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La Liturgia di Domenica 11 Febbraio 2018

9/2/2018

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VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
Grado della Celebrazione: Domenica
Colore liturgico: Verde
COMMENTO AL VANGELO
PURIFICATI

Ci sono delle esperienze o delle situazioni che ci isolano dagli altri, che ci fanno piombare in un non richiesto gruppo speciale, condannato ad essere marginalizzato. Come quando perdiamo una persona cara, come quando il dolore fisico irrompe nella nostra vita, come quando un fallimento affettivo resetta la nostra vita.
Allora ci sentiamo estranei alla vita e la gente ci sfugge.
Di cosa parlare? Con chi? Chi vuole accanto a sé qualcuno che è stato azzannato dal demone della sofferenza?
In quel caso, a volte, ci si avvicina a Dio. Solo a volte: più spesso nel dolore e nella solitudine la fede la si perde, altro che storie.
Il lebbroso di oggi ne sa qualcosa.

Lebbroso! Lebbroso!
È una malattia della povertà, la lebbra. Devastante, inarrestabile, immonda, che ti consuma facendoti marcire. Anche Israele, come tutte le civiltà del passato, aveva capito bene la gravità della malattia e del contagio e imposto ai lebbrosi di stare alla larga dai centri abitati, di gridare la propria condizione in caso di incontro con un'altra persona.
Una malattia appesantita dal senso di colpa che tutti riversavano sull'ammalato. La lebbra era la più terribile delle punizioni di Dio. Nessuna pietà per i lebbrosi, nessuna pena, solo fastidio e paura nei loro confronti.
Una malattia che isola, un cancro dell'anima.
Il breve racconto di oggi è un gioiello di sfumature.
Il lebbroso ha fiducia in Gesù, si avvicina a lui con confidenza, con cautela, con umiltà. È l'unico caso, nel vangelo di Marco in cui un ammalato si presenta da solo.
E non chiede la guarigione, ma la purificazione.
In lui è più forte il desiderio del riscatto sociale che del tornare sano. Così per noi: ciò che uccide è la solitudine, non il male fisico. Gesù ha compassione, diversamente da tutti gli altri.
Sente il patire del lebbroso. E lo tocca.

Il nostro Dio
I devoti del tempo (e di oggi) dividevano la realtà in due categorie: nella luce e nella purezza c'era Dio e tutti i bravi ragazzi, far cui loro, ovviamente. Dall'altra parte la tenebra, l'impurità e tutti gli altri.
Che Dio tocchi un lebbroso è fuori da ogni immaginazione. Una provocazione infinita.
Eppure è questa la grande novità, la conversione da accogliere, la follia già espressa nel battesimo, quando il Figlio si è messo in fila con i peccatori.
Dio si sporca le mani. E non è mai il buio che entra in una stanza, ma la luce che esce dalla finestra a rischiarare la notte. E così accade: il puro contagia l'impuro e lo guarisce.
Da ogni male, da ogni solitudine, da ogni peccato, da ogni impurità siamo guariti.
Ma.

Fastidio
Il tono cambia improvvisamente.
Gesù sembra essere un'altra persona: si scalda, ammonisce e intima, è evidentemente infastidito. Deve tacere, il lebbroso, star zitto, andarsene, farsi visitare dai sacerdoti per essere riammesso nella comunità, come previsto dalla Legge che Gesù non ignora né snobba.
Ma il lebbroso disubbidisce, esagera, sbraca. Al punto che Gesù non può più entrare in una città.
Dalla compassione alla rabbia, che cosa è successo?

Guru
Gesù chiede al lebbroso guarito il silenzio.
Non vuole passare come un guaritore, come un santone, come un guru.
Come può invitare la gente ad ascoltare la sua Parola e la novità del Regno se la folla lo cerca solo per risolvere i proprio problemi? Come potrà gestire la folla che chiede a Dio guarigione e non certo conversione? Come potrà far capire alle persone il senso profondo della vita se questi pensano già di conoscerlo e chiedono a Dio, eventualmente, di adeguarsi?
Allora come oggi è questo il dilemma che attanaglia Dio: provare compassione, certo, e intervenire, ma senza diventare il Dio fantoccio che portiamo nel cuore, il Dio a nostro servizio.

Testimoni
Leggendo questa pagina, mi è venuto in mente padre Damiano de Veuster che nel 1873 sbarcava a Molokai, vicino alle Hawaii, un'isola in cui venivano rinchiusi i lebbrosi (seicento!), isola in cui la violenza e la depravazione erano seconde solo all'inumanità della malattia.
Padre Damiano morì a Molokai, facendo rinascere la dignità dei lebbrosi, dando loro fede, speranza, feste, un cimitero, il canto (!), affetto, Cristo.
Costretto a confessarsi urlando i propri peccati ad un confratello che li ascoltava da una barca, guardato con fastidio dai suoi superiori che lo consideravano un eccentrico, padre Damiano morirà di lebbra dopo aver trascorso sedici anni a restituire dignità ai lebbrosi di Molokai.
Sulle pagine della stampa internazionale, dopo la sua morte, finirà un osceno articolo di un polemista inglese, che insinuava l'idea che la lebbra padre Damiano l'avesse contratta con rapporti sessuali, facendo diventare un truce personaggio il santo dei lebbrosi.
Letto l'articolo, dal suo letto di malattia (aveva la tubercolosi), il grande scrittore Stevenson, di fede anglicana, (L'isola del tesoro, Dottor Jekill e mister Hyde) inviò una lettera aperta a tutti i quotidiani inglesi dicendo che chi oltraggiava la memoria di padre Damiano "era rimasto immerso ingloriosamente nel suo benessere, seduto nella sua bella camera (...) mentre padre Damiano, coronato di glorie e di orrori, lavorava e marciva in quel porcile, sotto le scogliere di Kalawao".
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
O Dio, che hai promesso di essere presente  
in coloro che ti amano  
e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola,  
rendici degni di diventare tua stabile dimora.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...  

oppure:  
Colletta
Risanaci, o Padre, dal peccato che ci divide,  
e dalle discriminazioni che ci avviliscono;  
aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso  
l’immagine del Cristo sanguinante sulla croce,  
per collaborare all’opera della redenzione  
e narrare ai fratelli la tua misericordia.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Lv 13,1-2.45-46)
Il lebbroso se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento.

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: 
«Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.
Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. 
Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 31)
Rit: Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia.

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.    

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia! 

SECONDA LETTURA (1Cor 10,31-11,1) 
Diventate miei imitatori come io lo sono di Cristo. 

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio. 
Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.
Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.

VANGELO (Mc 1,40-45) 
La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Preghiera dei fedeli
Il Signore nostro Gesù Cristo ha preso su di sé le nostre sofferenze per farci partecipare alla sua risurrezione. Consapevoli di questo suo dono, rivolgiamo a lui il grido della nostra preghiera. 
Preghiamo insieme e diciamo: Risanaci, o Signore!

1. Per la Chiesa e i suoi pastori: manifestino nel loro ministero la presenza di Gesù che si china sui malati e condivide il loro dolore, preghiamo.
2. Per i nostri malati: sappiamo vedere in loro i nostri fratelli che soffrono, cercando di essere loro vicini con amore e sacrificio, preghiamo.
3. Per le autorità politiche ed economiche: si impegnino a combattere le gravi malattie che ancora oggi non hanno sufficienti cure, soprattutto nei luoghi più poveri del mondo, preghiamo.
4. Per i malati di AIDS e per tutte le malattie che, come la lebbra, allontanano le persone: perché la lotta contro il male superi i pregiudizi e le nostre paure, preghiamo.
5. Per la nostra comunità cristiana: guardi con rispetto e serva con delicatezza i malati, gli handicappati, gli anziani, riconoscendo che le loro sofferenze unite a Cristo sono offerte per la nostra salvezza, preghiamo. 

Signore, che hai toccato la mano del lebbroso e l'hai risanato, tocca anche i nostri cuori, liberali dall'egoismo e dall'indifferenza che ci spinge a chiudere gli occhi di fronte al male presente nel mondo. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
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La Liturgia di Sabato 10 Febbraio 2018

9/2/2018

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10.2.2018 - Santa Scolastica
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco

Scolastica ci è nota dai “Dialoghi” di san Gregorio Magno. Vergine Saggia, antepose la carità e la pura contemplazione alle semplici regole e istituzioni umane, come manifestò nell’ultimo colloquio con il suo fratello s. Benedetto, quando con la forza della preghiera “poté di più, perché amò di più”. (Mess. Rom.)

Colletta
Santifica la tua famiglia, Signore,  
per l’intercessione e l’esempio di santa Scolastica,  
e concedi a noi di amarti  
e servirti con purità di cuore,  
per sperimentare la gioia della tua amicizia.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (1Re 12,26-32; 13,33-34)
Geroboàmo preparò due vitelli d’oro: ne collocò uno a Betel e l’altro lo mise a Dan.

In quei giorni, Geroboàmo, [re d’Israele], pensò: «In questa situazione il regno potrà tornare alla casa di Davide. Se questo popolo continuerà a salire a Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio del Signore, il cuore di questo popolo si rivolgerà verso il suo signore, verso Roboàmo, re di Giuda; mi uccideranno e ritorneranno da Roboàmo, re di Giuda». 
Consigliatosi, il re preparò due vitelli d’oro e disse al popolo: «Siete già saliti troppe volte a Gerusalemme! Ecco, Israele, i tuoi dèi che ti hanno fatto salire dalla terra d’Egitto». Ne collocò uno a Betel e l’altro lo mise a Dan. Questo fatto portò al peccato; il popolo, infatti, andava sino a Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli.
Egli edificò templi sulle alture e costituì sacerdoti, presi da tutto il popolo, i quali non erano discendenti di Levi. Geroboàmo istituì una festa nell’ottavo mese, il quindici del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì all’altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretto, e a Betel stabilì sacerdoti dei templi da lui eretti sulle alture.
Geroboàmo non abbandonò la sua via cattiva. Egli continuò a prendere da tutto il popolo i sacerdoti delle alture e a chiunque lo desiderava conferiva l’incarico e quegli diveniva sacerdote delle alture. Tale condotta costituì, per la casa di Geroboàmo, il peccato che ne provocò la distruzione e lo sterminio dalla faccia della terra.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 105)
Rit: Ricòrdati di noi, Signore, per amore del tuo popolo.

Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie. 

Si fabbricarono un vitello sull’Oreb,
si prostrarono a una statua di metallo;
scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia erba. 

Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
meraviglie nella terra di Cam,
cose terribili presso il Mar Rosso.

VANGELO (Mc 8,1-10) 
Mangiarono a sazietà. 

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». 
Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». 
Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. 
Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò. 
Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

Commento
Ha compassione della folla, il Signore. Ha compassione di noi uomini, sa bene che la vita è un cammino impegnativo, sa bene che, lontani da lui, possiamo mancare per strada, perdere il sentiero, smarrire la direzione giusta. E allora ci offre un pane per il cammino, un nutrimento per tornare alle nostre case, al luogo del ristoro, alla meta ultima. Un pane del cammino che si moltiplica a partire da ciò che i discepoli mettono a disposizione. Il Signore amplifica la nostra generosità, il pane del cammino altro non è che il nostro pane condiviso e, perciò, moltiplicato. Siamo noi discepoli a sfamare la folla, a permettere ad ogni uomo di camminare verso casa. Ma ad una condizione: mettere in gioco tutto quello che siamo, fino alla fine, fino all'ultimo respiro. Sono sette i pani dei discepoli, sette: il numero della perfezione. Guai a noi se mettiamo in gioco la nostra fede solo a metà, guai a noi se, davanti alla folla affamata, scarichiamo le responsabilità su Dio. A noi è chiesto di sfamare le folle di cui Dio ha compassione. E non abbiamo di che temere: una volta condiviso il pane, ne avanzeremo sette sporte: ciò che avremo interamente donato ci sarà restituito cento volte tanto.
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a sera
MESSA PREFESTIVA della
VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
ANNO B - RITO ROMANO
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La Liturgia di Venerdi 09 Febbraio 2018

8/2/2018

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9.2.2018 - Venerdì della V settimana del Tempo Ordinario 
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta

Custodisci sempre con paterna bontà  
la tua famiglia, Signore,  
e poiché unico fondamento della nostra speranza  
è la grazia che viene da te,  
aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro...

PRIMA LETTURA (1Re 11,29-32; 12,19)
Israele si ribellò alla casa di Davide.

In quel tempo Geroboàmo, uscito da Gerusalemme, incontrò per strada il profeta Achìa di Silo, che era coperto con un mantello nuovo; erano loro due soli, in campagna. Achìa afferrò il mantello nuovo che indossava e lo lacerò in dodici pezzi. 
Quindi disse a Geroboàmo: «Prenditi dieci pezzi, poiché dice il Signore, Dio d’Israele: “Ecco, strapperò il regno dalla mano di Salomone e ne darò a te dieci tribù. A lui rimarrà una tribù a causa di Davide, mio servo, e a causa di Gerusalemme, la città che ho scelto fra tutte le tribù d’Israele”».
Israele si ribellò alla casa di Davide fino ad oggi.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 80)
Rit: Sono io il Signore, tuo Dio: ascolta popolo mio.

Ascolta, popolo mio, non ci sia in mezzo a te un dio estraneo
e non prostrarti a un dio straniero.
Sono io il Signore, tuo Dio,
che ti ha fatto salire dal paese d’Egitto. 

Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito:
l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore.
Seguano pure i loro progetti! 

Se il mio popolo mi ascoltasse!
Se Israele camminasse per le mie vie!
Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari volgerei la mia mano.

VANGELO (Mc 7,31-37) 
Fa udire i sordi e fa parlare i muti. 

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Commento
Fa bene ogni cosa, il Signore Gesù, allora come oggi. Fa parlare i muti e udire i sordi. Noi, sordi ai richiami di Dio, storditi dalle troppe informazioni che abbiamo, travolti dagli impegni, dalle chiacchiere televisive, dai comizi, dagli opinionisti. E resi muti in un mondo che non sa ascoltare e che ci fa diventare delle fotocopie, che ci obbliga a schierarci da una parte o da un'altra, sempre in conflitto, sempre in affanno. Ci libera le orecchie, il Signore Gesù, ci permette di ascoltare la Parola come mai l'abbiamo ascoltata, senza cantilene, senza insopportabili prediche, senza paroloni incomprensibili. E ci permette di parlare, di dire, di raccontare le grandi opere che egli compie in ciascuno di noi. Incontrarlo ci apre ad una dimensione nuova, conoscerlo ci spalanca la mente e gli orizzonti. Sì: fa bene ogni cosa il Signore, ci cambia prospettiva. Senza clamore, senza sbandierare ai quattro venti la nostra fede, senza fare gli ossessi. Fa bene ogni cosa, il Signore: ci spalanca ad una visione di fede, tutto acquista senso, tutto assume una coloritura diversa. Fa bene ogni cosa, il Signore, ancora oggi, se lo lasciamo fare.
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La Liturgia di Giovedi 08 Febbraio 2018

7/2/2018

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8.2.2018 - Giovedì della V settimana del Tempo Ordinario
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta
Custodisci sempre con paterna bontà  
la tua famiglia, Signore,  
e poiché unico fondamento della nostra speranza  
è la grazia che viene da te,  
aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro...

PRIMA LETTURA (1Re 11,4-13)
Poiché non hai osservato la mia alleanza ti strapperò via il regno; ma una tribù la darò a tuo figlio, per amore di Davide.

Quando Salomone fu vecchio, le sue donne gli fecero deviare il cuore per seguire altri dèi e il suo cuore non restò integro con il Signore, suo Dio, come il cuore di Davide, suo padre. Salomone seguì Astarte, dea di quelli di Sidòne, e Milcom, obbrobrio degli Ammoniti. Salomone commise il male agli occhi del Signore e non seguì pienamente il Signore come Davide, suo padre.
Salomone costruì un’altura per Camos, obbrobrio dei Moabiti, sul monte che è di fronte a Gerusalemme, e anche per Moloc, obbrobrio degli Ammoniti. Allo stesso modo fece per tutte le sue donne straniere, che offrivano incenso e sacrifici ai loro dèi.
Il Signore, perciò, si sdegnò con Salomone, perché aveva deviato il suo cuore dal Signore, Dio d’Israele, che gli era apparso due volte e gli aveva comandato di non seguire altri dèi, ma Salomone non osservò quanto gli aveva comandato il Signore. Allora disse a Salomone: «Poiché ti sei comportato così e non hai osservato la mia alleanza né le leggi che ti avevo dato, ti strapperò via il regno e lo consegnerò a un tuo servo. Tuttavia non lo farò durante la tua vita, per amore di Davide, tuo padre; lo strapperò dalla mano di tuo figlio. Ma non gli strapperò tutto il regno; una tribù la darò a tuo figlio, per amore di Davide, mio servo, e per amore di Gerusalemme, che ho scelto».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 105)
Rit: Ricòrdati di noi, Signore, per amore del tuo popolo.

Beati coloro che osservano il diritto
e agiscono con giustizia in ogni tempo.
Ricòrdati di me, Signore, per amore del tuo popolo,
visitami con la tua salvezza. 

I nostri padri si mescolarono con le genti
e impararono ad agire come loro.
Servirono i loro idoli
e questi furono per loro un tranello. 

Immolarono i loro figli
e le loro figlie ai falsi dèi.
L’ira del Signore si accese contro il suo popolo
ed egli ebbe in orrore la sua eredità.

VANGELO (Mc 7,24-30) 
I cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli. 

In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. 
Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. 
Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia». 
Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.

Commento
Un brano difficile, quello di oggi, che lascia sconcertati e che ha fatto fare salti mortali ai commentatori che volevano stemperare l'apparente brutta figura di Gesù. La domanda va posta: Gesù è un maleducato razzista? Attenti a leggere nel profondo questo brano. Proviamo a vedere la reazione della donna: si avvicina e chiede un miracolo. Gli importa davvero di Gesù? Professa la sua fede? No. Vuole un miracolo, e basta, alla donna non interessa chi sia Gesù, può essere un guaritore, un Harry Potter della situazione, non è discepola. E Gesù la provoca. Vorrei che qualche insegnante, qualche pedagogo, qualche psicologo approfondisse la tecnica di colloquio di Gesù che in certi momenti provoca, spinge, spezza, vuole il di più. Vedete come la tratta? Le dice: "Bella faccia che hai! Di me non ti importa, non mi riconosci come Maestro, vuoi solo un miracolo. Lascia che mi occupi prima di chi veramente crede in me!" Proprio come quando anche noi ci rivolgiamo a Dio solo nel momento del bisogno. Dio ci risponde: "Carino, l'amico: ti disinteressi di me e ora mi vieni a chiedere un favore? Bella faccia, complimenti!" Gesù è duro perché ama, provoca perché vuole davvero portare alla fede questa donna pagana. E noi, come avremmo reagito? Voi, non lo so. Io, da parte mia, me ne sarei andato via offeso: "Bel profeta!" Invece no, Gesù è riuscito nell'intento, la donna reagisce, si guarda dentro, analizza il suo atteggiamento, capisce. Dice: "Hai ragione, sono un cane, che faccia che ho! Hai ragione, Signore, ma dammi almeno le briciole". E il Signore sorride: ora la donna è pronta a credere, e l'esaudisce. 

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Oggi nella Diocesi di Bergamo
SAN GIROLAMO EMILIANI
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco

Girolamo nacque a Venezia nel 1486. Convertitosi dopo una giovinezza dissipata, si dedicò con ardore al servizio dei poveri, degli infermi e dei fanciulli abbandonati, interessandosi anche alla riabilitazione morale delle mondane. Fondò la Società dei Servi dei Poveri (Somaschi). Morì a Somasca nel febbraio del 1537 del morbo contratto servendo gli appestati. Fu proclamato beato da Benedetto XIV il 22 settembre 1747 e canonizzato da Clemente XIII il 12 ottobre 1767. Il suo corpo riposa a Somasca, nella basilica a lui intitolata, dove è meta di numerosi pellegrinaggi.

Liturgia delle Ore
Dal Comune dei santi (della carità) con salmodia del giorno dal salterio.

Orazione
O Dio, che in san Girolamo Emiliani, sostegno e padre degli orfani, hai dato alla Chiesa un segno della tua predilezione ver­so i piccoli e i poveri, donaci di vivere nello spirito di adozio­ne per il quale ci chiamiamo e siamo realmente tuoi figli. Per il nostro Signore.

Liturgia della parola
- PRIMA LETTURA (Dal libro del profeta Isaìa 58, 6-11)
   Se offrirai il pane all’affamato, brillerà fra le tenebre la tua luce.
- SALMO RESPONSORIALE (Dal Salmo 102)
   Rit. Il nostro Dio è grande nell’amore.
- VANGELO (Dal vangelo secondo Matteo 19, 13-21)
   furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse

Commento
Questo brano sull'accoglienza dei bambini illumina ulteriormente il brano precedente sull'indissolubilità del matrimonio.
Per entrare nel regno dei cieli bisogna diventare come bambini (Mt 18,3-4), ma i discepoli non l'hanno capito perché respingono i bambini con la stessa incomprensione con cui altri ripudiano la propria sposa.
Solo Gesù può donare l'amore fedele e accogliente, ma per accoglierlo bisogna diventare piccoli, entrando nella logica della fede.
Nell'agire di Gesù si nota una dedizione diretta e immediata ai bambini. E' un aspetto caratteristico della sua attività. Sullo sfondo della posizione insignificante del bambino questo atteggiamento va visto come offerta di grazia a coloro che non hanno nulla e come una critica ai pregiudizi del mondo degli adulti.
Il bambino viene preso seriamente come interlocutore di Dio. L'essenza dell'essere bambini sta in questo: soltanto l'amore fornisce al bambino il criterio di misura di ciò che gli è vicino e di ciò che gli è estraneo. "Anche se gli si mostrasse una regina con il suo diadema, egli preferirebbe la sua mamma anche se fosse vestita di stracci" (san Giovanni Crisostomo). Coloro che sono diventati come bambini preferiscono il loro Signore umiliato e morto in croce a tutte le lusinghe del mondo.
I bambini si aprono con spontaneità alla benedizione di Dio che Gesù dona loro. Con ciò viene comunicata loro, già ora, una felicità sincera.
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La Liturgia di Mercoledi 07 Febbraio 2018

6/2/2018

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7.2.2018 - Mercoledì della V settimana del Tempo Ordinario
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta

Custodisci sempre con paterna bontà  
la tua famiglia, Signore,  
e poiché unico fondamento della nostra speranza  
è la grazia che viene da te,  
aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro...

PRIMA LETTURA (1Re 10,1-10)
La regina di Saba vide tutta la sapienza di Salomone.

In quei giorni, la regina di Saba, sentita la fama di Salomone, dovuta al nome del Signore, venne per metterlo alla prova con enigmi. Arrivò a Gerusalemme con un corteo molto numeroso, con cammelli carichi di aromi, d’oro in grande quantità e di pietre preziose. Si presentò a Salomone e gli parlò di tutto quello che aveva nel suo cuore. Salomone le chiarì tutto quanto ella gli diceva; non ci fu parola tanto nascosta al re che egli non potesse spiegarle. 
La regina di Saba, quando vide tutta la sapienza di Salomone, la reggia che egli aveva costruito, i cibi della sua tavola, il modo ordinato di sedere dei suoi servi, il servizio dei suoi domestici e le loro vesti, i suoi coppieri e gli olocausti che egli offriva nel tempio del Signore, rimase senza respiro. Quindi disse al re: «Era vero, dunque, quanto avevo sentito nel mio paese sul tuo conto e sulla tua sapienza! Io non credevo a quanto si diceva, finché non sono giunta qui e i miei occhi non hanno visto; ebbene non me n’era stata riferita neppure una metà! Quanto alla sapienza e alla prosperità, superi la fama che io ne ho udita. Beati i tuoi uomini e beati questi tuoi servi, che stanno sempre alla tua presenza e ascoltano la tua sapienza! Sia benedetto il Signore, tuo Dio, che si è compiaciuto di te così da collocarti sul trono d’Israele, perché il Signore ama Israele in eterno e ti ha stabilito re per esercitare il diritto e la giustizia». 
Ella diede al re centoventi talenti d’oro, aromi in gran quantità e pietre preziose. Non arrivarono più tanti aromi quanti ne aveva dati la regina di Saba al re Salomone.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 36)
Rit: La bocca del giusto medita la sapienza.

Affida al Signore la tua via,
confida in lui ed egli agirà:
farà brillare come luce la tua giustizia,
il tuo diritto come il mezzogiorno. 

La bocca del giusto medita la sapienza
e la sua lingua esprime il diritto;
la legge del suo Dio è nel suo cuore:
i suoi passi non vacilleranno. 

La salvezza dei giusti viene dal Signore:
nel tempo dell’angoscia è loro fortezza.
Il Signore li aiuta e li libera,
li libera dai malvagi e li salva,
perché in lui si sono rifugiati. 

VANGELO (Mc 7,14-23) 
Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. 

In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». 
Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. 
E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Commento
l vangelo di oggi è la continuazione del tema che abbiamo meditato ieri. Gesù aiuta la gente e i discepoli a capire meglio il significato della purezza davanti a Dio. Da secoli, i giudei, per non contrarre impurezza, osservavano molte norme e costumi legati al cibo, alle bevande, al vestito, all'igiene del corpo, al contatto con le persone di altre razze e religioni, ecc (Mc 7,3-4). A loro era proibito entrare in contatto con i pagani e mangiare con loro. Negli anni 70, epoca di Marco, alcuni giudei convertiti dicevano: "Ora che siamo cristiani dobbiamo abbandonare questi antichi costumi che ci separano dai pagani convertiti!" Ma altri pensavano che dovevano continuare l'osservanza di queste leggi della purezza (cf Col 2,16.20-22). L'atteggiamento di Gesù, descritto nel vangelo di oggi, ci aiuta a superare il problema.

- Marco 7,14-16: Gesù apre un nuovo cammino per fare avvicinare le persone a Dio. Lui dice alla moltitudine: "non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo" (Mc 7,15). Gesù rovescia le cose: ciò che è impuro non viene da fuori a dentro, come insegnavano i dottori della legge, ma da dentro a fuori. Cosi, mai nessuno ha bisogno di chiedersi se questo o quel cibo è puro o impuro. Gesù mette ciò che è puro e impuro su un altro livello, non sul livello del comportamento etico. Apre un nuovo cammino per giungere fino a Dio, e così realizza il disegno più profondo della gente.

- Marco 7,17-23: In casa, i discepoli chiedono una spiegazione. I discepoli non capivano bene ciò che Gesù voleva dire con quella affermazione. Quando arrivano a casa, chiedono una spiegazione. La domanda dei discepoli sorprende Gesù. Pensava che avessero capito la parabola. Nella spiegazione ai discepoli va fino in fondo alla questione della purezza. Dichiara puri tutti gli alimenti! Ossia, nessun alimento che da fuori entra nell'essere umano può farlo diventare impuro, perché non va fino al cuore, ma fino allo stomaco e termina nella fossa. Ma ciò che fa diventare impuri, dice Gesù, è ciò che da dentro del cuore esce per avvelenare la relazione umana. Ed elenca: prostituzione, assassinio, adulterio, ambizione, furto, ecc. Così, in molti modi, per mezzo della parola, della convivenza, della sua vicinanza, Gesù aiuta le persone a raggiungere la purezza in un altro modo. Per mezzo della parola purificava i lebbrosi (Mc 1,40-44), scacciava gli spiriti immondi (Mc 1,26.39; 3,15.22 ecc) e vinceva la morte che era fonte di tutte le impurità. Ma grazie a Gesù che la tocca, la donna esclusa e considerata impura è guarita (Mc 5,25-34). Senza paura di contaminarsi, Gesù mangia insieme alle persone considerate impure (Mc 2,15-17).

- Le leggi della purezza al tempo di Gesù. La gente di quell'epoca si preoccupa molto della purezza. Le leggi e le norme della purezza indicavano le condizioni necessarie per poter mettersi davanti a Dio e sentirsi bene alla sua presenza. Non ci si poteva mettere davanti a Dio in qualsiasi modo. Perché Dio è santo. La Legge diceva: "Siate santi, perché io sono santo!" (Lv 19,2). Chi non era puro non poteva arrivare vicino a Dio per ricevere la benedizione promessa ad Abramo. Le legge di ciò che è puro e impuro (Lv 11 a 16) fu scritta dopo la schiavitù in Babilonia, verso l'800 dopo l'Esodo, ma aveva le sue radici nella mentalità e nei costumi antichi della gente della Bibbia. Una visione religiosa e mitica del mondo portava la gente ad apprezzare le cose, le persone e gli animali, partendo dalla categoria della purezza (Gn 7,2; Dt 14,13-21; Nm 12,10-15; Dt 24,8-9).
Nel contesto della dominazione persa, secoli V e IV prima di Cristo, davanti alle difficoltà per ricostruire il tempio di Gerusalemme e per la sopravvivenza del clero, i sacerdoti che stavano governando la gente della Bibbia aumentarono le leggi relative alla povertà e l'obbligo di offrire sacrifici di purificazione dal peccato. Così, dopo il parto (Lv 12,1-8), la mestruazione (Lv 15,19-24) la guarigione di un'emorragia (Lv 15,25-30), le donne dovevano offrire sacrifici per recuperare la purezza. Persone lebbrose (Lv 13) o che entravano in contatto con cose e animali impuri (Lv 5,1-13) anche loro dovevano offrire sacrifici. Una parte di queste offerte rimaneva per i sacerdoti (Lv 5,13).
Al tempo di Gesù, toccare un lebbroso, mangiare con un pubblicano, mangiare senza lavarsi le mani, e tante altre attività, ecc. tutto questo rendeva impura la persona, e qualsiasi contatto con questa persona contaminava gli altri. Per questo, bisognava evitare le persone "impure". La gente viveva intimorita, sempre minacciata da tante cose impure che minacciavano la vita. Si vedeva obbligata a vivere sfiduciata di tutto e di tutti. Ora, improvvisamente, tutto cambia! Mediante la fede in Gesù, era possibile avere la purezza e sentirsi bene dinanzi a Dio senza che fosse necessario osservare tutte quelle leggi e quelle norme della "Tradizione degli Antichi". Fu una liberazione! La Buona Novella annunciata da Gesù libera la gente dalla paura, dallo stare sempre sulla difensiva, e gli restituisce la voglia di vivere, la gioia e la felicità di essere figlio e figlia di Dio!
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La Liturgia di Martedi 06 Febbraio 2018

5/2/2018

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6.2.2018 - San Paolo Miki e compagni
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Rosso

Colletta
O Dio, forza dei martiri,  
che hai chiamato alla gloria eterna  
san Paolo Miki e i suoi compagni  
attraverso il martirio della croce,  
concedi anche a noi per loro intercessione  
di testimoniare in vita e in morte  
la fede del nostro Battesimo.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (1Re 8,22-23.27-30)
Tu hai detto, Signore: «Lì porrò il mio nome!». Ascolta la supplica del tuo popolo Israele.

In quei giorni, Salomone si pose davanti all’altare del Signore, di fronte a tutta l’assemblea d’Israele e, stese le mani verso il cielo, disse: 
«Signore, Dio d’Israele, non c’è un Dio come te, né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! Tu mantieni l’alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il loro cuore.
Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito! 
Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, Signore, mio Dio, per ascoltare il grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalza davanti a te! Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: “Lì porrò il mio nome!”. Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo.
Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali nel luogo della tua dimora, in cielo; ascolta e perdona!».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 83)
Rit: Quanto sono amabili, Signore, le tue dimore!

L’anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente. 

Anche il passero trova una casa
e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari, Signore degli eserciti,
mio re e mio Dio. 

Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.
Guarda, o Dio, colui che è il nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato. 

Sì, è meglio un giorno nei tuoi atri
che mille nella mia casa;
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende dei malvagi.

VANGELO (Mc 7,1-13) 
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini. 

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. 
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». 
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». 
E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

Commento
Ipocriti, cioè mascherati, dice Gesù ai farisei di ieri e di oggi che filtrano il moscerino e ingoiano il cammello. Ed è proprio l'ipocrisia a snervare il Maestro, molto più di altri atteggiamenti. E in particolare, l'ipocrisia delle persone religiose, di coloro che pensano di essere abbastanza a posto con Dio, e che, dall'alto delle loro fragili sicurezze, si mettono a sindacare sulla fede degli altri. Un vangelo che calza a pennello in questi giorni di carnevale, giorni in cui indossiamo la maschera per giocare ad essere ciò che non siamo. O, peggio, a indossare una maschera diversa da quella che abitualmente indossiamo. È così faticoso essere se stessi! Faticoso mostrarsi agli altri per come siamo, senza paura, senza falsità. Tutti da noi si aspettano delle cose e allora, per essere accolti, spesso ci atteggiamo e ci sforziamo di piacere agli altri, facendo finta di essere buone mogli, buoni mariti, buoni genitori, buoni figli, buoni amici... ma chi siamo, veramente? Davanti a Dio non abbiamo bisogno di fare come i farisei: è inutile atteggiarci, sforzarci di apparire come non siamo. Almeno Dio ci accoglie per come siamo, anzi, è lui che ci svela a noi stessi!
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Oggi nella Diocesi di Bergamo
BEATO FRANCESCO SPINELLI, sacerdote 
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Grado della Celebrazione: Memoria facoltativa   
                                                          
(Memoria obbligatoria a Rivolta d'Adda)
Colore liturgico: Bianco

Francesco Spinelli nacque a Milano il 14 aprile 1853, fu ordinato sacerdote nel 1875 a Bergamo do­ve, nel 1882, fondò l’Istituto delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento. Gravi prove, vissute con fede eroica e indiscussa obbedienza, lo costrinsero a lascia­re Bergamo. Accolto a Rivolta d’Adda dalle sue Suore con l’approvazione del Vescovo di Cremona Mons. Geremia Bonomelli, poté continuare l’opera ini­ziata. Il suo carisma si può così sintetizzare: amore per l’Eucaristia e servizio al povero, icona di Cristo. Morì il 6 febbraio 1913. Fu proclamato beato da Giovanni Paolo II il 21 giugno 1992, nel santuario mariano di Caravaggio.

Liturgia delle Ore
Dal Comune di pastori con salmodia del giorno dal salterio.

Orazione
Dio d’infinita carità, che hai concesso al beato Francesco Spinelli sacerdote, di attingere in abbondanza dal sacrificio eucaristico un ardente amore verso i poveri e i sofferenti, fa’ che anche noi, per sua intercessione, diveniamo tuoi adoratori in spirito e verità, per avere come lui un cuore generoso, attento alle necessità dei fratelli. Per il nostro Signore.

Liturgia della parola
- PRIMA LETTURA
   Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (4,1-2.5-7)
- SALMO RESPONSORIALE (Sal 22)
   Rit. Il nostro Dio è grande nell’amore.
- VANGELO
   Dal vangelo secondo Marco (1,14-20)

Commento
E' tempo di ripartire da Dio. E' tempo di guardarci dentro, di fare il punto della situazione, di lasciar emergere da dentro la nostra parte più autentica. Ecco: questo è conversione. Conversione, quindi, come momento di autenticità, come rientrare in sé stessi per accorgerci di una notizia che non abbiamo percepito, di una buona notizia. Gesù è venuto a portarci questa bella notizia, questo "vangelo": il Regno è vicino, ci è vicino. La più bella notizia che possiamo sentirci dire è proprio questa: la felicità è vicina, ci è a portata di mano, è afferrabile; di più: la felicità ci viene incontro. Questo Dio, che in Gesù si rivela, ci viene proprio a comunicare l'inimmaginabile: la nostra realizzazione si compie pienamente solo in lui e lui desidera nel profondo la nostra felicità. Ci pensate? Dio e io vogliamo la stessa cosa. Solo che lui sa in cosa consista la mia felicità; io, a tentoni, ne colgo qualche sfumatura senza poterla afferrare. Se ci fidessimo di questa Parola! Quante cose cambierebbero nella nostra vita! Quanto più tempo, quante più energie, quante più risorse investiremmo nell'interiorità! Occorre davvero ripartire da Dio. Occorre davvero andare o riandare all'essenziale. Ecco cos'è la conversione: accorgerci di ciò che sta accadendo, aprirci a ciò che il Signore può e vuole fare di noi. Il regno è vicino, ma noi, spesso, siamo lontani. Presi, imbrigliati dall'inessenziale, ci scordiamo di vivere. Gesù ancora proclama la notizia: Dio ti ama. Gesù, ancora ci dice: svegliati! Convertiti! Ma non ti accorgi di quanto sei amato? Perché continui ad attingere acqua sporca da cisterne screpolate quando hai a disposizione una sorgente di acqua fresca? La prima conversione da fare, mi ripeto, è quella di abbandonare i nostri pregiudizi su Dio. Lasciarli perdere, abbandonarli. Con un cuore fresco e vergine accogliere la notizia come se per la prima volta l'accogliessimo, come se, stupiti, per la prima volta l'ascoltassimo. Così fanno gli apostoli. Lasciano le reti, metafora di tutto ciò che ci ingabbia, che ci blocca, per seguire, subito, Gesù. E' così Dio: prendere o lasciare, come domenica scorsa ci raccontavano Giovanni e Andrea; occorre andare a vedere. Capiamo allora la bellissima frase di Agostino: "Ho paura che il Signore passi senza che io me ne accorga". Ma se, desti, convertiti, percepiamo il Vangelo, allora lasciamo tutto e investiamo, rischiamo per seguire Gesù. 
Converti i nostri cuori, Signore Gesù: il Regno ci si è fatto vicino!
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La Liturgia di Lunedi 5 Febbraio 2018

4/2/2018

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5.2.2018 - Sant'Agata
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Rosso

Nacque nei primi decenni del III secolo a Catania in una ricca e nobile famiglia di fede cristiana. Verso i 15 anni volle consacrarsi a Dio. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l'occasione di vederla, se ne invaghì, e in forza dell'editto di persecuzione dell'imperatore Decio, l'accusò di vilipendio della religione di Stato, quindi ordinò che la portassero al Palazzo pretorio. I tentativi di seduzione da parte del proconsole non ebbero alcun risultato. Furioso, l'uomo imbastì un processo contro di lei. Interrogata e torturata Agata resisteva nella sua fede: Quinziano al colmo del furore le fece anche strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie. Ma la giovane, dopo una visione, fu guarita. Fu ordinato allora che venisse bruciata, ma un forte terremoto evitò l'esecuzione. Il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella, dove morì qualche ora dopo. Era il 251.

Colletta
Donaci, Signore, la tua misericordia,  
per intercessione di sant’Agata,  
che risplende nella Chiesa  
per la gloria della verginità e del martirio.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (1Re 8,1-7.9-13)
Introdussero l’arca dell’alleanza nel Santo dei Santi e la nube riempì il tempio del Signore.

In quei giorni, Salomone convocò presso di sé in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele, tutti i capitribù, i prìncipi dei casati degli Israeliti, per fare salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion. Si radunarono presso il re Salomone tutti gli Israeliti nel mese di Etanìm, cioè il settimo mese, durante la festa. 
Quando furono giunti tutti gli anziani d’Israele, i sacerdoti sollevarono l’arca e fecero salire l’arca del Signore, con la tenda del convegno e con tutti gli oggetti sacri che erano nella tenda; li facevano salire i sacerdoti e i levìti. Il re Salomone e tutta la comunità d’Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti all’arca pecore e giovenchi, che non si potevano contare né si potevano calcolare per la quantità. 
I sacerdoti introdussero l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini, cioè, proteggevano l’arca e le sue stanghe dall’alto. Nell’arca non c’era nulla se non le due tavole di pietra, che vi aveva deposto Mosè sull’Oreb, dove il Signore aveva concluso l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dalla terra d’Egitto.
Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore. Allora Salomone disse:
«Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura.
Ho voluto costruirti una casa eccelsa,
un luogo per la tua dimora in eterno».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 131)
Rit: Sorgi, Signore, tu e l’arca della tua potenza.

Ecco, abbiamo saputo che era in Èfrata,
l’abbiamo trovata nei campi di Iàar.
Entriamo nella sua dimora,
prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi. 

Sorgi, Signore, verso il luogo del tuo riposo,
tu e l’arca della tua potenza.
I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia
ed esultino i tuoi fedeli.
Per amore di Davide, tuo servo,
non respingere il volto del tuo consacrato.

VANGELO (Mc 6,53-56) 
Quanti lo toccavano venivano salvati. 

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. 
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. 
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

Commento
Lo conoscono tutti, ormai, nei pressi del lago. Volano le parole, e mentre viaggiano si ingrossano. Gesù ha cercato di tenere nascosti i prodigi, ha ammonito severamente, rimproverato, intimato. Non è servito a nulla: la folla accorre da ogni luogo. Non c'è molta fede, nella loro corsa. Ma molto dolore e un po' di superstizione: non è un guaritore il profeta di Nazareth? A loro poco importa dei suoi discorsi su Dio e il Regno, ascoltano, purché alla fine qualcuno guarisca. E Gesù accetta, gestisce questa difficile situazione, cerca di far maturare la loro poca fede, cerca di far capire che quei gesti, quei miracoli sono la manifestazione del Regno che avanza, che cresce giorno per giorno. No, non capisce la folla, fatica a star dietro a questo curioso profeta. Poco importa: Gesù rischia, accetta, prova lo stesso. Non cerchiamo Gesù per i suoi prodigi, non pesiamo la nostra fede chiedendo miracoli impossibili. Se davvero abbiamo conosciuto la straordinarietà del suo amore, allora ci basta essere sfiorati dall'ombra del suo mantello. Iniziamo questa settimana ai piedi del Signore: sia lui a guarire nel profondo ognuno di noi...
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La Liturgia di Domenica 4 Febbraio 2018

2/2/2018

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V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
Grado della Celebrazione: Domenica
Colore liturgico: Verde
COMMENTO AL VANGELO
LA GIORNATA DEL MESSIA

È Marco ad accompagnare, quest'anno, la nostra riflessione.
È lui l primo ad avere scritto un Vangelo, probabilmente dietro la poderosa spinta di Pietro.
Ed ha iniziato, come ricorderete, parlandoci della prima guarigione operata da Gesù: un indemoniato all'interno della sinagoga. Per ricordare alla sua comunità, e a noi, che la prima guarigione che siamo chiamati ad operare si svolge all'interno della Chiesa.
Siamo chiamati a superare una visione demoniaca della fede che considera Gesù un avversario che non c'entra nulla con la nostra vita. Una fede fatta solo di conoscenza e non di esperienza.
Non è sufficiente stare nella sinagoga. Anzi.
Nella nuova logica di Dio è la casa il luogo dell'incontro.

In casa di Simone
Gesù esce dalla sinagoga ed entra nella casa di Simone dove guarisce sua suocera che si mette a servire di discepolo. Dalla sinagoga alla casa: è questo il movimento che sperimenterà la comunità cristiana, la contrapposizione che si crea con la nuova fede.
L'incontro con Dio non avviene più in un luogo sacro, pubblico e solenne in cui matura l'incomprensione ma nel luogo famigliare e intimo che accoglie.
E in questa casa Marco usa due verbi centrali: sorgere e servire.
La suocera di Pietro sorge, ormai guarita.
Un verbo che senz'altro fa riferimento alla resurrezione e insieme indica il cammino che deve compiere il discepolo durante l'assemblea che si fa in una casa: risorgere per mettersi a servizio.
Gesù è colui che fa risorgere, il discepolo è colui che si mette a servizio, dopo essere stato guarito. È la conversione che siamo chiamati ad operare: da una visione della fede "sacrale" ad una quotidiana, da una fede solo di culto ad una di azione e si servizio.
La missione nasce dalla consapevolezza di avere qualcosa da donare, la Chiesa è una comunità di guariti e riconciliati che sanno guarire e riconciliare.

Sulla soglia
Dopo la guarigione della suocera di Pietro, Marco di parla di un Gesù che esce anche di casa, sul cortile, fermandosi sulla soglia. D nuovo un luogo di confine.
È il passaggio che siamo chiamati a fare: dalla sinagoga alla casa che accoglie il Maestro.
Una casa da cui uscire per incontrare il mondo dolente sulla soglia.
Il movimento descritto da Marco è palpabile; sinagoga, casa, soglia.
Su questa soglia si concentra il ministero di Gesù e Marco usa l'iperbole: ora sono tutti gli ammalati e molti indemoniati a venire.
La soglia, il confine, diventa il luogo dell'incontro, il vero luogo dell'evangelizzazione.
Anche noi siamo chiamati ad uscire dalla visione della fede come di un rifugio sicuro per confrontarci col mondo reale.

Di notte
La giornata del Maestro, intensa e frenetica, non è finita: la scena è spostata di notte e Gesù esce a pregare.
La preghiera è il segreto di Gesù; è il prolungato e notturno colloquio col Padre che gli dona la forza di farsi carico di tutta la sofferenza che lo circonda, di affrontare le incomprensioni e le fatiche della sua vita apostolica. Anzi, più la situazione si ingarbuglia, più la sua fama cresce, più gli impegni si moltiplicano e più tempo Gesù dedica a questa preziosa attività.
Purtroppo, però (o per fortuna?) nulla sappiamo della sua segreta preghiera notturna, non un manuale, non un libretto di istruzioni. E allora naufraghiamo, un po' smarriti, un po' amareggiati. Intendiamoci, amici: chi ha una bella vita di preghiera smetta di leggere, non si turbi.
Ma chi, come me, fatica a pregare, si perde appena inizia a recitare una formula, abbia la pazienza di leggere.
La preghiera non è una lista di richieste a Dio, la preghiera non è uno sforzo che ci imponiamo al fine di dirci ancora discepoli, la preghiera non è necessariamente legata la desiderio e alle voglie... La preghiera, ci suggerisce Gesù, è un misterioso e intimo incontro con l'assoluto di Dio, è il silenzio che invade il cuore e ci dona la capacità di leggere la nostra vita e la storia.
All'inizio è difficile, certo: si ha l'impressione di parlare con un muro, ci si sente ridicoli.

Forzature
L'arrivo di Simone ribalta nuovamente la prospettiva, la sua richiesta è un vero e proprio rimprovero, ha una valenza assolutamente negativa.
Simone è scocciato: tutti stanno cercando il Maestro, per quale ragione si fa desiderare?
Gesù non raccoglie la provocazione e rilancia: andranno da un'altra parte.
Se è vero che tutti cercano Gesù, bisogna stare attenti a non chiudere l'orizzonte di riferimento di Dio. Gesù svela la missione che non si chiude a Cafarnao e allarga gli orizzonti.
Il rischio di Pietro e degli abitanti di Cafarnao, e il nostro è quello di possedere Dio per sé, dal chiuderlo nel recinto sacro.
Simone è chiamato a ridefinire la propria missione: non possediamo Dio, mai, non possiamo chiuderlo in un luogo. Egli appartiene al mondo, siamo noi a dover uscire!
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta
Custodisci sempre con paterna bontà  
la tua famiglia, Signore,  
e poiché unico fondamento della nostra speranza  
è la grazia che viene da te  
aiutaci sempre con la tua protezione.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...  

oppure:
Colletta  
O Dio, che nel tuo amore di Padre  
ti accosti alla sofferenza di tutti gli uomini  
e li unisci alla Pasqua del tuo Figlio,  
rendici puri e forti nelle prove,  
perché sull’esempio di Cristo  
impariamo a condividere con i fratelli il mistero del dolore,  
illuminati dalla speranza che ci salva.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Gb 7,1-4.6-7)
Notti di affanno mi sono state assegnate.

Giobbe parlò e disse: 
«L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario?
Come lo schiavo sospira l’ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
così a me sono toccati mesi d’illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”.
La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba.
I miei giorni scorrono più veloci d’una spola,
svaniscono senza un filo di speranza.
Ricòrdati che un soffio è la mia vita:
il mio occhio non rivedrà più il bene». 

SALMO RESPONSORIALE (Sal 146)
Rit: Risanaci, Signore, Dio della vita.

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.    

Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.

SECONDA LETTURA (1Cor 9,16-19.22-23) 
Guai a me se non annuncio il Vangelo. 

Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! 
Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo.
Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io.

VANGELO (Mc 1,29-39) 
Guarì molti che erano affetti da varie malattie. 

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Preghiera dei fedeli
Fratelli e sorelle, presentiamo a Dio le sofferenze dell'umanità intera. La nostra comunità si renda interprete del grido che si innalza da ogni parte della terra e chiede salvezza e sollievo per ogni uomo che è nel dolore. 
Preghiamo insieme e diciamo: Guarisci il nostro cuore, o Signore!

1. Per la Chiesa di Dio: sappia denunciare con coraggio le violenze e le situazioni di sofferenza dell'umanità, ed essere segno di speranza per tutti gli innocenti e le vittime del male, preghiamo.
2. Per coloro che per professione o per scelta di volontariato sono vicini a chi soffre: facciano loro lo stile di vicinanza e solidarietà del Signore Gesù, preghiamo.
3. Per tutti gli uomini, e per gli organismi internazionali: si trovino concordi nel combattere con ogni mezzo le cause profonde della povertà, delle violenze, degli odi e delle discriminazioni, preghiamo.
4. Per la nostra comunità cristiana: sia disponibile a sostenere le fatiche e i dolori degli anziani e dei malati, con una vicinanza sia spirituale che materiale, preghiamo.

Signore, tu ti sei fatto uomo e hai preso su di te le nostre infermità. Sii il nostro sostegno e la nostra forza nel momento del dolore e rendici sensibili alle sofferenze di tanti nostri fratelli. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
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La Liturgia di Sabato 03 Febbraio 2018

2/2/2018

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3.2.2018 - Sabato della IV settimana del Tempo Ordinario 
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta

Dio grande e misericordioso,  
concedi a noi tuoi fedeli  
di adorarti con tutta l’anima  
e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo.  
Egli è Dio, e vive e regna con te...

PRIMA LETTURA (1Re 3,4-13)
Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo.

In quei giorni, Salomone andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici, perché ivi sorgeva l’altura più grande. Su quell’altare Salomone offrì mille olocausti. 
A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». 
Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davide, mio padre, con grande amore, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un figlio che siede sul suo trono, come avviene oggi. Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». 
Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta la tua vita».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 118)
Rit: Insegnami, Signore, i tuoi decreti.

Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Osservando la tua parola.
Con tutto il mio cuore ti cerco:
non lasciarmi deviare dai tuoi comandi. 

Ripongo nel cuore la tua promessa
per non peccare contro di te.
Benedetto sei tu, Signore:
insegnami i tuoi decreti. 

Con le mie labbra ho raccontato
tutti i giudizi della tua bocca.
Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia,
più che in tutte le ricchezze.

VANGELO (Mc 6,30-34) 
Erano come pecore che non hanno pastore. 

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. 
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Commento
Stupisce sempre leggere la delicatezza e la premura di Gesù verso i suoi. Gesù si accorge se siamo stanchi, ci invita ad andare con lui, a riposarci alla sua presenza. Guai a noi, che abbiamo investito la nostra vita nell'annuncio del vangelo, se continuiamo a parlare del Signore senza frequentarlo, a servirlo senza dedicare del tempo alla riflessione e alla preghiera personale! Siamo come delle candele (piccoli lumini o grandi ceri: fate voi!) se non siamo accesi non possiamo far luce! Quanta tristezza riempie il mio cuore quando vedo preti (e laici impegnati) strattonati da ogni parte, correre come dei pazzi per tappare i buchi, senza più tempo né voglia di coltivare la propria interiorità, la propria umanità! Ma ciò che chiede per loro, il riposo che rinfranca e prepara alla missione, Gesù non lo vuole per sé. Vedendo le folle che lo hanno seguito, pur di cogliere una parola, pur di avere un incoraggiamento (e Dio solo sa quanti chilometri possiamo percorrere per ascoltare qualcuno che ci doni speranza!), Gesù sente compassione e ancora si mette ad insegnare come un pastore che pensa prima alle sue pecore che a se stesso…

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a sera
MESSA PREFESTIVA della
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
ANNO B - RITO ROMANO
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La Liturgia di Venerdi 02 Febbraio 2018

1/2/2018

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2.2.2018 - PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
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Grado della Celebrazione: Festa
Colore liturgico: Bianco

BENEDIZIONE DELLE CANDELE E PROCESSIONE  

Il Signore nostro Dio verrà con potenza,  
e illuminerà il suo popolo. Alleluia.  

Fratelli carissimi, sono passati quaranta giorni dalla solennità del Natale.  
Anche oggi la Chiesa è in festa, celebrando il giorno in cui Maria e Giuseppe presentarono Gesù al tempio.  
Con quel rito il Signore si assoggettava alle prescrizioni della legge antica, ma in realtà veniva incontro al suo popolo, che l’attendeva nella fede.  
Guidati dallo Spirito Santo, vennero nel tempio i santi vegliardi Simeone e Anna; illuminati dallo stesso Spirito riconobbero il Signore e pieni di gioia gli resero testimonianza.  
Anche noi qui riuniti dallo Spirito Santo andiamo incontro al Cristo nella casa di Dio, dove lo troveremo e lo riconosceremo nello spezzare il pane, nell’attesa che egli venga e si manifesti nella sua gloria.  

Dopo l’esortazione il sacerdote benedice le candele, dicendo a mani giunte la seguente orazione:  

Orazione
Preghiamo.  
O Dio, fonte e principio di ogni luce,  
che oggi hai rivelato al santo vecchio Simeone  
il Cristo, vera luce di tutte le genti,  
benedici + questi ceri  
e ascolta le preghiere del tuo popolo,  
che viene incontro a te  
con questi segni luminosi  
e con inni di lode;  
guidalo sulla via del bene,  
perché giunga alla luce che non ha fine.  
Per Cristo nostro Signore.  

oppure:
Orazione  
Preghiamo.  
O Dio, creatore e datore di verità e di luce,  
guarda noi tuoi fedeli riuniti nel tuo tempio  
e illuminati dalla luce di questi ceri,  
infondi nel nostro spirito  
lo splendore della tua santità,  
perché possiamo giungere felicemente  
alla pienezza della tua gloria.  
Per Cristo nostro Signore.

si prosegue dicendo:
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,  
guarda i tuoi fedeli riuniti  
nella festa della Presentazione al tempio  
del tuo unico Figlio fatto uomo,  
e concedi anche a noi di essere presentati a te  
pienamente rinnovati nello spirito.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ml 3,1-4)
Entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate.

Così dice il Signore Dio: 
«Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. 
Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. 
Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. 
Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani». 

oppure:
PRIMA LETTURA (Eb 2,14-18) 
Doveva rendersi in tutto simile ai fratelli. 

Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. 
Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.
Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 23)
Rit: Vieni, Signore, nel tuo tempio santo.

Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.

Chi è questo re della gloria?
Il Signore forte e valoroso,
il Signore valoroso in battaglia.

Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.

Chi è mai questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.

VANGELO (Lc 2,22-40) 
I miei occhi hanno visto la tua salvezza. 

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

oppure:
VANGELO Forma breve (Lc 2,22-32):
I miei occhi hanno visto la tua salvezza. 

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».

Commento
Quella di oggi una festa preziosa nella tradizione della vita consacrata: come Gesù è "presentato" al cospetto di Dio, così i religiosi vogliono consegnare la loro vita alla tenerezza di Dio e a servizio del Regno. 

​
Fa tenerezza immaginare la coppia di Nazareth incedere timidamente negli ampi spazi del ricostruito tempio, in mezzo ad un viavai di gente indaffarata, alle preghiere pronunciate ad alta voce, all'odore acre dell'incenso mischiato alla carne bruciata... Sono lì ad assolvere un gesto di obbedienza secondo la Legge mosaica: un'offerta da compiere per riscattare il primogenito, un rito che ricorda che la vita appartiene a Dio e a lui ne va riconosciuto il dono. Gesù obbedisce alla Legge, Dio si sottomette alle tradizioni degli uomini. Nell'obbedienza vuole cambiare le regole, nel solco della tradizione vuole ridare vitalità e senso ai gesti del suo popolo. Gesù è offerto al Padre, è donato da subito e quel gesto si ripeterà infinite volte nella sua luminosa vita. Gesù è e resta dono, diventa dono al Padre che ne fa dono all'umanità. E in questa logica del dono, oggi, desideriamo fortemente fare della nostra piccola vita un'offerta a Dio. Da lui l'abbiamo ricevuta, a lui vogliamo donarla: ciò che siamo sia utile alla realizzazione del Regno, ci aiuti a fare di ogni gesto, di ogni giorno, un atto consapevole di amore verso Dio e il suo progetto di salvezza... 
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