11.8.2016 - Santa Chiara =================== Grado della Celebrazione: Memoria Colore liturgico: Bianco Chiara (Assisi 1193 – 11 agosto 1253) «seguì in tutto le orme di colui che per noi si è fatto povero e via, verità e vita». Fedele discepola di san Francesco, fondò con lui il secondo Ordine (Clarisse). Esercitò il suo ufficio di guida e madre, studiandosi «di presiedere alla altre più per virtù e santità di vita che per ufficio, affinché le sorelle obbedissero più per amore che per timore». Seppe trasformare i suoi lunghi anni di malattia in apostolato della sofferenza. Attinse dalla sua fede eucaristica una forza straordinaria che la rese intrepida anche di fronte alle incursioni dei Saraceni (1230). Colletta Dio misericordioso, che hai ispirato a santa Chiara un ardente amore per la povertà evangelica, per sua intercessione concedi anche a noi di seguire Cristo povero e umile, per godere della tua visione nella perfetta letizia del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. PRIMA LETTURA (Ez 12,1-12) Di giorno, davanti ai loro occhi, emigrerai. Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli. Tu, figlio dell’uomo, fatti un bagaglio da esule e di giorno, davanti ai loro occhi, prepàrati a emigrare; davanti ai loro occhi emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo. Forse comprenderanno che sono una genìa di ribelli. Davanti ai loro occhi prepara di giorno il tuo bagaglio, come fosse il bagaglio di un esule. Davanti a loro uscirai però al tramonto, come partono gli esiliati. Fa’ alla loro presenza un’apertura nel muro ed esci di lì. Alla loro presenza mettiti il bagaglio sulle spalle ed esci nell’oscurità. Ti coprirai la faccia, in modo da non vedere il paese, perché io ho fatto di te un simbolo per gli Israeliti». Io feci come mi era stato comandato: preparai di giorno il mio bagaglio come quello di un esule e, sul tramonto, feci un foro nel muro con le mani. Uscii nell’oscurità e sotto i loro occhi mi misi il bagaglio sulle spalle. Al mattino mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, non ti ha chiesto la casa d’Israele, quella genìa di ribelli, che cosa stai facendo? Rispondi loro: Così dice il Signore Dio: Questo messaggio è per il principe di Gerusalemme e per tutta la casa d’Israele che vi abita. Tu dirai: Io sono un simbolo per voi. Quello che ho fatto io, sarà fatto a loro; saranno deportati e andranno in schiavitù. Il principe che è in mezzo a loro si caricherà il bagaglio sulle spalle, nell’oscurità, e uscirà per la breccia che verrà fatta nel muro per farlo partire; si coprirà il viso, per non vedere con gli occhi il paese». SALMO RESPONSORIALE (Sal 77) Rit: Proclameremo le tue opere, Signore. Si ribellarono a Dio, l’Altissimo, e non osservarono i suoi insegnamenti. Deviarono e tradirono come i loro padri, fallirono come un arco allentato. Lo provocarono con le loro alture sacre e con i loro idoli lo resero geloso. Dio udì e s’infiammò, e respinse duramente Israele. Ridusse in schiavitù la sua forza, il suo splendore in potere del nemico. Diede il suo popolo in preda alla spada e s’infiammò contro la sua eredità. VANGELO (Mt 18,21-19,1) Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano. Commento 7 x 7 = 49 (il nostro impegno nel perdono) + 1 = 50 (la pienezza completata da Dio) Il perdono nasce da Dio, che in Pietro suscita la domanda del chiarimento rivolta a Gesù circa le modalità del perdono. Suscita questa domanda indirettamente, proprio partendo dal mistero della vita, che non è altro che il mistero di Dio. Il perdono nell'impegno comincia da noi, ma si conclude in Dio. Eccolo, allora, questo 50, simbolo della pienezza del perdono, che è possibile non certo al nostro impegno di cercare sempre (settanta volte sette) di farlo, ma che è pienamente possibile solo nel compimento che solo Dio può dare attraverso la sua presenza. Il cinquantesimo elemento, quello del compimento, avviene in Dio e grazie a Lui. Il dono del perdono allora diventa, ci vuol dire il Vangelo, il coronamento al nostro impegno di farlo, attraverso la presenza di Dio che suggella e rende possibile la pienezza di questo dono. Quello che noi abbiamo iniziato, ecco che Lui lo porta a compimento, alla pienezza. Ecco allora la parabola del servo spietato, che crede di poter mettere in pratica il perdono a modo suo, ma ne ricava solo l'imperfezione di sè. SE NON C'E' DIO OLTRE OGNI NOSTRO PERDONO, NON C'E' VITA |
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