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La Liturgia di Martedi 25 Agosto 2015

24/8/2015

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Immagine
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25.8.2015 - Martedì della XXI settimana del Tempo Ordinario - Anno I - Rito Romano
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta

O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, 
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi 
e desiderare ciò che prometti, 
perché fra le vicende del mondo 
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA
 (1Ts 2,1-8)
Avremmo desiderato trasmettervi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita.

Voi stessi, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata inutile. Ma, dopo avere sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. 
E il nostro invito alla fede non nasce da menzogna, né da disoneste intenzioni e neppure da inganno; ma, come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. 
Mai infatti abbiamo usato parole di adulazione, come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia: Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo. 
Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.

SALMO RESPONSORIALE
 (Sal 138)
Rit: Signore, tu mi scruti e mi conosci.

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.

La mia parola non è ancora sulla lingua
ed ecco, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Meravigliosa per me la tua conoscenza,
troppo alta, per me inaccessibile.
ti e i pensieri del cuore.

VANGELO
 (Mt 23,23-26) 
Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. 

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: 
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».

Commento

Il ministero apostolico di san Paolo non ha seguito un percorso tranquillo, senza ostacoli, anzi tutto il contrario. L'Apostolo ha dovuto in continuazione affrontare situazioni difficili, di persecuzione, spesso drammatiche. Lo ricorda e lo troviamo nella lettura di oggi quando scrive ai Tessalonicesi: "Dopo aver prima sofferto e subito oltraggi a Filippi, come ben sapete, abbiamo avuto nel nostro Dio il coraggio di annunziarvi il Vangelo di Dio in mezzo a molte lotte". A Filippi 
san Luca lo racconta negli Atti degli apostoli Paolo e i suoi compagni erano stati arrestati, battuti, incarcerati e liberati grazie a un intervento provvidenziale, un terremoto, mentre nella notte Paolo e Sila cantavano inni, ringraziando Dio in questa situazione di persecuzione e di sofferenza. 
Chi ha sofferto e subito oltraggi normalmente è scoraggiato, non ha più l'audacia di continuare nella stessa attività pubblica. San Paolo invece dice: "Abbiamo avuto il coraggio di annunziarvi il Vangelo di Dio". Non ha smesso di predicare; arrivato a Tessalonica, subito si è messo di nuovo ad annunciare il Vangelo. Però notiamo che Paolo scrive: "Abbiamo avuto nel nostro Dio il coraggio di annunziarvi il Vangelo". Riconosce che questo atteggiamento umanamente sorprendente è stato un dono di Dio. Paolo è consapevole della propria debolezza, è consapevole di ricevere sempre la forza del Signore. E dal Signore riceve anche la sua integrità morale. In questo brano infatti troviamo due affermazioni: Paolo fa osservare la propria integrità perfetta nel ministero e il suo amore generoso per i Tessalonicesì. 
L'integrità perfetta è frutto di una operazione divina che san Paolo chiama "qualificare": "Dio ci ha qualificati per affidare a noi il Vangelo"; non "ci ha trovati degni", come viene tradotto nel lezionario, ma "ci ha resi degni" di affidarci il Vangelo. Dio prova prima di affidare un ministero, prova la persona e per mezzo della prova la migliora, la rende capace di adempiere la missione che egli le affida. 
Qualificato da Dio, Paolo è preoccupato di rimanere nelle stesse disposizioni che Dio gli ha dato: "Come Dio ci ha resi degni di affidarci il Vangelo, così lo predichiamo", senza pronunciare parole di adulazione, senza pènsieri di cupidigia, con perfetta purezza di intenzioni, con una assenza completa di manovre ambigue: sarebbe indegno del Vangelo. 
E d'altra parte Paolo si impegna generosamente, con tutta la sua affettività nel ministero. Non si atteggia a funzionario di Dio, cioè non scompone la sua vita in due settori, uno in cui è funzionario, ministro di Dio, l'altro in cui vive gli affetti personali, le relazioni personali: Paolo si impegna completamente nel suo ministero e la sua affettività non è per niente ostacolata, ma piuttosto sviluppata dallo slancio del suo zelo apostolico. Scrive ai Tessalonicesi: "Potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo, invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre nutre e ha cura delle proprie creature". L'affettività di Paolo non è soltanto una affettività maschile, ma anche un'affettività materna. Anche nella lettera ai Galati la esprime con parole commoventi, scrivendo che soffre le doglie del parto, finché essi siano di nuovo generati, partoriti in Cristo. "Così affezionati a voi dice ai Tessalonicesi avremmo desiderato darvi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari". L'affetto materno è un affetto oblativo quando è autentico, un affetto generoso. E san Paolo lo prova. Non vuol soltanto predicare, dare questo dono di Dio, ma vuole associare al dono di Dio un dono personale, che andrebbe volentieri fino al dono della propria vita. L'Apostolo ci mostra quindi una via di progresso continuo nella santità e nella carità. 
La vocazione cristiana è unire sempre santità e carità. L'integrità personale, la perfetta purezza d'intenzione, l'assenza completa di manovre ambigue segnano questa aspirazione alla santità e, d'altra parte, l'impegno generoso di tutta l'affettività rivela che la santità non restringe il cuore, ma lo apre e gli permette di dare tutto per testimoniare la carità di Cristo.
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