II DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO A - RITO ROMANO ================================================= Grado della Celebrazione: DOMENICA Colore liturgico: VERDE COMMENTO AL VANGELO di Luca Rubin Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’ agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Ti sarà capitato che, vedendo arrivare un amico, o una persona cara, esclami un "carissimo!" Oppure spalanchi le braccia e fai un bel sorriso, magari ti scappa anche una lacrima per l'emozione. In quel momento sei trasportato dall'onda di ricordi, esperienze, vissuti. Qualcosa di simile deve aver vissuto Giovanni, quando vede Gesù: non lo chiama per nome, ma usa un'immagine, per esprimere tutto ciò che sta vivendo.
Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele. Io non lo conoscevo. Inizia sempre così una storia, una relazione, un'amicizia. Ci si incontra, si scoprono affinità e diversità, si costruisce qualcosa, ci si scontra e incontra di nuovo. Pur non conoscendolo, Giovanni battezza, non per convertire gli altri, non per essere un bravo e zelante missionario: Giovanni battezza perché Gesù fosse manifestato a Israele, e quindi anche a lui. Tante volte ci facciamo mille problemi su come fare a credere, a pregare, a sperare. Ebbene, questo proposto da Giovanni è un ottimo punto di partenza: non aver paura di dire "io non lo conosco", sarà come trovare il bandolo della matassa, e iniziare a creare il gomitolo. Perché egli fosse manifestato. Questo perché è la chiave dell'equilibrio ritrovato: manifestazione è sinonimo di conoscenza, se conosco posso amare, se amo creo e diffondo bellezza. Giovanni predica e amministra un battesimo di penitenza, con la speranza di aprire i propri e gli altrui occhi, in modo da vedere Colui che riporta ordine e bellezza. Io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio. Giovanni ora non usa più immagini e metafore: l'agnello è il Figlio di Dio, inequivocabilmente Lui, Gesù Cristo, Verbo del Padre, nato da Maria. La non conoscenza diviene conoscenza, manifestazione, visione, testimonianza. Non lo conosco, accetto di non sapere chi sia, mi rassegno a non avere tutte le risposte, tuttavia non rimango fermo ma cammino, mi muovo, finché quel volto senza nome e senza storia diventa un volto amico, un volto amato, un volto che si manifesta, io l'ho visto, l'ho riconosciuto, e ora non posso fare altro che testimoniarlo, con la mia vita sgangherata e inadeguata. Testimoniare significa rendere la mia vita un riflesso della Sua, come i rami degli alberi in inverno, che lasciano passare i raggi del sole: non possono fare altrimenti. La bellezza viene ristabilita da un agnello, che non teme di non essere riconosciuto; il suo belato riconduce a casa chi è disperso. Gli occhi di Giovanni si aprono e la sua vita rende testimonianza. Il suo perché ha raggiunto la meta, la bellezza è posta nelle tue mani: ora tocca a te. LITURGIA DELLA PAROLA Colletta Dio onnipotente ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è per tutti i secoli dei secoli. oppure: Colletta O Padre, che per mezzo di Cristo, Agnello pasquale e luce delle genti, chiami tutti gli uomini a formare il popolo della nuova alleanza, conferma in noi la grazia del Battesimo, perché con la forza del tuo Spirito proclamiamo il lieto annuncio del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. PRIMA LETTURA - Is 49,3.5-6 Ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza Il Signore mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra». SALMO RESPONSORIALE - Sal 39 Rit. Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà. Ho sperato, ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, una lode al nostro Dio. R. Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo». R. «Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». R. Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi: non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai. R. SECONDA LETTURA - 1Cor 1,1-3 Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo! VANGELO - Gv 1,29-34 Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». |
Dal 18 al 25 Gennaio 2023 SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI L'UNITA' E' POSSIBILE SOLO NELLA VERITA' La Chiesa sta vivendo una situazione di crisi che non credo abbia precedenti nella sua bimillenaria storia, perché non stiamo assistendo solo ad eventi riprovevoli, se non scandalosi, frutto della debolezza dell’uomo – che è peccatore, non scordiamocelo – ma addirittura vediamo messi in discussione gli stessi principi fondamentali, e la casa costruita sulla roccia sembra sempre più costruita sulla sabbia. Una pastorale sempre più confusa, un’ansia di “apertura al mondo” portano inevitabilmente anche alla confusione sulle basi dottrinali. Il solo porsi determinate domande (un esempio per tutti: la Comunione ai divorziati risposati) è già un segnale gravissimo, perché non si possono porre domande su ciò che è per sua natura indiscutibile. Sul fronte pro-life non da oggi si scontrano due posizioni: quella della difesa della Vita “senza compromessi” e quella di chi afferma, e si presume e si spera che lo faccia in buona fede, la possibilità di aperture, collaborazione, dialogo con un mondo che ha già dimostrato nei fatti la feroce avversione alla vita. Già mesi fa mi capitava di scrivere un articolo sulla confusione che poteva nascere da certe “classificazioni” dell’abortismo (libertario, umanitario, ecc.), laddove l’abortismo, se anche teorizzasse l’uccisione di un solo innocente, è una dottrina perversa, né è possibile alcun dialogo con chi la professa. Una posizione di difesa della vita “senza compromessi” comporta ovviamente anche una capacità di riconoscimento della realtà, per quanto ciò possa risultare sgradevole. E la realtà ci dice che, purtroppo, non solo da parte di politici (che pur si dichiarano cattolici) ma anche da parte di tanti Pastori non ci si può aspettare un vero aiuto. Anzi, spesso è accaduto di trovare in essi dei veri ostacoli. La Provvidenza però non abbandona mai e giustamente si è da più parti sottolineato che il “Popolo della Vita”, quello che è stato protagonista della grande crescita, anno per anno, di iniziative come la Marcia Nazionale per la Vita, è nato “dal basso”, ossia dal risveglio di quei sani sentimenti popolari che, ringraziando il Signore, non muoiono nemmeno nei tempi più bui della Storia. Molte volte nella Storia il popolo si è mostrato custode fermo e sicuro di ciò che i Pastori stessi sembravano aver dimenticato. In questa situazione di oggettiva difficoltà, di Chiesa allo sbando, di messaggi contradditori, è naturale che sorgano discussioni sulle modalità, sulle strategie, su ciò che insomma sia meglio fare per affermare e difendere i principi non negoziabili. Discussioni sulle modalità, sulle azioni, che divengono molto pericolose se scivolano sul piano inclinato delle azioni che rischiano di mettere in discussione gli stessi principi che si devono affermare e difendere. Per tornare all’esempio di prima, se io metto in discussione il fatto di consentire o meno a un divorziato risposato di ricevere la S. Comunione (e magari lo faccio per un malinteso spirito di “carità), metto in discussione la stessa Dottrina della chiesa sul matrimonio indissolubile. Per tornare al fronte pro-life, è naturale, ma anche doveroso, che io esprima il mio dissenso verso quelle azioni che rischiano di mettere in discussione gli stessi principi fondamentali, ossia la difesa assoluta della Vita, senza alcun compromesso. La più piccola smagliatura nella rete porta prima o poi allo sfascio della rete. Discussione sui metodi, quindi. Doverosa e utile per individuare, con spirito fraterno, le strategie migliori per lottare contro un mondo il cui principe, non scordiamocelo, lavora per la distruzione. Ma se di fatto si mettono in discussione anche i principi, se lo spirito fraterno viene meno, se la discussione scade nello scontro personale, è allora altrettanto inevitabile e doveroso assumere posizioni chiare e nette e, ove necessario, dissociarsi da chi oltretutto fa attacchi personali. Perché, parliamoci chiaro, lo stesso fatto di far cadere la discussione negli attacchi personali dimostra che la difesa dei principi non negoziabili è comunque in secondo piano rispetto alle proprie ambizioni, ai risentimenti, alla vanità. In questa situazione, per tornare al titolo di questo articolo, le esortazioni all’unità, alla concordia, sono tanto belle quanto fuori luogo, perché solo nella Verità, ovvero nel non transigere mai sui principi, si possono esercitare la carità e lo spirito fraterno. Esiste una gerarchia dei valori; se la capovolgiamo ci mettiamo sulla strada rovinosa di un umanitarismo senza basi. Diventiamo come quella tale casa costruita sulla sabbia. Nella gran confusione in cui si vive, una delle parole il cui significato è stato di più stravolto è senza dubbio la parola “ecumenismo”. Il falso spirito ecumenico ci porta alla rovina, perché ci illude. La Verità per sua natura è una sola,e solo aderendo ad essa si può arrivare poi al dialogo, al confronto, alla discussione costruttiva. Per concludere, cerchiamo di essere il più chiari possibile: tra i fedeli deve senza dubbio regnare la concordia; senza dubbio la divisione è opera del demonio. Ma la concordia è possibile solo nella Verità. Altrimenti si usano parole di contrabbando, si predicano atteggiamenti che non sarebbero più di carità, bensì di remissività, di resa al mondo. Ci sono fatti e atteggiamento che è impossibile non vedere. Di fronte ad essi la critica severa non è “divisiva” (parola venuta di gran moda). È semplicemente doverosa. |