Era mezzogiorno, doveva fare molto caldo, era deserto tutto intorno a Gesù. Poco distante, alcune case agglomerate facevano intendere vi fosse una cittadina. La zona era conosciuta dagli ebrei perché vi era un pozzo, detto di Giacobbe, importante per la tradizione giudaica. Ma siamo in Samaria, terra straniera e Gesù insieme alla sua comunità di discepoli sono in minoranza e potrebbero pure essere ospiti non graditi per i cittadini di Sicar, questo era il nome del villaggio.
In maniera del tutto inusuale si avvicina una donna samaritana al pozzo per attingere dell'acqua. A quell'ora una donna non vi si recava mai, non solo per la troppa calura ma soprattutto perché gli orari per farlo erano al mattino e alla sera, quando le donne erano tutte insieme. Chi sceglieva di andare "fuori orario" evidentemente non poteva fare diversamente perché rifiutato dal clan per esempio. Era il caso delle donne ritenute adultere, prostitute, poco fidabili.
Ancora più inaspettatamente Gesù le rivolge la parola per primo, attraverso una richiesta esplicita:"Dammi da bere" e poi si intrattiene con lei in un botta e risposta affascinante e coinvolgente.
L'evangelista ci tiene a specificare che i discepoli erano andati in città per cui Gesù e la donna erano da soli e questo cattura certamente l'attenzione di qualsiasi lettore che provi ad incarnarsi nel testo. I contenuti di questa conversazione sono densi e a tratti commoventi. La donna si racconta, si libera da filtri e si lascia incontrare e scavare dallo sguardo di Gesù. Ad interrompere la dolcezza di quel momento sono i discepoli che rientrati dal giro in città si "meravigliarono che parlasse con una donna".
Qui dobbiamo fare lo sforzo di entrare nella mentalità del tempo, altrimenti questa "meraviglia" rischia di passare inosservata invece è fondamentale nel testo.
Un Maestro che parla ad una donna samaritana faceva lo stesso effetto che potrebbe fare a noi oggi se vedessimo un prete, di notte, in strada con una prostituta. Come reagiremmo? Certamente dopo un primissimo scandalo che proveremmo poi prenderebbe corpo in noi una piacevole sensazione, una meraviglia, una gioia di chi vede un uomo di Dio spendersi con tutto se stesso.
I discepoli, tornati dalla città, videro Gesù e provarono meraviglia! Non si usa il termine scandalizzarsi ma proprio meraviglia! Erano quasi increduli tant'è che nessuno osò fiatare, quasi a volersi godere la scena, a non interrompere quel momento dove Gesù mostrava loro l'ennesimo volto del Padre suo che tutti accoglie.
In questo frangente cosa accade? La donna "lasciò la sua anfora e andò in città..." anche qui non dobbiamo rischiare di far passare le parole del testo senza prestare attenzione.
La donna lasciando l'anfora, lascia tutto se stessa. Nel testo ci sembra di leggere che quasi la dimenticò, tanto era presa da quell'ardore che l'incontro con Gesù le ha scaturito. Dimentica la cosa più preziosa, l'anfora che contiene l'acqua, ovvero la vita, perché lei l'acqua vera, la vita piena l'ha trovata davvero: Gesù!
Lasciamoci incantare da Gesù al pozzo della nostra vita. Proviamo a guardarlo e a pendere dalle sue labbra come lo sposo con la sua amata. Questa terza domenica di quaresima sia per noi tempo per chiudere gli occhi e sentire la carezza della sua Parola: lasciamo tutto e seguiamolo!.