli sono necessarie per portare a termine la sua missione, unica e irripetibile. E ciascuno, nello scacchiere della storia dell'umanità, è preziosissimo al suo posto quasi come un arcangelo al suo, diceva il beato Newman.

Ciò che conta è scoprire la propria vocazione e viverla con generosità, all'insegna della carità. Allora la carità diventa davvero la festa della comunione e della condivisione, che genera l'uguaglianza. Non dimenticare che se hai la salute, se hai intelligenza, se hai e delicatezza, sensibilità, semplicità... insomma, tutto ciò che hai e che sei non è per te, ma per gli altri, specialmente per chi non ne ha: se trattieni per te i doni di Dio, proverai il disgusto e la noia dell'egoismo, l'amarezza e l'inquietudine dell'avaro che sono sapori tipicamente infernali; se trattieni per te i doni di Dio, ristagneranno e alla fine, marciranno. Sarai come un chicco di grano che, caduto in terra, non muore, restando solo!

Il problema al rendiconto finale, infatti, è aver fatto fruttificare o no i talenti che erano stati affidati: è aver dunque vissuto bene la nostra vita, sfruttando le occasioni che Dio ci ha donato per crescere nella fede e nell'amore. Non importa quanti o quali erano, ciò che conta è impegnarli, facendoli fruttificare nelle banche dei cuori degli altri. Quanti pensano che la volontà di Dio sia un duro sacrificio, una rinuncia. Ma non è vero! La volontà di Dio non è una prigione, è un dono; la volontà di Dio è un'occasione meravigliosa che abbiamo per dare frutto, perché prendiamo possesso della fiducia che Dio ci dà, realizzando nella verità la nostra vita: questo è il senso della vocazione!
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Il tuo aiuto, Signore Dio nostro,
ci renda sempre lieti nel tuo servizio,
perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene,
possiamo avere felicità piena e duratura.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta (Anno A)
O Padre, che affidi alle nostre mani
le meraviglie della creazione e i doni della grazia,
rendici servi operosi e vigilanti,
perché facciamo fruttare i nostri talenti
per entrare nella gioia del tuo regno.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Pr 31,10-13.19-20.30-31
La donna perfetta lavora volentieri con le sue mani

Una donna forte chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.
Gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.
Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.
Stende la sua mano alla conocchia
e le sue dita tengono il fuso.
Apre le sue palme al misero,
stende la mano al povero.
Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.
Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani
e le sue opere la lodino alle porte della città.

SALMO RESPONSORIALE - Sal 127
Rit. Beato chi teme il Signore

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene. Rit. 

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa. Rit. 

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita! Rit. 

SECONDA LETTURA - 1Ts 5,1-6
Non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro

Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire.
Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.
Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.

VANGELO - Mt 25,14-30
Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

oppure:
VANGELO Forma breve - Mt 25,14-15.19-21
Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”».
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La Liturgia di Domenica 12 Novembre 2023

12/11/2023

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XXXII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - A - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
di Luca Rubin
Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l'olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli vasi.

L'unica differenza tra le vergini stolte e le vergini sagge sta in questa piccola provvista di olio: tutte queste dieci vergini escono di casa, prendono le lampade camminano nella notte, attendono, si addormentano. Il Vangelo giunge subito a una conclusione, affermando che cinque erano sagge e cinque erano stolte, e infatti il testo spiega subito il perché di questa stoltezza o di questa saggezza: sono stolte perché pur uscendo di casa e mettendosi in cammino prendendo le lampade non portano con sé un po' di olio di riserva come hanno fatto le sagge. Lo sposo potrà tardare ma non troppo, quindi l'olio da aggiungere alla lampada non deve essere molto.
Le prove della vita ci trovano sempre impreparati perché sono imprevedibili perché sono situazioni in cui non vorremmo mai trovarci, ma tante volte queste prove possono essere affrontate meglio se viviamo un po' di saggezza e di prudenza. Nella vita tutti attendiamo, tutti abbiamo bisogno di un po' più di olio: l'olio della pazienza, della speranza e della perseveranza. L'olio della pazienza è necessario quando tutto ci va storto, quando viviamo una situazione sfavorevole, quando siamo stanchi e oppressi; l'olio della perseveranza ci permette di proseguire a camminare nella notte nonostante il buio e la fatica del cammino; l'olio della speranza è quel cucchiaino di olio che ti darà la gioia di una nuova vita, la gioia di una soluzione. Pazienza, perseveranza e speranza sono le virtù che le donne sagge hanno vissuto, portando con sé quel poco di olio in più.

Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: "Ecco lo sposo! Andategli incontro!". Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: "Dateci un po' del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono". Le sagge risposero: "No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene".

Lo sposo tarda. È il momento della gioia che si fa attendere, è il momento più faticoso, perché siamo tutti pronti a gioire ma nessuno di noi è pronto ad attendere, a pazientare, a perseverare nonostante tutto. Lo sposo che tarda è l'invito più bello che ti viene rivolto: è un invito che dice fiducia e sicurezza: Lo sposo sa di poter tardare perché tu lo attendi e hai fondato tutta la tua vita in quell'attesa. Se attendo è perché qualcuno deve arrivare, e attendo colui che è tutta la mia gioia e tutta la mia vita.
Quando arriva lo sposo ci si rende conto che l'olio non è sufficiente e si fa esperienza della propria mancanza. L'incontro ci trova sempre impreparati, perché è un incontro tra dispari, tra Dio che l'immenso, il buono, il santo e me piccolo, mediocre e misero, eppure in questo incontro si realizza la promessa di Dio che mi viene incontro, sul terreno delle mie sconfitte, per farmi vincere su tutti i venti contrari, grazie alla sua fedeltà.
Le vergini sagge danno un consiglio quantomeno strano: consigliano alle compagne di andare a comprare l'olio a quell'ora della notte, allontanandole dalla festa, dalla gioia e dall'incontro, ben sapendo che il negoziante a quell'ora non sarebbe stato disponibile. Eppure, esse vanno, si fidano. Non sono tanto vergini stolte quanto persone semplici e ingenue che non riescono a organizzare la propria vita e si lasciano andare all'improvvisazione. Ben prima del consiglio delle altre, queste cinque si allontanano.

Ora, mentre quelle andavano a comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: "Signore, signore, aprici!". Ma egli rispose: "In verità io vi dico: non vi conosco".

Arrivò lo sposo e la porta fu chiusa. Una festa per quanto allargata è sempre delimitata degli spazi dell'intimità, dell'amicizia. Per la mentalità che abbiamo, vorremo sempre un lieto fine, e sia e che anche queste cinque donne possano partecipare alla festa, ma Gesù è molto chiaro: "in verità non vi conosco".
Non si incontra il Signore per caso, non si intesse una relazione perché è successo così senza volerlo: per far parte del Regno c'è bisogno di tutto me stesso, della mia volontà, del mio desiderio, della mia saggezza. Queste cinque donne escluse dalla festa trasmettono e illustrano la radicalità evangelica: non è un adesione alla dottrina, non è una religione, non è una tessera di appartenenza, ma è saper vivere per il Vangelo, con il Vangelo, nel Vangelo: Vivo per il Vangelo quando trovo in esso la risposta a ogni mia domanda; vivo con il Vangelo quando esso mi offre l'esempio di una vita modellata e plasmata su quella di Cristo; vivo nel Vangelo quando la mia relazione con Dio diventa Parola incarnata, e io mi ritrovo a essere custodia della presenza di Dio.

Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.
​

Vegliare significa saper attendere, e attendere senza appuntamento, con l'unica certezza che lo Sposo giungerà. Vegliare significa portare con sé un po' d'olio per alimentare i giorni più bui e sostenere il nostro cammino. solo così incontreremo lo Sposo e la sua gioia.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Dio onnipotente e misericordioso,
allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te,
perché, nella serenità del corpo e dello spirito,
possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta (Anno A)
O Dio, voce che ridesta il cuore,
nella lunga attesa dell'incontro con Cristo tuo Figlio
fa' che non venga a mancare l'olio delle nostre lampade,
perché, quando egli verrà,
siamo pronti a corrergli incontro
per entrare con lui alla festa nuziale.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Sap 6,12-16
La sapienza si lascia trovare da quelli che la cercano

La sapienza è splendida e non sfiorisce,
facilmente si lascia vedere da coloro che la amano
e si lascia trovare da quelli che la cercano.
Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano.
Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà,
la troverà seduta alla sua porta.
Riflettere su di lei, infatti, è intelligenza perfetta,
chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni;
poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei,
appare loro benevola per le strade
e in ogni progetto va loro incontro.

SALMO RESPONSORIALE - Sal 62
Rit. Ha sete di te, Signore, l’anima mia

O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua. Rit.

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode. Rit.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca. Rit.

Quando nel mio letto di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali. Rit.

SECONDA LETTURA - 1Ts 4,13-18
Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti

Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.
Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore.
Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.

oppure:
SECONDA LETTURA Forma breve - 1Ts 4, 13-14
Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti

Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.

VANGELO - Mt 25,1-13 
Ecco lo sposo! Andategli incontro! 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
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La Liturgia di Domenica 5 Novembre 2023

5/11/2023

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XXXI DOMENICA TEMPO ORDINARIO - A - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
di Luciano Cantini
Gli scribi e i farisei
Il termine farisei è una parola proveniente dall'ebraico pārûsh che significa «separati», i farisei si consideravano separati rispetto agli altri Israeliti, ritenuti meno osservanti della Torà (la Legge) di Mosè.
Il movimento farisaico era formato da laici impegnati nell'osservanza meticolosa della Legge mosaica, fin nelle minuzie, desideravano costituire un gruppo di fedelissimi testimoni di Jaweh; ritenevano che il loro comportamento avrebbe accelerato la venuta del Messia. Giuseppe Flavio, storico ebraico del primo secolo dice di loro: «essi godono fama d'interpretare esattamente le leggi, costituiscono la setta più importante, e attribuiscono ogni cosa al destino e a Dio». Per questo godevano della stima della gente semplice che nella pratica quotidiana, presa dalla fatica e dal lavoro, si trovava impedita rispetto a quanto la Legge sembrava imporre. Avevano una grande influenza sul Tempio e i suoi riti, legati come erano alle tradizioni erano anche innovatori perché stimolati a indagare nella Scrittura ed escogitare nuove norme nella logica conseguenza di quanto già stabilito.
Gli scribi facevano parte della classe dirigente, scriba deriva dall'ebraico «sopèr» (dal verbo «sapàr - contare»), lo scriba è l'uomo del libro, il custode della Legge, colui che legge, scrive e conta, interpretava e dava responsi sul senso della legge e sulle questioni giuridiche.
Il brano del Vangelo è fortemente polemico ma non è una condanna degli Ebrei del tempo di Gesù, né dell'Ebraismo odierno che conosciamo solo per qualche manifestazione esteriore. Dovremmo leggere l'espressione di Gesù come una sparata, nello stile dei profeti, contro tutti i falsi credenti, a qualsiasi comunità religiosa appartengano. Compreso i Cristiani che, per star dietro alle tradizioni precedenti al cristianesimo o per contrastare altre tradizioni, sono scivolati in alcuni devozionismi, che non hanno senso in una visione spirituale del primo e del secondo Testamento.
​
Per essere ammirati
Il capitolo 23 del Vangelo secondo Matteo snocciola una serie di «guai a voi» agli Scribi e ai Farisei definendoli «ipocriti», il brano di oggi mette le premesse facendo emergere le motivazioni di fondo di certe scelte di tipo religioso. Non perché non apparteniamo al mondo ebraico e neppure a quel movimento siamo esenti da certe deviazioni; dovremmo domandarci - soprattutto in ambito ecclesiale - quanto certe strutture, edifici, abiti, tradizioni, riti, manifestazioni... sono davvero per la gloria di Dio o per la soddisfazione degli uomini. Dovremmo domandarci con sincerità quale posto Dio occupa nella nostra vita religiosa, se viviamo più di religione che di Fede.
Una vita eticamente ineccepibile e le celebrazioni rituali tipiche di una vita “religiosa” cadono facilmente nel formalismo senza la Fede, mentre la Fede si confonde con forme di spiritualismo intimistico se vissute senza manifestazioni di tipo religioso. La religiosità è una esigenza umana in cerca di una relazione con Dio (con il rischio di fermarsi davanti ad una immagine artificiale di Dio), mentre la fede nasce da Dio: “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi” (1 Gv 4,10; Rm 5,8); nella fede si riconosce l'amore di Dio per l'uomo per poi rispondere conseguentemente nella vita.
La religione, così come è vissuta dai farisei, è basato troppo sullo sforzo dell'uomo per permettere l'accesso alla conoscenza di Dio; la pratica religiosa stringente è di ostacolo all'incontro della libertà dell'individuo con l'obbedienza che si deve a Dio che chiama.

Non fatevi chiamare
Gesù non condanna i titoli in sé (anche se certe forme di spagnolismo o di etichetta ecclesiastica finiscono per creare differenze e distanze), ma il vuoto e la perversione che c'è dietro di essi. La preoccupazione del titolo, della immagine porta alla vanità; quando si usa un abito per proteggersi, nascondersi piuttosto che rivelarsi, quando ci preoccupiamo di più di come si appare all'esterno piuttosto che curare l'interiorità, in tutti i campi dell'agire umano e tanto più nella Chiesa, svuotiamo di senso le relazioni umane e viviamo una religione senza Dio. Il mondo di oggi abbonda di maestri e insegnanti che vogliono dire la loro - basta ascoltare i commenti alle partite di calcio -, ognuno ha una idea originale da esprimere, un concetto innovativo, ma è povero di testimoni, uomini e donne coerenti che parlano con la loro vita. Paolo VI lo ha capito affermando: «L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (2 ottobre 1974).
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Dio onnipotente e misericordioso,
tu solo puoi dare ai tuoi fedeli
il dono di servirti in modo lodevole e degno;
fa' che corriamo senza ostacoli verso i beni da te promessi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta (Anno A)
O Dio, creatore e Padre di tutti,
donaci lo Spirito del tuo Figlio Gesù,
venuto tra noi come colui che serve,
affinché riconosciamo in ogni uomo
la dignità di cui lo hai rivestito
e lo serviamo con semplicità di cuore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Ml 1,14- 2,2.8-10
Avete deviato dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento

Io sono un re grande – dice il Signore degli eserciti – e il mio nome è terribile fra le nazioni.
Ora a voi questo monito, o sacerdoti. Se non mi ascolterete e non vi darete premura di dare gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su voi la maledizione.
Voi invece avete deviato dalla retta via
e siete stati d’inciampo a molti
con il vostro insegnamento;
avete distrutto l’alleanza di Levi,
dice il Signore degli eserciti.
Perciò anche io vi ho reso spregevoli
e abietti davanti a tutto il popolo,
perché non avete seguito le mie vie
e avete usato parzialità nel vostro insegnamento.
Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro, profanando l’alleanza dei nostri padri?

SALMO RESPONSORIALE - Sal 130
Rit. Custodiscimi, Signore, nella pace

Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me. Rit. 

Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia. Rit. 

Israele attenda il Signore,
da ora e per sempre. Rit. 

SECONDA LETTURA - 1Ts 2,7-9.13 
Avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita

Fratelli, siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.
Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio.
Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti.

VANGELO - Mt 23,1-12
Dicono e non fanno

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
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La Liturgia di Mercoledi 1 Novembre 2023

1/11/2023

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NOVEMBRE:
MESE DEDICATO ALLE ANIME dei DEFUNTI

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La pietà cristiana dedica questo mese al ricordo dei defunti. Un mese intero per ricordare e rinsaldare il legame di solidarietà che esiste tra chi è ancora pellegrino sulla terra e chi ci ha preceduti nella vita eterna.
Un mese intero in cui devono essere più numerose le azioni di suffragio per i nostri cari defunti. Ma anche per tutti i defunti indistintamente, compresi quelli che nessuno più ricorda, ma che da Dio sono amati e conosciuti per nome.
Un mese intero per meditare che cos'è il peccato, che ha portato la morte nel mondo. E per pensare che su questa terra siamo solo dei viandanti senza borsa e senza sandali, che non hanno paura della morte, perché sentono nostalgia della vera patria, più grande e più bella di questo mondo, e vivono in modo da poterla raggiungere.
Oggi come forse mai, i non credenti sono protesi verso la ricerca del piacere, e tanti credenti sono animati da una sorta di ottimismo spensierato, come se tutto alla fine dovesse finire bene, come in certi tipi di films. Allora il mese di novembre viene a richiamarci a quelle sobrie verità che i nostri ragionamenti non potranno mai cambiare. In tal modo le verità circa la sorte dell'uomo dopo la morte, rivelataci da Cristo, spazzano via tutte le tenebre, tutte le perplessità, tutti i nostri dubbi per far luce alle sue parole: «Io sono la via, la verità, la vita».

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SOLENNITA' DI TUTTI I SANTI - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA' DI PRECETTO
Colore liturgico: BIANCO
COMMENTO AL VANGELO
di Luca Rubin
​Nel nostro linguaggio attuale beato è chi sta bene, chi non ha problemi, chi vive una vita soddisfacente sotto tutti i punti di vista; è beata una persona a cui non manca niente: soldi, fortuna, una bella famiglia, una bella macchina... Ebbene, siamo fuori strada, perché queste beatitudini che Gesù proclama sembrerebbero in dissonanza con i suoi perché (ad esempio "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli"). I perché di Gesù ci sconvolgono, e viviamo uno scollamento notevole tra la beatitudine e il suo perché.
Per rispondere a questa a questa difficoltà possiamo usare la regola delle 5 W (iniziali di Who, What, Where, When, Why), considerata la regola principale dello stile giornalistico anglosassone.

Chi? (Who?)
È beato chiunque ascolta o legge quelle parole di Gesù. Nello specifico i beati siamo noi, sei tu. Non delegare la beatitudine ai santi in paradiso. La Parola di Dio è tale quando viene proclamata e ascoltata, quando viene vissuta e assimilata. Solo allora quella Parola realizza ciò che dice. Le beatitudini sono questa realizzazione nella mia vita: beato sono io perché quella parola mi ha raggiunto e mi dà la possibilità di vivere quella promessa: ho davanti a me una strada da percorrere, non un muro ma una strada, non un muro ma un ponte.

Che cosa? (What?)
La risposta a questa domanda risiede nel dimostrare a me stesso che la Parola di Dio non è una favoletta, ma bensì la possibilità di vivere oggi la realtà e la vita stessa di Dio, il quale, pur essendo pienamente beato (chi più di Lui), si è reso maledetto: "Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno" (Gal 3,13). Dio si è fatto maledetto perché noi potessimo essere beati.

Quando? (When?)
La Parola di Dio è come un pane appena sfornato, sempre fresco, non ha data di scadenza e non si esaurisce mai, come una sorgente che ha sempre acqua fresca e buona. Il " quando" delle beatitudini è quando fai fatica, quando non capisci il senso, quando tutto ti si rivolta contro, il quando di queste beatitudini è la pandemia che stiamo attraversando: siamo beati perché anche in mezzo a una pandemia ci viene tracciata davanti una strada da percorrere: una strada in salita, faticosissima e a tratti impraticabile... eppure davanti a noi c'è una strada tutta da percorrere.

Dove? (Where?)
Il luogo in cui tu vivi adesso. Il luogo può essere anche un luogo spirituale e concettuale: il luogo del dolore, della fatica, il luogo della tua vita che non accetti, il momento peggiore di tutta la tua vita. In quel luogo sei chiamato a vivere la beatitudine. Quel luogo custodisce il seme di una vita nuova.

Perché? (Why?)
Questa è la domanda più difficile: perché sono beato? A questa domanda risponde la strada che hai davanti: sono beato perché anche in mezzo alle difficoltà, Dio rimane il Padre presente e operante, Colui che è al mio fianco di giorno e di notte, tutti i giorni della mia vita. Il perché è una domanda che diventa anche risposta: sono beato perché Dio ha cura di me, mi prende per mano e quella strada non è un imperativo a cui sottomettersi ma diventa il luogo della presenza di Dio, espressione concreta della sua compagnia.

Come? (How?)
Alle 5 W è stata aggiunta una H, How (Come), per descrivere anche lo svolgimento dell'evento. Come posso essere beato? Qui inciampiamo tutti i giorni, perché spesso vediamo la proposta di Gesù come qualcosa che tarpa le nostre ali e che blocca la nostra vita, e quindi a questa domanda rispondiamo che essere beati è impossibile. Ti do una bella notizia: anche Maria ha risposto più o meno così all'arcangelo Gabriele quando annuncia l'incarnazione del Verbo, ha chiesto il " come". La risposta data a Maria ci torna molto utile: "Nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37). In questa cornice dell'impossibilità facciamo entrare Dio, il Dio dell'impossibile.
La beatitudine non è il traguardo ma il punto di partenza, è il contratto stipulato tra me e Dio. Ogni beatitudine è una clausola di questo contratto; Dio si impegna a osservare con me. In ogni mia difficoltà c'è il seme della beatitudine, una beatitudine alla quale sono chiamato a tendere come hanno fatto tutti i santi, che hanno firmato questo contratto e gli sono rimasti fedeli.
Beato te!
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
che ci doni la gioia di celebrare in un’unica festa
i meriti e la gloria di tutti i Santi, concedi al tuo popolo,
per la comune intercessione di tanti nostri fratelli,
l’abbondanza della tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Ap 7,2-4.9-14
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo:
centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

SALMO RESPONSORIALE - Sal 23
Rit. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito. R.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli. R.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R.

SECONDA LETTURA - 1Gv 3,1-3
Vedremo Dio così come egli è

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. 
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

VANGELO - Mt 5,1-12
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli
​
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
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