III DOMENICA DI AVVENTO (GAUDETE) - B - RITO ROMANO =============================================== Grado della Celebrazione: DOMENICA Colore liturgico: ROSACEO O VIOLA COMMENTO AL VANGELO di Luca Rubin Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Di fronte a un evento importante, che può cambiare la vita, anche di una sola persona, si cerca sempre uno o più testimoni, in modo da avvicinarsi il più possibile alla verità. La pagina di vangelo che stiamo leggendo ci dà tre elementi fondamentali: Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Di fronte a un evento importante, che può cambiare la vita, anche di una sola persona, si cerca sempre uno o più testimoni, in modo da avvicinarsi il più possibile alla verità. La pagina di vangelo che stiamo leggendo ci dà tre elementi fondamentali:
I Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levì ti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Tu chi sei? È la classica domanda che si pone a chi vuole deporre una testimonianza: chi sei? Il Vangelo fin dalle sue prime pagine mi pone questa domanda: È una domanda fondamentale perché mi salva dalla fuga della realtà e mi mette davanti a uno specchio, lo specchio della Parola che vuole incarnarsi in me. è una domanda che serve alla mia fede perché sono io il soggetto della fede, colui che crede, e sono chiamato a credere nella concretezza di Dio, non a un'idea, men che meno a una favola, ma a credere in un Dio che si fa carne e che assume la mia carne, ecco perché non posso essere disperso, disorientato, annullato nella mia persona, ma bensì presente, consapevole e cosciente che c'è bisogno di tutta la mia umanità per vivere questo cammino di fede. Dopo una prima domanda identificativa ne seguono altre tre, alle quali Giovanni risponde negativamente. Questi tre "no" sono anch'essi fondamentali per un cammino di fede. La fede è fatta più di no che di sì, o meglio: i piccoli no preparano un grande Sì. Le domande poste dai Giudei dicono tutta la fatica di occupare il secondo posto: tutti cerchiamo la riconoscenza e la gratificazione, e anche nei bambini instilliamo questa competitività malata. Questi "no" servono a capire chi siamo noi, e a liberare il campo da ogni fraintendimento. «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaì a». Giovanni arriva a identificare se stesso: io sono voce. Questa parola nel testo originale ha la stessa radice di manifestare. Giovanni manifesta il Signore, lo accoglie e lo dona. Dopo aver identificato se stesso Giovanni prosegue con un invito: "Rendete diritta la via del Signore" e il termine fa riferimento non tanto alla superficie della strada, ma alla direzione da prendere; è il verbo utilizzato per timoniere di una nave, è il verbo della guida. Giovanni invita ad andare direttamente a Dio, cercare la sua gloria, la sua presenza, il suo amore. Un uomo che vive nel deserto punta all'essenziale e invita all'essenziale. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo. La pagina di vangelo si conclude con un capovolgimento: coloro che chiedono a Giovanni chi egli sia, essi stessi non conoscono Qualcuno a loro molto vicino, almeno geograficamente. Giovanni torna nel suo deserto (in greco deserto si dice eremo, guarda un po'), lasciando una sostanziosa testimonianza e molti strumenti di lavoro: Chi non sono? Chi sono? Conosco il Signore? So relazionarmi nelle giuste proporzioni con Lui? Le due identità (la mia e quella di Dio) sono le due colonne su cui poggiare tutta una vita, senza comode fughe estreme (umiliandomi o esaltandomi), riconoscendo Dio come il mio Signore, non il destinatario di mille polemiche e sterili ripieganti lamentele, ma "l'altissimo onnipotente bon Signore", come Francesco d'Assisi ci ha insegnato. A queste colonne si aggiunge l'architrave: l'indegnità di Giovanni, la mia indegnità, cioè la semplice constatazione che Dio è Dio e io sono io; confessare che non sono Dio, oltre a essere meravigliosamente liberante, mi pone nella giusta dimensione di creatura, limitata e amata, così tanto amata che dalla mangiatoia alla croce posso contemplare come l'Amore prende carne, la mia, quella che non sopporto, quella che non vorrei, e la rende il centro dell'abbraccio di Dio.
I Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levì ti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Tu chi sei? È la classica domanda che si pone a chi vuole deporre una testimonianza: chi sei? Il Vangelo fin dalle sue prime pagine mi pone questa domanda: È una domanda fondamentale perché mi salva dalla fuga della realtà e mi mette davanti a uno specchio, lo specchio della Parola che vuole incarnarsi in me. è una domanda che serve alla mia fede perché sono io il soggetto della fede, colui che crede, e sono chiamato a credere nella concretezza di Dio, non a un'idea, men che meno a una favola, ma a credere in un Dio che si fa carne e che assume la mia carne, ecco perché non posso essere disperso, disorientato, annullato nella mia persona, ma bensì presente, consapevole e cosciente che c'è bisogno di tutta la mia umanità per vivere questo cammino di fede. Dopo una prima domanda identificativa ne seguono altre tre, alle quali Giovanni risponde negativamente. Questi tre "no" sono anch'essi fondamentali per un cammino di fede. La fede è fatta più di no che di sì, o meglio: i piccoli no preparano un grande Sì. Le domande poste dai Giudei dicono tutta la fatica di occupare il secondo posto: tutti cerchiamo la riconoscenza e la gratificazione, e anche nei bambini instilliamo questa competitività malata. Questi "no" servono a capire chi siamo noi, e a liberare il campo da ogni fraintendimento. «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaì a». Giovanni arriva a identificare se stesso: io sono voce. Questa parola nel testo originale ha la stessa radice di manifestare. Giovanni manifesta il Signore, lo accoglie e lo dona. Dopo aver identificato se stesso Giovanni prosegue con un invito: "Rendete diritta la via del Signore" e il termine fa riferimento non tanto alla superficie della strada, ma alla direzione da prendere; è il verbo utilizzato per timoniere di una nave, è il verbo della guida. Giovanni invita ad andare direttamente a Dio, cercare la sua gloria, la sua presenza, il suo amore. Un uomo che vive nel deserto punta all'essenziale e invita all'essenziale. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo. La pagina di vangelo si conclude con un capovolgimento: coloro che chiedono a Giovanni chi egli sia, essi stessi non conoscono Qualcuno a loro molto vicino, almeno geograficamente. Giovanni torna nel suo deserto (in greco deserto si dice eremo, guarda un po'), lasciando una sostanziosa testimonianza e molti strumenti di lavoro: Chi non sono? Chi sono? Conosco il Signore? So relazionarmi nelle giuste proporzioni con Lui? Le due identità (la mia e quella di Dio) sono le due colonne su cui poggiare tutta una vita, senza comode fughe estreme (umiliandomi o esaltandomi), riconoscendo Dio come il mio Signore, non il destinatario di mille polemiche e sterili ripieganti lamentele, ma "l'altissimo onnipotente bon Signore", come Francesco d'Assisi ci ha insegnato. A queste colonne si aggiunge l'architrave: l'indegnità di Giovanni, la mia indegnità, cioè la semplice constatazione che Dio è Dio e io sono io; confessare che non sono Dio, oltre a essere meravigliosamente liberante, mi pone nella giusta dimensione di creatura, limitata e amata, così tanto amata che dalla mangiatoia alla croce posso contemplare come l'Amore prende carne, la mia, quella che non sopporto, quella che non vorrei, e la rende il centro dell'abbraccio di Dio. LITURGIA DELLA PAROLA Non si dice il Gloria Colletta Guarda, o Padre, il tuo popolo, che attende con fede il Natale del Signore, e fa’ che giunga a celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. oppure: Colletta (Anno B) O Dio, che chiami gli umili e i poveri a entrare nel tuo regno di pace, fa’ germogliare tra noi la tua giustizia, perché viviamo nella gioia l’attesa del Salvatore che viene. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. PRIMA LETTURA - Is 61,1-2.10-11 Gioisco pienamente nel Signore Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti. SALMO RESPONSORIALE - Lc 1 Rit. La mia anima esulta nel mio Dio L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Rit. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Rit. Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia. Rit. SECONDA LETTURA -1Ts 5,16-24 Spirito, anima e corpo si conservino irreprensibili per la venuta del Signore Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo! VANGELO - Gv 1,6-8.19-28 In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando. |
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