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La Liturgia di Domenica 20 Settembre 2020

20/9/2020

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XXV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO A - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
Giustizia e compassione
No, certo, Dio non la pensa come noi.
E per quanto ci sforziamo non riusciremo neanche lontanamente ad afferrare la sua visione delle cose.
Così Isaia scuote i deportati in Babilonia indicando loro la corretta logica di Dio: se saranno riscattati, se potranno tornare in Israele, se infine, ritorneranno liberi, non sarà per loro merito ma per iniziativa gratuita del Signore!
Paolo, commosso, riceve da Filippi, la più amata fra le sue comunità, la prima "europea", Epafrodito (discepolo di san Paolo di Tarso e primo vescovo di Filippi) che gli porta consolazione e denaro. È una visita inattesa che aiuta Paolo a sostenere le angustie e la prigionia di Efeso e lo convince a resistere anche se tutto, apparentemente, sembra precipitare nel caos come, forse, sta accadendo a molti fra noi in questo mondo che pare dissolversi.
Come possiamo, allora conoscere la logica di Dio?
Scrutando la Parola, meditandola, celebrandola perché, davvero, diventi lampada i nostri passi.
Come accade, oggi, con l'incomprensibile parabola degli operai dell'ultima ora.

Il padrone della vigna
È il padrone il protagonista della parabola.
È di lui che Gesù vuole parlare, e della sua idea di giustizia e di merito.
Perché in Israele tutti erano convinti, anche gli apostoli!, che la salvezza si dovesse meritare, e che la fede fosse una sorta di contratto fra dare e avere. E anche noi, spesso, pensiamo qualcosa del genere.
Nonostante Gesù, nonostante il vangelo, nonostante duemila anni di cristianesimo.
gli operai della prima ora, e anche noi lo abbiamo pensato: questo padrone esagera pagando gli operai dell'ultima ora come quelli della prima. Non è giusto.
Dio ci invita a superare la giustizia e ad entrare nella sua logica che è ben più ampia.
È giusta, la giustizia, ci aiuta nei comportamenti umani ma, ad un certo punto, raggiunge un limite che non riesce a superare. È allora che c'è bisogno di qualcosa di più grande della giustizia.
Resta, la giustizia, ma non è più sufficiente. Intervengono il perdono, la misericordia, la compassione.
No, la giustizia non basta.

Good news
La splendida notizia della parabola è che il Dio di Gesù ama anche gli ultimi e non soltanto i primi, come dicevano i farisei. E che Dio vuole che tutti siano primi!
È un'altra la giustizia di cui parla Gesù, va più a fondo, supera la proporzionalità, porta gli ultimi al livello dei primi. Seguendo questa logica anche noi discepoli possiamo capire qualcosa di Dio e di noi stessi. Sì, certo, la giustizia fa parte dell'edificio, ma non ne è la pietra angolare.
Davanti a questa sovrabbondanza, a questa savia follia, si respira aria di conversione.
Si convertono i peccatori, capendo che non sono più ultimi.
Si convertono i giusti, che non chiudono più Dio dentro la gabbia della giustizia.
Non è per i nostri meriti che siamo amati da Dio. Ma per i nostri bisogni. E questo amore ci spalanca allo stupore.

I servi
Anche noi fatichiamo ad uscire dalla logica del merito e del giudizio e, quel che è peggio, rischiamo di proiettarla addosso a Dio. Uscita dalla porta, la visione meritoria della fede in qualche modo rientra dalla finestra, opprimendoci sotto pesanti sensi di colpa e di inadeguatezza.
Da questa visione dobbiamo convertirci per credere nel Dio che Gesù è venuto ad annunciare.
Non il merito, ma l'amore gratuito di Dio ci salva. Perciò, accogliendo questo amore, compiamo opere meritorie.
Il padrone, inizialmente protagonista della parabola, viene, durante il colloquio, chiamato correttamente Signore, identificandolo così con Dio. Dopo avere dato ascolto ai servi e spiegato le sue ragioni, insinua un dubbio, come dicevamo.
Non fa una piazzata, non batte i pugni sul tavolo, non fa pesare la sua autorità (può fare quel che vuole del suo denaro!) ma mette una piccola pulce nell'orecchio dei servi.
E, rileggendo il testo, ha di che farlo.
Vedendo gli operai dell'ultima ora ricevere un denaro, quelli della prima ora pensano: «a noi darà di più». Ma, vedendosi pagare solo un denaro mormorano, non hanno nemmeno il coraggio di parlare apertamente!, e dicono: «a loro devi dare di meno». Non dicono quello che pensano, sarebbe stato più onesto. Sono pavidi, chiedono per gli operai delle cinque del pomeriggio meno. Meno di un denaro.
Meno del necessario per sfamare una famiglia. Chiedono per gli altri la fame. Forti con i deboli. Deboli con il forte. Immondi.
Certo, si nascondono dietro alti principi di giustizia, e hanno ragione.
In realtà celano un cuore piccolo che, invece, di reclamare di più, come vorrebbero, si vendica sugli altri perché abbiano di meno. Terribile.
​
Che fatica
Fatico ad accettare questa parabola disarmante, lo confesso.
Mi sento anch'io come l'operaio se non della prima, della seconda ora. Fatico soprattutto nel superare la giustizia.
Verso me stesso, sempre pronto, come credente, a confrontarmi con ciò che potrei essere, o diventare. A pesare col bilancino i miei difetti e le mie mancanze, come se a Dio importasse qualcosa dei miei peccati, sempre attento a mostrare di me il lato migliore, più evangelico, più luminoso.
Preoccupato della mia immagine, anche spirituale.
A volte intransigente con me stesso, fiero di poter apparire giusto agli occhi di Dio. Che idiota.
Fatico nel superare il senso della giustizia verso i miei fratelli. Sempre accogliente, certo, ma a certe condizioni. E più accogliente verso le persone più brillanti e simpatiche, più interessanti. Meno verso quelle che considero goffe, o superficiali, o arretrate nel cammino della conoscenza e della fede. A loro, certo, non darei un denaro, non metterei sullo stesso piano un martire della fede con una pia devota infarcita di fede superstiziosa!

Questo è il Dio di Gesù.
Questo è il Dio cui mi sono arreso.
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COMMENTO AL VANGELO
Colletta
O Dio,  
che nell’amore verso di te e verso il prossimo  
hai posto il fondamento di tutta la legge,  
fa’ che osservando i tuoi comandamenti  
meritiamo di entrare nella vita eterna.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...  

oppure:
Colletta  
O Padre, giusto e grande  
nel dare all’ultimo operaio come al primo,  
le tue vie distano dalle nostre vie  
quanto il cielo dalla terra;  
apri il nostro cuore  
all’intelligenza delle parole del tuo Figlio,  
perché comprendiamo l’impagabile onore  
di lavorare nella tua vigna fin dal mattino.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Is 55,6-9)
I miei pensieri non sono i vostri pensieri.

Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 144)
Rit: Il Signore è vicino a chi lo invoca.

Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza.    

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.    

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

SECONDA LETTURA (Fil 1,20-24.27) 
Per me vivere è Cristo.

Fratelli, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. 
Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. 
Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.

VANGELO (Mt 20,1-16) 
Sei invidioso perché io sono buono?

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
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La Liturgia di Domenica 13 Settembre 2020

13/9/2020

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XXIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO A - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
Rancore e ira sono cose orribili e il peccatore le porta dentro. Chi di noi non è mai stato preda del rancore o del risentimento? Sono sentimenti che ognuno di noi conosce purtroppo bene. La mia percezione dell'altra persona cambia totalmente, vedo solo il male che mi ha fatto o che credo mi abbia fatto, non riesco più a guardarla con un occhio positivo. Non riesco più neanche a capire come ho potuto in passato intrattenere una relazione cordiale con questa persona. Un velo ricopre i miei occhi. Voglio solo evitarla, non vederla e, se potessi, la cancellerei totalmente dalla mia esistenza.
Rancore e risentimento sono un veleno: una sola goccia basta a rendere amara tutta l'acqua che beviamo. Questa amarezza invade progressivamente tutto il nostro organismo ed i suoi effetti sono anche somatici: il volto diventa duro e si chiude; al pensiero dell'altro ho un peso sullo stomaco, un senso di oppressione nel petto. Quante delle nostre malattie non sono le conseguenze di amarezze rimasteci dentro ad avvelenarci. Questo sottolinea il passaggio del libro del Siracide citato in apertura: Rancore e ira sono cose orribili e il peccatore le porta dentro. Le portiamo dentro e lì ci corrodono e ci ossessionano.
Come possiamo diventare preda di tali sentimenti, come riescono ad invaderci in questo modo? La Parola di Dio ci offre una chiave per decifrare questo meccanismo nella storia di Caino e Abele.
Caino presenta i frutti del suolo come offerta al Signore mentre Abele offre i primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore, inspiegabilmente, gradisce l'offerta di Abele ma non quella di Caino. Quest'ultimo ne è molto irritato e il suo volto - dice il libro della Genesi - era abbattuto, rancore e ira invadono il suo cuore. Non capisce bene cosa gli stia succedendo, né come possa arrivare a provare astio per il proprio fratello. Lasciato a se stesso è prigioniero di questi sentimenti. Ecco però che il Signore interviene, lo interpella Perché sei irritato? Perché è abbattuto il tuo volto? Perché è pesante il tuo cuore? Perché questo velo sopra i tuoi occhi?. Il nostro cuore è ferito. L'amore umano porta in sé una tragica contraddizione: più ci si ama, più è grande il rischio di ferirsi reciprocamente. Senza volerlo, spesso causiamo più dolore proprio alle persone che più amiamo: genitori, figli, fratelli, sorelle, marito, moglie, partner, amici.
Pensavamo di fare del bene e invece, senza volerlo, spesso senza accorgercene, abbiamo suscitato nell'altro una reazione di paura, di difesa, di fuga che sfocia nel rancore, nel risentimento e nell'amarezza, questi istinti di protezione che abbiamo in comune con gli animali. Nascono spesso come una maniera di proteggerci, ma vanno gestiti. Questi istinti, come dice il Signore a Caino, vanno dominati. L'esperienza ci mostra purtroppo quanto questo sia difficile, a volte impossibile. Più cerchiamo di combatterli, più continuano ad assalirci.
Antoine de Saint-Exupéry, ne Il piccolo principe, racconta di questo bambino che visita una serie di piccolissimi pianeti, su ognuno dei quali vive una persona con cui egli intesse un dialogo e da ognuna delle quali riceve una lezione di vita. Su uno di questi pianeti vi erano nel suolo dei semi di baobab, questi giganteschi alberi africani. Se questi semi di baobab avessero preso radici, ad un certo punto avrebbero penetrato il suolo così profondamente che sarebbe stato impossibile sradicarli. Crescendo allora a dismisura avrebbero finito per disintegrare il piccolo pianeta. La lezione che ne trae il bambino è che tutte le mattine occorre fare pulizia sul proprio piccolo pianeta per estirpare subito i semi di baobab che hanno cominciato a germogliare. Tale insegnamento può sembrare moralizzatore, semplicista, ma riguardo al nostro tema contiene una verità preziosa. Rancore, risentimento, gelosia vanno combattuti sul nascere. Se li trascuriamo o peggio se li alimentiamo, prendono radice nel nostro cuore e ad un certo punto diventano come queste radici secolari alle quali niente resiste e che possono dissestare le fondamenta di un edificio.
La parola di Dio ci offre delle istruzioni preziose per questa operazione di pulizia quotidiana. I germogli di collera, di ira, di risentimento, gli istinti di morte che costantemente nascono nel nostro cuore, vanno estirpati grazie prima di tutto alla preghiera. Nel cuore della Padre nostro vi è la domanda rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Questa preghiera provvede all'igiene del cuore. Ci obbliga quotidianamente a pensare alle persone che ci hanno fatto del male o dalle quali ci sentiamo minacciati e a chiedere al Signore la grazia di aiutarci a perdonarle, cercando di ripetere con Gesù: Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno.
A volte nelle relazioni personali è opportuno prendere una certa distanza, per evitare che il conflitto peggiori o per dare al cuore il tempo di cui ha bisogno per trovare la giusta distanza e per riappacificarsi. Ma abbiamo il dovere di non rassegnarci mai a questi sentimenti, di continuare a bussare quotidianamente nella preghiera, di presentare al Signore la nostra incapacità di perdonare, e chiedere a lui la grazia di far sbocciare il perdono autentico nel nostro cuore. Chiedere a lui la grazia di creare le occasioni perché le incomprensioni che ci dividono dal prossimo possano dissolversi e la pace possa tornare a regnare tra di noi.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
O Dio, che hai creato e governi l’universo,  
fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia,  
per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...  

oppure: 
Colletta 
O Dio di giustizia e di amore,  
che perdoni a noi se perdoniamo ai nostri fratelli,  
crea in noi un cuore nuovo  
a immagine del tuo Figlio,  
un cuore sempre più grande di ogni offesa,  
per ricordare al mondo come tu ci ami.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Sir 27,33-28,9)
Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.

Rancore e ira sono cose orribili,
e il peccatore le porta dentro.
Chi si vendica subirà la vendetta del Signore,
il quale tiene sempre presenti i suoi peccati.
Perdona l’offesa al tuo prossimo
e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.
Un uomo che resta in collera verso un altro uomo,
come può chiedere la guarigione al Signore?
Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile,
come può supplicare per i propri peccati?
Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore,
come può ottenere il perdono di Dio?
Chi espierà per i suoi peccati?
Ricòrdati della fine e smetti di odiare, 
della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti.
Ricorda i precetti e non odiare il prossimo,
l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 102)
Rit: Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.    

Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.

SECONDA LETTURA (Rm 14,7-9) 
Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore.

Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. 
Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. 
Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.

VANGELO (Mt 18,21-35) 
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. 

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. 
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
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La Liturgia di Domenica 6 Settembre 2020

6/9/2020

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XXIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO A - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO.
Quanto è difficile correggersi! Quanto è difficile giudicare secondo il cuore (largo) di Dio! Eppure... se i discepoli del Misericordioso non trovano un modo di sostenersi e di aiutarsi anche quando sbagliano, chi lo saprà fare?

Il vangelo ci illustra il modo di gestire i nascenti conflitti nella comunità primitiva: passato l'entusiasmo dell'adesione al Rabbì, allora come oggi sorgevano i problemi di dialogo e di comprensione col rischio di gesti estremi (magari in nome del vangelo!). La prassi proposta da Gesù è piena zeppa di buon senso: discrezione, umiltà, delicatezza verso chi sbaglia, lasciandogli il tempo di riflettere, poi l'intervento di qualche fratello, infine della comunità. Quanto siamo lontano da questa prassi evangelica! O ci disinteressiamo del fratello o ne parliamo alle spalle, con giudizio impietoso... Se noi, discepoli del Misericordioso, non sappiamo avere misericordia, chi mai ne sarà capace? Il criterio del Vangelo è pieno di amorevole buon senso: ti voglio bene al punto che, dopo aver pregato, ti chiedo di interrogarti sui tuoi atteggiamenti. La franchezza evangelica è un modo concreto di amare, di essere solidali, anche con durezza, come ha fatto Gesù con la Cananea e con Pietro. Nelle nostre comunità abbiamo bisogno di scoprire questo modo concreto di intervenire, di prendere a cuore il destino dei fratelli, senza nasconderci dietro un ipotetico rispetto che non mi interpella e lascia il fratello nella propria inquietudine, senza cedere alla terribile e tragica tentazione del brutale giudizio di chi sbaglia, condannando il peccato e a
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo,  
guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione,  
perché a tutti i credenti in Cristo  
sia data la vera libertà e l’eredità eterna.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...  

oppure:
Colletta  
O Padre, che ascolti quanti si accordano  
nel chiederti qualunque cosa nel nome del tuo Figlio,  
donaci un cuore e uno spirito nuovo,  
perché ci rendiamo sensibili  
alla sorte di ogni fratello  
secondo il comandamento dell’amore,  
compendio di tutta la legge.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ez 33,1.7-9)
Se tu non parli al malvagio, della sua morte domanderò conto a te.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: 
«O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. 
Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. 
Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 94)
Rit: Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.    

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».

SECONDA LETTURA (Rm 13,8-10) 
Pienezza della Legge è la carità. 

Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. 
Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». 
La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.

VANGELO (Mt 18,15-20) 
Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello. 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
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