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La Liturgia di Domenica 30 Ottobre 2022

30/10/2022

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XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
​COMMENTO AL VANGELO
Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando.

Prima di incontrare, vedere, guardare e parlare, Gesù entra e attraversa il tuo vissuto, la tua storia e anche la tua geografia. San Gregorio Nazianzeno afferma:  "Ciò che non è assunto non è salvato". Gesù incarnandosi ha salvato l'uomo e la donna a tutti i livelli, e senza incarnazione non avrebbe potuto essere il Dio che salva. Per salvare (cioè per dare salute, per farti stare bene), Gesù deve assumere ogni angolo della tua esistenza, deve indossare i tuoi panni, fare sue le tue esperienze, alzare trionfante i tuoi successi e vivere il peso schiacciante dei tuoi fallimenti. Ecco perché prima ancora della comunicazione, anch'essa fondamentale, Gesù mette in atto non solo una bella empatia, non solo un'incoraggiante condivisione, ma arriva all'immedesimazione totale e incancellabile.

Nella celebrazione eucaristica il sacerdote offre al Padre il corpo e il sangue del Figlio dicendo: "Per Cristo, con Cristo e in Cristo". Gesù da parte sua ha già realizzato il tutto della salvezza, offrendo tutto se stesso, la sua vita e la sua morte per te, con te e in te. Questo "in te" non ti spaventi: è l'elemento in tuo potere, sbloccabile con il tuo sì, perché Dio non violenta mai, dice sempre "se vuoi", come diremmo noi: con calma e per favore.

Un uomo, di nome Zacchéo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchéo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.

Un uomo, peccatore, piccolo. Ecco tutti gli elementi che contraddistinguono ogni persona in questo mondo. Uomo o donna, tu sei essere umano, con tutte le potenzialità e i limiti, proprio perché creatura. Peccatore: non significa indegno, brutto, sporco: il peccato è ostinarsi a non riconoscersi creatura, e voler fare da sé, tronfi e gonfi del proprio io, ipernutrito. Piccolo: un figlio è sempre un piccolo per i propri genitori (genitori ultranovantenni chiamano "bimbo" il loro figlio ormai in pensione, o episodi simili sono diffusissimi), un piccolo da accudire, tutelare, educare.

Zaccheo. Quest'uomo, oltre alle tre caratteristiche dette sopra, deve essere stato molto agile e allenato: corse, salì su un albero, scese in fretta. Un uomo che non sta fermo ad aspettare un miracolo, ma che si mette in gioco, rischia, accetta di tornare indietro, e prima di accogliere il Signore, accoglie se stesso per quello che è, senza trampoli, senza finzioni. Per quanto agile, avrà fatto fatica a salire su quell'albero, ma come velocemente è salito, altrettanto velocemente scende, invitato dal Signore. E toccando terra Zaccheo è ancora uomo, peccatore e piccolo, ma con due dettagli non trascurabili: ha accettato se stesso, sì è accolto per quello che è, e ha ascoltato la voce del Signore. Questi due elementi sono come le due mani dell'artigiano che plasmano e danno forma all'opera.

Oggi per questa casa è venuta la salvezza. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

Zaccheo ormai ha accettato di essere creatura, ha accettato di essere piccolo, ha accettato e confessato il suo peccato,. Ora è tutto pronto per sedersi a tavola con Gesù, che benedice il pasto con queste parole. La salvezza ha bisogno di diverse tappe per potersi realizzare: l'immedesimazione, il mettersi in gioco, l'accettazione di se stessi, l'ascolto, l'accoglienza gioiosa. Quest'uomo, a ben vedere, ha fatto tante cose, ma tutte si riducono a una sola: lasciarsi raggiungere dal Signore. Avrebbe potuto risparmiarsi salite e discese dagli alberi, corse e scorribande. Eppure anche tutto questo dispendio di energie è stato un passaggio necessario e fondamentale. Muovendosi, Zaccheo è passato dal voler vedere Gesù, come se fosse una partita di calcio o un film, all'essere salvato.

Zaccheo desidera vedere. Il desiderio di Dio supera e salva Zaccheo da se stesso e lo rende testimone oculare della salvezza. Zaccheo ha visto.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Dio onnipotente e misericordioso,
tu solo puoi dare ai tuoi fedeli
il dono di servirti in modo lodevole e degno;
fa' che corriamo senza ostacoli verso i beni da te promessi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta  
O Dio, amante della vita,
che nel tuo Figlio
sei venuto a cercare e a salvare chi era perduto,
donaci di accoglierti con gioia nella nostra casa
e aiutaci a condividere con i fratelli i beni della terra.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Sap 11,22-12,2
Hai compassione di tutti, perché ami tutte le cose che esistono

Signore, tutto il mondo davanti a te è come polvere sulla bilancia,
come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra.
Hai compassione di tutti, perché tutto puoi,
chiudi gli occhi sui peccati degli uomini,
aspettando il loro pentimento.
Tu infatti ami tutte le cose che esistono
e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato;
se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata.
Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta?
Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza?
Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, 
Signore, amante della vita.
Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose.
Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano
e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato,
perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore.

SALMO RESPONSORIALE - Sal 144
Rit. Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre. R.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. R.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. R.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto. R.

SECONDA LETTURA - 2Ts 1,11-2,2
Sia glorificato il nome di Cristo in voi, e voi in lui

Fratelli, preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.
Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente.

VANGELO - Lc 19,1-10
Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
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La Liturgia di Domenica 23 Ottobre 2022

23/10/2022

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XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.

Due uomini salirono al tempio. C'è un percorso che accomuna due uomini: il muoversi, lo spostarsi dice sempre un desiderio, un'esigenza, e questi due uomini sentono il bisogno di pregare, di intrattenersi con Dio. Trovare la propria origine è sempre stato il desiderio principale dell'essere umano, e il grande sant'Agostino lo afferma con quelle meravigliose parole: "l'uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te. Che io ti cerchi, Signore, invocandoti e ti invochi credendoti" (S. Agostino, Le Confessioni, 1,1.5). Le situazioni possono essere diverse, le persone sono sempre uniche e irripetibili, tuttavia il percorso rimane il medesimo: salire al tempio, incontrare Dio, ritrovare se stessi in Dio e Dio dentro di sé.

Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini.

Si sente giusto, perfetto, santo. Ha camminato verso il tempio per pregare, ma non comunica, "pregava tra sé". Pur essendo una preghiera di ringraziamento, il fariseo sta ringraziando se stesso, la sua bravura, Quest'uomo è schiavo della regola e del precetto, ha consegnato se stesso al "devi" perdendo di vista il "sii", e lui stesso lo afferma: "non sono come...", non è. Eppure, sale al tempio, si rivolge a Dio, lo ringrazia, ma poi rimane travolto da se stesso e dal suo io abnorme. Tutta la sua attenzione è posta nel non mischiarsi con gli altri e nel sentirsi impeccabile, perfetto, santo. Il percorso è giusto, il destinatario è corretto, l'atteggiamento di chi ringrazia è lodevole, ma questa preghiera non eleva e non si eleva. Sta in piedi, certo, ma non raggiunge Dio, e neppure se stesso.

Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore".

Il viaggio del pubblicano, pur avendo camminato col fariseo, è più breve di qualche passo: si ferma il pubblicano, a distanza, con la testa bassa (sa di averla combinata grossa, si conosce bene e ne prova vergogna), si percuote il petto, (tipico gesto di pentimento), e poi dice, comunica, eleva, parla. In fondo al tempio, nella penombra di una vita non luminosa, il pubblicano si incontra con se stesso, senza applicare sconti e bonus, non fa finta che va tutto bene, no: gli occhi bassi guardano dentro se stesso, si batte il petto per risvegliare la propria dignità di essere umano, la bellezza di essere creatura, si riscopre figlio di Re, servo del Signore e suo intimo amico.

Ciò che il peccato e il proprio limite ha addormentato, ora viene destato e risollevato, affinché, dopo l'incontro con se stesso, possa incontrare Dio. La sua preghiera inizia come quella del fariseo: "O Dio..."; hanno camminato insieme, salito insieme verso il tempio, hanno iniziato a pregare insieme, ma ecco che ora il pubblicano cambia bruscamente direzione: "O Dio, sii benevolo con me, peccatore", abbi misericordia, perdonami, desidero tornare allo splendore della tua verità, e pur nel buio della mia vita desidero la tua luce, la tua vita. Mentre il fariseo nega se stesso (io non sono), il pubblicano si definisce senza mezzi termini: peccatore, e da Dio invoca comprensione e benevolenza. Questo pover'uomo ha incontrato il vero se stesso, mentre il fariseo è tutto compiaciuto della sua bella copertina, che copre il nulla della sua esistenza.

Il pubblicano è in realtà un grande maestro di preghiera: ci insegna che la relazione con Dio viene edificata partendo dalla verità di se stessi, quale essa sia, e da quella bassezza elevare voce e cuore verso Dio, attendere la sua salvezza, la sua benevolenza. In quel luogo di penombra Dio si avvicina per incontrarti, per guardarti negli occhi, per sorriderti amabilmente, per asciugare tutte le tue lacrime: Lui può farlo e lo fa: "Solleva dalla polvere il debole, dall'immondizia rialza il povero, per farlo sedere tra i principi, tra i principi del suo popolo". (Salmo 113,7-8).

Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato.

Il fariseo è tornato nella sua casa, una casa di mattoni, foderata di specchi, una casa che contiene solo il suo corpo; la sua non-preghiera è stata perfettamente inutile, non lo ha cambiato, non lo ha fatto incontrare con Dio, non ha trovato comprensione e benevolenza, semplicemente perché non l'ha richiesta, e quindi non la desidera. Il pubblicano invece, ci sorprende ancora: lui torna a casa sua, riprende in mano la sua vita, abitandola non più nel buio della vergogna, ma nella luce di Dio. Ha incontrato se stesso e Dio. Ora può tornare a casa, tornare in vita, finalmente! Il suo cammino doloroso non è stato vano, come una gestazione pesante e faticosa dona alla luce la potenza della vita, come la fredda pietra rotolata via permette al Risorto di lasciare il sepolcro, l'incontro onesto con il Signore permette a quest'uomo una vita nuova, rendendolo santo, non solo di facciata come il fariseo, ma nell'intimo. Il pubblicano vive il tempio nel suo cuore, ora divenuto nuovamente dimora di Dio, casa della Presenza, luogo dell'incontro, santuario dell'amore.

Un cammino, una preghiera, una vita da abitare, e Dio che, se vuoi, si fa trovare, si fa abbracciare. Hai finalmente trovato benevolenza.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
accresci in noi la fede, la speranza e la carità,
e perché possiamo ottenere ciò che prometti,
fa' che amiamo ciò che comandi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta  
O Dio, che sempre ascolti la preghiera dell'umile,
guarda a noi come al pubblicano pentito,
e fa' che ci apriamo con fiducia alla tua misericordia,
che da peccatori ci rende giusti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Sir 35,15-17.20-22
La preghiera del povero attraversa le nubi

Il Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

SALMO RESPONSORIALE - Sal 33
Rit. Il povero grida e il Signore lo ascolta.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino. R.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce. R.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.  R.

SECONDA LETTURA - 2Tm 4,6-8.16-18
Mi resta soltanto la corona di giustizia

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. 
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

VANGELO - Lc 18,9-14
Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
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La Liturgia di Domenica 16 Ottobre 2022

16/10/2022

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XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai.

Pregare sempre, stancarsi mai. Se ci pensi tutta la tua vita si snoda tra un sempre e un mai, e tu sei un cursore che cerca il giusto equilibrio, come la ricerca della giusta stazione nelle vecchie radio a transistor. Molto spesso navighi nel quasi, nel forse, nel condizionale che logora il presente e congela il futuro. E poi perché pregare sempre? O meglio: cosa vuol dire pregare sempre? E ancora: come fai a non stancarti se c'è un sempre, senza interruzioni, senza staccare mai?

In questa stessa pagina di vangelo, Gesù ci svela cosa intende comunicare: "Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?" Pregare sempre non significa dire parole 24 ore su 24, ma avere sempre ben presente che c'è qualcuno che mi vede, mi sente, ha cura, ha attenzioni, c'è qualcuno che mi ha fatto, mi ha voluto, e le sue impronte digitali sono impresse indelebilmente nel mio DNA. Come una relazione non si esaurisce in un fugace incontro, così la tua relazione con Dio si svolge e si determina attimo dopo attimo, notte e giorno, dipanandosi lungo una vita intera, "Sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui" (1Ts 5,10).

Questo vivere insieme con Lui è la chiave del pregare sempre senza stancarsi: Dio non è una statua a cui offrire fiori o incenso, ma una persona, viva, reale, che mi parla, mi ascolta, mi ama! La mia preghiera sarà un parlare, gridare, ridere, piangere, giocare, confrontarsi, scontrarsi, riconciliarsi, esattamente come avviene con una persona. Abbiamo relegato la preghiera al culto, impoverendola e rendendola asettica, anaffettiva. Gesù lo sa bene, e per questo desidera correggere questa brutta piega.

«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: "Fammi giustizia contro il mio avversario".

Un giudice è quella persona che conosce bene la legge e la applica in modo consono e adeguato alle varie situazioni. Per questo motivo deve essere una persona retta, precisa, attenta. In questo caso no: il giudice presentato da Gesù è un giudice egoista e antipatico, chiuso nel suo piccolo mondo, ripiegato su se stesso, e tutto il suo campo visivo è occupato dal suo ombelico. Non teme e non ha riguardo, né di Dio, né degli altri.

Una vedova. Nella cultura e nel periodo storico in cui Gesù è vissuto, l'unica persona degna di stima era il maschio, sposato e padre. La donna non era considerata, a nessun livello (politico, culturale, sociale, religioso). Essa viveva solo grazie al marito, alla sua ombra, ed era vagamente lodata per i suoi figli maschi. Una vedova era considerata meno di zero, non esisteva, non aveva diritti, non aveva alcun valore la sua opinione, scarto della società, la sua vita era considerata inutile, se non anche dannosa. Questa vedova ha delle difficoltà con qualcuno, e chiede aiuto al giudice, chiede giustizia.

Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: "Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi"».

Siamo all'assurdo: Il giudice non vuole essere giudice, il custode della legge non vuole applicarla. Tuttavia, succede qualcosa che gli fa cambiare idea: questa povera vedova era diventata per lui un fastidio continuo e insistente. Il testo originale dice che il giudice le farà giustizia in modo che essa "non mi rompa la testa": questo fa ben capire di quale insistenza questa donna era dotata! A volte succede anche nelle nostre frenetiche e caotiche giornate, nelle quali qualcuno ti pizzica e inizia a raccontarti di tutto e di più, oppure ti chiede mille cose, mille favori, e pur di togliertela di torno fai tutto ciò che ti chiede. Ecco, questo giudice ha fatto la stessa cosa, anche se non aveva voglia: quella vedova lo ha buttato giù dal letto del suo egoismo, lo ha tirato fuori dal suo mondo, intimandogli di compiere il suo dovere di giudice.

Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente.

Il giudice compie il suo dovere facendo giustizia e applicando la legge solo per sbarazzarsi della vedova (non lo fa né per fedeltà a se stesso, né tanto meno per amore). La chiave della parabola è proprio in questo paragone portato all'estremo da Gesù. Tu sei il bisognoso, come la vedova hai bisogno di tutto, e spesso, in questo strano mondo, ti senti l'ultimo e incompreso. Dio Padre è Colui che ti ha fatto, che ti conosce perfettamente sotto ogni punto di vista, Lui sa il tuo carattere, i tuoi pregi e i tuoi difetti: ti renderà giustizia, cioè farà in modo che nella tua vita tutto funzioni bene (il che non significa senza problemi, stai bene attento!), sarà al tuo fianco e realizzerà con te il suo piano di amore. Dio, a differenza di quel giudice, fa giustizia prontamente ai suoi eletti.

Prontamente, subito, basta uno sguardo, o forse neanche quello: Dio è provvidente ma anche previdente, solo che spesso si chiede a Dio di essere la nostra fata turchina o il babbo natale che porta i doni, e allora Lui si mette le mani in tasca e fischietta disinvoltamente, aspettando che tu ti renda conto che Lui non ha bacchette magiche, non si diverte a fare incantesimi, ma vive la tua situazione con te, come sa fare solo chi ama. Perché sfigurare il volto di Dio? Perché renderlo antipatico come quel giudice quando è Lui stesso la fonte dell'amore, di ogni amore?

Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?

Qui Gesù non sta parlando di chiese vuote o piene, di confessioni o comunioni, non si sta lamentando della scarsità di vocazioni: questa domanda posta alla fine di questa parabola ha la funzione di specchio: Io ci sono, dice Dio, non chiudo occhio e ti seguo passo passo. Tu che fai? Stringi la mia mano e cresciamo in questa relazione seriamente o mi collochi in friend-zone? E con questa domanda Gesù non vuole schiacciarti sotto il peso della responsabilità, ma è un invito di chi è follemente innamorato di te, che desidera il tuo bene, ma che troppo spesso non incontra il tuo sì deciso. Sono i nostri ni a frenare l'azione di Dio, Lui che nel vangelo dice sempre "se vuoi" e non "devi". Il Figlio dell'uomo quando verrà, troverà la fede sulla terra? Dipende da te.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
donaci di orientare sempre a te la nostra volontà
e di servirti con cuore sincero.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:  
Colletta
O Padre, che hai accolto l'intercessione di Mosè,
dona alla Chiesa di perseverare
nella fede e nella preghiera
fino a quando farai giustizia ai tuoi eletti
che a te gridano giorno e notte.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - Es 17,8-13
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva

In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. 
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. 
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. 
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

SALMO RESPONSORIALE - Sal 120
Rit. Il mio aiuto viene dal Signore.

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra. R.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele. R.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte. R.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre. R.

SECONDA LETTURA - 2Tm 3,14-4,2
L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.

Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. 
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

VANGELO - Lc 18,1-8
Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»
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La Liturgia di Domenica 9 Ottobre 2022

9/10/2022

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XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea.

In cammino verso Gerusalemme Gesù passa sui confini di Galilea e Samaria. Potrei iniziare tracciando un quadro storico, politico, geografico e sociale delle regioni citate, ma non ne ho le conoscenze (ti va anche bene: non ti tedio). Invece si è accesa una lampadina: il testo greco utilizza "passare", un verbo che conduce rapidamente al Passaggio del Figlio di Dio, dal dolore alla morte, dal sepolcro alla resurrezione, quella che i più chiamano Pasqua, senza sapere che dolore e morte sono Passaggio, anch'essi, verso la resurrezione.

Gesù ha fatto Pasqua più volte nella sua esistenza: l'incarnazione stessa è stato il passaggio dal cielo di Dio alla terra degli uomini: "non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato" (Eb 4,15). Questo primo passaggio ha reso Dio uno di noi, uno come noi; l'incarnazione è un tema troppo poco meditato, poiché è proprio lì che si trova la chiave del mio successo come essere umano, come cristiano. Sarebbe interessante leggere il vangelo e prendere nota dei passaggi di Gesù: ne avremmo una cartina dettagliata di come il Figlio di Dio si muove sulle strade di questo mondo, senza perdere il sapore del cielo.

Gesù, in questa pagina di vangelo, passa sui confini: a Gesù non lo tieni fermo, Lui non sa cosa sia la zona di comfort, non l'ha mai avuta, non l'ha mai desiderata. Uomo del confine, Gesù si spinge fin là dove c'è una persona. Può essere presso un pozzo dove incontrare la donna samaritana, o ai piedi di un albero come per Zaccheo; ogni luogo diventa il luogo dell'incontro, e ogni momento il momento favorevole.

Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!».

Un gruppetto di persone malate e contagiose mettono in atto una strategia: vanno incontro a Gesù, si fermano a distanza, e gridano a voce alta. Il loro desiderio è incontrare Gesù, ma sanno bene di essere malati, e allora si fermano. Tuttavia non si arrendono, e dove non possono arrivare, giunge la loro voce: "Gesù, maestro, abbi pietà di noi!". Potrebbe essere la storia di chiunque si mette sulle tracce di Dio: desiderio insopprimibile di verità e di pace, paura che ferma e blocca i nostri passi. Gesù rimane una meta lontana e il desiderio si spegne, complice il mondo che fa di tutto per ubriacarci di parole e di immagini vuote. Questi lebbrosi invece non si arrendono, e alzano la voce, gridano, riconoscono in Gesù un maestro, chiedono aiuto. Troppe volte invece il nostro desiderio viene mangiato dalla paura, e il grido di aiuto viene soffocato dal rispetto umano, da mille supposizioni. I dieci lebbrosi gridano, e questo grido permette l'incontro, anche se a distanza.

Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.

Gesù li vede e li manda a mostrarsi dai sacerdoti (il sacerdote aveva l'incarico di stabilire la malattia e la guarigione). Vedere e mostrare. Questi due verbi oftalmici ci dicono l'importanza della relazione: quando parlo con qualcuno lo guardo negli occhi, stabilisco un contatto visivo, Si mostra qualcosa o qualcuno a chi non guarda, si richiede l'attenzione. Gesù è invece ben attento: "appena li vide", e vedendoli li accoglie, li ascolta, li comprende.

Quei lebbrosi, che hanno desiderato, camminato, gridato, obbedito vengono guariti, ed è certamente un dono, ma come non notare e ammirare il loro impegno, che li ha esposti, li ha fatti uscire dall'autocommiserazione? Il cammino dei lebbrosi è il cammino di chiunque cerca un senso alla propria esistenza: solo l'incontro con Cristo risolve le paure, guarisce i cuori, dona pace, riconcilia con se stessi e con gli altri.

Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.

Uno dei dieci si vede guarito, torna indietro, loda Dio, si prostra, ringrazia. Tutte queste azioni sono conseguenza della consapevolezza che qualcosa è accaduto. Torna sui suoi passi, quelli fatti da malato, i passi che il desiderio ha sostenuto, i passi interrotti dalla paura, i passi dell'obbedienza: tornare indietro non è sempre sintomo di un regresso, se ci pensi chi prende la rincorsa torna indietro per raccogliere energie e dare vigore alla sua corsa. Nel cammino della vita spesso è necessario tornare indietro, non per piangere sul latte versato, non per ricordare i bei tempi andati, ma per fare memoria, cioè vivere nella fede e in compagnia di Dio anche quei luoghi, quei giorni in cui Dio non c'era, in cui io non ero con Lui.

Torna indietro lodando Dio per tutto ciò che è stato, perché quei giorni di dolore sono stati strada e bussola per incontrare Dio. Quel tempo e quello spazio privi di senso ora sono il tempo e lo spazio così necessari a ognuno per vivere e sopravvivere, e Dio non è più il grande assente: Lui ti ha visto da lontano, ha udito il tuo grido, ti ha ascoltato, si è fatto vicino, ti ha guarito. Il cammino a ritroso si conclude con un atto meraviglioso: la prostrazione, gesto di chi si abbandona completamente, di chi riconosce la presenza di Dio. Si prostra per ringraziarlo: in greco grazie si dice "Eucaristò": non ti ricorda niente? Fare memoria, prostrarsi, ringraziare: sono tutti gli elementi presenti nella celebrazione eucaristica, dove Gesù Signore si fa presente, passa sui nostri confini e ci offre la comunione con Lui, il dono più grande!

Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’ infuori di questo straniero?». E gli disse: «À lzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Nove non sono tornati indietro, non hanno ringraziato, non si sono prostrati, non hanno fatto comunione: quanti non! Sono guariti solo fisicamente, certo è già una gran cosa, ma non hanno incontrato lo sguardo di Gesù, non sono tornati nel loro passato (perché tornare indietro se la mia vita non è cambiata?). Solo uno ha fatto tutto questo, e oltre che guarito è stato salvato. Gesù lo ha guarito ma la sua fede lo ha salvato... da chi, da che cosa? Dal ripiegamento autoreferenziale, dalla cecità di chi non vede altro che se stesso e il proprio interesse.

Un grazie trasforma un'intera esistenza, porta guarigione e salvezza. Un grazie è l'incontro che rende Dio vicino, con te, in te, adesso, per sempre.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, o Signore,
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,
non ci stanchiamo mai di operare il bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta  
O Dio, che nel tuo Figlio
liberi l'uomo dal male che lo opprime
e gli mostri la via della salvezza,
donaci la salute del corpo e il vigore dello spirito,
affinché, rinnovati dall'incontro con la tua parola,
possiamo renderti gloria con la nostra vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA - 2Re 5,14-17
Tornato Naamàn dall’uomo di Dio, confessò il Signore

In quei giorni, Naamàn [, il comandante dell’esercito del re di Aram,] scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato [dalla sua lebbra].
Tornò con tutto il seguito da [Elisèo,] l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò. 
Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore».

SALMO RESPONSORIALE - Sal 97
Rit: Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo. R.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele. R.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni! R.

SECONDA LETTURA - 2Tm 2,8-13
Se perseveriamo, con lui anche regneremo

Figlio mio,  
ricòrdati di Gesù Cristo,
risorto dai morti,
discendente di Davide,
come io annuncio nel mio vangelo,
per il quale soffro
fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. 
Questa parola è degna di fede:
Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; 
se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso

VANGELO - Lc 17,11-19
Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. 
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
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La Liturgia di Domenica 2 Ottobre 2022

2/10/2022

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OTTOBRE:
MESE DEDICATO ALLA RECITA DEL S. ROSARIO


Ottobre è comunemente chiamato il Mese del Rosario perché il giorno 7 viene celebrata la memoria della Beata Maria Vergine del Rosario.

Il Santo Rosario è chiamato “Salterio della beatissima Vergine Maria”. Questo modo di pregare Dio consiste nel lodare la beatissima Vergine ripetendo il saluto angelico 150 volte, quanti sono i salmi del salterio di David, interponendo ad ogni decina il “Padre nostro” con meditazioni illustranti l’intera vita del Signore nostro Gesù Cristo.

Sorto all’inizio del secolo XII, il Rosario si è diffuso in tutta la Chiesa arricchito da numerose indulgenze, compagno fedele di tutti i cristiani che vogliono condurre seriamente la loro vita.

San Giovanni Paolo II ha pubblicamente dichiarato di preferire la preghiera del Santo Rosario a qualunque altra non liturgica. Egli ha anche felicemente arricchito i Misteri tradizionali con quelli della Luce che culminano con il mistero della istituzione dell'Eucaristia. 

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XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
Questa richiesta accomuna ogni essere umano, anche chi si professa ateo, anche chi è arrabbiato e ferito con e a causa della Chiesa. Fede non è credere a dogmi imposti da una religione, ma adesione del cuore, della mente, di tutta la propria esistenza alla presenza di Dio, alla sua provvidenza, al suo amore. Accrescere significa aggiungere, mettere insieme per uno scopo, portare a maturazione. La fede non è un diploma o un attestato da incorniciare e appendere in soggiorno, ma bensì una pianta da seminare, irrigare, curare, potare, curare. La fede cresce con te, la fede sei tu, non una cosa esterna a te.

Come un bimbo desidera crescere e diventare "alto come papà", anche tu porti dentro di te questo desiderio, che non si spegne mai, neanche in tarda età. Diventare grandi è una legge di natura, insita e scritta in ogni fibra che compone l'essere vivente. Desiderio di crescere e fede si incontrano meravigliosamente, e fecondano la vita del credente, non dell'indottrinato, non dell'integralista, ma del credente, che vive e sperimenta in se stesso ciò che crede grazie alla fede., e la sua stessa vita diventa presenza di Dio per gli altri.

Espressioni tipiche: Non ho fede, ho poca fede, non riesco a credere, ho perso la fede, vorrei avere più fede, sarebbe bello credere. Questo frasario finisce nel nulla, sono espressione di un desiderio di crescita (tanta, poca, debole, forte, assente), che però non si incontra con la vita, non diventa carne e sangue, ma rimane idea, e quindi una volta espressa l'idea, svanisce, senza lasciare traccia. Se invece l'idea si incarna, presto o tardi sboccerà qualcosa, la tua vita esprimerà non solo a parole questo desiderio di crescita, saranno atti concreti, fatti tangibili, opere e azioni quotidiane che cambieranno la tua vita, e quindi la vita del mondo intero, L'idea diventerà vita concreta, e la vita porterà frutto.

Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Srà dicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

Ecco la risposta di Dio al tuo desiderio di crescita: ti mette in mano un semino, piccolissimo, come il puntino di una i. E in questa piccolezza sono contenute due possibili letture:
  1. La fede, piccola come un granello di senape, eppure sufficiente, anzi sovrabbondante.
  2. La fede di un granello di senape: esso, per quanto piccolo, contiene tutte le potenzialità e l'energia per diventare un grande albero e portare frutto.

In entrambi i casi questo seme non deve fare cose strane, non deve neppure compiere prodigi, ma semplicemente essere se stesso, oggi un granello di senape, domani una pianta che porta frutto. Ecco la fede: essere te stesso, senza strane quanto inutili sovrastrutture. Mi viene in mente don Bosco quando diceva: "Se Dio è con noi, siamo la maggioranza!" L'incontro tra il Creatore e la creatura è il segreto del successo, a tutti i livelli.

Il grande albero obbedisce al semino? Certo, perché il seme contiene tutto il necessario per crescere e moltiplicarsi, e senza semino l'albero imponente e maestoso non ci sarebbe. Se io sono me stesso, e con tutto me stesso vivo la relazione con Dio, mi sarà possibile tutto. Non ho detto che mi sarà possibile fare i miracoli o cose strane, ma con Dio potrò vivere anche la notte più buia, il dolore più grande, la malattia e la morte: tutte queste cose non mi sopraffaranno mai, perché io e Dio siamo la maggioranza. Rimarrò in piedi nonostante tutto, perché Dio rimane vicino.

Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Come il grande albero obbedisce al semino, così il servo obbedisce al padrone, fa quello che deve fare e poi si mette tranquillo, senza sbandierare ciò che ha fatto. Fede è essere se stessi, in relazione profonda con Dio, nell'umiltà. Siamo servi che fanno il loro dovere, e non ci spaventi questa inutilità suggerita da Gesù: essa è la custodia migliore del bene che abbiamo fatto. Come a una mamma dopo aver dato alla luce il proprio figlio viene reciso il cordone ombelicale, così anche tu, dopo aver compiuto il bene, recidilo dalle tue mani, lascialo libero, non trattenerlo, non è tuo, non lo è mai stato. Sei stato strumento di bene, ora fai un atto di espropriazione, così da avere cuore sereno e mani libere per fare dell'altro.

Il semino, il grande albero, il servo umile: fede è quel piccolo seme che si affida, è il grande albero che porta frutto, è il servo che obbedisce con gioia alla voce del Signore. Tre atteggiamenti tutti da vivere. La fede sei tu.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
che esaudisci le preghiere del tuo popolo
oltre ogni desiderio e ogni merito,
effondi su di noi la tua misericordia:
perdona ciò che la coscienza teme
e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:  
Colletta
O Dio, che soccorri prontamente i tuoi figli
e non tolleri l'oppressione e la violenza,
rinvigorisci la nostra fede,
affinché non ci stanchiamo di operare in questo mondo,
nella certezza che la nostra ricompensa
è la gioia di essere tuoi servi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA (Ab 1,2-3;2,2-4)
Il giusto vivrà per la sua fede

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto
e non ascolti,
a te alzerò il grido: «Violenza!»
e non salvi?
Perché mi fai vedere l’iniquità
e resti spettatore dell’oppressione?
Ho davanti a me rapina e violenza
e ci sono liti e si muovono contese. 
Il Signore rispose e mi disse:
«Scrivi la visione
e incidila bene sulle tavolette,
perché la si legga speditamente.
È una visione che attesta un termine,
parla di una scadenza e non mentisce;
se indugia, attendila,
perché certo verrà e non tarderà.
Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,
mentre il giusto vivrà per la sua fede».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 94)
Rit. Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia. R.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce. R.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere». R.

SECONDA LETTURA (2Tm 1,6-8.13-14)
Non vergognarti di dare testimonianza al Signore nostro

Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. 
Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. 
Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

VANGELO (Lc 17,5-10)
Se aveste fede!

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». 
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Oggi si fa memoria degli
SANTI ANGELI CUSTODI
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Nella storia della salvezza, Dio affida agli Angeli l'incarico di proteggere i patriarchi, i suoi servi e tutto il popolo eletto. Pietro in carcere viene liberato dal suo Angelo. Gesù a difesa dei piccoli dice che i loro Angeli vedono sempre il volto del Padre che sta nei Cieli.
Figure celesti presenti nell'universo religioso e culturale della Bibbia - così come di molte religioni antiche - e quasi sempre rappresentati come esseri alati (in quanto forza mediatrice tra Dio e la Terra), gli angeli trovano l'origine del proprio nome nel vocabolo greco anghelos =messaggero. Non a caso, nel linguaggio biblico, il termine indica una persona inviata per svolgere un incarico, una missione. Ed è proprio con questo significato che la parola ricorre circa 175 volte nel Nuovo Testamento e 300 nell'Antico Testamento, che ne individua anche la funzione di milizia celeste, suddivisa in 9 gerarchie: Cherubini, Serafini, Troni, Dominazioni, Potestà, Virtù celesti, Principati, Arcangeli, Angeli. Oggi il tema degli Angeli, quasi scomparso dai sermoni liturgici, riecheggia stranamente nei pulpiti dei media in versione new age, nei film e addirittura negli spot pubblicitari, che hanno voluto recepirne esclusivamente l'aspetto estetico e formale.

Colletta
O Dio, che nella tua misteriosa provvidenza
mandi dal cielo i tuoi Angeli
a nostra custodia e protezione,
fa’ che nel cammino della vita
siamo sempre sorretti dal loro aiuto
per essere uniti con loro nella gioia eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

+ + +

La memoria dei Santi Angeli fu fissata al 2 ottobre da papa Clemente X nel 1670. La loro esistenza è un dogma di fede, definito più volte in maniera solenne dalla Chiesa. Il nome "anghelos" deriva dal greco e vuol dire "messaggero". In questo ruolo appaiono nella Bibbia. Nella storia della salvezza, Dio affida agli Angeli l'incarico di proteggere i patriarchi, i suoi servi e tutto il popolo eletto.

COSA DICE LA BIBBIA SUGLI ANGELI?
Specifici episodi del Vecchio e Nuovo Testamento, indicano la presenza degli Angeli: la lotta con l’angelo di Giacobbe (Genesi 32, 25-29); la scala percorsa dagli angeli, sognata da Giacobbe (Genesi, 28, 12); i tre angeli ospiti di Abramo (Genesi, 18); l’intervento dell’angelo che ferma la mano di Abramo che sta per sacrificare Isacco; l’angelo che porta il cibo al profeta Elia nel deserto. L’annuncio ai pastori della nascita di Cristo; l’angelo che compare in sogno a Giuseppe, suggerendogli di fuggire con Maria e il Bambino; gli angeli che adorano e servono Gesù dopo le tentazioni nel deserto; l’angelo che annunciò alla Maddalena e alle altre donne, la resurrezione di Cristo; la liberazione di s. Pietro, dal carcere e dalle catene a Roma; senza dimenticare la cosmica e celeste simbologia angelica dell’Apocalisse di s. Giovanni Evangelista.

QUAL È IL FONDAMENTO EVANGELICO DELLA FIGURA DELL'ANGELO CUSTODE?
L'Angelo Custode indica l’esistenza di un angelo per ogni uomo, che lo guida, lo protegge, dalla nascita fino alla morte, è citata nel Libro di Giobbe, ma anche dallo stesso Gesù, nel Vangelo di Matteo, quando indicante dei fanciulli dice: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”. La Sacra Scrittura parla di altri compiti esercitati dagli angeli, come quello di offrire a Dio le nostre preghiere e sacrifici, oltre quello di accompagnare l’uomo nella via del bene.

COS'È L'ESERCITO CELESTE E COME È COMPOSTO?
La figura dell’Angelo come simbolo delle gerarchie celesti, in genere appare fin dai primi tempi del cristianesimo, collocandosi in prosecuzione della tradizione ebraica e come trasformazione dei tipi precristiani delle Vittorie e dei Geni alati, che avevano anche la funzione mediatrice, tra le supreme divinità e il mondo terrestre. Attraverso l’insegnamento del “De celesti hierarchia” dello pseudo Dionigi l’Areopagita, essi sono distribuiti in tre gerarchie, ognuna delle quali si divide in tre cori. La prima gerarchia comprende i serafini, i cherubini e i troni; la seconda le dominazioni, le virtù, le potestà; la terza i principati, gli arcangeli e gli angeli. I cori si distinguono fra loro per compiti, colori, ali e altri segni identificativi, sempre secondo lo pseudo Areopagita, i più vicini a Dio sono i serafini, di colore rosso, segno di amore ardente, con tre paia di ali; poi vengono i cherubini con sei ali cosparse di occhi come quelle del pavone; le potestà hanno due ali dai colori dell’arcobaleno; i principati sono angeli armati rivolti verso Dio e così via. Più distinti per la loro specifica citazione nella Bibbia, sono gli Arcangeli, i celesti messaggeri, presenti nei momenti più importanti della Storia della Salvezza; Michele presente sin dai primordi a capo dell’esercito del cielo contro gli angeli ribelli, apparve anche a papa s. Gregorio Magno sul Castel S. Angelo a Roma, lasciò il segno della sua presenza nel Santuario di Monte S. Angelo nel Gargano; Gabriele il messaggero di Dio, apparve al profeta Daniele; a Zaccaria annunciante la nascita di s. Giovanni Battista, ma soprattutto portò l’annuncio della nascita di Cristo alla Vergine Maria; Raffaele è citato nel Libro di Tobia, fu guida e salvatore dai pericoli del giovane Tobia, poi non citato nella Bibbia, c’è Uriele, nominato due volte nel quarto libro apocrifo di Ezra, il suo nome ricorre con frequenza nelle liturgie orientali, s. Ambrogio lo poneva fra gli arcangeli, accompagnò il piccolo s. Giovanni Battista nel deserto, portò l’alchimia sulla terra.

LUCIFERO ERA UN ANGELO?
Sì. Il Concilio Lateranense IV, definì come verità di fede che molti Angeli, abusando della propria libertà caddero in peccato e diventarono cattivi. San Tommaso affermò che l’Angelo poté commettere solo un peccato d’orgoglio, lo spirito celeste deviò dall’ordine stabilito da Dio e non accettandolo, non riconobbe al disopra della sua perfezione, la supremazia divina, quindi peccato d’orgoglio cui conseguì immediatamente un peccato di disobbedienza e d’invidia per l’eccellenza altrui. Altri peccati non poté commetterli, perché essi suppongono le passioni della carne, ad esempio l’odio, la disperazione. Ancora s. Tommaso d’Aquino specifica, che il peccato dell’Angelo è consistito nel volersi rendere simile a Dio. La tradizione cristiana ha dato il nome di Lucifero al più bello e splendente degli angeli e loro capo, ribellatosi a Dio e precipitato dal cielo nell’inferno; l’orgoglio di Lucifero per la propria bellezza e potenza, lo portò al grande atto di superbia con il quale si oppose a Dio, traendo dalla sua parte un certo numero di angeli. Contro di lui si schierarono altri angeli dell’esercito celeste capeggiati da Michele, ingaggiando una grande e primordiale lotta nella quale Lucifero con tutti i suoi, soccombette e fu precipitato dal cielo; egli divenne capo dei demoni o diavoli nell’inferno e simbolo della più sfrenata superbia. Il nome Lucifero e la sua identificazione con il capo ribelle degli angeli, derivò da un testo del profeta Isaia (14, 12-15) in cui una satira sulla caduta di un tiranno babilonese, venne interpretata da molti scrittori ecclesiastici e dallo stesso Dante (Inferno XXIV), come la descrizione in forma poetica della ribellione celeste e della caduta del capo degli angeli. “Come sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora! Come sei stato precipitato a terra, tu che aggredivi tutte le nazioni! Eppure tu pensavi in cuor tuo: Salirò in cielo, al di sopra delle stelle di Dio innalzerò il mio trono… salirò sulle nubi più alte, sarò simile all’Altissimo. E invece sei stato precipitato nell’abisso, nel fondo del baratro!”

COSA FANNO GLI ANGELI?
La Sacra Scrittura suggerisce più volte che gli Angeli godono della visione del volto di Dio, perché la felicità alla quale furono destinati gli spiriti celesti, sorpassa le esigenze della natura ed è soprannaturale. E nel Nuovo Testamento frequentemente viene stabilito un paragone fra uomini, santi e angeli, come se la meta cui sono destinati i primi, altro non sia che una partecipazione al fine già conseguito dagli angeli buoni, i quali vengono indicati come ‘santi’, ‘figli di Dio’, ‘angeli di luce’ e che sono ‘innanzi a Dio’, ‘al cospetto di Dio o del suo trono’; tutte espressioni che indicano il loro stato di beatitudine; essi furono santificati nell’istante stesso della loro creazione.

QUALI SONO GLI ATTRIBUTI DEGLI ANGELI?
Intelligenza e volontà. L’Angelo in quanto essere spirituale non può essere sprovvisto di queste due facoltà; anzi in lui debbono essere molto più potenti, in quanto egli è puro di spirito; sulla prontezza e infallibilità dell’intelligenza angelica, come pure sull’energia, la tenace volontà, la libertà superiore, il grande Dottore Angelico, s. Tommaso d’Aquino, ha scritto ampiamente nella sua “Summa Theologica”, alla quale si rimanda per un approfondimento.
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