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TRIDUO PASQUALE 2021

30/3/2021

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'E’ difficile, in questa epoca, parlare e fare riferimento alla Croce di Cristo, ai suoi patimenti, alla sua morte da abietto.

Ancora più difficile se, poi, ci si riferisce al perdono.

In verità, sono due elementi che non si elidono, ma si integrano, si fondono nella certezza della speranza.

Tuttavia, è molto proibitivo, per noi umani, sia pure cristiani e cattolici. sopportare il peso della croce, dei dispiaceri, dei lutti, dei dolori, delle privazioni, delle mortificazioni corporali e spirituali.

Altrettanto problematico, se non impossibile, è chiedere il perdono per le offese rivolte ai nostri fratelli, per quelle ricevute; per le offese e le colpe di cui ci siamo macchiati o siamo stati fatti segno e bersaglio, giustamente o ingiustamente, dai nostri fratelli.

In queste giornate più intense del triduo pasquale, abbiamo bisogno di ritrovare il punto di partenza di tutto il discorso che è Dio, autore del Piano di salvezza riservato ad ogni individuo.

Abbiamo bisogno di ritrovarci in Cristo, coautore dello stesso Piano, ma strumento nelle mani di Dio, esecutore di quella volontà paterna che si chiama redenzione, riscatto, riabilitazione alla vita nuova fatta, possibilmente, di più luce e di meno ombre.

Purtroppo, queste verità ci scomodano, guastano i nostri piani, anche se siamo in un momento di difficoltà, anche se siamo caduti e non sappiamo facilmente rialzarci, pur se vittime della disperazione.

Non capiamo il valore della sofferenza, che è grazia.

Ci facciamo facilmente abbagliare e accecare dall’odio, dalla vendetta, dal senso di rivincita e di rivalsa, da quel falso senso di giustizia divina, riponendo tutto nelle mani di quella umana, o magari, personale.

Dalla Croce scende un messaggio.

Bisogna saperlo cogliere. Cristo, “il Figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”, compie il miracolo della morte, prima che quello della vita o della resurrezione, perché accetta volontariamente di offrirsi al Padre. “Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito”.

E’ vero, nell’orto del Getsemani aveva provato e chiesto al Padre se fosse possibile non bere quel calice, ma poi disse: “Non la mia ma la tua volontà sia fatta”. In questa frase c’è tutto il Cristo umano, uguale a noi, ma, diversamente da noi, senza alcuna rassegnazione o indebolimento del suo modo di essere, perchè non cede ma accetta volontariamente e coscientemente ciò a cui sta andando incontro.

Quando tutto questo sta per consumarsi, emerge la divinità del Salvatore, quella a cui dovremmo fare riferimento.

“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” è la sintesi dell’amore che Egli manifesta all’umanità che lo ha oltraggiato, offeso, tradito, umiliato e abbandonato, a cominciare dai suoi, dei quali solo uno si trovò al momento del trapasso: Giovanni.

Questa lezione impone delle serie riflessioni sul senso e sul giudizio che, frettolosamente, a volte diamo sulla Chiesa.

Questa è la vera Chiesa.

Quella della fedeltà, fino allo spargimento del sangue.

Questa è la Chiesa a cui dovremmo più spesso guardare, piuttosto che perderci nel giudicare gli altri: gli infedeli, i disonesti, i traditori.

San Giovanni è il vero simbolo e modello di Chiesa. 

Imitiamo lui, perché il resto non conta, anche se Cristo è morto pure per quella parte di Chiesa che non lo segue, che travisa il suo messaggio, che lo interpreta distorcendone il linguaggio.

Ecco, allora, come croce e perdono si incontrano, si incrociano sulla stessa via per dimostrare che tutte e due provengono da Dio per noi.

Sì, per noi che non sappiamo perdonare; che, forse, non siamo tenuti a concedere il perdono, ma quantomeno a chiederlo per gli altri, per coloro che noi vorremmo vedere castigati alle pene dell’inferno e per i quali l’amore disarmante di Cristo è capace di dire: “Oggi sarai con me in Paradiso”.
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La Liturgia di Domenica 28 Marzo 2021

28/3/2021

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DOMENICA DELLE PALME - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: ROSSO
COMMENTO AL VANGELO
La Liturgia della Parola della Domenica delle Palme è molto ricca. Il brano del Vangelo con cui abbiamo iniziato la Celebrazione narrava l'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme; la prima lettura, tratta dal profeta Isaia, sottolinea le offese e le umiliazioni che il nostro Redentore ha dovuto sopportare per nostro amore; al Salmo responsoriale abbiamo ripetuto il grido di Gesù in Croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»; la seconda lettura descrive l'annientamento del Figlio di Dio, il quale, per la nostra salvezza, si è umiliato sino alla morte di Croce; infine, il lungo brano del Vangelo narrava la Passione di Gesù.

In questo breve pensiero, vogliamo riflettere su un particolare molto sconcertante: l'ingresso di Gesù a Gerusalemme fu salutato dalla folla festante; ma, a quell'ingresso trionfale, seguì ben presto la condanna e la morte di Gesù. Dall'"osanna" al "crucifige": è questo il mistero del cuore umano. Certamente, in mezzo a quella folla che gridò "crocifiggilo" vi furono molti che poco prima accolsero trionfalmente Gesù e che, forse, furono stati anche miracolati da Lui.
Questo inspiegabile cambiamento è un invito a considerare la gravità del nostro peccato. La leggerezza e l'incostanza sono atteggiamenti purtroppo frequenti in noi nei riguardi del Signore. In particolare, la facilità di passare, da atti di fede e di culto, al peccato grave, deve costituire per noi un motivo di seria riflessione.

Non si può concepire un cristiano staccato da Cristo e disposto a vivere abitualmente nel peccato, privo della grazia di Dio, per la maggior parte dell'anno. Non si può ascoltare la parola di Cristo per quanto riguarda i nostri rapporti in chiesa, e poi ascoltare i princìpi del mondo per quanto riguarda la vita pratica. Gesù e il suo Vangelo devono essere la direttiva costante della nostra vita per non ripetere il tradimento delle folle di Gerusalemme pronte a passare dall'"osanna" al "crucifige”.

La vita del cristiano non può ignorare quello che è avvenuto a Cristo e il modo con cui Egli ha salvato il mondo. Da qui l'esigenza di meditare sulla Passione di Gesù. San Leonardo da Porto Maurizio affermava che dalla mancanza di questa meditazione deriva lo scadimento di tanti cristiani. Per questo motivo, egli diffuse ovunque la pia pratica della Via Crucis, dando a questo devoto esercizio una grande importanza.

Si pensa a ciò che si ama. Se pertanto amiamo Gesù, penseremo spesso a quanto Egli ha patito per noi. Meditiamo sull'immenso amore che spinse Gesù a morire in Croce per noi. Se non ci avesse amati, Egli non sarebbe salito su quella Croce.
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LETTURE DELLA DOMENICA
Commemorazione dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme

ANTIFONA
Osanna al Figlio di Davide.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore:
è il Re d'Israele.
Osanna nell'alto dei cieli. (Mt 21,9)

Il sacerdote saluta il popolo con queste parole:

La grazia del Signore nostro Gesù Cristo,
l'amore di Dio Padre
e la comunione dello Spirito Santo
sia con tutti voi.

R. E con il tuo spirito.

Quindi il sacerdote rivolge al popolo una breve esortazione, per illustrare il significato del rito e per invitarlo a una partecipazione attiva e consapevole:

Fratelli e sorelle,
fin dall’inizio della Quaresima
abbiamo cominciato a preparare i nostri cuori
attraverso la penitenza e le opere di carità̀.
Oggi siamo qui radunati affinché con tutta la Chiesa
possiamo essere introdotti al mistero pasquale
del nostro Signore Gesù Cristo, il quale,
per dare reale compimento alla propria passione e risurrezione,
entrò nella sua città, Gerusalemme.
Seguiamo perciò̀ il Signore,
facendo memoria del suo ingresso salvifico con fede e devozione,
affinché́, resi partecipi per grazia del mistero della croce,
possiamo aver parte alla risurrezione e alla vita eterna.

Dopo questa mozione, il sacerdote dice a mani giunte una delle orazioni seguenti:

Preghiamo.
Dio onnipotente ed eterno,
benedici + questi rami [di ulivo],
e concedi a noi tuoi fedeli,
che accompagniamo esultanti il Cristo,
nostro Re e Signore,
di giungere con lui alla Gerusalemme del cielo.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.

oppure:
Preghiamo.
Accresci, o Dio, la fede di chi spera in te,
e concedi a noi tuoi fedeli,
che rechiamo questi rami
in onore di Cristo trionfante,
di rimanere uniti a lui,
per portare frutti di opere buone.
Per Cristo nostro Signore.

E senza nulla dire, asperge i rami con l'acqua benedetta.

Segue la proclamazione del Vangelo dell'ingresso del Signore. 


VANGELO (Mc 11,1-10)  
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.  

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”».
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:
«Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!».

Dopo il Vangelo si può fare, secondo le circostanze, una breve omelia. Per dare l'avvio alla processione, il celebrante, o un altro ministro, può fare un'esortazione con queste parole: 

Imitiamo, fratelli carissimi, le folle di Gerusalemme, che acclamavano Gesù, Re e Signore, e avviamoci in pace.

Ha quindi inizio la processione verso la chiesa, nella quale si celebra la Messa. Durante la processione, il coro e il popolo eseguono i canti adatti alla celebrazione. 

Colletta
Dio onnipotente ed eterno,  
che hai dato come modello agli uomini  
il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore,  
fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce,  
fa’ che abbiamo sempre presente  
il grande insegnamento della sua passione,  
per partecipare alla gloria della risurrezione.  
Egli è Dio e vive e regna con te...

PRIMA LETTURA (Is 50,4-7)
Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare 
una parola allo sfiduciato. 

Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.

Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.

Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 21)
Rit: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.    

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

SECONDA LETTURA (Fil 2,6-11) 
Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.

Cristo Gesù, 
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio 
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre. 

VANGELO (Mc 14,1-15,47) 
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco

- Cercavano il modo di impadronirsi di lui per ucciderlo
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

- Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

- Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

- Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

- Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

- Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

- Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:
“Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”.
Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

- Cominciò a sentire paura e angoscia
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

- Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta
E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

- Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?
Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

- Non conosco quest’uomo di cui parlate
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

- Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.
A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

- Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

- Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

- Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.

- Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

- Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

- Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro
Venuta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.
​
oppure:
VANGELO Forma breve (Mc 15,1-39) 
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco

- Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
Al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.
A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

- Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

- Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la croce di lui un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

- Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.

- Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

- Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!»
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La Liturgia di Domenica 21 Marzo 2021

21/3/2021

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V DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VIOLA
COMMENTO AL VANGELO
Nel Vangelo di questa domenica, la quinta di Quaresima, Gesù annunzia ai suoi discepoli che ormai è giunta la sua ora. Di quale ora si tratta? Di quella di essere glorificato per mezzo della sua morte in Croce e della sua Risurrezione. Gesù, nella sua umanità, avverte tutta l'angoscia di questo momento. Nel Getsemani Egli pregherà il Padre che si allontani, se possibile, questo calice amaro della sofferenza; tuttavia, sia fatta la volontà del Padre. Ai suoi discepoli dice: «Adesso la mia anima è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora!» (Gv 12,27).
Gesù avverte questa angoscia, ma aderisce pienamente alla volontà del Padre e va incontro alla morte con il desiderio di donarci la vita. E così, per insegnare ai suoi discepoli la necessità di questa morte, Gesù usa il bel paragone del chicco di grano che morendo porta molto frutto: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).
Con questo paragone Gesù ci insegna la grande legge dell'amore che è quella del dono di sé: solo donando la nostra vita noi saremo felici. Per imprimere nel cuore e nella mente dei suoi discepoli questa verità, Gesù adopera delle parole molto forti, che devono essere rettamente intese. Egli dice: «Chi ama la propria vita la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25).
Non dobbiamo prendere queste parole alla lettera. Gesù non ci insegna a odiare e a disprezzare la vita, che è un suo dono, ma ci vuol far comprendere che solo donando la nostra vita potremo dire di amare davvero. E amare significa sapersi sacrificare.
Così ha fatto Gesù e così hanno fatto i suoi fedeli discepoli. Con queste parole il nostro Maestro Divino non vuole solamente insegnarci quella che è stata la sua vita, ma ci vuole indicare come deve essere la vita di tutti quelli che vogliono essere cristiani e desiderano seguire la sua via. Per questo Egli afferma: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Gv 12,26). Se realmente vogliamo essere cristiani, dobbiamo seguire Gesù fin sul Calvario, e anche noi un giorno saremo glorificati.
Per esprimere ancora la fecondità della sua morte in Croce, Gesù pronuncia questa frase: «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Il significato di queste parole è chiaro: quando sarà innalzato in Croce, Gesù donerà la vita al mondo intero e diverrà «causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5,8-9), come dice la seconda lettura di oggi.
Anche per noi giungerà un giorno "l'ora del dolore" che sarà l'ora della suprema testimonianza d'amore. Forse per qualcuno di noi quest'ora è già suonata e dura da molto tempo. Dobbiamo però sapere una cosa: Gesù non ci abbandonerà in questa ora così difficile; non ci toglierà la croce, ma ci aiuterà a portarla, facendoci comprendere che sarà proprio per mezzo di questa croce che noi saremo come quel chicco di grano che morendo porta molto frutto.
I Martiri hanno guardato a quest'ora come all'ora suprema della loro glorificazione. Tra tutte, è molto bella la testimonianza di sant'Ignazio di Antiochia, che era un vescovo dei primi secoli. Egli fu condannato ad essere sbranato dalle belve feroci, e si paragonò a del buon grano che doveva essere macinato dai denti di quelle fiere per poter divenire pane di vita. Così egli scrisse ai cristiani di Roma che cercavano in tutti i modi di salvarlo: «Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio, e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore».
In quell'ora suprema del martirio, sant'Ignazio sentiva la vicinanza di Gesù e andava fiducioso incontro alla difficile prova.
Anche noi, come Gesù e come tutti i Martiri, sentiremo l'angoscia e la paura; ma, per farci coraggio, dobbiamo pensare che quanto più saremo vicini alla croce, tanto più saremo uniti a Gesù, e che da un apparente fallimento scaturirà la più grande vittoria.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Non si dice il Gloria

Colletta
Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso,
perché con la tua grazia possiamo camminare sempre
in quella carità che spinse il tuo Figlio
a consegnarsi alla morte per la vita del mondo.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta
O Padre,
che hai ascoltato il grido del tuo Figlio,
obbediente fino alla morte di croce,
dona a noi, che nelle prove della vita
partecipiamo alla sua passione,
la fecondità del seme che muore,
per essere un giorno accolti
come messe buona nella tua casa.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA (Ger 31,31-34)
Concluderò un’alleanza nuova e non ricorderò più il peccato
Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore.
Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 50)
Rit: Crea in me, o Dio, un cuore puro

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.

SECONDA LETTURA (Eb 5,7-9)
Imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza eterna

Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

VANGELO (Gv 12,20-33)
Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo
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La Liturgia di Domenica 14 Marzo 2021

14/3/2021

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IV DOMENICA DI QUARESIMA (LAETARE) - B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: ROSA O VIOLA
COMMENTO AL VANGELO
In queste domeniche di Quaresima abbiamo lasciato il Vangelo di Marco per meditare sul Vangelo di Giovanni. E pensate che già Origene vissuto nel terzo secolo dopo Cristo, genio della chiesa orientale dove conserva ancora un ruolo prestigioso anche se discusso, diceva che il fiore delle scritture è il Vangelo e il fiore del Vangelo è Giovanni. In questo brano vediamo la figura di Nicodemo messo in scena solo da Giovanni. Personaggio importante era membro del Sinedrio la massima struttura del giudaismo. Era dunque un maestro della legge, un rabbi influente, e va da Gesù di notte. L'interpretazione immediata sarebbe quella che volesse un po' mimetizzarsi, visto che va di notte, ma da un'esegesi molto interessante che ho sentito, risulta che chi faceva il rabbi lo faceva di notte. Per il semplice motivo che di giorno lavorava per mantenere la famiglia.
Quindi di giorno avrà fatto il vasaio o il calzolaio o il pastore di greggi e di notte si dedicava allo studio. Nel mondo antico finito il giorno lavorativo si aspettava la notte per dedicarsi allo studio. Questo ci permette di eliminare qualsiasi dubbio sul fatto che Nicodemo, andando di notte da Gesù, volesse mimetizzarsi, anche perché alla morte di Gesù non si è per niente nascosto, al contrario si è esposto con coraggio.
In questo discorso a Nicodemo Gesù ci dà alcune bussole. Infatti noi siamo molto esperti nello smarrirci perché vogliamo fare di testa nostra (come aveva già fatto Adamo dando pure la colpa al Signore). Quindi oggi vi invito a nominarvi un capitano... Il miglior capitano di lungo corso è il Signore  (di lungo corso è dir poco perché Lui ha l'eternità) espertissimo di rotte giuste. Se volete che la vostra navigazione sia sicura su questa sgangherata barchetta della vita, date il timone a
questo Capitano e arriverete in porto.
Le due bussole che ci dà oggi sono la vita eterna e la fede perché "chi crede in Lui ha la vita eterna"

Quando inizia la vita eterna?
Se, con un sondaggio, ci chiedessero di colpo che cos'è la vita eterna, cosa risponderemmo?
Probabilmente tutti diremmo: "E' la vita che inizia dopo la morte". E invece l'evangelista Giovanni dice: "La vita eterna è conoscere Te, l'unico vero Dio e Colui che hai mandato Gesù Cristo". Ecco una notizia sconvolgente, cioè che sconvolge tutti i nostri modi di pensare perché se la vita eterna consiste nel conoscere, significa che essa non inizia alla nostra morte, ma alla nostra nascita. Dio dandoci l'essere ci dà implicitamente anche la capacità di conoscere che diventerà perfetta nell'età adulta, ma ognuno di noi la riceve in potenza già alla nascita. Fin dal battesimo riceviamo in noi la vita di grazia che non è altro che il germe della gloria, quindi nella misura in cui viviamo in grazia, viviamo la stessa realtà della gloria ( benché in germe) la cui pienezza sarà raggiunta quando vedremo Dio faccia a faccia. S. Elisabetta della Trinità diceva: " Ho trovato il cielo sulla terra, perché il cielo è Dio e Dio si trova nella mia anima". Ecco l'eternità vissuta.
 
Cos'è la fede?
Ma non basta conoscere, bisogna anche credere: "Chiunque crede in Lui, ha la vita eterna". Se la vita eterna è la realtà più grande, la fede è l'opera più grande e adeguata ad essa. La fede è il tesoro più prezioso che abbiamo perché ci apre gli orizzonti sconfinati dello spirito; e il mondo la perde con estrema facilità per correre dietro a miraggi traditori e chimere ingannatrici. La fede ci fa entrare nel mondo di Dio, ci dà la forza stessa di Dio, illumina la nostra vita, dà senso a quel che facciamo e al perché viviamo: senza la fede la vita diventa una notte tenebrosa senza senso e senza sbocco, se non nel buco nero e vertiginoso dell'eterno nulla. In qualsiasi prova e traversia della vita l'unica domanda che dobbiamo farci è: "In questa prova ho conservato la fede?" Se possiamo rispondere di sì, non abbiamo perso niente anche se avessimo perso tutto. Non c'è peggior catastrofe che perdere la fede: tutte le altre sono niente in confronto perché non metteranno mai a rischio il nostro destino eterno, mentre se perdiamo la fede, la nostra vita che era destinata ad un'esplosione di gloria, finirà in un'estinzione tenebrosa.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Non si dice il Gloria

Colletta
O Padre, che per mezzo del tuo Figlio
operi mirabilmente la redenzione del genere umano,
concedi al popolo cristiano di affrettarsi
con fede viva e generoso impegno
verso la Pasqua ormai vicina.
Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta
O Dio, ricco di misericordia,
che nel tuo Figlio, innalzato sulla croce,
ci guarisci dalle ferite del male,
donaci la luce della tua grazia,
perché, rinnovati nello spirito,
possiamo corrispondere al tuo amore di Padre.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.


PRIMA LETTURA (2Cr 36,14-16.19-23)
Con l’esilio e la liberazione del popolo si manifesta l’ira e la misericordia del Signore

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

SALMO RSPONSORIALE (Sal 136)
Rit: Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

SECONDA LETTURA (Ef 2,4-10
Morti per le colpe, siamo stati salvati per grazia
Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

VANGELO (Gv 3,14-21)
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
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La Liturgia di Domenica 7 Marzo 2021

7/3/2021

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III DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VIOLA
COMMENTO AL VANGELO
Siamo ormai giunti alla terza domenica di Quaresima e, nel Vangelo di oggi, abbiamo un chiaro annuncio della morte e risurrezione di Gesù. Ai Giudei che lo interrogavano, Gesù disse: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,19). Gesù intendeva parlare del tempio del suo Corpo, che è il vero tempio della divinità, di cui la costruzione di pietra era solo una immagine.
Gesù parla della sua prossima passione e morte, ma i farisei non comprendono questo linguaggio. Anche noi tante volte non comprendiamo il linguaggio della croce e cerchiamo di allontanare quanto più è possibile questo mistero dalla nostra vita. San Paolo, invece, nella seconda lettura ci vuole far comprendere che la Croce «è potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,24).
Anche noi, come i Giudei, chiediamo dei segni, o, come i pagani, cerchiamo solo una sapienza umana; ma Gesù ci offre un solo segno: la sua Croce; e ci insegna una sola sapienza: quella che lo condusse a offrire la sua vita in sacrificio per noi. Il cristiano deve comprendere bene questa lezione e saper riconoscere nella croce che porta un dono che lo rende ancora più simile al nostro Maestro Divino.
Il brano del Vangelo di oggi deve essere compreso bene. Il gesto di Gesù non deve essere inteso come un atto di impazienza di fronte ai venditori di animali e ai cambiavalute. Dobbiamo infatti ricordare che il Tempio di Gerusalemme aveva dei locali che si utilizzavano appositamente per la vendita degli animali destinati al sacrificio, e per il cambio delle monete. Infatti, questi animali dovevano essere comprati con una moneta speciale, di qui la necessità dei cambiavalute.
Gesù non era contrario a questo culto esterno: Egli stesso si recava al Tempio per adempiere queste prescrizioni. Il vero significato del suo gesto è un richiamo all'interiorità. Se questa mancasse, la cerimonia esterna diverrebbe un gesto inutile, buono solo ad ingannare la coscienza, facendo credere di essere a posto con Dio, quando invece non lo si è.
La Quaresima è il tempo adatto per penetrare anche noi in questa interiorità, per scrollarci di dosso la nostra superficialità nel culto divino. Il nostro culto esteriore, le nostre preghiere, la penitenza e i digiuni devono essere un'espressione d'amore, altrimenti varranno ben poco. Queste pratiche dovranno essere accompagnate dalla misericordia verso il nostro prossimo. Se con la preghiera chiediamo, sarà sempre con la misericordia che otterremo. Le più grandi penitenze non serviranno a nulla se saremo dominati dalla durezza del cuore.
Comunque, il gesto di Gesù è di grande insegnamento anche per il rispetto esteriore che dobbiamo avere per la Casa di Dio. Per questo motivo valgono le severe parole di Gesù: «Non fate della casa del Padre mio un mercato!» (Gv 2,16). Anche noi rischiamo di rendere la chiesa non solo un mercato, ma addirittura un teatro e un luogo di divertimento, profanato spesso da mode indecenti e scandalose.
Gesù stesso, un giorno, si lamentò con santa Gemma Galgani in questo modo: «Il mio Cuore è sempre contristato, me ne rimango quasi sempre solo nelle chiese e se molti si radunano hanno ben altri motivi e devo soffrire di vedere la mia chiesa, la mia casa ridotta in un teatro di divertimento...». E, a santa Margherita Maria, così diceva: «Io ho una sete ardente d'essere onorato dagli uomini nel Santissimo Sacramento e non trovo quasi nessuno che, secondo il mio desiderio, si sforzi di dissetarmi, usando verso di me qualche contraccambio».
In questa Quaresima dobbiamo fare un proposito molto importante: quello di venire spesso in chiesa, non soltanto per la Messa domenicale, ma anche per delle brevi visite a Gesù Sacramentato. Il pensiero che Gesù rimane notte e giorno nelle nostre chiese, nei nostri tabernacoli, non ci deve lasciare indifferenti. Dobbiamo sentire il dovere di venire ad adorare Gesù, di metterci ai suoi piedi e di donargli un po' del nostro tempo. Sarà il tempo meglio speso, e il Signore ci ricolmerà delle sue benedizioni.
La prima lettura di oggi ci richiama, invece, alla fedeltà alla Legge di Dio, ovvero ai dieci Comandamenti. I dieci Comandamenti tracciano quello che deve essere il nostro cammino, il cammino di ogni uomo che vuole raggiungere la felicità non solo su questa terra, ma, soprattutto, in Paradiso. Solo dall'osservanza di questa legge potrà scaturire la vera gioia, una gioia che nessuno potrà toglierci. Ad un certo punto della sua vita, san Leonardo da Porto Maurizio così diceva: «Ho settantadue anni e non sono stato neppure un giorno triste». Questo lo poteva dire perché egli visse sempre nell'amicizia con Dio, nell'osservanza dei suoi Comandamenti. Così potremo dire anche noi se faremo di questa legge di vita la luce per il nostro cammino.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Non si dice il Gloria

Colletta
O Dio, fonte di misericordia e di ogni bene,
che hai proposto a rimedio dei peccati
il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna,
accogli la confessione della nostra miseria
perché, oppressi dal peso della colpa,
siamo sempre sollevati dalla tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta
Signore nostro Dio,
che riconduci i cuori dei tuoi fedeli
all’accoglienza di tutte le tue parole,
donaci la sapienza della croce,
perché in Cristo tuo Figlio
diventiamo tempio vivo del tuo amore.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA (Es 20,1-17)
La legge fu data per mezzo di Mosè

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me.
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.
Non commetterai adulterio.
Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

oppure:
PRIMA LETTURA Forma breve (20, 1-3.7-8.12-17)
La legge fu data per mezzo di Mosè

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me.
Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.
Non commetterai adulterio.
Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 18)
Rit: Signore, tu hai parole di vita eterna
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

SECONDA LETTURA (1Cor 1,22-25)
Annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per gli uomini, ma, per coloro che sono chiamati, sapienza di Dio

Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

VANGELO (Gv 2,13-25)
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
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