Nella prima lettura, il profeta Isaia canta l'amore e la fedeltà di Dio, adoperando la bella immagine della vigna, che esprime molto bene la cura e la sollecitudine che Dio ha sempre avuto per il suo popolo. Il Signore aveva dissodato la sua vigna, l'aveva sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate, aspettando che essa producesse dei frutti rigogliosi. Purtroppo, la vigna tanto curata dal Signore diede solo degli acini acerbi. Per questo motivo, il Signore disse: «Toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo: demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto [...]» (Is 5,5-6).
Anche il Vangelo adopera l'immagine della vigna, offrendoci dei profondi insegnamenti. Nella parabola riportata, Gesù dice che il padrone affidò la vigna a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi, i quali vennero bastonati o uccisi, oppure lapidati. Il padrone della vigna è Dio; i contadini ai quali fu affidata questa vigna erano i capi d'Israele, i quali dovevano curare gli interessi di Dio e non di se stessi; i servi mandati a vendemmiare erano i profeti, i quali vennero maltrattati o uccisi.
Da ultimo, il padrone mandò il proprio figlio, dicendo: «Avranno rispetto per mio figlio» (Mt 21,37). Ma anch'egli venne ucciso. Il figlio è proprio Gesù, mandato dal Padre al popolo d'Israele, affinché esso potesse arrivare alla pienezza della rivelazione; ma anche Egli, come i profeti, e più dei profeti, venne perseguitato fino a morire in croce.
Alla domanda di Gesù, che chiedeva cosa avrebbe fatto a questo punto il padrone della vigna, i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo dissero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo» (Mt 21,41). Senza saperlo, essi diedero la risposta giusta, e Gesù replicò: «Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti» (Mt 21,43).
Ecco che la Chiesa si sostituì alla sinagoga e la salvezza fu estesa a tutti i popoli. Il profeta Isaia aveva parlato della distruzione della vigna; Gesù invece annuncia che la vigna sarà data ad un altro popolo, ovvero alla Chiesa.
Facciamo però attenzione. Le parole di Isaia e di Gesù non si riferiscono solo al popolo d'Israele, ma anche alla Chiesa. Se non daremo i frutti tanto attesi, anche a noi toccherà la stessa sorte. La Chiesa certamente durerà sino alla fine dei tempi, come Gesù ha promesso, ma la storia insegna che diverse chiese locali sono sparite completamente o quasi. Se una Comunità cristiana sarà sempre fedele all'insegnamento di Gesù e obbediente alla legittima autorità, essa continuerà ad esistere nel tempo.
San Paolo, nella seconda lettura di oggi, mette in luce due aspetti molto importanti della vita cristiana; quello della preghiera e quello del buon esempio. Prima di tutto, egli ci esorta a rivolgere a Dio le nostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti (cf Fil 4,6). La preghiera deve occupare il primo posto nella vita del cristiano, fino a diventare il respiro della sua anima. In secondo luogo, l'Apostolo delle genti sollecita i suoi lettori a mettere in pratica tutto ciò che essi hanno imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in lui (cf Fil 4,9). Ecco il buon esempio che è l'apostolato più efficace e fruttuoso.
Anche noi, sull'esempio di san Paolo, potremo condurre tanti fratelli a Gesù Cristo, se li edificheremo con il nostro buon esempio e se riusciremo a mettere in pratica il Vangelo in ogni circostanza della nostra vita. Diffonderemo il regno di Dio sulla terra anche con i nori pensieri, se essi saranno sempre puri e indirizzati al Signore. San Paolo così ci sprona: «Fratelli, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8).
La vigna simboleggia anche ciascuno di noi, ogni anima in particolare. Siamo chiamati a portare frutti abbondanti di opere buone; ma, per far questo, dobbiamo rimanere uniti a Gesù, come il tralcio è unito alla vite. Senza di Lui sarà impossibile compiere delle opere meritorie per la Vita eterna, opere delle quali il Padre Celeste si possa compiacere. Gesù ci fa comprendere questa verità con queste luminose parole: «Io sono la vite e voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,1-5).
Rimarremo uniti a Gesù con la fede, la preghiera e i Sacramenti. Uniti a Lui in questo modo, la linfa vitale della grazia scorrerà nella nostra anima e noi riusciremo a produrre abbondanti frutti per la Vita eterna.