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06.2.2015 - San Paolo Miki e compagni - Memoria - Rito Romano

5/2/2015

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06.2.2015 - San Paolo Miki e compagni
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Rosso

Nato a Kyoto nel 1556 in una famiglia benestante e battezzato a cinque anni, Paolo Miki entra in un collegio della Compagnia di Gesù e a 22 anni è novizio, il primo religioso cattolico giapponese. Diventa un esperto della religiosità orientale e viene destinato, con successo, alla predicazione, che comporta il dialogo con dotti buddhisti. Il cristianesimo è penetrato in Giappone nel 1549 con Francesco Saverio. Paolo Miki vive anni fecondi, percorrendo continuamente il Paese. Nel 1582-84 c'è la prima visita a Roma di una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi. Ma proprio Hideyoshi capovolge la politica verso i cristiani, diventando da tollerante a persecutore. Arrestato nel dicembre 1596 a Osaka, Paolo Miki trova in carcere tre gesuiti e sei francescani missionari, con 17 giapponesi terziari di San Francesco. E insieme a tutti loro viene crocifisso su un'altura presso Nagasaki.

Colletta
O Dio, forza dei martiri, 
che hai chiamato alla gloria eterna 
san Paolo Miki e i suoi compagni 
attraverso il martirio della croce, 
concedi anche a noi per loro intercessione 
di testimoniare in vita e in morte 
la fede del nostro Battesimo. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Eb 13,1-8)
Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre.

Fratelli, l’amore fraterno resti saldo. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli. Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi avete un corpo. Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno giudicati da Dio.
La vostra condotta sia senza avarizia; accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: «Non ti lascerò e non ti abbandonerò». Così possiamo dire con fiducia:
«Il Signore è il mio aiuto, non avrò paura.
Che cosa può farmi l’uomo?».
Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l’esito finale della loro vita, imitatene la fede. 
Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!

SALMO RESPONSORIALE (Sal 26)
Rit: Il Signore è mia luce e mia salvezza.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura? 

Se contro di me si accampa un esercito,
il mio cuore non teme;
se contro di me si scatena una guerra,
anche allora ho fiducia. 

Nella sua dimora mi offre riparo
nel giorno della sventura.
Mi nasconde nel segreto della sua tenda,
sopra una roccia m’innalza. 

Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi.

VANGELO (Mc 6,14-29) 
Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto. 

In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. 
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

Preghiera dei fedeli
- Perché i cristiani che soffrono per la persecuzione o la negazione dei loro diritti, guardino a Cristo crocifisso, vittoria sul peccato e sulla morte. Preghiamo:
- Perché i responsabili della vita pubblica operino nella verità, nella giustizia e nel rispetto di ogni persona. Preghiamo:

Commento
Il salmo responsoriale che parla di lacrime e di gioia non è molto adatto per i martiri giapponesi, perché essi non hanno seminato nel pianto ma nella gioia. In quello che di loro si racconta, il meraviglioso è proprio nella gioia che irradiava dai loro volti mentre andavano al supplizio. Paolo Miki dopo essere stato condannato con gli altri, scrisse a un superiore della Compagnia di Gesù con semplicità: "Siamo stati condannati alla crocifissione, ma non preoccupatevi per noi che siamo molto consolati nel Signore. Abbiamo un solo desiderio, ed è che prima di arrivare a Nagasaki possiamo incontrare un Padre della Compagnia per confessarci, partecipare alla messa e ricevere l'Eucaristia. È il nostro unico desiderio". 
Vediamo in questo la gioia della speranza fondata sulla fede che è feconda di frutti di carità. Evidentemente soltanto la fede era fondamento della loro grande gioia, che dimostrarono anche sulla croce. Essere crocifissi con Cristo era per loro grande onore perché credevano con tutta l'anima che Cristo si era dato per loro e per la loro salvezza. 
"Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me". La croce appare alla fede come il sommo dell'amore di Cristo e dell'amore che noi possiamo dare a lui. In questa fede essi erano pieni di speranza e di gioia. 
La loro speranza era non la ricompensa, ma il martirio: speravano che Gesù li avrebbe sostenuti fino alla morte e avrebbe permesso loro di offrire la vita con un amore senza limiti. ~ pensiero di imitarlo dando la vita per gli altri era fonte di grande esultanza. 
Per commentare il loro martirio si potrebbero prendere le parole della lettera di Pietro: "Rendete conto della speranza che è in voi con dolcezza e rispetto". Dall'alto della sua croce Paolo Miki continuava a predicare Cristo e a testimoniare la sua speranza. Diceva ai presenti: "Io sono giapponese come voi, non sono uno straniero ed è a causa della mia fede in Cristo che sono condannato. Nella situazione estrema in cui mi trovo potete credere alla mia sincerità. Non ho nessuna voglia di ingannarvi e vi dichiaro che non c e via di salvezza se non nella fede in Cristo". E continuava, manifestando che la fede e la speranza gli riempivano il cuore di intensa carità: "Cristo vuole che perdoniamo a chi ci fa del male e preghiamo per loro. Io dunque perdono a tutti quelli che hanno contribuito alla nostra morte e auguro loro di convertirsi, perché anch'essi si salvino". 
E anche tutti i suoi compagni sorridevano e cantavano preghiere dall'alto della croce. 
Possiamo pensare che talvolta è più difficile essere gioiosi nelle circostanze ordinarie della vita che in quelle straordinarie, nelle quali la grazia sostiene in maniera speciale. Ma abbiamo altri esempi a illuminare la vita quotidiana. E a proposito della sua vita quotidiana che san Paolo dice: "Sono crocifisso con Cristo e non son più io che vivo, ma Cristo vive in me". La croce di Cristo illuminava le sue numerose, e niente affatto gloriose, difficoltà di ogni giorno: egli stesso parla di tribolazioni umilianti. 
Ma nella fede egli ne vedeva il senso di profonda unione a Gesù, ed era lieto nella speranza, paziente nella tribolazione e insegnava questa via di gioia ai cristiani. 
Domandiamo al Signore di farci giungere alla stessa unione vitale con lui che vediamo nella vita di questi martiri e di tanti santi.
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Oggi BEATO FRANCESCO SPINELLI, SACERDOTE
(Memoria nella Diocesi di Bergamo)

Francesco Spinelli nacque a Milano il 14 aprile 1853, fu ordinato sacerdote nel 1875 a Bergamo do­ve, nel 1882, fondò l’Istituto delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento. Gravi prove, vissute con fede eroica e indiscussa obbedienza, lo costrinsero a lascia­re Bergamo. Accolto a Rivolta d’Adda dalle sue Suore con l’approvazione del Vescovo di Cremona Mons. Geremia Bonomelli, poté continuare l’opera ini­ziata. Il suo carisma si può così sintetizzare: amore per l’Eucaristia e servizio al povero, icona di Cristo. Morì il 6 febbraio 1913. Fu proclamato beato da Giovanni Paolo II il 21 giugno 1992, nel santuario mariano di Caravaggio.

Orazione
Dio d’infinita carità, che hai concesso al beato Francesco Spinelli sacerdote, di attingere in abbondanza dal sacrificio eucaristico un ardente amore verso i poveri e i sofferenti, fa’ che anche noi, per sua intercessione, diveniamo tuoi adoratori in spirito e verità, per avere come lui un cuore generoso, attento alle necessità dei fratelli. Per il nostro Signore.
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