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La Liturgia di Domenica 22 Novembre 2020

22/11/2020

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NOSTRO SIGNORE GESU' CRISTO RE DELL'UNIVERSO
XXXIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO  - ANNO A - RITO ROMANO
ULTIMA DELL'ANNO LITURGICO

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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: BIANCO
COMMENTO AL VANGELO
La Chiesa conclude oggi il percorso dell'anno liturgico, salutando Matteo, il pubblicano diventato discepolo. E lo fa con una festa ed un vangelo intensi, di difficile comprensione immediata: la Solennità di Cristo re dell'Universo.
No, la Chiesa non ha nostalgie monarchiche e non dobbiamo guardare ai (pochi e incoerenti) regnanti di questa terra per prendere esempio. L'immagine, forse un po' da svecchiare, intende comunicare una fortissima professione di fede: Gesù il falegname di Nazareth, quell'ebreo marginale vissuto duemila anni fa e perso nei meandri oscuri della storia è il Signore dell'Universo, colui che ha l'ultima Parola, colui che dà misura e senso ad ogni esperienza umana, che svela il mistero nascosto nei secoli.
Le vicende umane non stanno precipitando in un baratro di violenza e di caos, ma nelle braccia di Dio. Ci vuole molta fede per fare una tale affermazione, ve ne do atto, soprattutto dopo duemila anni di cristianesimo in cui le cose non sembrano cambiate in meglio.
Dire che Cristo è "sovrano" della mia vita, significa riconoscere che solo in lui ha senso il nostro percorso di vita e di fede.
Ed è bello, alla fine di quest'anno, ribadire con forza, insieme, questa nostra convinzione.
Ma.

Regalità
Leggendo il vangelo conclusivo di Matteo restiamo sconcertati ed interdetti.
Il clima è cupo, la visione di questo giudice implacabile come alcuni pittori ce l'hanno riportata, il possente Cristo di Michelangelo della cappella Sistina, ad esempio, fa paura. Cosa ha che vedere questa pagina con il resto del vangelo? Matteo si è sbagliato? O ci siamo sbagliati noi quando continuiamo a professare il volto di un Dio compassionevole?
I pastori, sul fare della sera, separavano le pecore dalle capre.
Le capre, senza il "cappotto" fornito da madre natura, pativano il freddo proveniente dal deserto ed andavano ricoverate in un posto più caldo, come una stalla o sotto una roccia.
Quest'immagine è lo sfondo del racconto di Gesù, una separazione che è una protezione, un'attenzione verso i soggetti deboli.
Il pastore accoglie le pecore che lo hanno riconosciuto nel volto del povero, del debole, del perseguitato.
Era prassi comune nel mondo ebraico, ma ne troviamo traccia anche in altre culture!, valorizzare i gesti di compassione verso i deboli. Due sono le novità apportate dal vangelo di Matteo: Gesù lascia intendere che è lui che curiamo nel povero, identificandosi nell'uomo sconfitto. In secondo luogo questa identità è sconosciuta al discepolo che resta stupito nell'avere soccorso Dio senza saperlo.
Il messaggio che Matteo ci rivolge è piuttosto chiaro: l'incontro con Dio cambia il tuo modo di vedere gli altri, riesci ad incontrarlo anche nel volto sfigurato del povero.
Gesù non parla di "buoni" poveri o di carcerati vittime di un errore giudiziario! Anche nel povero che ha sperperato tutto per colpa o nell'omicida (!) possiamo riconoscere un frammento della scintilla di Dio!

Ripetizione
Gesù ripete la stessa idea, ma in negativo, questa volta.
Come era consuetudine per i rabbini, che sempre ribadivano il proprio insegnamento una volta in positivo e una volta in negativo. Per calcare la mano Gesù conclude che colui che non lo riconosce brucerà nel fuoco della Geenna.
Lasciate perdere le immagini orribili dell'inferno e il timore di Dio che non è paura del Padre ma paura di perdere il suo amore per nostra negligenza!
La Geenna è una delle valli che circonda Gerusalemme, mai abitata perché, secondo la storia, lì i Gebusei praticavano sacrifici umani prima della conquista della città da parte del re Davide. Al tempo di Gesù nella valle della Geenna si bruciavano le immondizie.
Se non sappiamo riconoscere il volto di Dio nel fratello siamo... ?na monnezza!

Quindi
Alla fine dei tempi, davanti al Cristo in maestà che succederà?
Lo trovate scritto, leggete bene, e mettete da parte il taccuino su cui avete segnato puntigliosamente le ore di preghiera, le messe e le confessioni sopportate con cristiana rassegnazione e le eventuali giustificazioni da tirare fuori nel caso Dio fosse più esigente di quello che ci raccontavano.
Il Signore ci chiederà se lo avremo riconosciuto, nel povero, nel debole, nell'affamato, nel solo, nell'anziano abbandonato, nel parente scomodo. Sì: avete capito bene.
Il giudizio sarà tutto su ciò che avremo fatto. E sul cuore con cui lo avremo fatto.
La fede è concretezza, non parole, la preghiera contagia la vita, la cambia, non la anestetizza, la celebrazione continua nella città, non si esaurisce nel Tempio.
Allora, certo, la preghiera, l'eucarestia, la confessione, sono strumenti di comunione col Cristo e tra di noi per fare della nostra vita il luogo della fede.
Nel mio ufficio, alla mia facoltà, in casa a spadellare mi salverò. Se saprò portare la fede da dentro a fuori, da lontano a vicino, e riconoscere il volto del Cristo adorato nel volto del fratello che incontro ogni giorno, mi salverò.
La regalità di Cristo, oggi, si manifesta nei nostri gesti.
Cristo è Signore se sapremo sempre di più amare i fratelli, diventare trasparenza della misericordia, testimoni credibili della compassione.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,  
che hai voluto rinnovare tutte le cose  
in Cristo tuo Figlio, Re dell’universo,  
fa’ che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato,  
ti serva e ti lodi senza fine.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...  

oppure:
Colletta  
O Padre, che hai posto il tuo Figlio  
come unico re e pastore di tutti gli uomini,  
per costruire nelle tormentate vicende della storia  
il tuo regno d’amore,  
alimenta in noi la certezza di fede, che un giorno,  
annientato anche l’ultimo nemico, la morte,  
egli ti consegnerà l’opera della sua redenzione,  
perché tu sia tutto in tutti.  
Egli è Dio, e vive e regna con te...

PRIMA LETTURA (Ez 34,11-12.15-17)
Voi siete mio gregge, io giudicherò tra pecora e pecora.
​
Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. 
Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia.
A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 22)
Rit: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare. 
Ad acque tranquille mi conduce.

Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome. 

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni. 

SECONDA LETTURA (1Cor 15,20-26.28) 
Consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti. 

Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. 
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. 
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. 
E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.

VANGELO (Mt 25,31-46) 
Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri. 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
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