31.7.2017 - Sant’Ignazio di Loyola ========================== Grado della Celebrazione: Memoria Colore liturgico: Bianco Il grande protagonista della Riforma cattolica nel XVI secolo, nacque ad Azpeitia, un paese basco, nel 1491. Era avviato alla vita del cavaliere, la conversione avvenne durante una convalescenza, quando si trovò a leggere dei libri cristiani. All'abbazia benedettina di Monserrat fece una confessione generale, si spogliò degli abiti cavallereschi e fece voto di castità perpetua. Nella cittadina di Manresa per più di un anno condusse vita di preghiera e di penitenza; fu qui che vivendo presso il fiume Cardoner decise di fondare una Compagnia di consacrati. Da solo in una grotta prese a scrivere una serie di meditazioni e di norme, che successivamente rielaborate formarono i celebri Esercizi Spirituali. L'attività dei Preti pellegrini, quelli che in seguito saranno i Gesuiti, si sviluppa un po'in tutto il mondo. Il 27 settembre 1540 papa Paolo III approvò la Compagnia di Gesù. Il 31 luglio 1556 Ignazio di Loyola morì. Fu proclamato santo il 12 marzo 1622 da papa Gregorio XV. Colletta O Dio, che a gloria del tuo nome hai suscitato nella Chiesa sant’Ignazio di Loyola, concedi anche a noi, con il suo aiuto e il suo esempio, di combattere la buona battaglia del Vangelo, per ricevere in cielo la corona dei santi. Per il nostro Signore Gesù Cristo... PRIMA LETTURA (Es 32,15-24.30-34) Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. In quei giorni, Mosè si voltò e scese dal monte con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall’altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole. Giosuè sentì il rumore del popolo che urlava e disse a Mosè: «C’è rumore di battaglia nell’accampamento». Ma rispose Mosè: «Non è il grido di chi canta: “Vittoria!”. Non è il grido di chi canta: “Disfatta!”. Il grido di chi canta a due cori io sento». Quando si fu avvicinato all’accampamento, vide il vitello e le danze. Allora l’ira di Mosè si accese: egli scagliò dalle mani le tavole, spezzandole ai piedi della montagna. Poi afferrò il vitello che avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell’acqua e la fece bere agli Israeliti. Mosè disse ad Aronne: «Che cosa ti ha fatto questo popolo, perché tu l’abbia gravato di un peccato così grande?». Aronne rispose: «Non si accenda l’ira del mio signore; tu stesso sai che questo popolo è incline al male. Mi dissero: “Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. Allora io dissi: “Chi ha dell’oro? Toglietevelo!”. Essi me lo hanno dato; io l’ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello». Il giorno dopo Mosè disse al popolo: «Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: forse otterrò il perdono della vostra colpa». Mosè ritornò dal Signore e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... Altrimenti, cancellami dal tuo libro che hai scritto!». Il Signore disse a Mosè: «Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco, il mio angelo ti precederà; nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato». SALMO RESPONSORIALE (Sal 105) Rit: Rendete grazie al Signore, perché è buono. Si fabbricarono un vitello sull’Oreb, si prostrarono a una statua di metallo; scambiarono la loro gloria con la figura di un toro che mangia erba. Dimenticarono Dio che li aveva salvati, che aveva operato in Egitto cose grandi, meraviglie nella terra di Cam, cose terribili presso il Mar Rosso. Ed egli li avrebbe sterminati, se Mosè, il suo eletto, non si fosse posto sulla breccia, davanti a lui per impedire alla sua collera di distruggerli. VANGELO (Mt 13,31-35) Il granello di senape diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami. In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Commento Il Regno è una realtà piccola, insignificante, modesta che pure, come il lievito nella farina, come il granello di senapa, può crescere fino a diventare una realtà importante e significativa. Non si tratta di far diventare lievito tutta la pasta, ma di fare lievitare la realtà, di darle spessore. Non guardiamo alla nostra pastorale con criteri mondani, non scimmiottiamo logiche che assomigliano più al marketing che al Vangelo: grazie al cielo, nella Chiesa, non ci sono ancora i premi di produzione! Non lamentatevi, operai del Vangelo! Non scoraggiatevi! Su di morale, catechiste ed educatori! La nostra azione, il nostro servizio non è nella logica mondana della produttività e del risultato, ma in quella evangelica dell'amore e della testimonianza. Non scordiamocelo quando - inevitabilmente - sentiamo che il nostro sforzo va disperso e ciò che riusciamo a dire in un'ora a settimana a venti scalmanati bambini, verrà poi contraddetto nella restante settimana dal (triste) mondo in cui viviamo. Teniamo a mente questo Vangelo quando programmiamo le nostre attività, quando anche noi cattolici (ahia!) cediamo alla tentazione del sondaggio, della contabilità delle anime, dei risultati. L'essenziale, ci dice il Signore, è che il lievito... lieviti. Che faccia il suo mestiere, come il sale che non serve a nulla se perde il suo sapore. Che bello! |
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