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La Liturgia di Domenica 25 Luglio 2021

25/7/2021

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XVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Ogni azione ha sempre un perché, possiamo immaginarlo come una sorgente, una radice, un motore, una scintilla: in qualunque modo lo immaginiamo, il perché è all’origine di un come, di un atteggiamento, di un’azione. La grande folla che segue Gesù ha un suo perché molto concreto: segue Gesù perché vede i segni, i miracoli che compiva sui malati.

Non conoscono Gesù, e non lo vogliono conoscere, così presi dalla dimensione del prodigio; il volto del Signore è completamente cancellato dall’attenzione assoluta sul miracolo. Se ci pensiamo è proprio il contrario dell’incarnazione, dove Dio diventa essere umano, con un volto, un carattere, un corpo per poterci incontrare personalmente. Questa disincarnazione operata dalla folla è quantomai lontana dal volere del Padre, ci allontana da Lui e da noi stessi, ci disperde in mille rivoli prosciugando e sterilizzando le nostre vite.

Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Il vangelo non lascia nulla al caso e in una riga dà tutte le coordinate necessarie. Il monte è il luogo dell’incontro con Dio, è il luogo della terra più vicino al cielo. Sedersi è l’atteggiamento del maestro, di colui che insegna, e infatti è insieme ai suoi discepoli: discepolo è colui che impara, che attinge dalla sapienza del maestro. E poi il riferimento alla Pasqua: la più grande festa del popolo ebraico, i cui preparativi iniziavano già un mese prima; tutta la vita e l’opera di Gesù è orientata alla Pasqua, (in ebraico significa passaggio), non solo la sua, dalla morte alla resurrezione, ma anche la mia e la tua. L’incontro con il Signore non ci lascia mai nello stesso punto in cui ci ha trovati!

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui. Gesù è sempre invaso dalla gente, tutti accorrono a Lui, chi per un motivo, chi per un altro. Gesù vede questa gente che accorre. In questo vedere c’è tutta la sua attenzione per ogni singola persona. Non siamo gregge, non siamo gruppo: siamo persone, individui, uomini e donne e Gesù conosce nell’intimo ognuna di quelle persone. L’amore di Dio ti raggiunge là dove sei, come sei, non devi dimostrare nulla, solo aprire le braccia e accogliere il dono.

Disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Filippo era originario di Betsaida, luogo in cui ora Gesù si trovava, e chiede proprio a lui un’indicazione pratica. Gesù si fa carico delle persone che lo circondano, è attento ai loro bisogni, e desidera il loro bene. Il vangelo di Cristo ci insegna che l’incarnazione del Figlio di Dio è la chiave che ci apre la porta del mistero, non solo del mistero di Dio, ma anche il mistero dell’uomo, della sua essenza. Cristianesimo non è astrazione, alienazione; seguire Gesù significa essere pienamente uomo, pienamente donna, e da quell’umanità vissuta e non fuggita, contemplare il volto del Padre.

Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Filippo fa esperienza del limite. Da una parte Filippo e la sua povertà di mezzi, dall’altra una folla immensa da nutrire: non ce la può fare. Un denaro era il salario di una giornata di lavoro; duecento denari equivalgono allora a 7 mesi di lavoro, quasi un anno di stipendio, una cifra esorbitante, fuori da ogni possibilità. Spesso l’esperienza vissuta da Filippo è la nostra esperienza, davanti a una situazione ingestibile, davanti a un problema che ci angustia. Filippo dice a Gesù che gli sta chiedendo qualcosa che va oltre ogni limite, razionalmente impossibile. Anche la nostra preghiera fa eco a queste parole di Filippo: Signore è impossibile, non ce la faccio, aiutami tu, da solo sono perduto.

Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Andrea tenta una soluzione, ma mentre la esprime si rende conto che la cosa non sta in piedi. Eppure non frena il suo entusiasmo di aver trovato qualcosa di commestibile. Gli studiosi vedono in questi cinque pani e due pesci la pienezza, (5+2=7), per indicare che il mio tutto diventa il tutto di Dio. San Francesco dopo essersi spogliato di ogni cosa può esclamare in verità: “mio Dio, mio tutto!”, non ha più nulla da stringere tra le mani, perché tutto ha dato al Signore. E Dio idealmente risponde: “Mio Francesco, mio tutto”.
Se so mettere tutto me stesso nelle mani di Dio, allora tutto diviene possibile, non perché sia tutto miracolosamente facile, ma perché la potenza del dono germoglia in me, mi inserisce nel vortice dell’amore di Dio e trasforma la mia vita, la apre a nuove esperienze e il mio orizzonte diventa quello del mondo intero. Un’orizzonte di fraternità.

Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Gesù è entusiasta dell’idea di Andrea. Ha bisogno di quel poco cibo offerto dal giovane per compiere il prodigio. La condivisione rende possibile l’impossibile, proprio come successe quella volta a Maria di Nazareth: “Com’è possibile questo? Eccomi!” Dio necessita del sì di Maria, Maria si fida e si affida totalmente.

Gesù ha bisogno di quei cinque pani e due pesci, ha bisogno del sì di quel giovane, ha bisogno del mio, del tuo sì, non importa quanto sei povero e misero, non importa se hai poca fede, se ti senti inadatto, non importa se hai paura, se, se, se: il se diventi un sì, ok, ci sto Signore, eccomi qui! Il prodigio più grande è in quel “Fateli sedere”: Gesù ha già sfamato quei cinquemila uomini, ha già compiuto il prodigio.

E’ in mio potere sfamare cinquemila uomini? Sicuramente no. E’ in mio potere dire il mio sì e dare il mio tutto, questo sì, questo è alla mia portata, perché devo essere semplicemente me stesso, non più bravo, non un altro diverso da me. Dio non ama una versione migliore di me: Dio ama me, ama te, adesso!

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. Il richiamo all’Eucaristia è fortissimo e inequivocabile. Interessante notare i tre passaggi: prese i pani, quei pochi pani, li toccò con le sue mani, li apprezzò; poi rese grazie: quei pani sono un dono di Dio, e Dio viene ringraziato. Il popolo ebraico per ringraziare Dio dice: “che tu sia benedetto Dio d’Israele”: la benedizione è il grazie a Dio per i suoi doni, ma anche il grazie di Dio per i nostri doni. In questo scambio di grazie avviene l’incontro e la benedizione. Dopo aver preso i pani e aver ringraziato, li diede.

Accolgo me stesso, i miei limiti, la mia povertà, mi voglio bene per quello che sono, rendo grazie per questo e poi mi dono: questo atteggiamento suggerito dal vangelo mi consacra Eucaristia vivente, mi rende capace di benedizione per la mia vita e per quanti mi avvicinano.

Quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri. Spesso dopo aver dato il meglio di noi stessi, esserci impegnati, averci messo il cuore e l’anima, rimaniamo delusi e abbattuti perché il nostro dono non viene valorizzato e accolto. Per chi l’ho fatto? Potevo fare altro, potevo pensare a me stesso… Questi sentimenti corrugano il nostro cuore e tendono a farci ripiegare su noi stessi, rendendoci di fatto incapaci di dono, e portandoci sulle terre dell’egoismo. Gesù invece è molto chiaro: nulla vada perduto.

Il tuo lavoro, le tue fatiche, tutto ciò che tu vivi viene accolto e valorizzato dall’amore, e se oggi il tuo dono non sazia la fame della folla, sarà comunque custodito, conservato in freschezza nella dispensa dell’amore. Nulla vada perduto, neppure una briciola, proprio come nell’Eucaristia, Corpo del Signore, si fa attenzione ai frammenti, stendendo una sorta di tovagliolo, chiamato corporale, che raccoglie eventuali pezzetti di pane consacrato. Così il Signore stende nelle nostre vite, nei nostri cuori il corporale della carità e dell’accoglienza, affinché il mio dono non vada disperso, fosse anche una piccola briciola.

La gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Se Gesù ha fatto questo miracolo è il profeta. Se è profeta lo facciamo re, così risolviamo tutti i nostri problemi. Così ragiona la folla, che usa la delega per affrontare la vita, un po’ come succede oggi col politico di turno, sperando che costui possa risolvere problemi di un’intera nazione. Deleghiamo questa o quell’altra persona (un medico, un avvocato, un prete, un insegnante) per risolvere ciò che noi non siamo in grado di fare, ma che neppure abbiamo tentato di affrontare.

Quel giovane ha offerto tutto ciò che aveva, e sicuramente era del tutto insufficiente, ma ha detto il suo sì, non ha delegato, non ha telefonato alla “società” perché intervenisse. La folla delega, scarica il barile della propria responsabilità e trattiene il dono. Risultato: Gesù scappa, sul monte, vicino a Dio, da solo. Quando da piccoli ci dicevano: “se non fai da bravo Gesù si allontana da te”, significa proprio questo. Non perché realmente Gesù si allontani, Lui è il Dio vicino, sempre, ma perché io, noi ci allontaniamo dalla sua visione di amore e di condivisione, noi priviamo la nostra vita del dono, fatto e ricevuto.
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Il giovane e il suo sì. Gesù solo sul monte. Le due icone di questa domenica diano forza e vigore alla nostra vita. Essere dono per gli altri, e ricevere il dono di Dio per noi, avvolti dal corporale dell’amore.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
O Dio, nostra forza e nostra speranza,
senza di te nulla esiste di valido e di santo;
effondi su di noi la tua misericordia
perché, da te sorretti e guidati,
usiamo saggiamente dei beni terreni
nella continua ricerca dei beni eterni.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure: 
Colletta 
O Padre, che nella Pasqua domenicale
ci chiami a condividere il pane vivo disceso dal cielo,
aiutaci a spezzare nella carità di Cristo
anche il pane terreno,
perché sia saziata ogni fame del corpo e dello spirito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA (2Re 4,42-44)
Ne mangeranno e ne faranno avanzare.

In quei giorni, da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia. 
Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”». 
Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore. 

SALMO RESPONSORIALE (Sal 144)
Rit: Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.    

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente.    

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

SECONDA LETTURA (Ef 4,1-6) 
Un solo corpo, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. 

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. 
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

VANGELO (Gv 6,1-15) 
Distribuì a quelli che erano seduti quanto ne volevano. 

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
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La Liturgia di Domenica 18 Luglio 2021

18/7/2021

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XVI DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
Tempo di vacanze. Anche il Vangelo ci parla di riposo in un luogo deserto. " Gesù disse ai suoi discepoli: aenite in un luogo deserto e riposatevi un po'". E contrariamente a ciò che si fa normalmente e al verbo che si usa per fare le ferie, cioè "andare"( si va ai monti, si va al mare), Gesù qui dice ai suoi apostoli "venite". Ecco la differenza: se volete veramente riposarvi non dovete andare di qua o di là, ma, dice Gesù, "venite a me e troverete riposo e ristoro per le vostre anime". E anche i nostri corpi ne trarranno beneficio, perché a forza di andare di qua e di là alla fine delle vacanze si è più stanchi di prima perché le ferie rischiano di trasformarsi presto in furie....

Imparare ad andare a piedi
L'altra indicazione che ci dà il Vangelo per riposarci di più è di imparare ad andare a piedi; cioè non appoggiamoci sui grandi apparati, ma sull'essenziale, un bastone è sufficiente per andare a piedi. E faremo più strada con un bastone e camminando a piedi che con mezzi motorizzati, potenti e super-veloci .
" Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le parti cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero". Vedete che a piedi si va più veloci che in barca ( e che a cavallo: san Paolo incominciò a percorrere le strade del mondo solo dopo che fu sbalzato da cavallo...) e così quando Gesù e compagnia arrivarono, altro che luogo solitario, era strapieno di gente e Gesù si commosse perché " erano come pecore senza pastore e si mise ad insegnare loro molto cose". Ecco che il Maestro, dopo aver ascoltato i suoi discepoli ( e aver sperato - invano- di trovare un luogo solitario) si rimette a fare il Maestro e ad insegnare alle folle. Preso da compassione! Ecco il tratto più ricorrente e finalizzante degli atteggiamenti di Gesù: la compassione! Preso da compassione, guariva gli ammalati, moltiplicava i pani e i pesci, cacciava gli spiriti immondi ecc. E noi, discepoli moderni dell'unico Maestro, ci lasciamo ancora prendere da compassione?

Imparare a contare
Per arrivare a tanto dobbiamo anche imparare a contare. Qual è la cifra più difficile da raggiungere, non in termini matematici ma in termini di essere? E' lo zero. Se riusciremo a scendere fino allo zero, cioè accettare i nostri limiti e le nostre incapacità e consegnarle al Signore, Lui sarà il numero uno che si metterà davanti a tutti quegli zeri e darà un valore straordinario a tutti i nostri zeri: Cioè: se contiamo su di Lui riusciremo in tutte quelle imprese nelle quali abbiamo sempre fallito contando unicamente sulle nostre forze. "Senza di me non potete fare nulla". Alzi la mano chi non ha fatto questa esperienza una volta o l'altra nella vita. .
Nel brano di vangelo odierno vediamo che gli apostoli non devono appoggiarsi sul loro operato e sul bene fatto, ma devono risalire al donatore di ogni grazia: " Venite in disparte con me". Cioè ristabilite la comunione con me e ricentrate il vostro obiettivo sull'unico necessario perché il vostro operato sia efficace. Non ricercate il consenso umano, che oggi c'è e domani chissà: all'osanna può sempre seguire un "crucifige". Dio solo non delude mai!
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Sii propizio a noi tuoi fedeli, o Signore,
e donaci in abbondanza i tesori della tua grazia,
perché, ardenti di speranza, fede e carità,
restiamo sempre vigilanti nel custodire i tuoi comandamenti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:  
Colletta
O Padre, che nella parola e nel pane di vita
offri alla tua Chiesa la confortante presenza
del Signore risorto,
donaci di riconoscere in lui il vero re e pastore,
che rivela agli uomini la tua compassione
e reca il dono della riconciliazione e della pace.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA (Ger 23,1-6)
Radunerò il resto delle mie pecore, costituirò sopra di esse pastori.

Dice il Signore:
«Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. 
Perciò dice il Signore, Dio d’Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo del Signore. 
Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore.
Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – 
nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto,
che regnerà da vero re e sarà saggio
ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.
Nei suoi giorni Giuda sarà salvato
e Israele vivrà tranquillo,
e lo chiameranno con questo nome:
Signore-nostra-giustizia». 

SALMO RESPONSORIALE (Sal 22)
Rit: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni. 

SECONDA LETTURA (Ef 2,13-18) 
Egli è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola. 

Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti è la nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,
cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne.
Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
eliminando in se stesso l’inimicizia.
Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.

VANGELO (Mc 6,30-34) 
Erano come pecore che non hanno pastore. 

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
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La Liturgia di Domenica 11 Luglio 2021

11/7/2021

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XV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
Perdere la pazienza può essere una virtù?

A noi sembra impossibile, abituati come siamo a pensare la pazienza come una delle qualità più necessarie all'animo umano. Avere pazienza ci pare in ultimo l'atteggiamento migliore davanti alle avversità della vita.

Eppure il Vangelo di domenica (Mc 6,7-13) afferma che anche perdere la pazienza può diventare una virtù. Così infatti sembra dire Gesù mandando i suoi discepoli in missione: «Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno andatevene, e scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro».

Noi forse ci saremmo aspettati parole diverse: magari parole di comprensione nei confronti di quegli uditori poco accoglienti. Soprattutto noi avremmo voluto sentire la parola tolleranza, questa parola magica che oggi sembra risolvere ogni dissidio. Sì, forse un po' più di tolleranza non sarebbe guastata nelle raccomandazioni di Gesù.

E invece no, il comando del Maestro è diverso: «Se non vi ascolteranno, andatevene e scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi». «Andatevene»: perché il missionario non può appoggiare la sua vita ad un mondo che ha deciso fin dal principio di far tacere la sua parola. Il missionario – come il profeta dell'antico Israele – deve parlare comunque: e quindi deve anche perdere la pazienza, davanti all'indifferenza o al rifiuto degli uditori.

Certo la tolleranza è anche un valore: e Gesù non mancò di testimoniarla nella sua vita. Eppure non sempre è il tempo della tolleranza: ci sono infatti momenti in cui appaiono necessarie parole intransigenti. Come accadde quel giorno, durante il viaggio verso Gerusalemme, quando uno dei discepoli chiese a Gesù di andare a seppellire suo padre: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti – disse il Maestro con durezza – tu va', e annunzia il Regno di Dio» (Lc 9,60). O come accadde quando Gesù arrivò nel tempio della Città Santa, e rovesciò con violenza i tavoli dei venditori: «Avete trasformato questa casa in una spelonca di ladri!» (cfr Lc 19,46).

Appunto, non sempre è il tempo della tolleranza: a volte ci vogliono parole intransigenti; ci vogliono cioè parole sincere, che sappiano rompere il cerchio insopportabile dell'indifferenza e dell'ipocrisia, testimoniando quella verità che non può essere nascosta.

Infatti, dietro alla tanto predicata tolleranza dei tempi moderni si nascondono facilmente proprio l'indifferenza e l'ipocrisia: da una parte l'indifferenza di chi non vuole mai compromettersi, difendendo sino alla fine il proprio piccolo mondo; ma dall'altra anche l'ipocrisia di chi vuole starsene comodo, e allora tollera gli altri affinché gli altri tollerino lui.

Purtroppo questo accade anche nelle nostre famiglie. Oggi sono meno frequenti i conflitti accesi tra genitori e figli: c'è più tolleranza, e dunque ci sono meno scontri. Eppure dietro a questa tolleranza si insinua facilmente la rinuncia ad ogni cammino educativo: ad ogni cammino cioè che sappia condurre insieme genitori e figli verso traguardi più grandi. Certo, è più facile accontentarsi di piccoli compromessi, mettendo da parte rimproveri e tensioni: ma questa strada non sembra condurre molto lontano...
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Quindi, a volte nella vita ci vogliono davvero parole intransigenti: «Se non vi ascolteranno, andatevene...», diceva Gesù. In questi casi, perdere la pazienza è una virtù. Naturalmente non è facile sapere quando davvero è il caso; non è facile cioè saper distinguere i tempi della pazienza dai tempi dell'intransigenza: non ci sono regole automatiche. Eppure ogni domenica nell'Eucaristia ci è donato lo Spirito di Gesù: e ci è donato appunto perché sappiamo riconoscere i tempi diversi della nostra vita, imparando ogni giorno che cosa è bene dire e che cosa è bene tacere.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciò che è contrario a questo nome
e di seguire ciò che gli è conforme.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:  
Colletta
O Padre, che chiami tutti gli uomini
a essere tuoi figli in Cristo,
concedi alla tua Chiesa
di confidare solo nella forza dello Spirito
per testimoniare a tutti le ricchezze della tua grazia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA (Am 7,12-15)
Va’, profetizza al mio popolo.

In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritìrati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». 
Amos rispose ad Amasìa e disse:
«Non ero profeta né figlio di profeta;
ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro.
Il Signore mi prese,
mi chiamò mentre seguivo il gregge.
Il Signore mi disse:
Va’, profetizza al mio popolo Israele». 

SALMO RESPONSORIALE (Sal 84)
Rit: Mostraci, Signore, la tua misericordia.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

SECONDA LETTURA (Ef 1,3-14) 
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo. 

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui, mediante il suo sangue,
abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe,
secondo la ricchezza della sua grazia.
Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
facendoci conoscere il mistero della sua volontà,
secondo la benevolenza che in lui si era proposto
per il governo della pienezza dei tempi:
ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra.
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati – secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.
In lui anche voi,
dopo avere ascoltato la parola della verità,
il Vangelo della vostra salvezza,
e avere in esso creduto, 
avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso,
il quale è caparra della nostra eredità,
in attesa della completa redenzione
di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria. 

oppure:
SECONDA LETTURA Forma breve (Ef 1, 3-10)
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo. 

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui, mediante il suo sangue,
abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe,
secondo la ricchezza della sua grazia.
Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
facendoci conoscere il mistero della sua volontà,
secondo la benevolenza che in lui si era proposto
per il governo della pienezza dei tempi:
ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra.

VANGELO (Mc 6,7-13) 
Prese a mandarli. 

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». 
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
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La Liturgia di Domenica 4 Luglio 2021

4/7/2021

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LUGLIO:
MESE DEDICATO AL PREZIOSISSIMO SANGUE DI GESU'

Il mese di Luglio è dedicato alla contemplazione del Preziosissimo Sangue di Cristo, mistero insondabile di Amore e di Misericordia.
Il Sangue di Cristo è la prova inconfutabile dell'amore del Padre celeste per ogni uomo, nessuno escluso.

PREGHIERA ALL'INIZIO DEL MESE
Gesù mio, accetta gli ossequi di questo Mese, in compenso di tante iniquità degli uomini; e mentre il nemico del bene cerca di allontanare il ricordo del tuo amore dalla mente dei tuoi figli, la devozione al Divin Sangue avvicini le anime al tuo Cuore. 

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XIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
"Chi? Quello lì? Sì, hai preso quello giusto... Non fidarti... Basta vedere da che famiglia viene...". Che poi, dette in dialetto - almeno, nel nostro bergamasco - suonano ancora più sferzanti, taglienti, offensive. Ditemi voi come farà una persona che ha anche solo un minimo desiderio di fare qualcosa di bene per gli altri, oppure che ha del tempo da mettere a disposizione per un servizio di volontariato all'interno di un gruppo, di un'associazione, a sentirsi "invogliata" a fare qualcosa, se ancora prima di iniziare viene "etichettata", "bollata" da affermazioni come quelle che ho citato (e sono stato ancora contenuto...vi posso assicurare che si sente di peggio). Maldicenze e calunnie fanno di un gruppo, di una comunità, di un paese, di una parrocchia (fosse anche la realtà più bella e più vivace di questo mondo) un luogo invivibile, una casta di persone ("una genia di ribelli", direbbe il profeta Ezechiele) che pur di non mollare il potere che hanno tra le mani o di condividerlo con chi ha voglia di fare qualcosa e magari si dimostra più capace, più intelligente, più disponibile di altri, getta discredito sui medesimi, infangandoli a volte in modo così intenso che "ripulire" la propria immagine diventa poi impresa ardua. Ancor più oggi, che oltre alle malelingue fisiche esistono le malelingue virtuali, quelle piattaforme social che sono la nuova "agorà", la nuova piazza dove sbattere alla mercé di tutti, vizi e difetti degli altri.
Ho voluto iniziare in maniera provocatoria, questa domenica, non per accusare alcuno (anche perché in genere l'omelia la pronuncio un bel po' di volte alla mia coscienza, prima di proclamarla agli altri): la mia intenzione era quella di cercare di ricreare l'ambiente in cui si è svolta la scena che abbiamo ascoltato nel brano di Vangelo, il brano in cui è contenuto quel "Nemo propheta in patria" divenuto ormai proverbiale nel nostro lessico quotidiano.
Gesù (stando alla narrazione di Marco) torna per la seconda volta nella sua Galilea, e la prima volta era stato un successone: a Cafarnao, sempre di sabato e sempre nella sinagoga, il suo insegnamento era piaciuto, perché pieno di autorità (nel senso dell'autorevolezza), al punto da culminare nella guarigione di un indemoniato, cosa che ai capi della sinagoga (scribi e dottori della Legge) non era mai riuscita. Il contesto per il suo ritorno in patria non poteva che essere a lui favorevole. E invece...
Che cosa sarà mai successo di così grave da trovare un'opposizione di quel tipo (Gesù stesso si meraviglia del loro atteggiamento), se poco tempo prima tutta la folla era rimasta positivamente meravigliata dal suo insegnamento? A qualcuno, evidentemente, la popolarità e la bravura di Gesù, deve aver dato fastidio; a qualcuno, il Maestro autorevole quella volta deve aver calpestato i piedi... per cui, la vendetta gli viene servita su un piatto freddo. Lo si lascia tornare dopo un po' di tempo a casa sua, e in quel frangente di tempo si ha tutta la possibilità di gettare discredito sulla sua persona: si comincia a insinuare che la sua formazione culturale non è accreditata, che non è altro che un povero falegname, che non appartiene a una famiglia altolocata, e - come se non bastasse - si ironizza e si malefica anche sulla sua presunta "nascita miracolosa"...al punto che non c'è di meglio che definirlo "figlio di Maria" (e non citare il padre, a quel tempo, equivaleva a dire "figlio di"). Del resto, quando non si hanno motivi, quando non si hanno argomenti per definire "cattiva" una persona e il suo operato, si passa alle malignità, alle cattiverie, alle calunnie, spesso associate a una buona dose di menzogna. E in questo sono esperte in modo particolare quelle persone che non hanno niente da fare, perché - altrimenti - non perderebbero il loro tempo dietro a queste "novelle paesane".
Ma quello che fa più male a Gesù (e a noi) credo che sia il fatto che certe maldicenze vengono pronunciate "di sabato nella sinagoga", sarebbe come a dire, la domenica a messa... Che onore ci fanno, queste cose! Che belle cose, dette e fatte da noi cristiani, uomini e donne della "sinagoga del sabato", della messa della domenica, sempre in chiesa tutti i giorni, magari anche più volte al giorno! Che bello, quando ci sentiamo dire da tanta gente: "Non vado più in chiesa, non metto più piede in oratorio perché c'è un ambientino...". D'accordo, molte volte sarà anche una posizione di comodo. Ma oggi il vangelo non parla di gente che ci rimane male e se ne va dalla chiesa-sinagoga perché gli fa comodo andarsene dopo che ha sentito una parola poco gradevole: parla di Gesù in persona, che se ne va dalla chiesa-sinagoga per la maldicente incredulità della gente.
A lui, queste cattiverie e maldicenze non cambiano più di tanto la vita: in questa sua debolezza si manifesterà comunque la grazia di Dio (come dice Paolo nella seconda lettura). È a noi, a noi gente della Galilea, a noi amici, parenti, familiari di Gesù, a noi uomini e donne del "sabato della sinagoga", che viene rivolto questo appello a smetterla con questi atteggiamenti. Un antidoto alla maldicenza c'è, e lo dico spesso: tirarsi indietro le maniche e trovare qualcosa da fare. Come Gesù, per non farsi travolgere dalle cattiverie, ha continuato a evangelizzare nei villaggi vicini, così anche noi non dobbiamo perdere tempo dietro a tante cose dette, a tante mezze frasi, a tante insinuazioni: riprendiamo il nostro cammino dietro a lui, e tiriamo avanti. Qualcuno di interessato al Regno di Dio e alla sua giustizia, alla fine, ci dovrà pur essere; chi invece vuole continuare a parlare male e a scandalizzarsi di tutto e di tutti, sappia che la Parola di Dio è molto più efficace delle calunnie.
E soprattutto, Dio non ha tempo da perdere: deve salvare il mondo.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio 
hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, 
donaci una rinnovata gioia pasquale, 
perché, liberi dall’oppressione della colpa, 
partecipiamo alla felicità eterna.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. 

oppure:  
Colletta
O Padre, fonte della luce,
vinci l'incredulità dei nostri cuori,
perché riconosciamo la tua gloria nell'umiliazione del tuo Figlio,
e nella nostra debolezza
sperimentiamo la potenza della sua risurrezione.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA (Ez 2,2-5)
Sono una genìa di ribelli, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro.

In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava.
Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”.  Ascoltino o non ascoltino –dal momento che sono una genìa di ribelli–, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 122)
Rit: I nostri occhi sono rivolti al Signore.

A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni.

Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.

Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
siamo già troppo sazi di disprezzo,
troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi. 

SECONDA LETTURA (2Cor 12,7-10) 
Mi vanterò delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. 

Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. 
A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». 
Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.

VANGELO (Mc 6,1-6) 
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria. 

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
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