IV DOMENICA DI QUARESIMA (LAETARE) - C - RITO ROMANO ================================================= Grado della Celebrazione: SOLENNITA' Colore liturgico: ROSA O VIOLA COMMENTO AL VANGELO La parabola del figliuol prodigo è una delle più belle pagine della Sacra Scrittura, che ci parla della Misericordia di Dio per noi peccatori. Il padre è Dio e il figlio è l'uomo. Per quanto grande possa essere il peccato dell'uomo, molto più grande, infinitamente più grande, è la Misericordia di Dio. Giuda ha commesso due peccati molto grandi: il primo è stato quello di tradire il Signore; il secondo quello di disperarsi, di non credere alla Misericordia di Dio. Di certo, molto più grande è stato il peccato di disperazione. Se avesse confidato in Dio, nella sua Bontà, e avesse chiesto perdono, certamente Dio lo avrebbe perdonato. Un giorno san Luigi Orione fu invitato in una parrocchia a predicare. Il tema della predicazione era quello della Misericordia di Dio. Volendo dare un esempio della Bontà di Dio, sempre pronto al perdono, ad un certo punto gli venne in mente di dire che, se anche uno avesse ucciso la propria madre mettendo del veleno nel piatto dove mangiava, se veramente pentito di questo enorme peccato, Dio lo perdonerebbe. Al termine della funzione, lasciò quella parrocchia e andò alla stazione ferroviaria per tornarsene a casa. Alla stazione fu raggiunto da una persona sconvolta. Quell'uomo gli disse: «Lei, padre, certamente mi conosce!». «No – rispose –, non l'ho mai vista!». «Eppure lei mi deve conoscere – continuò l'uomo – perché ha parlato proprio di me nella predica: io sono quell'uomo che ha avvelenato la propria madre. Ma veramente Dio mi può perdonare?». L'uomo spiegò che vent'anni prima aveva compiuto quell'orribile peccato e che dopo si era amaramente pentito, ma non credeva di poter essere perdonato. Aveva trascorso vent'anni di disperazione, ma finalmente quel giorno scoprì, come il figliuol prodigo, l'immensa Misericordia di Dio. Si confessò, lì alla stazione, da san Luigi Orione, e ritrovò finalmente la pace. Nel brano del Vangelo che abbiamo letto ci sono dei particolari da cui possiamo ricavare dei preziosi insegnamenti. Lontano da casa e sperperati tutti i suoi averi, il figliuol prodigo fu costretto «a pascolare i porci» (Lc 15,15). Desiderava sfamarsi con le carrube, ma nessuno gliene dava. Il peccato ci priva del bene più grande che è la grazia di Dio e noi diventiamo le creature più miserabili. Inoltre, il peccato, a volte, porta anche alla miseria materiale. Dove c'è miseria, sovente ci sono dei peccati alla base, propri o altrui. La povertà è una virtù evangelica; la miseria è una piaga da combattere e si combatte eliminando prima di tutto i peccati, in modo particolare la bestemmia, le profanazioni delle feste e i peccati contro la vita. Allora il figliuol prodigo rientrò in se stesso e disse: «Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio» (Lc 15,18). Dio visita i nostri cuori con i rimorsi di coscienza: dobbiamo essere solleciti a levarci, a rialzarci dopo la caduta, ad andarci subito a confessare. Se brutto è il peccato, più brutto è lo scoraggiamento che ci impedisce di tornare a Dio. «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 15,20). La Misericordia di Dio ci insegue fino al letto di morte e aspetta il momento del nostro pentimento. La sua grazia previene e accompagna sempre il nostro ritorno a Lui. Una volta tornato a casa il figlio, il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi» (Lc 15,22). Non è il padre a rivestire il figlio, ma sono i servi. E così Dio si serve dei suoi servi, dei sacerdoti, per rivestire i peccatori, per ridare loro la veste nuova della grazia. Ecco dunque la Confessione. Dio ci perdona subito dopo il nostro pentimento, ma dobbiamo andare dal sacerdote per essere rivestiti, per essere assolti con il sacramento della Riconciliazione, e solo dopo aver fatto questo possiamo prendere parte al banchetto dell'Eucaristia. Il testo del Vangelo continua dicendo che il figlio maggiore, udite la musica e le danze, «si indignò, e non voleva entrare» (Lc 15,28). È questo un peccato di invidia, un peccato contro lo Spirito Santo. Quante volte anche noi, senza pensarci, invidiamo la grazia altrui e ci rattristiamo per i benefici che Dio largisce al nostro prossimo. Se grande è stato il peccato del figliuol prodigo, ancor più grande è stato il peccato del figlio maggiore. LITURGIA DELLA PAROLA Non si dice il Gloria Colletta O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la redenzione del genere umano, concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. oppure: Colletta O Padre, che in Cristo crocifisso e risorto offri a tutti i tuoi figli l’abbraccio della riconciliazione, donaci la grazia di una vera conversione, per celebrare con gioia la Pasqua dell’Agnello. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. PRIMA LETTURA (Gs 5,9-12) Il popolo di Dio, entrato nella terra promessa, celebra la Pasqua. In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan. SALMO RESPONSORIALE (Sal 33) Rit. Gustate e vedete com’è buono il Signore Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino. R. Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato. R. Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce. R. SECONDA LETTURA (2Cor 5,17-21) Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. VANGELO (Lc 15,1-3.11-32) Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». |
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