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La Liturgia di Domenica 02 Settembre 2018

31/8/2018

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XXII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
Grado della Celebrazione: Domenica
Colore liturgico: Verde
COMMENTO AL VANGELO
PURO E IMPURO

Da chi andremo, Signore? Dopo l'estenuante riflessione scaturita dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci nel Vangelo di Giovanni siamo arrivati ad un bivio: lo vogliamo davvero un Dio così? Come Pietro siamo stati invitati ad andare all'essenziale della nostra fede, a chiederci se esiste, nella nostra vita, una concreta possibilità di vivere senza Cristo.
Siamo finalmente usciti dal pantano teologico di Giovanni per entrare nel vespaio di concretezza di Marco: forse era meglio prima! Un aspetto lega, però, i due autori: la descrizione di un Gesù esigente che non fa sconti a nessuno.
E la domanda, forte, imperiosa, che ci raggiunge: chi è davvero, Gesù di Nazareth?
Il tema del vangelo di oggi riguarda un atteggiamento spesso diffuso fra chi crede: la distinzione fra "puro" e "impuro".

Perushim
In Israele era fondamentale la distinzione fra ciò ch era legato a Dio e ciò che non lo era, fra il "puro" e ?"impuro". A noi fa strano, oggi, ma era fondamentale capire cosa distingueva un atteggiamento che avvicinava alla luce da un altro che ne allontanava. E, così, le norme sulla purità rituali erano precise e minuziose, a volte anche troppo.
Il Levitico proibisce di raccogliere il frutto di una terra conquistata per almeno cinque anni, aspettando che si purifichi! Gesù, invece, pare poco sensibile a queste questioni rituali, accusando di ipocrisia chi le praticava. Gesù vede nella distinzione fa "puro" e impuro" alcuni grossi inconvenienti.

Rischi
Il primo è evidente. Se ci arroghiamo noi il diritto di distinguere, rischiamo di bollare le persone dall'esterno, di dividere il mondo far buoni e cattivi. Noi, casualmente, sempre dalla parte dei buoni.
Se pensiamo davvero di essere a posto, in regola, allora cogliamo in fallo coloro che sono fuori dalla regola. E li giudichiamo. Gesù, invece, chiede di astenersi dal giudizio, lasciandolo a Dio che, solo, conosce il cuore delle persone.
Gesù se la prende con i farisei, i buoni ebrei devoti suoi contemporanei, gli ultras della fede, i migliori, che lo accusano di non osservare scrupolose norme rituali prima del pranzo.
Gesù approfitta della provocazione per inquadrare la situazione: andate all'essenziale, ipocriti, è inutile osservare piccole scrupolose norme scordandosi la misericordia!
Per molti, ancora oggi, credere significa fare o, meglio non fare, qualcosa.
Sbagliato; credere è, anzitutto, incontrare una persona, Gesù, che sconvolge la vita e fa cambiare atteggiamento.
Gesù lo sottolinea: i farisei si impegolano in piccole cose rituali trascurando l'essenziale, filtrano il moscerino e ingoiano il cammello.

Parola di Dio?
Il secondo rischio è quello di spacciare le buone e sante tradizioni degli uomini come divine. Dei dieci precetti dati da Dio a Mosè se ne aerano aggiunti oltre seicento, così, per gradire. Gesù contesta le tradizioni volute dagli uomini e attribuite e Dio, per fare maggiore autorevolezza.
Il cuore puro è una richiesta divina, le estenuanti abluzioni, no.
Quante volte, ancora oggi, vedo nelle parrocchie persone che difendono le tradizioni (sane e sante) come volontà divina!
Dobbiamo saper distinguere bene cosa è Parola di Dio e cosa è abitudine consolidata, senza mai mescolare i piani.

L'impuro
Di più: se Dio è diventato uomo, come capiranno i discepoli, tutto è purificato.
Nessuna prescrizione o bevanda proibita, ma un cuore libero che incontra Dio è essenziale.
Gesù si mischia, si sporca le mani, gioisce di ogni legittima gioia godendone e ringraziando il padre, è accusato, addirittura, d essere un mangione un ubriacone...
La distinzione fra puro e impuro è colmata perché Dio l'ha colmata.
Tutto ci conduce a Dio, dipende dal cuore con cui lo viviamo.

Solo un cuore che veramente incontra Dio può, alla fine, porre gesti che desiderino realmente incontrarsi con Lui. Solo un cuore toccato diventa un cuore convertito. Allora, e solo allora, i gesti acquistano significato.
Allora, e solo allora potremo vivere la riconciliazione come festa, il perdono come regalo.
Ho davvero paura di una fede che si riduce a moralismo.
E credo che il grosso rischio della nostra fede, oggi, sia proprio questo, diventando perciò improponibile alle nuove generazioni.
Quando dico a un giovane: "non fare così", mi chiede sempre: "Perché no?".
Cosa rispondere? Perché è così e non si discute? Perché si è sempre fatto così?
No, non serve, non aiuta, butta ancora più nello scoraggiamento, allontana dalla fede.
L'unica risposta è: "perché Gesù è venuto a raccontarci il vero volto di Dio e il nostro vero volto, ci insegna ad essere autenticamente uomini e donne. Facendo ciò che stai facendo stai dando il peggio di te e, come se non bastasse, non ottieni la pienezza della felicità. Prova a scoprirlo da te, leggendo il Vangelo".
Il Signore non ha bisogno di belle mascherine, ma di figli, non di giusti ma di peccatori riconciliati.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
O Dio, nostro Padre,  
unica fonte di ogni dono perfetto,  
suscita in noi l’amore per te  
e ravviva la nostra fede,  
perché si sviluppi in noi il germe del bene  
e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...  

oppure:
Colletta  
Guarda, o Padre, il popolo cristiano  
radunato nel giorno memoriale della Pasqua,  
e fa’ che la lode delle nostre labbra  
risuoni nella profondità del cuore:  
la tua parola seminata in noi  
santifichi e rinnovi tutta la nostra vita.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Dt 4,1-2.6-8)
Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando … osserverete i comandi del Signore.

Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo dicendo: 
«Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. 
Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo. 
Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. 
Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi do?». 

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 14)
Rit: Chi teme il Signore abiterà nella sua tenda.

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore, 
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.    

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre. 

SECONDA LETTURA (Giac 1,17-18.21-22.27) 
Siate di quelli che mettono in pratica la Parola. 

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Fratelli miei carissimi, ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature.
Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi. 
Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo.

Parola di Dio

VANGELO (Mc 7,1-8.14-15.21-23) 
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini. 

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. 
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». 
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». 
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Fratelli e sorelle, Dio ascolta coloro che accolgono docilmente la sua Parola, ricolmando di ogni benedizione quanti pongono il proprio cuore accanto a lui. Presentiamogli con fiducia le nostre preghiere. 
Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore.

1. Per il Papa, i vescovi, i sacerdoti e i catechisti: predichino sempre la religione cristiana vera, che non consiste in pratiche magiche, in un vuoto ritualismo, ma nel rendere grazie a Dio con la vita, preghiamo. 
2. Per tutti i cristiani: splendano nel mondo per la purezza e la chiarezza della loro vita, preghiamo. 
3. Per i malati e i sofferenti: trovino sempre accanto a sé il conforto e la speranza dell'amico, preghiamo. 
4. Per quanti hanno il cuore lontano da Dio: l'incontro con Cristo, attraverso la testimonianza dei fratelli, sia per loro occasione di conversione, preghiamo. 
5. Per la nostra comunità, perché nutrita dal Pane e guidata dalla Parola sappia liberarsi da ogni espressione di religiosità falsa, sterile e formale, preghiamo.
O Padre, tu hai voluto nutrirci con la tua parola di verità. Concedici di celebrare con cuore puro i tuoi santi misteri. Per Cristo nostro Signore.
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La Liturgia di Sabato 01 Settembre 2018

31/8/2018

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SETTEMBRE: MESE DEDICATO AGLI ANGELI

Chi sono gli Angeli
Gli Angeli sono puri spiriti creati da Dio per formare la sua corte celeste ed essere gli esecutori dei suoi ordini. Una parte di essi prevaricò, ribellandosi a Dio e diventarono demoni. Dio affidò agli Angeli buoni la custodia della Chiesa, delle nazioni, della città. Anche ogni anima ha il suo Angelo Custode. Le Milizie celesti ricorrono Cristo come loro Re e Maria Santissima come loro Regina, felici di essere gli esecutori solleciti e fedeli dei loro ordini e di prodigarsi nella difesa e nel soccorso dei loro servi e devoti. 

Nostri doveri verso di essi 
Dobbiamo venerare tutti gli Angeli come nostri fratelli maggiori e come nostri futuri compagni in Cielo: imitare la loro obbedienza, purezza e amor di Dio. In particolare dobbiamo esser devoti dell'Angelo Custode: di colui alle cui cure la bontà di Dio ci ha affidati. A Lui dobbiamo rispetto per la sua presenza, amore e gratitudine per la sua benevolenza, confidenza, per la cura sapiente, potente, paziente e amorosa che ha di noi. 


INVOCAZIONE AGLI ANGELI CUSTODI
Assisteteci, Angeli custodi, soccorso nel bisogno, conforto nella disperazione, luce nelle tenebre, protettori nei pericoli, ispiratori di buoni pensieri, intercessori presso Dio, scudi che respingono il nemico malvagio, compagni fedeli, amici verissimi, prudenti consiglieri, specchi d’umiltà e purezza.
​
Assisteteci, Angeli delle nostre famiglie, Angeli dei nostri figli, Angelo della nostra parrocchia, Angelo della nostra città, Angelo del nostro paese, Angeli della Chiesa, Angeli dell’universo. 
Amen.

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1.9.2018 - Sabato della XXI settimana del Tempo Ordinario 
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta

O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,  
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi  
e desiderare ciò che prometti,  
perché fra le vicende del mondo  
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (1Cor 1,26-31)
Dio ha scelto quello che è debole per il mondo.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 

Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. 
Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. 
Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, “chi si vanta, si vanti nel Signore”.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 32)
Rit: Beato il popolo scelto dal Signore.

Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini. 

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
È in lui che gioisce il nostro cuore,
nel suo santo nome noi confidiamo.

VANGELO (Mt 25,14-30) 
Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Parola del Signore
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Commento
Dio mi ha concesso la vita, e con la vita, che è un dono, mi ha assegnato un compito: il bene mi è semplicemente affidato, bene di cui sono personalmente responsabile.  
Il primo dei beni che ho davanti a me, sono io stesso. Non sono io il padrone della mia vita, essa mi è stata concessa da Dio, ed egli me ne farà rendere conto, come il padrone del Vangelo che, al ritorno dal suo viaggio, chiamò i suoi servitori affinché rendessero conto dei beni ricevuti da lui.  
Vi sono delle persone che non credono alla vita, che non credono al compito che Dio ha loro assegnato, e sotterrano così il loro talento, la loro vita nella sabbia di un egoismo prudente. Per loro vivere è aspettare la vita. Dio li condanna.  
Altri, più audaci, fanno saggiamente prosperare il dono divino, e lo moltiplicano. Dio mi ha dato la vita, affinché io moltiplichi i beni sulla terra, affinché io trovi, per mezzo di questo lavoro, un senso alla mia vita, e scopra la mia vocazione, cioè il bene che Dio mi dà da compiere. Se non sotterro la mia vita nella sabbia e ho l’audacia di accogliere i doni di Dio, posso nutrire la speranza che egli mi approverà.  
Molte persone non credono in se stesse, perché hanno sotterrato i loro talenti. Soltanto la fede nel Dio vivente ridà all’uomo la fede nella vita, poiché questa fede non è nient’altro che la fede nel bene che Dio mi ha dato da compiere, e che spesso si dimentica.

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a sera
MESSA PREFESTIVA della
XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
ANNO B - RITO ROMANO
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La Liturgia di Venerdi 31 Agosto 2018

30/8/2018

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31.8.2018 - Venerdì della XXI settimana del Tempo Ordinario
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta

O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,  
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi  
e desiderare ciò che prometti,  
perché fra le vicende del mondo  
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (1Cor 1,17-25)
Noi annunciamo Cristo crocifisso: scandalo e stoltezza per gli uomini; ma per coloro che sono chiamati, potenza e sapienza di Dio.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo.
La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti:
«Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l’intelligenza degli intelligenti».
Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. 
Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 32)
Rit: Dell’amore del Signore è piena la terra.

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate. 

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
Ma il disegno del Signore sussiste per sempre,
i progetti del suo cuore per tutte le generazioni.

VANGELO (Mt 25,1-13) 
Ecco lo sposo! Andategli incontro! 

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Parola del Signore

Commento
Vi sono dieci vergini, cinque di esse sono sapienti e cinque stolte. In questa parabola di Gesù è nascosta una verità che urge mettere sul candelabro, così che possa illuminare la nostra coscienza e orientarla verso la luce più pura e più santa. La sapienza dona il fine vero alla vita dell'uomo. Essa è la volontà di Dio rivelata, donata, scritta, ma anche cercata, trovata, per essere trasformata in nostro quotidiano agire.
Poiché nessun uomo può darsi la verità del suo essere, neanche si può dare la verità del suo agire. Verità dell'essere e dell'agire sono date da Dio, per creazione, rivelazione, illuminazione, direttamente, attraverso la sua voce, indirettamente per mezzo dei suoi messaggeri, inviati, profeti. Se l'uomo non ascolta il suo Signore, non sa chi lui è e non conoscendosi nella sua essenza, mai potrà conoscere il fine del proprio essere. Necessariamente vivrà in una stoltezza perenne. In fondo i dannati questo attestano a se stessi: abbiamo fallito la nostra vita, perché le abbiamo dato un fine falso, empio, immorale. Non abbiamo seguito la via della verità.
«La nostra vita è breve e triste; non c'è rimedio quando l'uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dal regno dei morti. Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati: è un fumo il soffio delle nostre narici, il pensiero è una scintilla nel palpito del nostro cuore, spenta la quale, il corpo diventerà cenere e lo spirito svanirà come aria sottile. Il nostro nome cadrà, con il tempo, nell'oblio e nessuno ricorderà le nostre opere. Venite dunque e godiamo dei beni presenti, gustiamo delle creature come nel tempo della giovinezza! Saziamoci di vino pregiato e di profumi, non ci sfugga alcun fiore di primavera, coroniamoci di boccioli di rosa prima che avvizziscano; nessuno di noi sia escluso dalle nostre dissolutezze. Lasciamo dappertutto i segni del nostro piacere, perché questo ci spetta, questa è la nostra parte. Spadroneggiamo sul giusto, che è povero, non risparmiamo le vedove, né abbiamo rispetto per la canizie di un vecchio attempato. La nostra forza sia legge della giustizia, perché la debolezza risulta inutile. Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d'incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l'educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade». Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati. Non conoscono i misteriosi segreti di Dio, non sperano ricompensa per la rettitudine né credono a un premio per una vita irreprensibile (Cfr. Sap 2,1-22). 
Il tempo è breve. La vita scorre in un attimo. Le vergine stolte si sono trovate prive di vera finalità. Hanno delle lampade senza olio. Il fine della lampada è la luce, non il buio. Vi è un momento in cui il fine si può recuperare, e un momento in cui non si può più. Il Signore viene, la porta della luce si chiude. Non si entra. Non ci conosce.
Sbagliare il fine della propria vita - conoscere, amare servire Dio in questa vita per goderlo nell'altra in paradiso - ci esclude dal regno eterno del Signore. Tutto deve essere usato come mezzo per il raggiungimento del vero fine. Oggi purtroppo tutto è divenuto fine a se stesso, spesso anche la preghiera, i sacramenti, altre cose.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci il vero fine della vita.
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La Liturgia di Giovedi 30 Agosto 2018

29/8/2018

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30.8.2018 - Giovedì della XXI settimana del Tempo Ordinario
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta

O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,  
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi  
e desiderare ciò che prometti,  
perché fra le vicende del mondo  
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (1Cor 1,1-9)
In Cristo siete stati arricchiti di tutti i doni.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!
Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. 
Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 144)
Rit: Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza. 

Una generazione narra all’altra le tue opere,
annuncia le tue imprese.
Il glorioso splendore della tua maestà
e le tue meraviglie voglio meditare.

Parlino della tua terribile potenza:
anch’io voglio raccontare la tua grandezza.
Diffondano il ricordo della tua bontà immensa,
acclamino la tua giustizia.

VANGELO (Mt 24,42-51) 
Tenetevi pronti. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. 
Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».

Parola del Signore

Commento
“Domani...”; “Più tardi...”, dice il cristiano. “Più tardi ti pregherò meglio”; “Domani mi sforzerò, ma prima bisognerebbe che...”. Ma il Signore ci chiede: “Oggi...”; “Subito”. Per fortuna non conosciamo la data del suo ritorno! Altrimenti, che calcoli non faremmo pur di scendere a compromessi con le sue esigenze!  
Impariamo invece a fare solo quanto sia conforme alla volontà di Dio! Non lanciamoci in una brutta azione col pretesto che essa sarà fonte di un’azione migliore in seguito. E se egli ritornasse, prima che questa buona azione venga compiuta? Noi non potremmo certo presentargli le percosse date ai compagni o le nostre bevute... Vegliare non significa solo privarsi del sonno, ma anche fare ciò che Cristo si aspetta da noi: lavoro, vita di famiglia, sana distrazione o preghiera.
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La Liturgia di Mercoledi 29 Agosto 2018

28/8/2018

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29.8.2018 - Martirio di San Giovanni Battista
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Rosso

Giovanni sigilla la sua missione di precursore con il martirio. Erode Antipa, imprigionatolo nella fortezza di Macheronte ad Oriente del Mar Morto, lo fece decapitare. Egli è l'amico che esulta di gioia alla voce dello sposo e si eclissa di fronte al Cristo, sole di giustizia: 'Ora la mia gioia è compiuta; egli deve crescere, io invece diminuire'. Alla sua scuola si sono formati alcuni dei primi discepoli del Signore. (Mess. Rom.)

Colletta
O Dio, che a Cristo tuo Figlio  
hai dato come precursore,  
nella nascita e nella morte, san Giovanni Battista,  
concedi anche a noi di impegnarci generosamente  
nella testimonianza del tuo Vangelo,  
come egli immolò la sua vita  
per la verità e la giustizia.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ger 1,17-19)
Àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò.

Dal libro del profeta Geremìa

In quei giorni, mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Tu, stringi la veste ai fianchi,
àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti di fronte a loro,
altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro.
Ed ecco, oggi io faccio di te
come una città fortificata,
una colonna di ferro
e un muro di bronzo
contro tutto il paese,
contro i re di Giuda e i suoi capi,
contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese.
Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 70)
Rit: La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.

Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.

Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.

La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.

VANGELO (Mc 6,17-29) 
Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista. 

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. 
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

Parola del Signore

Commento
''Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni''.
BXVI

Anche oggi si può essere esposti ad un «martirio», sia pure non violento, ogni volta che ci si trova dinanzi al tentativo di far tacere voci scomode che proclamino la Verità. A volte, purtroppo, anche in ambiente ecclesiastico.

Sant’Agostino nel suo Sermo 94/A, spiegò bene che il martirio del Battista derivò dall’aver difeso la Verità che, apparendo scomoda alle orecchie dei malvagi, arriva a generare odio. E fu profetico quando precisò: «Hi sunt fructus futuri saeculi», questi sono i frutti del mondo futuro.
Sant’Agostino volle pure precisare – e sembra parlare agli occidentali di oggi – che «nessuno dovrebbe dire: “Non posso essere martire perché i cristiani oggi non sono perseguitati”, in quanto se Cristo è la verità, soffre per Cristo chiunque viene condannato per la verità», e «omnia tempora patent martyribus», tutti i tempi sono aperti ai martiri. «Forse perché è cessata la persecuzione da parte dei sovrani della terra, per questo non infuria il diavolo?», si chiede il Vescovo d’Ippona. «No, l’antico avversario è sempre instancabilmente all'opera contro di noi, perciò non dobbiamo dormire. Ci trama lusinghe, agguati, ci ispira cattivi pensieri; per farci cadere in modo peggiore», ossia risucchiandoci piano piano nel gorgo infernale dell’apostasia. Precisa, infine, Agostino che «dobbiamo pensare sempre che il diavolo, nostro tentatore e persecutore, non si stanca mai di tramare contro di noi, e noi nel nome e con l’aiuto di Dio nostro Signore non stanchiamoci mai di combattere con ardore contro di lui, perché in qualche occasione vinca su di noi».

San Giovanni Battista è morto martire perché non ha fatto sconti ad Erode. Non ha tentato un “dialogo” per trovare punti d’incontro o soluzioni “misericordiose”. Non ha lanciato “ponti” ad Erode per ascoltare anche le sue ragioni. Non ha voluto usare un particolare “discernimento” per verificare se nella particolare situazione del re vi fosse qualche elemento per attenuare o eliminare la sua responsabilità. Non ha ritenuto di essere tanto “misericordioso” da evitare di gridare ad Erode davanti a tutti: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello!». Non ha voluto considerare se nel rapporto irregolare tra Erode ed Erodiade vi fossero comunque “semi di verità”.
No, Giovanni il Battista è stato ucciso per aver sostenuto che la Verità non può essere “seminata” qua e là, a proprio uso e consumo.

Concludiamo, quindi, con le parole dell’invocazione impetrata da Benedetto XVI durante l’Angelus del 24 giugno 2007: «Invochiamo l’intercessione di San Giovanni Battista, insieme con quella di Maria Santissima, perché anche ai nostri giorni la Chiesa sappia mantenersi sempre fedele a Cristo e testimoniare con coraggio la sua verità e il suo amore per tutti». Sancte Joannes Baptista ora pro nobis et pro sancta Ecclesia Dei.
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La Liturgia di Martedi 28 Agosto 2018

27/8/2018

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28.8.2018 - Sant'Agostino
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco

Sant'Agostino nasce in Africa a Tagaste, nella Numidia - attualmente Souk-Ahras in Algeria - il 13 novembre 354 da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Dalla madre riceve un'educazione cristiana, ma dopo aver letto l'Ortensio di Cicerone abbraccia la filosofia aderendo al manicheismo. Risale al 387 il viaggio a Milano, città in cui conosce sant'Ambrogio. L'incontro si rivela importante per il cammino di fede di Agostino: è da Ambrogio che riceve il battesimo. Successivamente ritorna in Africa con il desiderio di creare una comunità di monaci; dopo la morte della madre si reca a Ippona, dove viene ordinato sacerdote e vescovo. Le sue opere teologiche, mistiche, filosofiche e polemiche - quest'ultime riflettono l'intensa lotta che Agostino intraprende contro le eresie, a cui dedica parte della sua vita - sono tutt'ora studiate. Agostino per il suo pensiero, racchiuso in testi come «Confessioni» o «Città di Dio», ha meritato il titolo di Dottore della Chiesa. Mentre Ippona è assediata dai Vandali, nel 429 il santo si ammala gravemente. Muore il 28 agosto del 430 all'età di 76 anni.

Colletta
Suscita sempre nella tua Chiesa, Signore,  
lo spirito che animò il tuo vescovo Agostino,  
perché anche noi, assetati della vera sapienza,  
non ci stanchiamo di cercare te,  
fonte viva dell’eterno amore.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (2Ts 2,1-3.13-17)
Mantenete le tradizioni che avete appreso.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo! 
Noi dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, per mezzo dello Spirito santificatore e della fede nella verità. A questo egli vi ha chiamati mediante il nostro Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.
Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia dalla nostra parola sia dalla nostra lettera. E lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 95)
Rit: Vieni, Signore, a giudicare la terra.

Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
È stabile il mondo, non potrà vacillare!
Egli giudica i popoli con rettitudine. 

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene.

Acclamino tutti gli alberi della foresta
davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.

VANGELO (Mt 23,23-26) 
Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: 
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».

Parola del Signore

Commento
Che parola dura! Ma autentica e vera... Anche noi, come i farisei, spesso filtriamo il moscerino e ingoiamo il cammello. I farisei erano molto amati dal popolo per la loro devozione e il loro zelo, per il loro profondo attaccamento alla Legge, scritta e orale, che si preoccupavano di rispettare fin nei minimi dettagli. Anche se non era esplicitamente prescritto, per scrupolo, giungevano a pagare la decima, cioè una percentuale del raccolto che ogni agricoltore, teoricamente, doveva versare al tempio, anche sulle erbe da tisana! Gesù non contesta questo aspetto ma il fatto di concentrarsi troppo sulle minuzie perdendo di vista l'essenziale. È inutile affaticarsi dietro i dettagli dimenticando la compassione e la misericordia! A volte anche noi facciamo così: facciamo diventare grandi i problemi piccoli in modo da nascondere quelli davvero ingombranti! Fidatevi: i problemi nella Chiesa non sono la lingua in cui sei prega o l'orario delle messe... Eppure proprio dietro questo dettagli perdiamo un sacco di tempo, finendo col dimenticare la missione che ogni comunità ha ricevuto: quella di vivere ed annunciare il Vangelo ad ogni uomo.
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LA VERGINA MARIA CON SANT'AGOSTINO E SANTA MONICA
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La Liturgia di Lunedi 27 Agosto 2018

26/8/2018

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27.8.2018 - Santa Monica
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco

Santa Monica Madre di Sant'Agostino.
Nacque a Tagaste, antica città della Numidia, nel 331. Da giovane studiò e meditò la Sacra Scrittura. Madre di Agostino d'Ippona, fu determinante nei confronti del figlio per la sua conversione al cristianesimo. A 39 anni rimase vedova e si dovette occupare di tutta la famiglia. Nella notte di Pasqua del 387 poté vedere Agostino, nel frattempo trasferitosi a Milano, battezzato insieme a tutti i familiari, ormai cristiano convinto profondamente. Poi Agostino decise di trasferirsi in Africa e dedicarsi alla vita monastica. Nelle «Confessioni» Agostino narra dei colloqui spirituali con sua madre, che si svolgevano nella quiete della casa di Ostia, tappa intermedia verso la destinazione africana, ricevendone conforto ed edificazione; ormai più che madre ella era la sorgente del suo cristianesimo. Monica morì, a seguito di febbri molto alte (forse per malaria), a 56 anni, il 27 agosto del 387. Ai figli disse di seppellire il suo corpo dove volevano, senza darsi pena, ma di ricordarsi di lei, dovunque si trovassero, all'altare del Signore.


Colletta
O Dio, consolatore degli afflitti,  
che hai esaudito le pie lacrime di santa Monica  
con la conversione del figlio Agostino,  
per la loro comune preghiera  
donaci una viva contrizione dei nostri peccati,  
perché gustiamo la dolcezza del tuo perdono.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (2Ts 1,1-5.11-12)
Sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicési che è in Dio Padre nostro e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.
Dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli, come è giusto, perché la vostra fede fa grandi progressi e l’amore di ciascuno di voi verso gli altri va crescendo. Così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra perseveranza e la vostra fede in tutte le vostre persecuzioni e tribolazioni che sopportate. È questo un segno del giusto giudizio di Dio, perché siate fatti degni del regno di Dio, per il quale appunto soffrite. 
Il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 95)
Rit: Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome. 

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli.

VANGELO (Mt 23,13-22) 
Guai a voi, guide cieche. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: 
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. 
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».

Parola del Signore

Commento
Rabbrividisco ogni volta che leggo questo brano. Sul serio. Sento rivolte a me quelle accuse terribili del Signore: anch'io rischio di chiudere le porte del Regno a chi vuole entrare. Non è forse il pericolo più grande che la nostra Chiesa sta correndo? Quello di dare l'impressione di essersi irrigidita e di essere diventata troppo esigente? Certo: è bene che i discepoli difendano la vita, il progetto di Dio sull'amore, la tutela degli ultimi, ma, alla fine della fiera, fra distinguo e sottolineature, corriamo il rischio di dividere il mondo in due parti: quelli che sono "in regola" e quelli che non lo sono. Peccato che alla fine, ad essere "in regola", sono rimasti in pochissimi! Pensiamo ad esempio alla spinosa questione affettiva. Chi non vorrebbe un amore stabile, fecondo, costruttivo? E quante volte, invece, ci si adatta, si punta in basso, ci si rassegna? Quanta sofferenza nelle coppie che si sfasciano, quanto dolore in coloro che ancora non hanno colto la grandezza della proposta cristiana! Dobbiamo tornare ad essere chiari, a non ostacolare la speranza, a non chiudere le porte, ad essere onesti nel proporre l'integrità del vangelo, ma non severi!
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La Vergina Maria con Santa Monica e Sant'Agostino
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La Liturgia di Domenica 26 Agosto 2018

24/8/2018

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XXI DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
Grado della Celebrazione: Domenica
Colore liturgico: Verde
COMMENTO AL VANGELO
VOLETE ANDARVENE ANCHE VOI?
​

La tragedia è ormai consumata. Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, il più eclatante, il più straordinario, segna paradossalmente l'inizio della fine di Gesù. Gli apostoli stessi, sgomenti, non sanno più che pensare del loro imprevedibile Rabbì. 

Il discorso è troppo duro, anche molti fra i discepoli se ne vanno. Gesù non si spaventa, non blandisce gli apostoli sgomenti, non recede dalle sue parole, non chiede appoggio o carezza o consolazione. A Gesù sta più a cuore il Regno della compagnia, la verità dell'applauso. "Volete andarvene anche voi?". È libero il Rabbì, non ha elemosinato un uditorio, né desiderato dei discepoli. Sa, Gesù, quanto possa diventare ambiguo un rapporto spirituale, sa quanto possa tarpare le ali il discepolato, invece di far crescere il discepolo. Gesù non è un guru, è un vero Maestro. Libero. Sa che l'obiettivo di ogni discepolo è di crescere, non di appassire ai piedi del suo Maestro. Sa che ogni Maestro ha un solo desiderio: che il discepolo diventi autonomo. "Volete andarvene?". È solo il Rabbì, mai così solo. Pietro, il grande Pietro, risponde a nome di tutti. Lui, che ha lasciato che la Parola lo scavasse e lo cambiasse, Pietro così simile a noi, Pietro di reti e di odore di pesce, di duri calli sulle mani, di rughe taglienti che solcano il suo viso di pescatore. La risposta, la sua, è come un vulcano che sfoga la sua forza, come un vento che abbatte i boschi, un pilastro che sostiene la nostra fragilità: "Da chi andremo, Signore?". Dove vuoi che andiamo, ormai, Signore?
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LITURGIA  DELLA PAROLA
Colletta
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,  
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi  
e desiderare ciò che prometti,  
perché fra le vicende del mondo  
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...  

oppure:  
Colletta
O Dio nostra salvezza,  
che in Cristo tua parola eterna  
ci dai la rivelazione piena del tuo amore,  
guida con la luce dello Spirito  
questa santa assemblea del tuo popolo,  
perché nessuna parola umana ci allontani da te  
unica fonte di verità e di vita.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Gs 24,1-2.15-17.18)
Serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio.

Dal libro di Giosuè

In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. 
Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore».
Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio». 

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 33)
Rit: Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.

Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.    

Molti sono i mali del giusto,
ma da tutti lo libera il Signore.
Custodisce tutte le sue ossa:
neppure uno sarà spezzato.    

Il male fa morire il malvagio
e chi odia il giusto sarà condannato.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.

SECONDA LETTURA (Ef 5,21-32) 
Questo mistero è grande: lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. 
Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. 
Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!

Parola di Dio

VANGELO (Gv 6,60-69) 
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna. 

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». 
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Celebrare l'Eucaristia significa dire come Pietro: “Tu, Signore, hai parole di vita eterna”. Nella fede riconosciamo il dono della salvezza offerto sull'altare, in attesa della sua venuta. Preghiamo il Padre perché renda forte la nostra fede, preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore. 

1. Per il Papa, i vescovi e i ministri della Chiesa: aiutino i cristiani a conoscere sempre meglio la Parola di Gesù, a interiorizzarla, perché si traduca in gesti concreti nella vita di ogni giorno, preghiamo. 
2. Per i non credenti, per quanti fanno propria una religione vuota e superficiale: siano guidati nella scoperta della bellezza della fede cristiana, preghiamo. 
3. Per gli sposi: vivano nell'unità e nell'amore e siano segno dell'amore di Cristo per la sua Chiesa, preghiamo. 
4. Per la nostra comunità cristiana: viva nella piena fiducia in Gesù che ci parla, ci interpella, ci nutre e ci ama, preghiamo.

O Padre, salva il tuo popolo che pone in te la sua fiducia, e abbi pietà di noi, quando la nostra debolezza esita di fronte ai tuoi inviti e ai tuoi comandi. Per Cristo nostro Signore.

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Nella Diocesi di Bergamo
SANT’ALESSANDRO, MARTIRE - Patrono della città e Diocesi di Bergamo
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Grado della Celebrazione: Solennità
Colore liturgico: Rosso

Alessandro, secondo la tradizione vessillifero della legione tebea di stanza a Milano, subì il martirio a Bergamo durante la persecuzio­ne di Diocleziano e Massimiano. Sul luogo del suo sepolcro sorse la basilica cattedrale alessandrina. Il suo culto, anche fuori di Bergamo, è attestato con certezza dalla costruzione di una chiesa a lui dedicata a Fara Autarena (Fara d’Adda) nel 585, ad opera del re longobardo Autari. Il sangue sparso da Alessandro fu veramente, per la terra di Bergamo, “seme di cristiani”, ed a lui e alla sua gloriosa testimonian­za si riferiscono da allora i bergamaschi come a modello di coraggio e coerenza di fede.

Orazione
O Dio, nostro creatore e redentore, che nella tua ineffabi­le bontà ricompensi con abbondanza la gloriosa passione dei tuoi martiri, concedi alla tua Chiesa, che oggi si allieta per il trionfo del santo martire Alessandro, di essere liberata da ogni macchia di peccato e di ottenere quel premio che egli ha me­ritato con la suprema testimonianza della fede. Per il nostro Signore.

PRIMA LETTURA
Dal primo libro dei Maccabei (2, 49-52.57-64)
SALMO RESPONSORIALE (Sal 125)
Rit. Chi semina nel pianto, raccoglie nella gioia.
SECONDA LETTURA 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (1, 27-30)
VANGELO
Dal vangelo secondo Giovanni (15, 9-16)

Commento
Care sorelle e cari fratelli,
la venerazione per Sant’Alessandro che si dispiega nei secoli, che ancora oggi ci vede così intensamente presenti, ci porta a considerare quella che appunto nella preghiera che abbiamo innalzato al Signore abbiamo definito la suprema testimonianza della fede, una testimonianza suprema che non è richiesta a tutti: il martirio è una esperienza misteriosa.
 
A tutti è richiesta la testimonianza, la cui forza, per molti, viene rappresentata dalla perseveranza, la perseveranza lungo i giorni che il Signore ci concede.
 
La testimonianza è una dimensione decisiva della comunicazione della fede – le più giovani generazioni esigono da noi una testimonianza credibile – ma nello stesso tempo la testimonianza diventa una verifica che ciascuno fa con se stesso, relativamente allo spessore delle sue convinzioni in particolare della sua fede.
 
Questa verifica è una verifica certamente anche di natura morale, evoca appunto una coerenza, ma è una verifica anche in ordine alla chiarezza interiore della fede: non sarà possibile una intensa e perseverante testimonianza a fronte di un’interiore confusione, di un’interiore superficialità, di un’interiore incertezza.
 
Come è possibile non dico dare la suprema testimonianza, ma anche perseverare nella testimonianza quotidiana se interiormente non abbiamo una luce, una chiarezza, offuscata dalle nostre debolezze, dalle nostre contraddizioni, ma mai spenta e sempre ritrovabile?
 
La parola evangelica che oggi abbiamo ascoltato ci indica la via dell’amore vicendevole come strada della testimonianza. Amatevi vicendevolmente: è una strada affascinante, attraente, è una strada che gran parte dell’umanità percorre; noi amiamo chi ci ama; questo nasce, ci auguriamo quasi inevitabilmente, in una famiglia; ma questo avviene nelle più diverse convivenze umane, addirittura avviene tra coloro che noi giudichiamo in qualche modo rappresentare delle oscurità della vita umana.
 
Ci si tiene vicendevolmente, addirittura ci si ama, ci si aiuta vicendevolmente. La testimonianza che il Signore Gesù chiede a chi crede in Lui, è di amarsi vicendevolmente come lui ci ha amato: ecco non solo la regola, ma l’interiore esigenza, ecco la dimensione provocante e nello stesso tempo la dimensione che dà spessore alla nostra testimonianza; non è che i cristiani si vogliano bene come altri consessi umani alimentano il loro amore reciproco, ma quell’amore deve essere un segno, un segno visibile, un segno percepibile, un segno provocante, un segno affascinante dell’amore di Cristo.
 
Quindi non sarà mai un amore vicendevole esclusivo, divisivo, ma sarà piuttosto un segno che apre ad una speranza anche a coloro che non credono più né nell’amore umano né nell’amore divino.
 
Allora alla luce della testimonianza suprema di Sant’Alessandro siamo chiamati a rinnovare la testimonianza della nostra fede nell’amore misericordioso di Dio perché questo è l’amore che Gesù ci consegna, l’amore misericordioso di Dio; la misericordia di Dio è qualche cosa di continuamente evocato, non solo nella religione cristiana, ma è Gesù che narra questa misericordia con la sua vita e chiede ai suoi discepoli attraverso l’amore vicendevole di continuare a narrarla nella storia. Ma come la narreremo se noi non crediamo nella misericordia di Dio, o se ci crediamo in termini molto superficiali, facendo diventare della misericordia di Dio la giustificazione facile ad ogni nostro comportamento, anche il più inaccettabile?
 
Vorrei ricordare tre aspetti della misericordia di Dio narrata da Gesù e che noi siamo chiamati a incarnare nella storia. Il primo aspetto è rappresentato dal perdono. Il perdono, care sorelle e cari fratelli: diventiamo testimoni di perdono a partire da esperienze nelle quali abbiamo creduto al perdono di Dio.
 
Non dimentichiamo l’espressione di Papa Francesco: Dio non si stanca di perdonarci, noi ci stanchiamo di chiedergli perdono. La misericordia come perdono significa non soltanto il gesto di Dio che perdona i peccati, ma il gesto di Dio che perdona il peccatore, e quindi la nostra testimonianza di perdonare coloro che ci fanno del male. E non penso soltanto ai grandi drammi che stanno attraversando la storia dell’umanità, penso a volte alle relazioni che interessano più da vicino la nostra esistenza.
 
Ecco, testimoni di misericordia attraverso l’esercizio del perdono: e soprattutto nelle relazioni familiari è necessario ritrovare questo gusto, questa consapevolezza della bontà del perdono. Non anche qui come facile soluzione, ma piuttosto come forza di un amore che è più grande del male.
 
Vi è poi una seconda maniera attraverso la quale si esercita e si testimonia la misericordia, ed è la considerazione del misero: misericordia evoca miseria, miseria e povertà, povertà materiale. E qui non possiamo non continuare a ricordare le persone che vivono quella povertà, che è la mancanza di lavoro, la perdita del lavoro, la difficoltà a rimanere nel lavoro, la precarietà nel lavoro, la disoccupazione.
 
Continuiamo a ricordare, ad aver presente questo dramma della nostra convivenza civile, così marcatamente segnata da un benessere che era il frutto del nostro lavoro, e quindi abbiamo attenzione costante a coloro che in maniera più evidente sono esposti a questa povertà. E l’altra povertà che vorrei evocare è quella dell’immigrazione, e particolarmente di quella immigrazione che in questi mesi sta toccando il nostro Paese, attraverso coloro che in gran parte riteniamo siano profughi in cerca di rifugio.
 
E debbo dirvi che proprio con coscienza umana e cristiana non potremo alimentare una contrapposizione tra poveri. Alimentare una contrapposizione tra coloro che vivono una situazione di precarietà e altri che vivono situazioni di altre precarietà: dobbiamo insieme manifestare la misericordia, attraverso un’attenzione agli uni e agli altri. Miseria, e anche tribolazione: e certamente in questi mesi la tribolazione che appare ai nostri occhi più evidente è quella delle guerre diffuse, in parti del mondo che sono sempre più vicine a noi e che interessano in maniera sempre più forte il nostro Paese.
 
Ma non pensiamo soltanto alle guerre, pensiamo appunto ai popoli attraversati da questo dramma. Alcuni fra i più anziani ricordano la nostra guerra, gran parte di noi non l’ha vissuta: se qualcuno però ha avuto solo occasione di vedere la guerra o le conseguenze della guerra da vicino, oltre a uno schermo televisivo, sa che non c’è niente di paragonabile a quello che avviene in una guerra.
 
Tribolazioni... Certamente le guerre, ma come dimenticare guerre a volte quotidiane che avvengono all’interno delle famiglie? Altrettanto drammatiche, meno imponenti, ma non meno coinvolgenti, anzi... E vogliamo appunto evocare la necessità di una misericordia che si eserciti a partire da quelle situazioni tribolate che molte famiglie attraversano, e quella tribolazione che è la malattia. E quindi quelle risposte della scienza, dell’organizzazione che il nostro Paese si è dato e che noi vogliamo continuare a sperare possa darci per tutti, perché a fronte della malattia e di tutte le sofferenze e di tutte le tribolazioni che la malattia comporta ci siano risposte sempre ad alto livello ed adeguate.
 
Miseria e debolezza, debolezza e insignificanza: è emarginazione non contare nulla, è incapacità, quando ci si ritrova incapaci, inadeguati; è dipendenza. E vorrei ricordare qui l’esercizio della misericordia, della misericordia che veramente fa vivere, che restituisce vita nei confronti delle persone più anziane, che sperimentano concretamente e a volte in maniera sofferta la loro debolezza.
 
E infine certamente – l’abbiamo ricordato – la miseria più grande è quella del peccato, bisogna riconoscerlo: questa perdita di familiarità, di confidenza con Dio ci introduce in oscurità, smarrimenti, durezze, e alla fine in morte.
 
Ecco, cari fratelli e sorelle, testimoni di misericordia, di quell’amore misericordioso che è di Dio narrato nella storia di Gesù nei confronti delle miserie che ho evocato e di quelle che non ho evocato. La misericordia non è una teoria, la misericordia è sempre pratica perché ha a che fare concretamente col volto di un uomo: si può predicare misericordia, ma nel momento in cui si esercita misericordia non si ha di fronte una società senza volto, ma si ha di fronte l’uomo con il suo concreto volto, la donna con il suo concreto volto, le loro storie. Allora anche qui non contrapponiamo giustizia e misericordia: la giustizia è necessaria, ma nello stesso tempo tanto più ne comprendiamo la necessità tanto più ne comprendiamo l’insufficienza.
 
Dobbiamo perseguire la giustizia con un animo più grande della giustizia, un animo misericordioso aperto alla salvezza, al riscatto, alla speranza. La giustizia ci garantisce ma noi abbiamo bisogno di qualcosa di più di una garanzia, abbiamo bisogno di una speranza che abbracci tutta la nostra esistenza e vada addirittura oltre i confini della nostra esistenza.
 
Cari fratelli e sorelle, vorrei concludere ricordando grandi figure, testimoni di misericordia. Il 22 agosto del 1914, cento anni fa, moriva il vescovo Radini Tedeschi. Eravamo all’inizio di un secolo, eravamo all’inizio della guerra mondiale: era un vescovo che ha segnato profondamente la vita della nostra diocesi con il suo magistero, con il suo coraggio, con la sua misericordia, una misericordia capace di tradursi in esercizio di una giustizia sociale come quella che lui ha incarnato nella vicenda che tutti conosciamo dello sciopero di Ranica.
 
Papa Giovanni, suo segretario di allora, ha imparato molto da questa figura. Lo dichiarava lo stesso Angelo Roncalli: è stato il suo maestro, e da lui ha imparato quell’esercizio di misericordia che nell’omelia della canonizzazione Papa Francesco ricordava di lui e di Giovanni Paolo II: hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, questa è misericordia; di toccare le sue mani piegate e il suo costato trafitto; non hanno avuto vergogna della carne di Cristo e della carne di coloro che sono piegati come Cristo. Sono stati due uomini coraggiosi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, pieni del coraggio dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza al mondo e alla chiesa della bontà di Dio e della sua misericordia.
 
Cari fratelli e sorelle, la suprema testimonianza di Alessandro ci spinga su queste strade, le strade della misericordia che noi vogliamo testimoniare credendo nella misericordia di Dio e diventandone segni nella storia dell’umanità.
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La Liturgia di Sabato 25 Agosto 2018

24/8/2018

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25.8.2018 - Sabato della XX settimana del Tempo Ordinario
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta

O Dio, che hai preparato beni invisibili 
per coloro che ti amano, 
infondi in noi la dolcezza del tuo amore, 
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, 
otteniamo i beni da te promessi, 
che superano ogni desiderio. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ez 43,1-7)
La gloria del Signore entrò nel tempio.

Dal libro del profeta Ezechièle

[Quell’uomo] mi condusse verso la porta che guarda a oriente ed ecco che la gloria del Dio d’Israele giungeva dalla via orientale e il suo rumore era come il rumore delle grandi acque e la terra risplendeva della sua gloria. 
La visione che io vidi era simile a quella che avevo visto quando andai per distruggere la città e simile a quella che avevo visto presso il fiume Chebar. Io caddi con la faccia a terra. La gloria del Signore entrò nel tempio per la porta che guarda a oriente.
Lo spirito mi prese e mi condusse nel cortile interno: ecco, la gloria del Signore riempiva il tempio. Mentre quell’uomo stava in piedi accanto a me, sentii che qualcuno entro il tempio mi parlava e mi diceva: «Figlio dell’uomo, questo è il luogo del mio trono e il luogo dove posano i miei piedi, dove io abiterò in mezzo ai figli d’Israele, per sempre».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 84)
Rit: La gloria del Signore abiti la nostra terra.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra. 

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo. 

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

VANGELO (Mt 23,1-12) 
Dicono e non fanno. 
​
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. 
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Parola del Signore

Commento
La vicinanza alle cose di Dio può dare smalto e lustro. Bene, d'accordo, ci può stare. E anche all'interno della comunità possiamo ricoprire incarichi che vengono riconosciuti, che suscitano rispetto e, a volte, finanche ammirazione. D'accordo. E il retaggio della storia italiana, così visceralmente innervata di cristianesimo, fa sì che abbiamo ancora rispetto per le autorità, soprattutto quelle ecclesiastiche (resto sempre stupito nel vedere quanto rispetto ci sia verso un Vescovo, chiunque esso sia). Ma il rischio di rendere vano il Vangelo diventando come i religiosi descritti nel Vangelo di oggi, ahimè, è sempre presente. Un pericolo costante da cui guardarsi bene, per cui fare discernimento. Anche se solo siamo catechisti o educatori, anche solo se intorno a noi sanno che siamo dei cristiani, dobbiamo vigilare su noi stessi per non essere divorati dal demone dell'apparenza, quello che ci fa mettere in vista rispetto agli altri, tutti attenti a non sfigurare, anche davanti a Dio. Dio chiede autenticità, sempre, costi quel che costi. Preferisce il figlio ribelle ma sincero a quello fintamente devoto. Ricordiamocelo.

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Nella Diocesi di Bergamo
BEATO ALESSANDRO DORDI, SACERDOTE E MARTIRE
Memoria fac.

Don Alessandro Dordi (noto anche come padre Sandro Dordi Negroni; l’ultimo è il cognome della madre) è stato un sacerdote diocesano di Bergamo, appartenente alla Comunità Missionaria del Paradiso. Immediatamente dopo l’ordinazione sacerdotale, venne inviato nel Polesine, poi in Svizzera come cappellano degli emigranti italiani e, dal 1980, in Perù. S’impegnò a fondo nella pastorale familiare e nella promozione umana, che riteneva fosse l’antidoto ai movimenti guerriglieri che imperversavano nel Paese. Cadde vittima di un attentato da parte di alcuni militanti di Sendero Luminoso, un movimento armato maoista, il 25 agosto 1991. Aveva sessant’anni ed era sacerdote da trentasette. La sua causa di beatificazione si è svolta nella diocesi di Chimbote dal 9 agosto 1996 al 25 agosto 2002, unita a quella dei padri Francescani conventuali Michał Tomaszek e Zbigniew Strzałkowski, uccisi sedici giorni prima di lui. Il decreto che sancisce ufficialmente il loro martirio in odio alla fede cattolica è stato promulgato il 3 febbraio 2015, mentre la beatificazione si è svolta il 5 dicembre 2015 a Chimbote. I resti mortali di don Alessandro riposano nel cimitero adiacente alla chiesa parrocchiale di Santa Maria Nascente a Gromo San Marino, il suo paese d’origine.

​Colletta
O Padre, 
che ti compiaci di rivelare il tuo Figlio ai piccoli 
e mai abbandoni il tuo popolo, 
concedi a noi tuoi fedeli il coraggio apostolico 
che sostenne il beato Alessandro, sacerdote, 
nel donare la propria vita per il Vangelo 
fino alla prova suprema dell’effusione del sangue. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
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a sera
​MESSA PREFESTIVA della
XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
ANNO B - RITO ROMANO
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a sera
nella Diocesi di Bergamo
SANT’ALESSANDRO, MARTIRE ​
​Patrono della città e Diocesi di Bergamo
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La Liturgia di Venerdi 24 Agosto 2018

23/8/2018

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24.8.2018 - SAN BARTOLOMEO
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Grado della Celebrazione: Festa
Colore liturgico: Rosso

I vangeli sinottici lo chiamano Bartolomeo, e in quello di Giovanni è indicato come Natanaele. Due nomi comunemente intesi il primo come patronimico (BarTalmai, figlio di Talmai, del valoroso) e il secondo come nome personale, col significato di “dono di Dio”.
Da Giovanni conosciamo la storia della sua adesione a Gesù, che non è immediata come altre. Di Gesù gli parla con entusiasmo Filippo, suo compaesano di Betsaida: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth". Basta questo nome – Nazareth – a rovinare tutto. La risposta di Bartolomeo arriva inzuppata in un radicale pessimismo: "Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?". L’uomo della Betsaida imprenditoriale, col suo “mare di Galilea” e le aziende della pesca, davvero non spera nulla da quel paese di montanari rissosi.
Ma Filippo replica ai suoi pregiudizi col breve invito a conoscere prima di sentenziare: "Vieni e vedi". Ed ecco che si vedono: Gesù e Natanaele-Bartolomeo, che si sente dire: "Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità". Spiazzato da questa fiducia, lui sa soltanto chiedere a Gesù come fa a conoscerlo. E la risposta ("Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico") produce una sua inattesa e debordante manifestazione di fede: "Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!". Quest’uomo diffidente è in realtà pronto all’adesione più entusiastica, tanto che Gesù comincia un po’ a orientarlo: "Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico credi? Vedrai cose maggiori di questa".
Troviamo poi Bartolomeo scelto da Gesù con altri undici discepoli per farne i suoi inviati, gli Apostoli. Poi gli Atti lo elencano a Gerusalemme con gli altri, "assidui e concordi nella preghiera". E anche per Bartolomeo (come per Andrea, Tommaso, Matteo, Simone lo Zelota, Giuda Taddeo, Filippo e Mattia) dopo questa citazione cala il silenzio dei testi canonici.
Ne parlano le leggende, storicamente inattendibili. Alcune lo dicono missionario in India e in Armenia, dove avrebbe convertito anche il re, subendo però un martirio tremendo: scuoiato vivo e decapitato. Queste leggende erano anche un modo di spiegare l’espandersi del cristianesimo in luoghi remoti, per opera di sconosciuti. A tante Chiese, poi, proclamarsi fondate da apostoli dava un’indubbia autorità. La leggenda di san Bartolomeo è ricordata anche nel Giudizio Universale della Sistina: il santo mostra la pelle di cui lo hanno “svestito” gli aguzzini, e nei lineamenti del viso, deformati dalla sofferenza, Michelangelo ha voluto darci il proprio autoritratto.


Colletta
Confermaci nella fede, o Padre, 
perché aderiamo a Cristo, tuo Figlio, 
con l’entusiasmo sincero di san Bartolomeo apostolo, 
e per sua intercessione 
fa’ che la tua Chiesa si riveli al mondo 
come sacramento di salvezza. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ap 21,9-14)
Sopra i basamenti sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Uno dei sette angeli mi parlò e disse: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello».
L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. 
È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. 
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 144)
Rit: I tuoi santi, Signore, dicono la gloria del tuo regno.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. 

Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni. 

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

VANGELO (Gv 1,45-51) 
Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità. 

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». 
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». 
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Parola del Signore

Commento
Oggi la Chiesa celebra la festa di uno degli apostoli, Bartolomeo, conosciuto anche come Natanaele. Un invito, nel cuore dell'estate, a ritrovare le radici dell'annuncio che abbiamo ricevuto.
Amo san Bartolomeo. Lo confesso pubblicamente, ad imperitura memoria. E amo la logica del Maestro Gesù, che vuole accanto a sé persone improbabili come Pietro, Matteo, Natanaele... e me. Non sappiamo molto di lui ma ciò che sappiamo ci basta. L'incontro col Signore lo racconta Giovanni nel suo Vangelo. Un incontro fatto di diffidenza e di stupore. Filippo raggiunge Natanaele che riposa sotto il fico, l'albero sotto cui si medita la Scrittura, secondo i rabbini, perché il fico, come la Parola di Dio, riempie di dolcezza il palato (e l'anima). È curioso il fatto che sia Filippo, il cui nome tradisce ascendenze pagane, a conoscere l'ultraconservatore Natanaele il quale, evidentemente, non deve essere una persona così fanatica... Appena viene a sapere che il Messia è Gesù di Nazareth obietta. Nazareth è l'unico paese di Israele che gode di un singolare privilegio: non viene mai citato dalla Scrittura, cosa mai può venire di buon da un paese così? Gesù lo raggiunge e nota la sua onestà: è uno senza peli sulla lingua, una persona zelante. Potrebbe notare che è un pettegolo, invece sottolinea il positivo. E lo conquista. Solo quando vediamo il positivo possiamo fare dei discepoli!
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