IV DOMENICA DI PASQUA - A - RITO ROMANO ===================================== Grado della Celebrazione: SOLENNITA' Colore liturgico: BIANCO COMMENTO AL VANGELO Nel leggere questo brano del Vangelo, il primo sentimento che ho provato è stato la tenerezza. Mi immagino di essere una di quelle pecorelle dentro al recinto, tutte belle morbide, paffutelle e mi vedo vicino alla mamma pecora ed alle sorelline. Che bello stare tutte assieme in famiglia... ed assieme anche a tutte le altre famiglie del gregge! Le pecorelle, però, sono degli animali fragili nel senso che da sole fanno fatica a vivere. Hanno bisogno di qualcuno che le curi, che le porti al pascolo, che le indirizzi sulla strada giusta per non cadere in qualche "guaio" che potrebbe costare loro la vita. È per questo che vivono dentro un recinto... per stare al sicuro, per non perdersi, per difendersi da qualche ladro o brigante che potrebbe fare loro del male. Le pecore identificano i briganti per il fatto che esse non riconoscono la loro voce. Si fidano solo del loro pastore, della sua voce. Sappiamo bene tutti che il tono della voce di una persona che ci ama si riconosce subito perché ci parla in modo diverso da un estraneo. Ad esempio, pensiamo a quando qualcuno ci chiama per nome... il nome non cambia, ma cambia l'amore con cui il nostro nome viene detto: questo si riconosce dall'intonazione della voce, dalla dolcezza, dal modo con cui viene pronunciato. Anche se non vediamo chi ci chiama, capiamo subito se siamo amati. Nel Vangelo di oggi, l'evangelista Giovanni ci dice che il pastore chiama le sue pecore ciascuna per nome e le conduce fuori. Certo! Mica possono stare sempre dentro al recinto! Le conduce fuori per portarle a pascolare perché solo lui conosce i pascoli buoni, l'acqua fresca, i luoghi sicuri dove riposare... e cammina davanti ad esse e le pecorelle lo seguono perché conoscono la sua voce. Cosa capiamo da ciò? Che il pastore parla con loro, fa loro compagnia perché le ama a tal punto da fare la stessa vita del gregge, giorno e notte, senza abbandonarle mai. Egli è la loro sicurezza e le ama così tanto da dare anche la vita per esse. Oggi Giovanni ci presenta Gesù come il Pastore, ed il popolo, cioè noi, siamo il gregge. Da precisare che qui non si parla di pecore nel senso di "pecoroni", cioè individui senza personalità, paurosi, che seguono l'andazzo della moda e che "fanno così perché tutti fanno così"... no! Qui si parla di pecore e pastore perché nell'antichità i re erano considerati proprio dei "pastori" nel senso che custodivano, proteggevano, avevano cura del loro popolo. Ecco, il Signore è il nostro Pastore che non ci perde di vista un attimo perché la nostra vita gli sta così a cuore fino al punto da dare la sua per noi. Oggi siamo nella quarta domenica di Pasqua, siamo cioè ancora nel periodo pasquale, abbiamo appena vissuto e sperimentato l'amore di Gesù: la sua passione, la sua crocifissione, la sua risurrezione... e questo per farci vivere per sempre con Lui in cielo. Ci deve essere, però, anche un impegno da parte di noi pecorelle: camminare dietro al pastore. Vi sembra che se le pecore di un gregge non seguissero il loro pastore arriverebbero in pascoli verdeggianti, ad acque fresche, in luoghi sicuri dove riposare? Certo che no! Ci sarebbe qualche pecora che andrebbe diritta diritta dentro un burrone, qualche altra si infilerebbe fra i rovi e non riuscirebbe più a venirne fuori, qualche altra si ritroverebbe in una zona desertica e lì morirebbe di fame... e così via. Trasferendo a noi questi esempi, se noi non seguissimo Gesù, i suoi insegnamenti, la sua via, ci ritroveremmo in una situazione di "non gioia", di "non bellezza" di "non bontà", di "non vita". Perché? Perché è il Signore che è gioia, bellezza, bontà, vita. Pensate a quando avete litigato con qualcuno... siete contenti? Penso proprio di no! Ed allora, che cosa ci insegna Gesù? Ci insegna a fare noi il primo passo per riconciliarci. Provate! Vi ritroverete nella gioia. Pensate alla natura, a quando in qualche modo la rovinate... siete contenti di vedere il nostro territorio sporco, pieno di rifiuti, trattato male? Penso proprio di no! E cosa ci insegna Gesù? Ci insegna di darci da fare, nel nostro piccolo, affinché la bellezza della creazione risplenda. Provate! Anche la vostra vita sarà bellezza. Pensate alle tante persone che non hanno la possibilità di fare una vita serena perché sono povere... siete contenti? Penso proprio di no! E cosa ci insegna Gesù? Ci insegna ad essere buoni con tutti condividendo quello che abbiamo. Provate! La bontà è il primo passo verso la felicità. Pensate a chi è solo, anziano, ammalato... siete contenti? Penso proprio di no! E che cosa ci insegna Gesù? Ci insegna a stare loro vicini con qualche gesto di affetto, con un sorriso, con la nostra disponibilità a dare "vita". Provate! Quello che donerete agli altri renderà più Vita anche la vostra. Se noi seguiamo il Pastore come le pecorelle, non solo doneremo felicità ma realizzeremo il progetto che Dio ha per ciascuno di noi. E qual è il suo progetto? È un progetto di dono: la vita vale se tu la doni. Gesù ha donato realmente la sua vita per noi... A noi non viene certamente chiesto di fare questo ma, nel profondo del nostro cuore, sono certa che sappiamo tutti cosa dobbiamo fare nella nostra quotidianità per donare vita! Allora, in ogni situazione in cui dobbiamo fare una scelta, facciamoci questa domanda: che cosa farebbe Gesù se fosse al posto mio? Gesù disse loro di nuovo:"In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo". In Giudea, i pastori escono all'alba in cerca di un pascolo e di acqua fra gli aspri monti e, quando il caldo diventa insopportabile, cercano rifugio nelle grotte. Le pecore si lasciano condurre verso il buio di queste caverne e vi trovano refrigerio. Il pastore si accovaccia all'ingresso della grotta divenendo lui stesso porta. Nessuno può toccare le sue pecore senza che lui se ne accorga. Egli è come la pietra che si metteva davanti ai sepolcri e che nessuno poteva rotolare via. La porta è l'unico accesso onesto verso le pecore: chiunque voglia raggiungere le pecore per un'altra strada, diversa da quella porta, è un ladro e un brigante. "La porta", come ci dice l'evangelista Giovanni, è Gesù. Porta sempre aperta, disponibile, accogliente, pronto ad incontrarci. Gesù è l'unico ingresso per entrare nella Vita vera, Egli è la porta della salvezza eterna. Chi entra attraverso Gesù, con l'aiuto di Gesù, seguendo gli insegnamenti di Gesù, non morirà mai. La sua sarà una Vita "per sempre". LITURGIA DELLA PAROLA Colletta Dio onnipotente e misericordioso, guidaci al possesso della gioia eterna, perché l’umile gregge dei tuoi fedeli giunga con sicurezza accanto a te, dove lo ha preceduto il Cristo, suo pastore. Egli è Dio, e vive e regna con te... oppure: Colletta O Dio, nostro Padre, che nel tuo Figlio ci hai riaperto la porta della salvezza, infondi in noi la sapienza dello Spirito, perché fra le insidie del mondo sappiamo riconoscere la voce di Cristo, buon pastore, che ci dona l’abbondanza della vita. Egli è Dio, e vive e regna con te... PRIMA LETTURA (At 2,14.36-41) Dio lo ha costituito Signore e Cristo. [Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Sappia con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone. SALMO RESPONSORIALE (Sal 22) Rit: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia. Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni. SECONDA LETTURA (1Pt 2,20-25) Siete tornati al pastore delle vostre anime. Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca; insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime. VANGELO (Gv 10,1-10) Io sono la porta delle pecore. In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». |

MESE DEDICATO A MARIA SANTISSIMA
"O bellissima e dolcissima fanciulla, o giglio spuntato fra le spine.
Da te incomincia la salvezza del mondo!"
Maggio è un mese amato e giunge gradito per diversi aspetti. Nel nostro emisfero la primavera avanza con tante e colorate fioriture; il clima è favorevole alle passeggiate e alle escursioni.
Per la Liturgia, maggio appartiene sempre al Tempo di Pasqua, il tempo dell’"alleluia", dello svelarsi del mistero di Cristo nella luce della Risurrezione e della fede pasquale; ed è il tempo dell’attesa dello Spirito Santo, che scese con potenza sulla Chiesa nascente a Pentecoste. Ad entrambi questi contesti, quello "naturale" e quello liturgico, si intona bene la tradizione della Chiesa di dedicare il mese di maggio alla Vergine Maria.
Ella, in effetti, è il fiore più bello sbocciato dalla creazione, la "rosa" apparsa nella pienezza del tempo, quando Dio, mandando il suo Figlio, ha donato al mondo una nuova primavera. Ed è al tempo stesso protagonista, umile e discreta, dei primi passi della Comunità cristiana: Maria ne è il cuore spirituale, perché la sua stessa presenza in mezzo ai discepoli è memoria vivente del Signore Gesù e pegno del dono del suo Spirito.
Il Vangelo di questa domenica, tratto dal capitolo 14 di san Giovanni, ci offre un implicito ritratto spirituale della Vergine Maria, là dove Gesù dice: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23). Queste espressioni sono rivolte ai discepoli, ma si possono applicare al massimo grado proprio a Colei che è la prima e perfetta discepola di Gesù. Maria infatti ha osservato per prima e pienamente la parola del suo Figlio, dimostrando così di amarlo non solo come madre, ma prima ancora come ancella umile e obbediente; per questo Dio Padre l’ha amata e in Lei ha preso dimora la Santissima Trinità. E inoltre, là dove Gesù promette ai suoi amici che lo Spirito Santo li assisterà aiutandoli a ricordare ogni sua parola e a comprenderla profondamente (cfr Gv 14,26), come non pensare a Maria, che nel suo cuore, tempio dello Spirito, meditava e interpretava fedelmente tutto ciò che il suo Figlio diceva e faceva? In questo modo, già prima e soprattutto dopo la Pasqua, la Madre di Gesù è diventata anche la Madre e il modello della Chiesa.
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''..Non è facile credere!
Non è cosi, Maria?
Non è cosi anche per te?
Non c'è fatica più grande sulla terra della fatica di credere, sperare, amare: tu lo sai.
Aveva ragione tua cugina Elisabetta a dirti: «Beata te che hai creduto!»
Si, Maria, beata te che hai creduto.
Beata te che mi aiuti a credere, beata te che hai avuto la forza di accettare tutto il mistero della Natività e di avere avuto il coraggio di prestare il tuo corpo ad un simile avvenimento che non ha limiti nella sua grandiosità e nella sua inverosimile piccolezza.
Nell'incarnazione gli estremi si sono toccati e l'infinitamente lontano si è fatto l'infinitamente vicino, e l'infinitamente potente si è fatto l'infinitamente povero.
Maria, capisci cosa hai fatto?
Sei riuscita a star ferma sotto il peso di un mistero senza confini.
Sei riuscita a non tremare davanti alla luce dell'Eterno che cercava il tuo ventre come casa per riscaldarsi.
Sei riuscita a non morire di paura davanti al ghigno di Satana che ti diceva che era cosa impossibile che la trascendenza di Dio potesse incarnarsi nella sporcizia dell'umanità.
Che coraggio, Maria!
Solo la tua umiltà poteva aiutarti a sopportare simile urto di luce e di tenebra''.
(Carlo Carretto)