IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO NESSUN PROFETA E' BENE ACCETTO NELLA SUA PATRIA La predicazione del Vangelo ha sempre trovato ostacoli. I missionari, sull'esempio di Gesù, sono sempre stati più o meno perseguitati dai nemici della Fede. Vediamo già nella prima lettura che il profeta Geremia si spaventa di fronte al mandato di Dio che lo stabilisce profeta delle Nazioni. Egli sa benissimo che ciò comporta sofferenze e incomprensioni, ma Dio lo rassicura dicendo di non temere: «Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti» (Ger 1,19). Nel Vangelo abbiamo letto come Gesù stesso ha trovato l'opposizione dei suoi compaesani. Il testo del Vangelo dice che «all'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù» (Lc 4,28-29). Così è per tutti quelli che diffondono il Vangelo di Gesù Cristo, l'unica Verità che rischiara le tenebre di questo mondo. Che cosa spinge tanti missionari ad affrontare tanti pericoli, ad esporsi a mille persecuzioni, a rischiare la loro stessa vita e spesso a perderla nei più crudeli martìri? La carità, unicamente la carità, che, come scrive san Paolo nella seconda lettura, «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,7). Il pensiero che ci sono tanti fratelli da salvare, che ancora non conoscono Gesù, ha spinto numerose schiere di missionari a versare il loro sangue in sublime testimonianza di amore. Gesù è morto in Croce anche per quei fratelli lontani e così pure noi dobbiamo dare la vita per la loro salvezza. San Francesco d'Assisi ebbe sempre una grande ansia missionaria. Egli stesso voleva recarsi tra i saraceni per annunziare il Vangelo; ma, non potendovi andare, nel 1219 egli inviò sei frati, i santi Berardo e compagni, missionari in Spagna e in Marocco. Arrivati a Siviglia i frati iniziarono a predicare Cristo ai saraceni, ma come risposta ebbero battiture e incarcerazione. I soldati di Cristo non si scoraggiarono, continuarono per la loro missione e raggiunsero il Marocco, sempre animati da questo grande amore per la salvezza delle anime. E qui trovarono la palma del martirio. Il sultano li rinchiuse in prigione e con torture e lusinghe cercò di far loro rinnegare Gesù Cristo. Ma essi non facevano che testimoniare con sempre maggior coraggio la verità del Vangelo, cosicché il sultano, preso da furore, spaccò loro di propria mano la testa a colpi di sciabola. San Francesco quando seppe dell'accaduto esclamò: «Ora io so di avere cinque veri frati!». Il sacrificio di questi martiri entusiasmò per l'Ordine Francescano un giovane portoghese, che più tardi divenne celebre in tutto il mondo: sant'Antonio di Padova. Anche se non avremo la grazia di affrontare il martirio, tante volte troveremo molte difficoltà a compiere il bene. Non scoraggiamoci per questi ostacoli. Dio vede ogni nostro sacrificio, nulla è inutile ai suoi occhi. Anche le nostre sconfitte si cambieranno nelle più esaltanti vittorie, se opereremo sempre per amore di Dio e dei fratelli. La seconda lettura ci parla della carità, la regina delle virtù. Il cristiano si dovrebbe riconoscere per tale proprio dalla carità. Ma si sa quanto sia facile parlarne e, invece, quanto sia difficile metterla in pratica. Bisogna essere caritatevoli nel pensare sempre bene di tutti, nel cogliere il lato positivo che vi è in tutti, nel giudicare bene. Si racconta come un giorno a san Francesco di Assisi portarono un sacerdote, che, al dire della gente, dava scandalo con la sua vita dissoluta. La gente sperava che san Francesco lo riprendesse aspramente. Al contrario, il Santo non diede retta alle chiacchiere, si mise in ginocchio davanti al sacerdote e disse: «Non so se quello che dicono sia vero, una cosa sola so: dalle mani del sacerdote io ricevo il perdono di Dio». Se non siamo sicuri di una cosa non dobbiamo assolutamente dare dei giudizi avventati. Se invece abbiamo la certezza che qualcuno si sia comportato male pensiamo che certamente noi avremmo fatto molto peggio. Facciamo dunque come san Filippo Neri, il quale, quando si accorgeva che un fratello sbagliava in qualche cosa, si umiliava profondamente e diceva: «Se Dio non mi tenesse le mani in testa, io farei molto peggio». Dobbiamo evitare assolutamente le chiacchiere, che tanto offendono la carità fraterna. Si racconta che un giorno san Filippo Neri, a una donna che si era confessata di aver sparlato del prossimo, diede come penitenza di spennare una gallina, di gettare le piume al vento e poi di raccoglierle. La donna rispose che era impossibile raccogliere poi quelle piume disperse dal vento e il Santo soggiunse: «E così è impossibile rimediare a tutto il male che fai con le tue chiacchiere». Dobbiamo essere caritatevoli nelle opere: fare il bene a tutti e farlo bene. Non sono tanto le parole a convertire i peccatori, ma è la carità ad attirare i cuori a Dio. C'era una donna anziana molto malata e purtroppo senza fede, che continuava a lamentarsi e a bestemmiare. Tutti quelli che cercavano di curarla non ricevevano che insulti e parolacce e dopo poco tempo ci rinunciavano e la lasciavano sola. Alla fine solo una suora trovò il coraggio e la forza di assisterla ogni giorno e di non dare retta ai mille insulti con i quali era ripagata. Passavano le settimane e la malata iniziava a cambiare, a diventare più paziente, più buona, finché un giorno disse: «Ora so che Dio esiste, altrimenti chi ti ricompenserebbe per tutto il bene che mi stai facendo?». Ella giunse alla fede per la carità che vide nella suora. Più saremo buoni e tanto più saremo un riflesso di Dio e così tanti nostri fratelli crederanno in Lui. LETTURE DELLA DOMENICA Colletta Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te... Oppure Colletta O Dio, che nel profeta accolto dai pagani e rifiutato in patria manifesti il dramma dell’umanità che accetta o respinge la tua salvezza, fa’ che nella tua Chiesa non venga meno il coraggio dell’annunzio missionario del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo... PRIMA LETTURA (Ger 1,4-5.17-19) Ti ho stabilito profeta delle nazioni. Nei giorni del re Giosìa, mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni. Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». SALMO RESPONSORIALE (Sal 70) Rit: La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza. In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso. Per la tua giustizia, liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami. Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei! Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio. Sei tu, mio Signore, la mia speranza, la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza. Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno. La mia bocca racconterà la tua giustizia, ogni giorno la tua salvezza. Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito e oggi ancora proclamo le tue meraviglie. SECONDA LETTURA (1Cor 12,31-13,13) Rimangono la fede, la speranza, la carità; ma la più grande di tutte è la carità. Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime. Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! Oppure in forma breve SECONDA LETTURA (1Cor 13, 4-13) Rimangono la fede, la speranza, la carità; ma la più grande di tutte è la carità. Fratelli, la carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Al presente conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! VANGELO (Lc 4,21-30) Gesù come Elia ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei. In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. |
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