XXIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO A - RITO ROMANO Grado della Celebrazione: Solennità / Domenica Colore liturgico: Verde COMMENTO AL VANGELO GIUSTIZIA E PERDONO Perdonare è una debolezza, dice il mondo violento intorno a noi. È ridicolo ammettere di avere dei difetti, meglio nasconderli, negarli o ostentarli come un trofeo, in un delirio di crescente malvagità e ipocrisia. È da deboli perdonare, salvo poi vedere il giornalista chiedere alla madre affranta: perdona l'assassino di suo figlio? Andiamoci piano, per cortesia, il perdono è una cosa maledettamente seria. Lo sa chi è stato ferito. Lo sa chi ha ferito. Se domenica scorsa la liturgia ci introduceva alla pratica del perdono all'interno della comunità, oggi la Parola osa di più e ci invita a riflettere sulla ragione stessa del perdono. Perché perdonare? E quante volte? Storicamente, nella Bibbia, il grido orribile di Lamech, figlio di Caino, che minaccia di uccidere settanta volte sette per uno screzio (Gn 4), è attenuato dalla legge del taglione che pone almeno un freno alla rabbia, introducendo un criterio di proporzionalità nella vendetta: occhio per occhio, dente per dente. Nel Pentateuco già troviamo qualche accenno alla misericordia, sempre però limitata ai fratelli di fede. Al tempo di Gesù i rabbini suggerivano di perdonare fino a tre volte un torto subito, per manifestare clemenza. Pietro, nel vangelo di oggi, vuole esagerare, proponendo di perdonare fino a sette volte. Ma ha fatto male i suoi conti. Sette volte, settanta volte sette Immaginatevi che, alla fine della lettura di questo testo, il vostro vicino di casa vi cerchi per chiedervi scusa: ieri sera, durante una cena con amici, ha alzato il gomito e ha parlato male di voi e ora si sente mortificato. Fate i generosi, dite che non è nulla, vi ringrazia. Salvo poi tornare un'ora dopo dicendo che ha fatto la stessa cosa col portinaio e che vi richiede scusa. Che fate, lo perdonate? O non vi sentite presi per il naso? La proposta di Pietro è generosa ed eroica, quella di Gesù folle, che capiamo solo nella logica divina. Siamo chiamati a perdonare sempre perché siamo perdonati sempre. Il piccolo credito che abbiamo verso i fratelli non è nulla rispetto al debito mostruoso che abbiamo contratto verso Dio. E che egli ha cancellato. Servi Il debito del servo è volutamente assurdo: un talento equivale a 36 chili d'oro. Diecimila talenti è una cifra inimmaginabile. Quel debito viene condonato, non il debito dell'altro servo che, pur dovendo una cifra consistente al collega, circa duecento giornate lavorative, non ha di che pagare. La reazione del padrone è feroce: sei chiamato a perdonare perché ti è stato condonato molto di più. Ecco la ragione del perdono cristiano: perdono chi mi ha offeso perché io per primo sono un perdonato. Non perdono perché l'altro migliori, o si converta, o si intenerisca. A volte l'altro non sa nemmeno di essere stato perdonato e può disprezzare il mio gesto. Non perdono perché l'altro cambi, ma perché io ho urgente bisogno di cambiare! Il perdono mi situa in una posizione nuova, diversa, mi rende simile a quel Dio che fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti. Consigli Non perdoniamo perché siamo migliori e il perdono non è un'amnesia. Dire perdono ma non dimentico fa sorridere. Perdono perché scelgo di perdonare, perché voglio perdonare. Vederti mi riapre le ferite, sto male come un cane, ma ho scelto la strada della libertà. Per molte persone che hanno avuto la vita rovinata dalla superficialità e dalla cattiveria altrui è già un grosso risultato non augurare la morte, ma la conversione di chi mi ha ferito. Ti perdono e prego che tu ti penta del male che mi hai fatto. Non aspettiamo mai il perdono perfetto, quello angelico, straordinario. Perdoniamo come riusciamo, al meglio delle nostre capacità e delle nostre forze. Perdoniamo perché siamo perdonati, perché il perdono ci rende straordinariamente liberi. Figli del perdono Quanto è adulto e virile il perdono! Quanto è forte e deciso! Quanto è eroico e umano! Abbiamo bisogno di donare e ricevere il perdono, di vivere da figli della riconciliazione. Di accettare il perdono degli altri, senza rivendicazioni e ripicche. Di chiedere perdono, ammettendo il nostro limite. Le famiglie, le società, la Chiesa cambierebbero volto se vivessimo meglio il perdono! Come ha intuito il grande Giovanni Paolo, riprendendo e ampliando Isaia: non c'è pace senza giustizia. Ma non c'è giustizia senza perdono. LITURGIA DELLA PAROLA Colletta O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo... oppure: Colletta O Dio di giustizia e di amore, che perdoni a noi se perdoniamo ai nostri fratelli, crea in noi un cuore nuovo a immagine del tuo Figlio, un cuore sempre più grande di ogni offesa, per ricordare al mondo come tu ci ami. Per il nostro Signore Gesù Cristo... PRIMA LETTURA (Sir 27,33-28,9) Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Rancore e ira sono cose orribili, e il peccatore le porta dentro. Chi si vendica subirà la vendetta del Signore, il quale tiene sempre presenti i suoi peccati. Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore, come può ottenere il perdono di Dio? Chi espierà per i suoi peccati? Ricòrdati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui. SALMO RESPONSORIALE (Sal 102) Rit: Il Signore è buono e grande nell’amore. Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia. Non è in lite per sempre, non rimane adirato in eterno. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono; quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe. SECONDA LETTURA (Rm 14,7-9) Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. VANGELO (Mt 18,21-35) Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». |
Oggi SECONDO IL RITO ROMANO E IL CALENDARIO SERAFICO IMPRESSIONE DELLE STIMMATE DI SAN FRANCESCO Il Serafico Padre s. Francesco nutrì, fin dalla sua conversione, una fervidissima devozione a Cristo Crocifisso, devozione che diffuse sempre con le parole e la vita. Nel settembre del 1224, mentre sul monte della Verna era immerso nella meditazione, il Signore Gesù, con un prodigio singolare, gli impresse nel corpo le Stimmate della sua Passione. Benedetto XI concesse all'Ordine Francescano di celebrare annualmente il ricordo. Colletta O Dio, che per infiammare il nostro spirito con il fuoco dei tuo amore, hai impresso nel corpo dei serafico Padre san Francesco i segni della passione del Figlio tuo: concedi a noi, per sua intercessione, di conformarci alla morte del Cristo per essere partècipi della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo… |