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La Liturgia di Domenica 30 Giugno 2024

30/6/2024

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XIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
di Giulio Michelini​
Ascolta la versione audio dell'articolo
Toccare il mantello di Gesù
I due miracoli del Vangelo di oggi vengono raccontati con grande maestria da Marco, con una tecnica narrativa detta “ad incastro”: la storia di Giairo, un capo della sinagoga, si interrompe e si intreccia con quella della donna malata che tocca il mantello di Gesù, per poi riprendere subito dopo la conclusione dell’intermezzo. Ne ricaviamo alcune impressioni. La prima è che Gesù sia a disposizione della sua gente ventiquattr’ore su ventiquattro, non abbia mai un minuto per sé, la fretta di annunciare il Regno incombe su di lui. Ai discepoli che abbiamo lasciato increduli sulla barca, col mare in tempesta, e che pensavano Gesù si disinteressasse di loro («Non ti importa che moriamo?», Mc 4,38), Gesù risponde mostrando che ha cura di tutti, sempre. La seconda impressione è che questo sovrapporsi di storie è simbolo dell’imprevedibilità dell’esistenza umana. Anche per Gesù, come per noi, la vita è fatta di tanti eventi, di incontri, di volti con cui si viene a contatto. Gesù nella sua strada ha a che fare con i suoi discepoli, con gli avversari ma soprattutto con chi ha bisogno di lui.

Ma non ci deve sfuggire un dettaglio importante: la guarigione dell’emorroissa, e il miracolo successivo sulla fanciulla, avvengono tutti e due con il contatto fisico di Gesù. Ricordiamo che qualcosa di simile, nel vangelo di Marco, ha già avuto luogo, nell’incontro tra Gesù e il lebbroso; anche in quella occasione Marco ci dice che Gesù lo “toccò” (Mc 1,41).

Siamo davanti a situazioni che nel mondo ebraico in cui viveva Gesù erano considerate tabù, impure. Quella donna con emorragie, in particolare, secondo la Legge era esclusa dalla vita sociale: «La donna che ha un flusso di sangue per molti giorni, fuori del tempo delle regole, o che lo abbia più del normale sarà immonda per tutto il tempo del flusso, secondo le norme dell’immondezza mestruale» (Lv 15,25). Questa donna non solo non avrebbe potuto partecipare alla vita religiosa del suo tempo, ma non avrebbe dovuto toccare nessuno, perché l’avrebbe reso impuro.

Concetto complesso e lontano da noi, quello dell’impurità. Nella simbolica ebraica antica, non significava qualcosa di “sporco”, o di “peccaminoso”, come lo intendiamo oggi, quanto piuttosto esprimeva la credenza che l’impurità ha a che fare col sacro, ovvero col mistero di Dio. Leggendo Ez 44,23 in lingua originale, si può addirittura porre un’equazione di corrispondenza tra sacro e impuro, e tra profano e puro. Le seguenti realtà secondo il Levitico, rendono “impuri”: quelle relative al ciclo della vita e della morte (sangue del parto, emissione di liquido seminale, da una parte; cadaveri, dall’altra); quelle relative al sangue (dell’essere umano o degli animali, quello delle ferite o del ciclo mestruale); quelle delle malattie della pelle (la lebbra, che non corrisponde però a quella che intendiamo oggi con tale parola), quelle relative ai cibi “ibridi”, ovvero quelli risultanti da una mancanza di separazione. Ebbene, è chiaro che l’emissione di sangue (come ogni sangue, del resto) è considerata impura non perché “sporca”, ma perché legata al mistero della vita, mistero che, in ultima analisi, può essere compreso nella mentalità biblica solo in rapporto a Dio, mistero inavvicinabile. È Dio solo che dona i figli, e allora è impuro ciò che – come il sangue connesso alla mestruazione o al parto – porta nella sfera della vita e quindi di Dio. Ci sono, in altre parole, «alcune realtà che evocano il divino col suo potere vivificante e distruttivo, vicino e lontano, tangibile e inafferrabile» (Carmona), e tutte le leggi riguardanti la purità o l’impurità servono all’uomo perché ricordi che la vita appartiene, in ogni momento e in ogni circostanza, dall’inizio fino alla sua estinzione naturale, a Dio.

Gesù non ha paura di queste impurità, e la fede della donna è grande. Tra l’altro, il vangelo secondo Matteo spiega che questa non ha toccato il suo mantello, ma la frangia del suo tallit. Il parallelo Mt 9,20 dice infatti che questa donna «toccò la frangia [tou kraspédou] della sua veste», riferendosi a uno degli tzitzit, ovvero a quelle corde sfilacciate, all’estremità del vestito di Gesù. Grazie a esse, secondo Nm 15,38-40, gli israeliti si sarebbero ricordati «di tutti i precetti del Signore» e sarebbero stati «santi per il (loro) Dio». Oggi queste frange si possono ancora vedere sul tallît gādōl, uno “scialle grande” usato dagli ebrei maschi adulti per la preghiera liturgica o personale, e anche sul tallît qātōn, o “scialle piccolo”, indossato invece sotto una camicia, e non necessariamente per la liturgia.

È Gesù dunque ad essere toccato, non è lui che si avvicina alla donna impura, e quindi non vuole trasgredire la Legge; si pone infatti su un altro piano. Per lui non solo tutto è sacro, ma egli è talmente vicino a Dio, che non ha alcun bisogno di protezione o schermi o tabù. Ecco perché in questa donna dev’esserci stata una tipica intelligenza femminile, un’intuizione che ha colto il segreto di Gesù. La fede dell’emorroissa è grande: non è fiducia nella magia ma fede schietta: sa che la sua impurità legale a contatto con Gesù non è più impurità, ma santità; solo la fede permette di andare oltre di fronte a Gesù, uomo di Nazareth, e vedere in lui la fonte di salvezza; la donna sa che tutto ciò che Gesù toccava era santificato, tutto ciò che purificava era purificato (cf. Nm 17,3).

I medici non sono riusciti a fare quanto invece compie Gesù. L’inciso marciano su quella donna che «aveva sofferto molto per opera di molti medici», ed aveva anzi speso tutti i suoi soldi, è un importante segnale del testo. Quella forza che esce da Gesù indica la spogliazione che il Figlio dell’Uomo ha voluto subire, per assumere su di sé tutti i peccati degli uomini, e con essi tutte le impurità. È infatti proprio Marco a dire che Gesù dichiara puri tutti gli alimenti, e quindi tutta la realtà, e considera come vera impurità, come ciò che mette in pericolo la vita dell’uomo, solo il peccato.
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​ ​LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
O Dio, che ci hai reso figli della luce
con il tuo Spirito di adozione,
fa' che non ricadiamo nelle tenebre dell'errore,
ma restiamo sempre luminosi
nello splendore della verità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta (Anno B) 
O Padre, che nel tuo Figlio povero e crocifisso
ci fai ricchi del dono della tua stessa vita,
rinvigorisci la nostra fede,
perché nell'incontro con lui
sperimentiamo ogni giorno la sua vivificante potenza.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Sap 1,13-15; 2,23-24
Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo

Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano;
le creature del mondo sono portatrici di salvezza,
in esse non c’è veleno di morte,
né il regno dei morti è sulla terra.
La giustizia infatti è immortale.
Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità,
lo ha fatto immagine della propria natura.
Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

SALMO RESPONSORIALE - Sal 29
Rit. Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. Rit. 

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia. Rit. 

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre. Rit. 

SECONDA LETTURA - 2Cor 8,7.9.13-15
La vostra abbondanza supplisca all’indigenza dei fratelli poveri

Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa.
Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».

VANGELO - Mc 5,21-43
Fanciulla, io ti dico: Àlzati! 

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

oppure:  
VANGELO Forma breve - Mc 5, 21-24.35b-43
Fanciulla, io ti dico: Àlzati! 

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
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La Liturgia di Domenica 23 Giugno 2024

23/6/2024

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XII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
di Giacomo Biffi
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Mettiamoci prima di tutto in ascolto di ciò che ha da dirci la parola di Dio che è stata proclamata. La grande protagonista delle letture di questa messa sembra essere la tempesta: la tempesta che ha colpito anche i discepoli di Gesù, fino a gettarli nel terrore di perdere la vita; la tempesta, di cui il Libro di Giobbe ci ha detto che fa sempre parte di un piano di Dio e non sfugge mai al suo controllo; la tempesta che presto o tardi si abbatte su ogni esistenza. La vita dell'uomo può essere paragonata a una navigazione: se ne conosce il porto di partenza, ma, agli occhi corporei, l'approdo è sempre ignoto. L'uomo sa dove e come ha cominciato la sua strada nel mondo, ma a una considerazione puramente naturale non sa dove e come andrà a finire. Solo la conoscenza di fede ci dice che il nostro pellegrinaggio si concluderà nella casa del Padre. Ma anche come sarà il viaggio non ci è dato di sapere in anticipo. Tutti sperano in un mare costantemente tranquillo: il ragazzo che è all'inizio della vita e principia a guardare davanti a sé; la fanciulla che è sbocciata da poco al sole della sua fresca primavera; gli sposi che hanno appena costituito la loro nuova famiglia: tutti sperano in una esistenza serena, lieta, senza tempeste. È una speranza naturale, umana, comprensibile; ed è anche l'augurio che noi formuliamo per tutti. Ma è facile prevedere che le cose comunque non andranno così: prima o poi arriva per tutti il tempo della prova e del mare agitato. Ed è saggezza persuadersene prima: così non si corre il pericolo di smarrirsi e di perdere la fede quando arrivano i guai. Da che mondo è mondo, nessuno ha mai potuto evitare i momenti difficili; all'uomo è dato solo di prepararsi ad affrontarli bene, con animo forte, nella certezza che il Signore, anche quando sembra dormire, non abbandona i suoi e non li lascia travolgere dall'uragano. Ed è proprio l'insegnamento della pagina di Vangelo che abbiamo ascoltato.

LA PROVA DELLA FEDE IN VISTA DI UNA GIOIA PIU' VERA
Riflettiamo soprattutto sul comportamento di Gesù in questo episodio.
Verso sera Gesù dice: Passiamo all'altra riva. È lui che propone la traversata notturna, è lui che li conduce diritti incontro alla tempesta. Se non fosse stato per lui, sarebbero rimasti al sicuro, lontani da ogni pericolo. Il Signore ci conduce per strade sue, che non sono sempre di tutto riposo, che anzi molte volte ci sconcertano. È una guida imprevedibile; ma è la guida vera. Aver fede significa anche affidarsi a lui, senza resistenze interiori, senza tentativi di frammischiare i nostri ai suoi progetti, persuasi che lui più di noi conosce e desidera il nostro vero bene.
E quando la tempesta si scatena, Gesù dorme. I suoi lottano per sopravvivere, sono sull'orlo della disperazione, e Gesù dorme. L'acqua ha invaso la barca, la fine sembra vicina, e Gesù dorme. Il sonno del Signore durante le nostre tempeste è un mistero che va ben meditato. Pare disinteresse, ed è desiderio di provare e di rendere più viva la nostra fede. Sembra indifferenza di fronte alle nostre pene, ed è un modo più alto di manifestare l'amore. L'amore per noi del Signore che dorme, mentre il male spadroneggia sul mondo, è la cosa più difficile da capire ed è la cosa più importante da credere, se non vogliamo far naufragio sul serio, vittime della nostra poca fiducia; se non vogliamo sentire anche noi, quando tutto si sarà acquietato, il rimprovero di Gesù: Perché siete così paurosi? Ma non avete ancora fede?
A un certo momento però Gesù si ridesta, non resta estraneo fino alla fine alla pena e alla difficoltà dei suoi amici. Quando si sveglia si preoccupa di due cose: fa cessare il vento e pacifica il mare, dimostrandosi così il Signore del cielo e della terra, colui che si è voluto sì sottomettere alle tempeste della storia, ma non se ne lascia mai travolgere; e poi cerca di verificare e ravvivare la fede. Raccogliamo qui l'invito, nelle vicende della vita, a credere nella potenza del Figlio di Dio. È sempre lui il più forte, anche quando sembra inerte, debole, quasi arreso e soffocato da tutti i clamori e da tutte le prepotenze che imperversano nel mondo. Che è anche l'invito a fidarci di lui e a ricorrere a lui, come hanno fatto gli apostoli, che pur nel momento più drammatico non hanno esitato a rivolgersi a lui con una parola implorante: Maestro, non ti importa che moriamo? Anche nell'ora dell'ansia e dello smarrimento, dobbiamo riporre in lui ogni nostra speranza, perché noi sappiamo che il Signore non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararcene una più certa e più vera.
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​ ​LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Donaci, o Signore,
di vivere sempre nel timore e nell'amore per il tuo santo nome,
poiché tu non privi mai della tua guida
coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta (Anno B) 
O Dio, tutte le creature sono in tuo potere
e servono al tuo disegno di salvezza:
rendi salda la fede dei tuoi figli,
perché nelle tempeste della vita
possano scorgere la tua presenza forte e amorevole.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Gb 38,1.8-11
Qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde

Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano:
«Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando usciva impetuoso dal seno materno,
quando io lo vestivo di nubi
e lo fasciavo di una nuvola oscura,
quando gli ho fissato un limite,
gli ho messo chiavistello e due porte
dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre
e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?».

SALMO RESPONSORIALE - Sal 106
Rit. Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.

Coloro che scendevano in mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
videro le opere del Signore
e le sue meraviglie nel mare profondo. Rit. 

Egli parlò e scatenò un vento burrascoso,
che fece alzare le onde:
salivano fino al cielo, scendevano negli abissi;
si sentivano venir meno nel pericolo. Rit. 

Nell’angustia gridarono al Signore,
ed egli li fece uscire dalle loro angosce.
La tempesta fu ridotta al silenzio,
tacquero le onde del mare. Rit. 

Al vedere la bonaccia essi gioirono,
ed egli li condusse al porto sospirato.
Ringrazino il Signore per il suo amore,
per le sue meraviglie a favore degli uomini. Rit. 

SECONDA LETTURA - 2Cor 5,14-17
Ecco, son nate cose nuove

Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro.
Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.

VANGELO - Mc 4,35-41
Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono? 

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
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La Liturgia di Domenica 16 Giugno 2024

16/6/2024

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XI DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
di Giacomo Biffi
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Gesù aveva l'arte dei paragoni: sapeva calare la verità più alta nella concretezza di un'immagine vicina all'esperienza dei suoi ascoltatori. Questi paragoni - queste "parabole", per usare la parola evangelica - in qualche caso potevano apparire un po' enigmatiche nel loro significato profondo, ma una volta spiegate si iscrivevano nelle coscienze e non si dimenticavano più.
Tra gli "esempi" cari a Gesù c'è quello del "seme", una delle realtà più consuete a chi conduce una vita legata alla terra, ai suoi ritmi, alla sua fecondità. Nel Vangelo abbiamo quattro parabole centrate sull'idea di "seme": quella del diverso rendimento del terreno, quella del grano e della zizzania, e le due che oggi sono state richiamate, il seme di grano che cresce spontaneamente e il seme di senapa che, pur piccolo, diventa un arbusto di notevoli proporzioni.
L'argomento su cui le due parabole di oggi ci invitano a riflettere è il "regno di Dio": a che cosa possiamo paragonare il regno di Dio? Attenzione, però: non si tratta del "regno di Dio" come sarà alla fine, un regno nel quale speriamo di entrare dopo la nostra morte quando la nostra vicenda terrena si sarà conclusa, bensì del "regno di Dio" che secondo la parola di Cristo è già "in mezzo a noi" (cf. Lc 17,21), vale a dire della Chiesa, che già ci offre nella fede la conoscenza della verità che dà salvezza e nella carità già ci rende partecipi della stessa vita divina che impreziosisce l'anima dei beati del cielo.
Siamo dunque chiamati a meditare sulla condizione ecclesiale storica. La Chiesa, difatti, come ci insegna il Concilio Vaticano II, è appunto "il regno di Dio già presente mistericamente", cioè sotto il velo dei segni efficaci. La Chiesa è il regno di Dio nella sua forma iniziale, imperfetta, nascosta, ma autentica e sostanziale; è il regno di Dio che già possiede in sé la ricchezza definitiva, ma è ancora esposto alle intemperie della storia.

LA GRANDEZZA E LO SPLENDORE NASCOSTO DELLA CHIESA DI CRISTO
Il regno di Dio come oggi ci è dato, ci insegna il Signore, ha le connotazioni di un seme. Che cosa è il seme? Il seme è il futuro reso presente, è la garanzia di ciò che potremo avere alla fine, è speranza e al tempo stesso anticipazione della messe futura. Nel seme di un albero, tutto l'albero è già contenuto con la sua precisa identità, con il suo potenziale vigore, con la sua capacità di sviluppo; ma è contenuto in un piccolo spazio, in una condizione di fragilità, in una apparenza dimessa e senza splendore.
Così è la Chiesa. Non ha potere nel mondo, non sempre raccoglie la maggioranza degli uomini di un territorio, non ha grandi possibilità di farsi valere di fronte ai signori della politica, dell'economia, della cultura, della comunicazione. Anche la comunità cristiana, cui apparteniamo, si presenta esigua. E neppure siamo molto buoni: siamo anche noi pieni di egoismo, soggetti a mille debolezze. Magari non riusciamo sempre a dar vita a cose di rilievo né a provocare vistosi cambiamenti. Eppure abbiamo già il Signore con noi, abbiamo già il tesoro della sua grazia, abbiamo la forza inesauribile del suo amore. Possiamo già nella fede contemplare il disegno di Dio nella sua verità; già ci è data con la virtù della speranza la consapevolezza del nostro destino di gioia. In una parola, siamo già il "regno di Dio". Perciò deve essere sempre viva e coltivata in noi la consolante consapevolezza della "appartenenza"; cioè la letizia, la fierezza, la gratitudine di essere parte della grande e stupenda realtà che è la Chiesa di Cristo, anche se adesso essa si presenta sotto vesti povere e difettose.

LA VITALITA' SEGRETA E LA FORZA INTRINSECA DEL REGNO DI DIO
Poi Gesù ci dà un secondo insegnamento importante: il regno di Dio, che è già tra noi, è un seme che germoglia e cresce da se stesso, per l'energia che ha dentro di sé. La storia del regno di Dio sulla terra non può essere valutata dai nostri insuccessi. La vita divina, che nella vita ecclesiale è già donata alla terra, si sviluppa per suo conto.
Molte volte noi ci affanniamo con le nostre iniziative, con le nostre organizzazioni, eppure sembra che nel campo pastorale non spunti niente. Ma nelle coscienze segrete degli uomini e nelle stesse vicende della comunità cristiana, c'è sempre il momento in cui arriva un supplemento di luce, c'è sempre il momento in cui il Regno si dilata nella storia e nei cuori. Ci sono ore in cui le ostilità verso la Chiesa, che sembravano invincibili ed eterne, improvvisamente crollano; ci sono ore in cui i terreni più aridi si mettono a dare frutti di dedizione generosa alla causa di Dio; ci sono ore in cui i cuori più induriti si convertono. Il seme - ci ha detto Gesù - cresce spontaneamente: neppure noi sappiamo il come e il perché (cf. Mc 4,27).

L'OPERARE DIVINO NON ESCLUDE LA NOSTRA RESPONSABILITÀ
Dorma o vegli (Mc 4,27), precisa il Signore. Nella Chiesa c'è chi dorme sempre, e non si decide mai a fare qualcosa di positivo e di efficace al servizio del Vangelo; e c'è anche chi non ha pace nella sua attività. Quando arriverà il momento del giudizio finale, ci verrà chiesto conto delle nostre sonnolenze, se non sono state un po' troppe; e ci verrà chiesto conto anche delle nostre veglie, se sono state tutte e solo per il vero bene dei fratelli e per l'autentica vitalità della comunità ecclesiale. Perché, come ci ha ricordato san Paolo nella seconda lettura, tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male (2 Cor 5,10). Ma una cosa deve essere ben chiara: né le nostre inerzie né le nostre pigrizie riusciranno a ostacolare il cammino del Regno, né il nostro frenetico agitarci lo dilaterà, se non sarà accompagnato dall'energia della grazia divina che lavora nascostamente negli animi.

L'ATTESA FIDUCIOSA E PAZIENTE DELLA VITTORIA FINALE
L'attesa fiduciosa e paziente della vittoria finale Se poi qualche volta possiamo essere scoraggiati per la scarsità e la debolezza della comunità cristiana, che vive in mezzo alle grandi prepotenze che dominano la scena del mondo, ricordiamoci della parabola del granello di senapa. Anche se ora siamo piccoli e poveri, siamo destinati a diventare il grande Regno di Dio che nell'eternità radunerà in una sola gioiosa famiglia le schiere senza numero degli angeli e dei santi. In fondo, questa riflessione ci ha detto che la santa Chiesa Cattolica deve essere oggetto prima di tutto della nostra fede, in modo che se ne possa percepire la forza e la bellezza di là dalle sue disadorne apparenze; poi è l'argomento della nostra speranza, perché proprio la Chiesa ci garantisce che, di là dalle sconfitte terrestri, ci è riservata la vittoria finale della vita senza tramonto; ma soprattutto deve essere la destinataria del nostro amore, perché essa custodisce entro la sua umanità il grande dono divino fatto agli uomini, cioè la realtà meravigliosa del Regno.
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​ ​LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
O Dio, fortezza di chi spera in te,
ascolta benigno le nostre invocazioni,
e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto,
soccorrici sempre con la tua grazia,
perché fedeli ai tuoi comandamenti
possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta (Anno B) 
O Padre,
che spargi nei nostri cuori
il seme del tuo regno di verità e di grazia,
concedici di accoglierlo con fiducia
e coltivarlo con pazienza,
per portare frutti di giustizia nella nostra vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Ez 17,22-24
Io innalzo l’albero basso

Così dice il Signore Dio:
«Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro,
dalle punte dei suoi rami lo coglierò
e lo pianterò sopra un monte alto, imponente;
lo pianterò sul monte alto d’Israele.
Metterà rami e farà frutti
e diventerà un cedro magnifico.
Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno,
ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà.
Sapranno tutti gli alberi della foresta
che io sono il Signore,
che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso,
faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco.
Io, il Signore, ho parlato e lo farò».

SALMO RESPONSORIALE - Sal 91
Rit. È bello rendere grazie al Signore

È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte. Rit. 

Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio. Rit. 

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità. Rit. 

SECONDA LETTURA - 2Cor 5,6-10
Sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere graditi al Signore

Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore.
Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi.
Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

VANGELO - Mc 4,26-34
È il più piccolo di tutti i semi, ma diventa più grande di tutte le piante dell’orto

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
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La Liturgia di Domenica 9 Giugno 2024

9/6/2024

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X DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
da Il settimanale di Padre Pio
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La pagina del Vangelo di Marco che abbiamo ascoltato ci offre diversi elementi di riflessione; diversi ma tutti ugualmente preziosi. In primo luogo, ci parla della grande attività di Gesù: le giornate sue e degli apostoli erano così piene, che talvolta non potevano neppure prendere cibo (Mc 3,20). Anche quando cerca di rifugiarsi in una casa amica per poter attendere con tranquillità alla formazione dei discepoli che gli sono più vicini e più cari, la "folla" non gli dà pace e lo assilla.
Come si vede, il Signore non risparmia le sue fatiche e si applica al suo impegno con totale abnegazione. Qual è il fine di tutto questo darsi da fare? Che cosa è venuto a fare nel mondo? Qual è ancor oggi il compito di Gesù che vive nella sua Chiesa? È venuto ad assicurare il pane a tutti? Noi sappiamo che si è preoccupato anche del pane, e due volte l'ha moltiplicato per sfamare la gente. Ma non è questo lo scopo diretto della missione evangelica. È venuto a guarire i malati? Sì, ne ha guariti molti, ma non li ha guariti tutti, perché non a questo il Padre l'ha mandato nel mondo
È venuto a portare la giustizia sociale? Certo, predicando la paternità universale di Dio e insegnando che tutti gli uomini sono fratelli, egli ha introdotto nella storia il principio più efficacemente rivoluzionario contro tutte le disuguaglianze arbitrarie. Ma non ha avuto come mira primaria di dare agli uomini ordinamenti politici migliori e strutture meno inique.
Il Figlio di Dio non è venuto sulla terra né per assicurarci il benessere materiale né per garantirci la salute fisica né per darci una società terrena più giusta. Questi sono tutti traguardi legittimi, che i cristiani si adopereranno di conseguire secondo le loro concrete possibilità, perché essi devono rendere operante in tutti i campi la legge dell'amore verso gli altri e dell'attenzione verso le necessità di tutti i membri della famiglia umana. Ma non è diretto programma né di Cristo né della sua Chiesa risolvere i problemi che sono propri di chi è preposto alla vita civile. Il Signore Gesù è invece venuto tra noi per combattere e vincere il grande nemico dell'uomo, che è il demonio, padre della menzogna e istigatore del peccato. Contro la menzogna, a Cristo e alla Chiesa spetta di far conoscere in tutti i modi le verità eterne; solo la verità che ci viene da Dio può dar significato alla nostra esistenza; solo la verità che ci viene da Dio salva dalla delusione e dalla disperazione, sempre in agguato sulla strada della vita; solo la verità che ci viene da Dio ci indica come dobbiamo comportarci per non andare perduti. Poiché il demonio vuole la nostra morte spirituale, a Cristo e alla Chiesa spetta di lottare contro il male che c'è nel nostro cuore, di offrire i mezzi di grazia che aiutano la nostra debolezza, di far ritornare la pace negli animi con la certezza della misericordia del Padre e del perdono che egli dà sempre a chi ha il cuore pentito.

L'INCOMPRENSIONE DEL MONDO E' IL DESTINO DI OGNI VERO CRISTIANO
Questo brano poi è interessante perché ci fa conoscere quale giudizio davano di Cristo alcuni suoi contemporanei. Senza dubbio, gli uomini semplici erano affascinati dalla sua figura e non si stancavano di ascoltare le sue parole di luce. Ma c'era anche chi lo giudicava male: per esempio, i suoi parenti e i dottori della legge venuti da Gerusalemme. I parenti dicevano: È fuori di sé (Mc 3,21), e cercavano di prenderlo e di toglierlo dalla circolazione. Gli scribi davano lo stesso giudizio, ma con una versione, per così dire, "teologica", e dicevano: È posseduto da uno spirito immondo (Mc 3,30).
Il discepolo vero e coerente di Cristo non dovrà allora meravigliarsi se riceverà le stesse incomprensioni che non sono state risparmiate al suo Maestro. Chi sta col Vangelo senza sconti e senza attenuazioni, e perciò parla di distacco dai beni, di valore della castità, di amore disinteressato, di matrimonio indissolubile, di assoluta onestà negli affari, di perdono di nemici, di sofferenza accettata dalle mani di Dio, costui apparirà necessariamente al mondo di oggi come un personaggio strano, sprovveduto, pazzo. San Paolo scrive che è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione (1 Cor 1,21); e di sé afferma: Noi siamo stolti a causa di Cristo (1 Cor 4,10). Dovremo tenerlo presente, quando ci sentiremo suggerire che bisogna adattare la religione agli usi e costumi del mondo moderno. Il problema non è questo: non si tratta di trovare un cristianesimo che si adatti alla testa dell'uomo di oggi; si tratta piuttosto di trovare all'uomo di oggi una testa che vada bene per il messaggio di Cristo.

IL BENE MALIZIOSAMENTE INTERPRETATO COME MALE
Il parere degli scribi su Gesù ci appare particolarmente odioso: gli stessi fatti straordinari con cui il Salvatore combatte il regno di Satana (per esempio, la guarigione degli indemoniati) vengono letti come una prova che egli è alleato di Satana. I segni della sua bontà e della sua pietà nei nostri confronti sono visti come segni della sua diabolica malvagità. Talvolta càpita così anche con la Chiesa: la sua ansia di salvare l'uomo è interpretata come un desiderio di interferenza e di dominio; il primato dato al culto di Dio come una alienazione e una fuga dalle responsabilità terrene; la sua passione per la verità come intransigente durezza, ecc. Ma questa - ci dice oggi il Signore - è la bestemmia contro lo Spirito Santo, per la quale non c'è remissione. E vuol dire: chi prende per male ogni manifestazione del bene, getta via l'unica tavola di salvezza che di fatto gli è data.

UNA RELAZIONE PIU' FORTE DEI VINCOLI DI SANGUE
Un giorno vengono da Gesù sua madre e i suoi parenti per parlare con lui. Ed egli risponde in un modo che ci sconcerta. Ma è perché vuole impartirci una lezione particolarmente importante. E la lezione è questa. Per entrare in relazione stretta con lui - più stretta di quella dei vincoli del sangue - sono necessarie due cose: innanzitutto, diventare sul serio suoi discepoli, cioè porsi in ascolto attento e appassionato della parola di Dio: chi bada alle chiacchiere degli uomini non può arrivare ad attingere la parola di verità e sperare di vivere autenticamente da cristiano; in secondo luogo, compiere la volontà del Padre, cioè accogliere come norma e unica ispirazione della nostra condotta ciò che Dio desidera da noi e ci manifesta: ci manifesta nella sua legge, nei suoi consigli di perfezione, negli avvenimenti della nostra vita. Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre! (Mc 3,35).
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​ ​LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
O Dio, sorgente di ogni bene,
ispiraci propositi giusti e santi
e donaci il tuo aiuto,
perché possiamo attuarli nella nostra vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta (Anno B) ​
O Padre,
che hai mandato il tuo Figlio
a liberare l'uomo dal potere di satana,
alimenta in noi la fede e la libertà vera,
perché, aderendo ogni giorno alla tua volontà,
partecipiamo alla vittoria pasquale di Cristo.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
​
PRIMA LETTURA - Gen 3,9-15
Porrò inimicizia tra la tua stirpe e la stirpe della donna

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».

SALMO RESPONSORIALE - Sal 129
Rit. Il Signore è bontà e misericordia

Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica. Rit. 

Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore. Rit. 

Io spero, Signore;
spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora. Rit. 

Più che le sentinelle l’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe. Rit. 

SECONDA LETTURA - 2Cor 4,13-5,1
Crediamo, perciò parliamo

Fratelli, animati da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio.
Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne.
Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli.

VANGELO - Mc 3,20-35
Satana è finito

In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».
Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni».
Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa.
In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».
Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».
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La Liturgia di Domenica 2 Giugno 2024

2/6/2024

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GIUGNO:
MESE DEDICATO AL SACRO CUORE DI GESU'

O Cuore Santissimo di Gesù, fonte di ogni bene, io Ti adoro, Ti amo e, pentito vivamente dei miei peccati, Ti presento questo mio povero cuore. Rendilo umile, paziente, puro e in tutto conforme ai tuoi desideri.
Fa’ o buon Gesù, che io viva con Te e per Te.
​Proteggimi nei pericoli, consolami nelle afflizioni, soccorrimi nei miei bisogni spirituali e materiali e la Tua santa benedizione sia sempre su di me e su tutti i miei cari. Amen

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''Il Signore ha nutrito il suo popolo con fiore di frumento
e lo ha saziato di miele dalla roccia''.
(Cf. Sal 80,17)

La Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Sollemnitas Ss.mi Corporis et Sanguinis Christi, o, nella forma straordinaria del rito romano, Festum Ss.mi Corporis Christi, comunemente nota con le espressioni latine Corpus Domini ("Corpo del Signore"), come in Italia, o Corpus Christi ("Corpo di Cristo"), come nei paesi di lingua inglese e spagnola, è una delle principali solennità dell'anno liturgico della Chiesa cattolica.

​È una festa mobile: si celebra il giovedì successivo alla solennità della Santissima Trinità oppure, in alcuni Paesi tra cui l'Italia, la domenica successiva.
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CORPUS DOMINI - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico:​ BIANCO
COMMENTO AL VANGELO
​da Il settimanale di Padre Pio
Ascolta la versione audio dell'articolo
Questa domenica celebriamo uno dei più grandi Misteri della fede, quello dell'Eucaristia, ovvero il Mistero del Corpo e Sangue di Cristo, donati a noi come Cibo e Bevanda spirituali. Dell'Eucaristia trattano le letture che abbiamo appena ascoltato.

Il Vangelo di oggi riporta il racconto della sua Istituzione, avvenuta durante l'Ultima Cena. Gesù, dopo aver reso grazie, spezzò il pane e lo diede ai suoi Discepoli, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo» (Mc 14,22). Poi prese il calice del vino, e disse: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti» (Mc 14,24). L'Ultima Cena è lo stesso sacrificio del Calvario: ciò che avvenne sacramentalmente durante quella Cena, si verificò di lì a pochi giorni sul Calvario, e si realizza ad ogni celebrazione della Santa Messa.

Questo è il Sacrificio della nuova ed eterna Alleanza, di cui parla la seconda lettura di oggi. L'Autore della Lettera agli Ebrei parla di questo Sacrificio che ci purifica dalle opere della morte (cf Eb 9,14) e ci dona l'eredità eterna (cf v. 15). Nell'Antico Testamento si sacrificavano animali e con il loro sangue si aspergeva il popolo. Questi sacrifici erano solamente figura del Sacrificio di Gesù, l'unico che ci purifica dai nostri peccati.

L'Eucaristia è stata definita come il Sacramento dell'amore. Gesù non poteva darci prova più grande del suo amore che donandosi a noi sotto le sembianze di un po' di pane e di un po' di vino. L'Eucaristia è Gesù vivo e vero, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Tale mutazione di sostanza avviene durante la Santa Messa, quando il sacerdote, dopo aver invocato la discesa dello Spirito Santo sul pane e sul vino, pronuncia le parole della consacrazione, dicendo: «Questo è il mio Corpo... questo è il mio Sangue». In quel momento avviene il miracolo più grande che si possa immaginare: il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo. E Gesù, tutto intero, è presente in ogni frammento del Pane e in ogni goccia del Vino consacrato.

Più di mille anni fa, un sacerdote stava celebrando la Messa e, proprio al momento della consacrazione, fu colto dal dubbio se veramente il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue del Signore. Proprio allora, Dio volle dimostrare con un miracolo evidentissimo la verità di tale Dottrina, trasformando anche visibilmente il pane in Carne e il vino in Sangue. La cosa più strabiliante è che, a distanza di oltre mille anni, si possono ancora vedere questa Carne e questo Sangue che hanno le caratteristiche di una persona viva. Questo Miracolo Eucaristico è custodito a Lanciano, in Abruzzo, ed è sempre meta di numerosi pellegrinaggi.

L'Eucaristia ci rende una sola cosa con Gesù. Al momento della Comunione, Gesù viene nel nostro cuore e quello è il momento più bello e prezioso della nostra giornata. In quel momento, come insegnava san Giovanni Maria Vianney, noi e Gesù siamo come due candele che si fondono insieme e alimentano un'unica fiamma. In quel momento, la nostra preghiera si unisce a quella che Gesù rivolge incessantemente al Padre a nostro favore, e così possiamo ottenere le grazie più grandi.

Inoltre, l'Eucaristia ci rende una cosa sola anche tra di noi. Se noi tutti siamo uniti a Gesù ne consegue che, nel Signore, siamo una cosa sola. Per questo motivo, i cristiani di santa vita, anche se si vedono per la prima volta, si sentono uniti da un vincolo di carità ed è come se si fossero da sempre conosciuti. L'Eucaristia annulla le distanze: uniti a Gesù, saremo un cuore e un'anima sola.
Quanto triste è invece lo spettacolo di tanti cristiani che tra di loro non si sopportano e parlano male l'uno dell'altro! In questo modo, nella pratica, rinnegano la loro fede. In questa solennità siamo chiamati a fare un serio esame di coscienza su quella che è la nostra carità. Se amiamo l'Eucaristia, che è il Corpo di Cristo, non possiamo non amare i nostri fratelli, che formano il Corpo mistico di Cristo. Ogni volta che riceviamo Gesù, ogni volta che ci avviciniamo a Lui, presente nel Tabernacolo, noi ci rendiamo vicini a tutti fratelli, in modo particolare a quelli più cari al nostro cuore e a quelli più cari al Cuore di Gesù.

Da questa solennità, inoltre, deve scaturire il vivo desiderio di ricevere spesso la Comunione, in grazia di Dio, premettendo la Confessione se sulla coscienza abbiamo qualche grave peccato. La Comunione frequente è la grazia più bella con cui abbellire la nostra anima ed è la gioia più grande che possiamo dare al Cuore di Gesù.
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​ ​LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Signore Gesù Cristo,
che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia
ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua,
fa’ che adoriamo con viva fede
il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue,
per sentire sempre in noi i benefici della redenzione.
Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta (Anno B) ​
Signore, che ci hai radunati intorno al tuo altare
per offrirti il sacrificio della nuova alleanza,
purifica i nostri cuori,
perché alla cena dell’Agnello
possiamo pregustare la Pasqua eterna
della Gerusalemme del cielo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
​
PRIMA LETTURA - Es 24,3-8
Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi

In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!».
Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore.
Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».
Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».

SALMO RESPONSORIALE - Sal 115
Rit. Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore

Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore. Rit.

Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene. Rit.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo. Rit.

SECONDA LETTURA - Eb 9,11-15
Il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza

Fratelli, Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna.
Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?
Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa.

SEQUENZA
[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.

Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.

Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.

Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.

Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.

Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.

È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.

Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.

Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.

Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.

È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.

Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.

È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.

Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.

Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.

Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.

Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.

Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!

Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.

È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]

Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.

Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.

Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.

Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

VANGELO - Mc 14,12-16.22-26
Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
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