XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO ======================================================= Grado della Celebrazione: SOLENNITA' Colore liturgico: VERDE COMMENTO AL VANGELO Possiedi o sei posseduto? A causa di una lettura superficiale e a interpretazioni errate proposte lungo i secoli, il vangelo è ritenuto dai più una guida non attendibile riguardo al denaro e al suo investimento, anzi, è relegato a una vita più o meno spirituale, eterea, senza alcun riferimento alla vita reale in questo mondo. Ebbene, non c'è niente di più falso, e questa pagina ce lo dimostra. Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede. Gesù usa ben due verbi: guardate (fate attenzione) e custoditevi (tenetevi lontani). Un verbo riguarda il pericolo fuori di noi, da guardare per essere consapevoli che esiste; l'altro verbo riguarda noi stessi, e fa riferimento a un altro livello di consapevolezza. Il pericolo è la fuori, guardalo in faccia, dagli un nome e un cognome. Tu invece sei il soggetto vulnerabile da custodire e proteggere. Guardate e custoditevi: da chi? Da che cosa? Dall'avere di più, sempre di più, un di più che divora la tua vita, che la svuota, rendendola un'inutile corsa verso il possesso, la bramosia, l'avarizia, l'avidità. Gesù Cristo non ha mai detto che denaro e proprietà siano un male, ha invitato a pagare le tasse, a essere corretti e generosi. Tuttavia nella pagina che stiamo leggendo il Signore evidenzia fortemente questo pericolo del "di più" e dice chiaramente anche il perché: ipotizzando che tu abbia questo di più, la tua vita non dipende da ciò che hai. Il problema non è ciò che possiedi: il problema è quando identifichi la tua vita con le tue proprietà, col tuo denaro. Ecco perché la vita eterna è un problema talvolta insormontabile: perché il "di più" per cui tanto ci affanniamo è destinato a essere abbandonato, anche dalle mani che lo stringono con veemenza e avidità. Il richiamo di Gesù non è tanto quello di non possedere, ma quanto più quello di non essere posseduti. Povero o ricco, la tua vita viaggia su un altro binario, e se tu non viaggi nella giusta direzione vieni travolto, stravolto, perché di uno strumento e un mezzo ne hai fatto il fine, il traguardo di una corsa affannata che ha distrutto tutto, anche te stesso, e che ti lascia con le mani vuote, il cuore a pezzi, e tanta tanta fatica inutile. Dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!". Questo è quanto ci viene propinato come legge suprema anche oggi: divertiti, rilassati, ridi, mangia, bevi, pensa a te stesso, non cambiare mai. I social network sono stracolmi di queste "perle". Queste sono le parole di un uomo al quale gli affari stanno andando benissimo, i conti tornano e anche molto bene, quindi si appresta a vivere (o a sopravvivere) solo in funzione di se stesso, e usa quattro verbi che mirano a un beneficio esclusivamente materiale; in questa scelta c'è almeno un po' di coerenza da parte di chi per una vita ha pensato solo all'accumulo, al di più. Questo pover'uomo (nonostante sia tanto ricco), è così egoista che parla a se stesso: non ha nessuno con cui condividere il risultato, è profondamente solo, perché in questa sua corsa ha perso ogni relazione. Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?" La risposta di Dio è una domanda, preceduta da un titolo: "Stolto", o meglio ancora, nel suo significato letterale: "senza mente". Quest'uomo posseduto dai suoi averi è in realtà un contenitore vuoto, il suo unico pensiero è il possedere, il bramare, il desiderare smodatamente. Dopo averlo definito, Dio gli comunica che il tempo a disposizione è finito: time out. Interessante notare che la vita di quest'uomo finisca di notte, nel buio, nella solitudine negativa di chi ha vissuto solo per se stesso, di chi non ha mai gustato un'alba o un tramonto, di chi non ha mai donato un sorriso: è sempre stato buio pesto nella sua vita, e i suoi occhi sempre ottenebrati dalle cose che lo possiedono. "Quello che hai preparato, di chi sarà?" Questa domanda è un esame di coscienza, sempre attuale e utile a tutti: per chi stai vivendo? Dove ti stai dirigendo? Per chi o per cosa ti affatichi? Il vangelo non riporta la risposta di quest'uomo, anche perché risposte non ne ha, nessuno ha popolato la sua vita, neppure se stesso. Riposati, mangia, bevi, divertiti sono quattro verbi (positivi se ben intesi), che quest'uomo non ha vissuto e non potrà vivere. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio. Questa conclusione da parte di Gesù contiene il vero insegnamento di tutta questa pagina. Così accadrà a chi accumula tesori (il risparmiatore) e non si arricchisce presso Dio. Il risparmiatore è colui che "mette in tasca", tiene stretto il suo tesoro, sempre quello, un tesoro statico, che né aumenta né diminuisce. Chi si arricchisce invece espande il suo tesoro, lo amplia, è un tesoro sempre più grande. Presso Dio: questa precisazione è fondamentale, perché indica che non è la proprietà il traguardo, ma Dio. Posso possedere tanto, essere ricco, espandere il mio tesoro, ma la mia meta è Dio, là sono diretto, e quando mi verrà posta la fatidica domanda "quello che hai preparato, di chi sarà?" saprò rispondere con un grande grazie al Signore, perché è Dio il senso della mia vita, non il denaro, non le cose. Se mi sono arricchito presso Dio, il mio cuore è pieno di gioia, di pace, di riconoscenza! Non è notte: il sole splende e la mia vita viene messa nelle mani di Dio, anzi è sempre stata in quelle mani. Le mani di chi si è arricchito presso Dio hanno gestito denaro e proprietà senza mai farsi possedere. La risposta può essere quella del salmista che esclama: "Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita." (Salmo 16,5) Le mani di Dio sono la più grande ricchezza, in questa e nell'altra vita. LITURGIA DELLA PAROLA Colletta Mostra la tua continua benevolenza, o Padre, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce creatore e guida; rinnova l'opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. oppure: Colletta O Dio, fonte della carità, che in Cristo tuo Figlio ci chiami a condividere la gioia del Regno, donaci di lavorare con impegno in questo mondo, affinché, liberi da ogni cupidigia, ricerchiamo il vero bene della sapienza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. PRIMA LETTURA (Qo 1,2;2,21-23) Quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica? Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male. Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità! SALMO RESPONSORIALE (Sal 89) Rit: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione. Tu fai ritornare l’uomo in polvere, quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo». Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte. R. Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l’erba che germoglia; al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca. R. Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio. Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi! R. Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rendi salda. R. SECONDA LETTURA (Col 3,1-5.9-11) Cercate le cose di lassù, dove è Cristo Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria. Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria. Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato. Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti. Vangelo (Mt 5,3) Alleluia, alleluia. Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Alleluia. VANGELO (Lc 12,13-21) Quello che hai preparato, di chi sarà? In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». |
SOLENNITA' DEL SANTO PERDONO DI ASSISI
Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l'altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore!
Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe".
"Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande - gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".
E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visone avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: "Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: "Padre Santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: "Come, non vuoi nessun documento?". E Francesco:"Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni". E qualche giorno più tardi insieme ai Vescovi dell'Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!".
COME OTTENERE L'INDULGENZA PLENARIA DEL PERDONO DI ASSISI
(Per sè o per i defunti)
Dal mezzogiorno dell'1 agosto alla mezzanotte del giorno seguente (2 agosto), oppure, col permesso dell'Ordinario (Vescovo della Diocesi), nella domenica precedente o seguente il 2 agosto si può lucrare una volta sola l'indulgenza plenaria.
CONDIZIONI RICHIESTE
1 - Visita, entro il tempo prescritto, a una chiesa Cattedrale o Parrocchiale o ad altra che ne abbia l'indulto e recita del Padre nostro (per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo) e del Credo (dove si rinnova la professione di fede);
2 - Confessione sacramentale per essere in grazia di Dio (negli otto giorni precedenti o seguenti);
3 - Partecipazione alla Messa e Comunione eucaristica;
4 - Una preghiera secondo le intenzioni del Papa (almeno un Padre nostro e un'Ave Maria o altre preghiere a scelta), per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice;
5 - Disposizione d'animo che escluda ogni affetto al peccato anche veniale.
Le condizioni di cui ai nn. 2, 3 e 4 possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti (8 gg) a quello in cui si visita la chiesa; tuttavia è conveniente che la Santa Comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Papa siano fatte nello stesso giorno in cui si compie la visita.
L'INDULGENZA: che cosa è?
I peccati non solo distruggono o feriscono la comunione con Dio, ma compromettono anche l'equilibrio interiore della persona e il suo ordinato rapporto con le creature. Per un risanamento totale, non occorrono solo il pentimento e la remissione delle colpe, ma anche ma riparazione del disordine provocato, che di solito continua a sussistere. In questo impegno di purificazione il penitente non è isolato. Si trova inserito in un mistero di solidarietà, per cui la santità di Cristo e dei santi giova anche a lui. Dio gli comunica le grazie da altri meritate con l'immenso valore della loro esistenza, per rendere più rapida ed efficace la sua riparazione.
La Chiesa ha sempre esortato i fedeli a offrire preghiere, opere buone e sofferenze come intercessione per i peccatori e suffragio per i defunti. Nei primi secoli i vescovi riducevano ai penitenti la durata e il rigore della penitenza pubblica per intercessione dei testimoni della fede sopravvissuti ai supplizi. Progressivamente è cresciuta la consapevolezza che il potere di legare e sciogliere, ricevuto dal Signore, include la facoltà di liberare i penitenti anche dei residui lasciati dai peccati già perdonati, applicando loro i meriti di Cristo e dei santi, in modo da ottenere la grazia di una fervente carità. I pastori concedono tale beneficio a chi ha le dovute disposizioni interiori e compie alcuni atti prescritti. Questo loro intervento nel cammino penitenziale è la concessione dell'indulgenza. (C.E.l., Catechismo degli adulti, n. 710)
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