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01.08.2014 - Sant'Alfonso Maria de’ Liguori - Memoria - Rito Romano

31/7/2014

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01.08.2014 - Sant'Alfonso Maria de’ Liguori
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco 

Colletta
O Dio, che proponi alla tua Chiesa 
modelli sempre nuovi di vita cristiana, 
fa’ che imitiamo l’ardore apostolico 
del santo vescovo Alfonso Maria de’ Liguori 
nel servizio dei fratelli, 
per ricevere con lui 
il premio riservato ai tuoi servi fedeli. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Prima lettura
Ger 26,1-9
Tutto il popolo si radunò contro Geremìa nel tempio del Signore.

Salmo responsoriale
Sal 68
Rit. Nella tua grande bontà, rispondimi, o Dio.

Vangelo
Mt 13,54-58
Non è costui il figlio del falegname? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. 
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Preghiera dei fedeli
Perché il tempo dello svago e della distensione sia impiegato per recuperare anche le energie dello spirito e per rafforzare i vincoli di affetto e di amicizia. Preghiamo

Commento
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua

Ci sono persone che vengono chiamate a tenere conferenze, sono considerati grandi uomini e donne, politici di grande fama, ma capita spesso che in seno alla propria famiglia o ad un ristretto gruppo siano addirittura disprezzati, denigrati, talvolta persino odiati per le stesse cose che in altre circostanze li portano a ricevere consensi. Perché accade questo? Perché chi ci è vicino non sempre apprezza le nostre capacità? Perché una moglie o un marito non vedono le doti del coniuge, oppure un figlio quelle dei genitori o i papà e le mamme non sanno riconoscere gli aspetti positivi della propria prole? Credo che la risposta sia dentro di noi, nella nostra natura umana, nell'incapacità a saper apprezzare il bene quando lo abbiamo dinanzi, offuscati dalle piccole cose negative che ritroviamo in ciascuna persona. Chi ci vede dall'esterno riesce ad essere obiettivo e valutare l'aspetto complessivo, tralasciando dettagli che nella quotidianità assumono maggior rilevanza. Non è facile la convivenza, non è facile saper andare oltre certe piccolezze, non è facile far tacere la parte di noi che invidia l'altro. Quanti grandi uomini sono stati uccisi nel corpo o nell'anima da chi più era loro vicino, a partire da Gesù che fu ucciso per le sue idee e tradito da uno dei suoi apostoli, San Francesco odiato dal padre e considerato un pazzo dai suoi conterranei, Padre Pio che a lungo è stato osteggiato dalla stessa Chiesa nella quale era inserito.
Quanto si soffre di queste situazioni, essere capiti e ascoltati da tanti, ma non essere capiti ed ascoltati da quei pochi che vivono accanto a noi e che amiamo.
Quanti genitori si ritroveranno in questa situazione, con figli adolescenti pronti a far loro la guerra per delle piccolezze, incapaci di vedere il bene che un genitore vuole loro. Ma anche quanti figli apprezzati dai propri amici, trattati male in casa per un modo di vedere le cose più giovane e senz'altro diverso, ma quasi mai errato.
Quando ci odieranno, ci perseguiteranno, si scandalizzeranno per quello che facciamo, pensiamo che il bene, prima o poi, troverà un suo sfogo dal quale venir fuori e l'arma sarà sempre e comunque il dialogo, non la lite, l'amore e non l'odio o la vendetta. Se Padre Pio si fosse ribellato, se San Francesco avesse inveito, se Gesù avesse combattuto con la spada, non sarebbero stati grandi uomini capaci di illuminare il cammino di milioni di persone. Lottare per le proprie idee è giusto, ma bisogna farlo con amore, pazienza, serenità, come la goccia che pian piano scava nella roccia.
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31.07.2014 - SANT'IGNAZIO di LOYOLA - Memoria - Rito Romano

30/7/2014

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31.07.2014 - Sant’Ignazio di Loyola
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco

Colletta
O Dio, che a gloria del tuo nome 
hai suscitato nella Chiesa 
sant’Ignazio di Loyola, concedi anche a noi, 
con il suo aiuto e il suo esempio, 
di combattere la buona battaglia del Vangelo, 
per ricevere in cielo la corona dei santi. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ger 18,1-6)
Come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani

SALMO RESPONSORIALE (Sal 145)
Rit: Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe

VANGELO (Mt 13,47-53) 
Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là.

Preghiera dei fedeli
Per i direttori spirituali e i confessori: aiutino i fratelli a distinguere e a praticare le strade della perfezione. Preghiamo: 

Commento
La personalità di sant'Ignazio è molto ricca e complessa e io non ho la pretesa di presentarla. Voglio soltanto considerarne due aspetti: la grazia che egli aveva di trovare Dio in tutto e la ricerca perseverante della volontà di Dio, nella luce di Cristo. 
Ignazio ha avuto la grazia di vedere Dio in tutto; di contemplarlo nella creazione, nella storia, di trovarlo non soltanto nelle cerimonie religiose ma nelle azioni di ogni giorno e in ogni circostanza: dicono che egli si commuoveva fino alle lacrime davanti a un fiorellino, perché in esso vedeva la bellezza di Dio. E incoraggiava i suoi compagni a vedere in tutto la gloria di Dio, a trovare Dio in tutto, ad amare Dio in tutto. Trovare Dio in tutto è un segreto molto importante per la vita spirituale. Dio non è un essere solitario, che se ne sta in cielo: è un Dio presente in tutto, e non solo presente, ma che agisce in tutto, e sempre con il suo amore. 
La ricerca di Dio per sant'Ignazio era una realtà e non un sogno indistinto, non lo cercava con l'immaginazione e la sensibilità; voleva realmente trovarlo e per questo ricercava in tutto la volontà di Dio. Era un uomo riflessivo, che studiava, esaminava e cercava con pazienza la soluzione più giusta, Proprio come dice il Vangelo che leggiamo oggi: "Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa?", lui cercava la volontà di Dio e sapeva che la dobbiamo trovare nelle azioni che scegliamo di compiere. Se non scegliamo azioni in cui possiamo incontrare Dio, che possiamo compiere con lui e che corrispondono al suo desiderio, non troviamo veramente Dio e viviamo una spiritualità irreale, velleitaria. 
Ignazio confidava di poter trovare la volontà di Dio mediante la preghiera, nelle consolazioni e nelle desolazioni dello spirito. Quando si trattava di cose importanti egli rifletteva per settimane intere, pregava, offriva la Messa, per trovare quello che Dio voleva. Così la ricerca di Dio era molto concreta, e altrettanto concreto il suo vivere con Dio. 
E tutto ciò avveniva nella luce di Cristo. Egli aveva capito che non è possibile andare a Dio senza passare per Cristo, che in Gesù abbiamo il re dell'universo che ci insegna, anzi che è la via per giungere al Padre e che quindi la volontà di Dio si trova meditando la vita di Cristo, confrontando la sua vita con la nostra. Invece di proporci riflessioni sulla nostra vita, Ignazio ci fa riflettere sui misteri di Cristo: così avremo luce sulla volontà di Dio, una luce che ci arriva attraverso Cristo. 
Egli ebbe un desiderio ardente di conoscere Cristo intimamente, di amarlo, di servirlo per sempre con tutto se stesso. E ricevette la risposta del Padre a La Storta, in una visione che lo colmò di gioia: "Io voglio che tu mi serva". Servire il Padre e il Figlio, il Padre per mezzo del Figlio fu la felicità di sant'Ignazio, in un amore totale: trovare Dio e trovarlo nell'essere compagno di Cristo. 
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30.07.14 - Mercoledì della XVII settimana del Tempo Ordinario  - Anno pari - Rito Romano

29/7/2014

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30 Luglio 2014 - Mercoledì della XVII settimana del Tempo Ordinario
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta
O Dio, nostra forza e nostra speranza, 
senza di te nulla esiste di valido e di santo; 
effondi su di noi la tua misericordia 
perché, da te sorretti e guidati, 
usiamo saggiamente dei beni terreni 
nella continua ricerca dei beni eterni. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ger 15,10.16-21)
Perché il mio dolore è senza fine? «Se ritornerai, starai alla mia presenza»

SALMO RESPONSORIALE (Sal 58)
Rit: O Dio, tu sei il mio rifugio nel giorno della mia angoscia

VANGELO (Mt 13,44-46) 
Vende tutti i suoi averi e compra quel campo

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

Preghiera dei fedeli
Per coloro che hanno smarrito il dono della fede, perché guidati dallo Spirito, riscoprano il sigillo di Dio nel loro cuore. Preghiamo: 

Commento
La vita dei santi ci mostra in che modo essi abbiano vissuto la rivoluzionaria scoperta del tesoro del Vangelo. 
Sant’Antonio abbandona tutto, all’età di diciotto anni, per andare a vivere nel deserto; san Francesco d’Assisi prende alla lettera le parole che gli chiedono di non portare con sé, in cammino, né bisaccia né bastone; sant’Ignazio si converte alla lettura della vita dei santi nel suo ritiro forzato di Manresa; santa Teresa, alla fine della sua vita, dice: “Non mi pento di essermi donata all’amore”. 
Il tesoro nascosto nel terreno della nostra vita chiede non solo di essere scoperto, ma anche di essere anteposto a tutto quanto. Per scoprirlo occorre lo sguardo perseverante di un cercatore che non si fermi sulla via. Ma, una volta capito che proprio là si trova il lieto messaggio, capace di dare senso alla nostra esistenza e di portare la salvezza al mondo, esclamiamo con sant’Agostino: “A lungo ti ho cercata, bellezza nascosta, tardi ti ho trovata; io ti cercavo fuori di me, e tu eri in me!”. 
Saremo in grado oggi di dire al Signore che è il nostro tesoro? Diciamoglielo con tutto lo slancio di cui è capace il nostro cuore, donandoci a lui. Il tesoro non si nega a chi lo scopre, si lascia possedere per nascondersi poi di nuovo. Si dà a chi è pronto a perdere tutto pur di impossessarsene. Il solo modo per ottenerlo veramente è di darci a lui, dal momento che riconosciamo in lui il nostro Signore e il nostro Salvatore, Gesù Cristo. Questa perla di grande valore, che ha dato la propria vita per riscattarci dal potere del male, vuole farsi conquistare da noi in cambio della nostra fede e del nostro abbandono al suo amore, qualunque sia la nostra richiesta o il nostro modo di vita. Rivolgendoci a lui dicendo “Mio Signore e mio Dio”, noi possiamo possederlo e, insieme, farne dono agli altri. Questo tesoro, infatti, ha questa particolarità: per poterlo tenere, bisogna dividerlo con altri; esso si sottrae invece a chi vorrebbe privarne gli altri. L’“Amen” che oggi pronunceremo nel ricevere il Corpo di Cristo possa manifestare la nostra gratitudine e, insieme, il nostro desiderio di farne dono ai fratelli. 
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29.07.14 - Santa Marta - Memoria - Rito Romano

28/7/2014

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29 Luglio 2014 - Santa Marta
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco

Colletta
Dio onnipotente ed eterno, 
il tuo Figlio fu accolto come ospite a Betania 
nella casa di santa Marta, 
concedi anche a noi 
di esser pronti a servire Gesù nei fratelli, 
perché al termine della vita 
siamo accolti nella tua dimora. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (1Gv 4,7-16)
Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 33)
Rit: Gustate e vedete com’è buono il Signore.

VANGELO (Gv 11,19-27) 
Io credo che sei il Cristo, il Figlio di Dio. 

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 
Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 
Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 
Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Oppure (Lc 10,38-42)
Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose):

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. 
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Preghiera dei fedeli
- Perchè ogni battezzato viva le opere di misericordia come un dovere amoroso. Preghiamo: 
- Perchè il nostro atteggiamento umile e servizievole cementi l'unione in famiglia, fra amici, e in ogni occasione d'incontro. Preghiamo: 
- Perchè i cristiani imparino a dosare i tempi della loro giornata, riservandone la primizia alla lode del Signore. Preghiamo: 
- Per le madri di famiglia. 
- Per chi, nelle comunità, compie i servizi più umili. 

Commento
Marta, sorella di Maria, corse incontro a Gesù quando venne per risuscitare il fratello Lazzaro e professò la sua fede nel Cristo Signore: «Io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo» (Gv 11, 27). Accolse con premura nella sua casa di Betania il divino Maestro, che la esortò a unire al servizio di ospitalità l’ascolto della sua parola (Lc 10, 38-42; Gv 12, 1). 
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28.07.14 - Lunedì XVII settimana del Tempo Ordinario - Anno pari - Rito Romano

27/7/2014

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 28 Luglio 2014 - Lunedì della XVII settimana del Tempo Ordinario
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta
O Dio, nostra forza e nostra speranza, 
senza di te nulla esiste di valido e di santo; 
effondi su di noi la tua misericordia 
perché, da te sorretti e guidati, 
usiamo saggiamente dei beni terreni 
nella continua ricerca dei beni eterni. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ger 13,1-11)
Questo popolo diventerà come questa cintura, che non è più buona a nulla        
SALMO RESPONSORIALE (Dt 32,18-21)
Rit: Hai dimenticato Dio che ti ha generatoù

VANGELO (Mt 13,31-35) 
Il granello di senape diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».

Preghiera dei fedeli
Per i nostri fratelli che soffrono la solitudine, l'incomprensione e l'abbandono, perché non dimentichino mai di essere amati e protetti dal Signore, padre di tutti i viventi. Preghiamo: 

Commento
Le due parabole che Gesù ci fa ascoltare oggi hanno un tratto in comune: entrambe mettono in evidenza la potenza della vita divina in noi. 
Il regno di Dio è paragonabile ad un seme. Noi abbiamo ricevuto nel battesimo questa vita che fa di noi dei figli di Dio. Ciò che ci è stato dato in germe contiene già tutte le virtualità che appariranno a poco a poco nel corso della nostra vita. 
Nelle due parabole abbiamo una realtà nascosta: il seme è sprofondato nella terra, il lievito nella farina. Ciò simboleggia la natura segreta della vita che ci è stata data. L’averci Dio creati, nell’intimo del nostro essere, a sua somiglianza fa sì che siamo sprofondati e celati in lui, con Cristo. Realtà misteriosa la cui fecondità dipende dalla nostra risposta. 
Come la terra ha una parte nella crescita del seme, come la pasta si forma grazie all’azione del lievito, così noi dobbiamo offrire alla segreta presenza del regno in noi la cooperazione della nostra fede, della nostra speranza e della nostra carità. Allora la vita della grazia si sviluppa con una straordinaria potenza, come stanno a significare l’albero nella prima parabola e le tre misure di farina che fanno lievitare tutta la pasta nella seconda. La potenza dispiegata in questa crescita testimonia l’azione di Dio nei suoi doni. È lui che opera, e la sua azione tanto più si manifesta quanto più glielo consente la nostra generosità. Spuntano allora i frutti di questa crescita: ecco l’albero alto su cui vanno a fare il nido tutti gli uccelli, albero che è simbolo dell’apostolato del cristiano, ma anche, in modo più nascosto, nella comunione dei santi, dell’inestinguibile e misteriosa fecondità che Dio accorda ai suoi figli. Questi frutti non sono necessariamente noti agli uomini, nemmeno a colui cui sono stati concessi. Infatti sono della stessa natura del seme e non di rado sono anch’essi nascosti. Gli uccelli stessi non sanno a quale seme devono il loro rifugio, ma sono là e questo basta loro. Il Signore invece ci conosce, vede la nostra fede, il nostro desiderio di diventare santi, la nostra incapacità di riuscirci se non donandoci al fuoco inebriante del suo amore. Che questa Eucaristia possa nutrire in noi la vita divina, permettendo così all’albero della nostra grazia battesimale di crescere, per la gloria di Dio e la gioia dei nostri fratelli. 
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27.07.2014 - XVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - Anno A - Rito Romano

26/7/2014

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Trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi beni e la compra
di Padre Mariano Pellegrini

La prima lettura di questa domenica riporta la bella preghiera del re Salomone, il quale domanda a Dio non tanto ricchezza e benessere personale, ma la sapienza necessaria per ben governare il popolo d'Israele e per distinguere il bene e il male. Questa preghiera piacque molto al Signore che gli concesse un cuore saggio e intelligente come nessuno lo aveva avuto in precedenza.

Anche a noi è necessaria la sapienza per comprendere ciò che ci è necessario e per capire qual è la cosa più importante nella nostra vita, ovvero il raggiungimento della salvezza eterna. Gesù ci fa comprendere questa esigenza con le tre bellissime parabole del Vangelo di oggi. Le prime due, quella del tesoro nascosto e quella della perla preziosa, ci mostrano il valore inestimabile del Regno dei cieli, per avere il quale bisogna essere pronti a rinunciare a tutto, anche alle cose più care.

Nella prima parabola si narra di un uomo che per caso trova un tesoro in un campo. Pieno di gioia egli vende tutti i suoi averi, e poi compra quel campo. Così dovrebbe fare ogni cristiano: scoperto l'inestimabile tesoro della Vita eterna, egli non dovrebbe esitare a rinunciare a tutto pur di assicurarsi un bene così grande. Così fece san Francesco d'Assisi, il quale rinunciò alla ricca eredità paterna, rinunciò a un brillantefuturo di mercante e di cavaliere, e fece suo il tesoro nascosto della povertà accettata per il Regno dei cieli. Egli – diceva un suo biografo – era desideroso di povertà più di quanto un avaro poteva essere bramoso di ricchezze. 

A chi voleva seguirlo, san Francesco chiedeva come prima condizione la rinuncia a tutti i propri averi per diventare cavaliere di Madonna Povertà.

L'insegnamento della seconda parabola, quella della perla preziosa, è identico. Per avere questa perla bisogna vendere tutti i propri averi. È questo l'affare della vita, o meglio, della Vita eterna. I Santi sono stati quelli che hanno avuto questa sapienza e abilità nel riuscire in questo affare fondamentale. Tanti, purtroppo, si fanno ingannare dai beni e dai piaceri di questa vita terrena e non riescono ad acquistare la "perla preziosa" della salvezza e dell'eterna comunione con Dio.

Chiediamo anche noi il dono della sapienza, per distinguere ciò che è bene e ciò che è male, e per dare il giusto valore ad ogni cosa. L'importanza di questa scelta è messa in luce dalla terza parabola, quella della rete gettata in mare. Quando è piena, la rete viene portata a riva, e i pescatori «raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi» (Mt 13,48). Questo esempio descrive bene il Giudizio che ci sarà al termine della vita: «Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti» (Mt 13,49-50). La fede ci insegna che subito dopo la morte saremo giudicati e riceveremo la giusta retribuzione per come ci siamo comportati in questa vita. Se moriremo in peccato mortale, andremo eternamente all'inferno; se lasceremo questa vita in grazia di Dio, saremo salvi. Inoltre, se nonostante la salvezza ottenuta, avremo ancora da scontare dei peccati, andremo per un certo tempo in Purgatorio, per poi entrare purificati in Paradiso. Alla fine dei tempi ci sarà inoltre il Giudizio universale: tutti saranno di nuovo giudicati e questo secondo giudizio non farà che confermare il giudizio particolare sostenuto al termine della nostra vita. Dopo di che ci sarà la risurrezione della carne, e il corpo risorto si riunirà all'anima.

La vera sapienza ci fa vivere nell'attesa di questo giudizio. Lo stolto non ci pensa, ma ilprudente si prepara ogni giorno a questo esame decisivo per la sua eternità. Dobbiamo essere pronti a rinunciare a tutto ciò che possa mettere in pericolo il possesso di questa "perla preziosa". Pensiamo alla moltitudine di persone che per seguire Dio hanno abbandonato tutto, carriere, onori, ricchezze, e hanno riempito monasteri, conventi, seminari; o hanno sopportato gli insulti e il disprezzodel mondo, la povertà, la persecuzione e persino il martirio! Persone sapienti che hanno capito il senso profondo delle Beatitudini. Gesù non chiede poco per il raggiungimento del Regno, chiede tutto; ma è anche vero che non promette poco, promette tutto.

Per guarire da una grave malattia, tante volte l'uomo è disposto a sottoporsi a cure molto dispendiose, fino a perdere tutti i suoi averi. Se così è per salvaguardare la vita terrena, molto di più dovrà esserlo per la Vita eterna: rinunciare a tutto per avere il Tutto, ovvero Dio, la comunione con Lui, il Paradiso.

San Paolo, nella seconda lettura, ci fa comprendere che la nostra vocazione comune è quella di essere conformi all'immagine del Figlio di Dio, quella di partecipare alla natura divina. Questa è una grazia grandissima che, da sola, sorpassa di gran lunga tutti i beni che possiamo trovare su questa terra. Di fronte ad un bene così grande, noi non dobbiamo lasciarci ingannare dalle lusinghe di questo mondo; dobbiamo vivere di fede e fissare lo sguardo ai beni eterni che ci attendono nei Cieli. Anche se avremo da soffrire, ci servano di incoraggiamento le parole dell'Apostolo: «Tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8,28). Il soffrire passa, i meriti rimangono, e una grande ricompensa spetterà a tutti quelli che amano Dio.
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26.07.14 - Santi Gioacchino e Anna nonni di Gesù - Memoria - Rito Romano

25/7/2014

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26.07.2014 - Santi Gioacchino e Anna
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco 

"Facciamo l'elogio degli uomini illustri" dice il Siracide, ma sappiamo ben poco dei genitori di Maria: anche per loro si verifica la legge del segreto, del silenzio, del nascondimento che Dio ha applicato alla vita di Maria e alla maggior parte della vita storica di Gesù. I Vangeli apocrifi parlano delle loro difficoltà ed è logico pensare che certamente Dio li ha chiamati a partecipare al mistero di Gesù, di cui hanno preparato l'avvento; però ora rimane loro solo la gioia e la gloria di essere stati genitori della Madonna. E un incoraggiamento alla nostra fiducia: Dio è buono e nella storia dell'umanità, storia di peccato e di misericordia, ciò che resta alla fine è la gioia, è il positivo che egli ha costruito in noi. 
Gioacchino e Anna sono stati prescelti in un popolo eletto sì, ma di dura cervice, perché in questo popolo fiorisse Maria, meraviglioso fiore di santità, e da lei Gesù. E la piùgrande manifestazione dell'amore misericordioso di Dio. 
Diciamo al Signore la nostra riconoscenza e la nostra gioia: noi siamo coloro che hanno la beatitudine di vedere "quello che molti profeti e giusti hanno desiderato vedere". 
La parola definitiva di Dio è stata pronunciata in Cristo e noi possiamo contemplare il suo mistero, ancora nella fede, ma già compiuto in lui. 
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AUGURI A TUTTI I NONNI DEL MONDO, VIVI E DEFUNTI
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Colletta
Dio dei nostri padri, che ai santi Gioacchino e Anna 
hai dato il privilegio di avere come figlia 
Maria, madre del Signore, 
per loro intercessione concedi ai tuoi fedeli 
di godere i beni della salvezza eterna. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Prima lettura
Ger 7,1-11
Forse per voi è un covo di ladri questo tempio sul quale è invocato il mio nome?

Salmo responsoriale
Sal 83
Rit. Quanto sono amabili le tue dimore,Signore degli eserciti!

Vangelo
Mt 13,24-30
Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura.

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: 
«Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 
Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. 
E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”».

Preghiera dei fedeli
Perché tutti gli uomini sentano il bisogno di tempo e di silenzio, per dedicarli solamente a te. Preghiamo: 

Commento
La parabola della zizzania è il capolavoro della saggezza divina. Essa, in poche parole essenziali, descrive tutta la vita del regno di Dio sulla terra. Vita di ieri, di oggi, di domani. Se comprendiamo bene questa parabola, daremo verità non solo alla nostra vita, ma all'intero nostro apostolato. Sapremo come muoverci e come agire. Cercheremo di illustrare questa parabola attraverso alcune semplicissime verità.
Prima verità: il regno di Dio nasce seminando il buon seme della parola nel campo di Dio che è il cuore dell'uomo, che è il mondo, che è anche la sua Chiesa, che sono tutte le comunità esistenti, piccole e grandi. Il campo va sempre seminato con il buon seme della Parola. Se la seminagione viene omessa, il campo non è più di Dio. È delle erbacce e delle spine dei vizi e dei peccati, della trasgressione e delle opere cattive.
Seconda verità: nello stesso cuore, nello stesso campo, nella stessa Chiesa, in tutte le manifestazioni della sua vita, in ogni piccola o grande comunità, nei piccoli e nei grandi Ordini religiosi, nelle piccole e nelle grandi Congregazioni, in ogni gruppo, movimento, associazione, in ogni parrocchia e Diocesi, sempre sarà seminata la zizzania. Sempre questa troverà fertile vegetazione nel campo del Signore.
Terza verità: nessuno si illuda che la sua comunità, la sua parrocchia, la sua Diocesi, il suo ordine religioso, il suo movimento, la sua associazione, siano formati da soli santi, soli puri, soli innocenti, soli martiri, soli uomini e donne, ragazzi e ragazze di provata esemplarità morale. Vi è il bene e vi è il male, vi è il santo e vi è il peccatore, vi è il giusto e vi è il malvagio, lo spietato, il crudele, il senza cuore. Questa coabitazione durerà sino alla fine del mondo.
Quarta verità: nessuno pensi di trovare una pastorale di accoglienza del male nel campo di Dio. Il male rimane sempre male. Dal male al bene si passa per conversione, per fede nel Vangelo. Si passa estirpando dal proprio cuore la zizzania e lasciando lo spazio solo al buon seme della parola del Signore. Una pastorale che in qualche modo dovesse legalizzare il male, dargli diritto di cittadinanza sarebbe deleteria per la Parola. Parola e antiparola, Vangelo e antivangelo non sono la stessa cosa. Né si potrà mai camuffare l'antivangelo facendolo passare per Vangelo. Il bene va detto bene. Il male va detto male. La giustizia va proclamata giustizia, l'ingiustizia è ingiustizia.
Quinta regola: La separazione la farà il Signore al momento della morte e alla fine del mondo. Chi separerà il buon grano dalla zizzania saranno gli Angeli di Dio. Spetta a loro trasferire il buon grano nei granai del Padre, mentre assegnare il posto nel fuoco eterno alla zizzania. Cosa spetta ad ogni uomo, ai pastori, a quanti sono agricoltori di questo campo di Dio? A loro spetta di seminare il buon seme della Parola e della graziasempre. Ogni altra cosa appartiene a Dio. A Lui la si deve lasciare. Oggi sta succedendo una cosa molto triste: nel campo di Dio i seminatori del buon seme hanno cambiato bisaccia. Anziché indossare la bisaccia del buon seme, molti hanno indossato la bisaccia della zizzania. È questo il vero male che affligge la Chiesa di ogni tempo: i seminatori di buon seme che si trasformano in seminatori di zizzania.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci seminatori di buon seme.

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25.07.14 - SAN GIACOMO APOSTOLO - Festa - Rito Romano

24/7/2014

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25 Luglio 2014 - SAN GIACOMO
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Grado della Celebrazione: FESTA
Colore liturgico: Rosso

Colletta
Dio onnipotente ed eterno, 
tu hai voluto che san Giacomo, 
primo fra gli Apostoli, 
sacrificasse la vita per il Vangelo; 
per la sua gloriosa testimonianza 
conferma nella fede la tua Chiesa 
e sostienila sempre con la tua protezione. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (2Cor 4,7-15)
Portiamo nel nostro corpo la morte di Gesù.  

SALMO RESPONSORIALE (Sal 125)
Rit: Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.
  
VANGELO (Mt 20,20-28) 
Il mio calice, lo berrete. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Preghiera dei fedeli
Signore, hai mandato il tuo Figlio non a essere servito ma a servire: conforta quanti si dedicano gratuitamente, per tuo amore, all'assistenza dei malati e dei poveri. Preghiamo: 

Commento
La domanda della madre dei figli di Zebedeo che si prostra davanti a Gesù con i suoi due figli, Giacomo e Giovanni, riflette l’ambiguità con la quale il popolo e i discepoli, anche quelli che sono stati scelti - i Dodici -, capiscono Gesù, la sua persona e il suo messaggio, e cosa significa seguirlo. Essi chiedono un posto influente in politica, un potere nel mondo. La risposta di Gesù li forza ad un cambiamento radicale di prospettiva in rapporto con lui. Essi si dichiarano disposti a bere dal calice da cui lui stesso deve bere. Si tratta di un regno, quello che annuncia Gesù, che si trova completamente nelle mani del Padre e che si raggiunge con un cammino di dolore e di passione, non una qualsiasi passione o dolore, ma del dolore e della passione del Figlio, di Gesù. Per entrare in questo regno, nel regno del Padre, non è sufficiente bere dal calice ma bisogna bere dal calice di Cristo. 
Gli altri dieci non hanno un’opinione di Cristo diversa da quella della madre e dei figli di Zebedeo. Reagiscono con indignazione e gelosia. Tutti pretendono il primo posto al fianco di colui che sperano sia il futuro Re di Israele. La lezione che dà Gesù, riunendoli, approfondisce fino all’estremo il contenuto paradossale della sua azione liberatrice - incomprensibile per gli uomini, ineffabilmente luminosa vista secondo l’amore di Dio -: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”. Di qui nasce l’esigenza fondamentale per chi vuole essere suo discepolo: l’esigenza del servizio che va fino al dono della vita per il Maestro e per i fratelli. 
Giacomo, il figlio di Zebedeo, ha assimilato la lezione, rapidamente e in modo eroico. Fu il primo degli apostoli a bere dal calice del Signore. Il suo primo martire. 
Una venerabile tradizione della Chiesa di Compostella e delle altre diocesi della Spagna lo riconosce come il suo primo evangelizzatore. Attraverso l’esperienza di un apostolato intrepido - rendere testimonianza del Vangelo fisicamente fino al “Finis terrae” allora conosciuto -, egli seppe che cosa significa servire nel senso di Cristo. Per la Chiesa, e per i suoi membri più giovani, rimangono e rimarranno sempre il suo esempio affascinante e la sua intercessione. 
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24.07.14 - Giovedì XVI settimana del Tempo Ordinario - Anno pari - Rito Romano

23/7/2014

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24 Luglio 2014 - Giovedì della XVI settimana del Tempo Ordinario
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta
Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, 
e donaci i tesori della tua grazia, 
perché, ardenti di speranza, fede e carità, 
restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ger 2,1-3.7-8.12-13)
Ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne piene di crepe

SALMO RESPONSORIALE (Sal 35)
Rit: È in te, Signore, la sorgente della vita.

VANGELO (Mt 13,10-17) 
A voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 
Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».

Preghiera dei fedeli
Dio di misericordia, perdona coloro che pur avendo ricevuto la tua buona notizia non l'hanno accolta, perché vedano che la tua bontà è superiore al loro peccato. Preghiamo: 

Commento
Gesù parla in parabole, un linguaggio semplice ed enigmatico nello stesso tempo, perché non intende costringere nessuno, ma responsabilizzare le libertà. 
Gesù viene a rivelare il mistero di Dio e Dio è necessariamente sorprendente, poiché è “Altro” da noi e così può avvenire che lo si aspetti all’interno di uno spettacolo grandioso e impressionante. Invece Gesù, che è il Figlio, la sua immagine perfetta, appare in forma umiliata, come un seme, nascosto sotto terra. Siccome, però, è seme, porta in sé la forza della vita. 
Ora, Gesù ha trovato occhi che si chiudevano per non vedere e cuori che resistevano per non essere risanati. I misteri di Dio non attraggono coloro che chiedono soltanto buoni vantaggi terreni. 
Questo spiega quella frase così ostica alle orecchie di tanti ascoltatori di oggi: “A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. “Avere” o “non avere” non si riferiscono qui alle cose: non è questione di possesso o di povertà. Piuttosto è l’autodecisione della persona ad essere chiamata in questione. Chi “ha” apertura di cuore, avrà altro dono (al possesso dell’antica alleanza si aggiungerà la ricchezza della nuova); chi “non ha” questo cuore aperto alla trascendente sorpresa di Dio - (non è possibile che questo povero Gesù sia “Dio con noi”!) - perderà tutto. 
Oggi, come allora, se le nostre libertà si difendono da Dio - non gli permettono di essere diverso da noi, non gli concedono che i suoi misteri siano più alti dei nostri pensieri -, egli non le viola; se si aprono a lui egli le invade. 
Alla gratuità sovrabbondante della parola di Dio venuta in carne può realmente opporsi il rifiuto pregiudiziale dell’uomo che la vota alla nullità. 
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23.07.14 - SANTA BRIGIDA DI SVEZIA - Festa - Rito Romano

22/7/2014

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23 Luglio 2014 - SANTA BRIGIDA DI SVEZIA
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Grado della Celebrazione: FESTA
Colore liturgico: Bianco

Colletta
Signore, nostro Dio, che hai rivelato a santa Brigida 
la sapienza della croce nella contemplazione amorosa 
della passione del tuo Figlio, 
concedi a noi tuoi fedeli di esultare di gioia 
nella manifestazione gloriosa del Signore risorto. 
Egli è Dio, e vive e regna con te...

PRIMA LETTURA (Gal 2,19-20)
Non vivo più io, ma Cristo vive in me.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 33)
Rit: Benedirò il Signore in ogni tempo.

VANGELO (Gv 15,1-8) 
Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto. 

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Commento
Santa Brigida nacque in Svezia nel 1303. Sposata in giovane età, ebbe otto figli che educò con cura esemplare. Associata al Terz’Ordine di san Francesco, dopo la morte del marito, si diede a una vita più ascetica, pur rimanendo nel mondo. Fondò allora un ordine religioso e, messasi in cammino verso Roma, fu per tutti esempio di grande virtù. Intraprese pellegrinaggi a scopo di penitenza e scisse molte opere in cui narrò le esperienze mistiche da lei stessa vissute. Morì a Roma nel 1373.

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Nell'Antico Testamento è Dio che pianta la vigna. Tra Lui e la sua piantagione vi è solo una relazione di giustizia, che è tutta nella verità della vigna. La vigna è vigna vera, se produce buoni frutti. Ma è la vigna che deve produrli. Dio deve solo coglierli a suo tempo. Dio pianta, la vigna produce, il Signore raccoglie. La sua vigna però si è degenerata. Non produce frutti secondo la sua verità, la sua essenza più vera.

Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l'aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi. Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nella terra. Ha giurato ai miei orecchi il Signore degli eserciti: «Certo, molti palazzi diventeranno una desolazione, grandi e belli saranno senza abitanti». Poiché dieci iugeri di vigna produrranno solo un bat e un homer di seme produrrà un'efa. Guai a coloro che si alzano presto al mattino e vanno in cerca di bevande inebrianti e si attardano alla sera. Il vino li infiamma. Ci sono cetre e arpe, tamburelli e flauti e vino per i loro banchetti; ma non badano all'azione del Signore, non vedono l'opera delle sue mani. Perciò il mio popolo sarà deportato senza che neppure lo sospetti. I suoi grandi periranno di fame, il suo popolo sarà arso dalla sete. Pertanto gli inferi dilatano le loro fauci, spalancano senza misura la loro bocca. Vi precipitano dentro la nobiltà e il popolo, il tripudio e la gioia della città. L'uomo sarà piegato, il mortale sarà abbassato, gli occhi dei superbi si abbasseranno. Sarà esaltato il Signore degli eserciti nel giudizio e il Dio santo si mostrerà santo nella giustizia. Allora vi pascoleranno gli agnelli come nei loro prati, sulle rovine brucheranno i grassi capretti (Cfr. Is 5,1-30).

Con Gesù tutto cambia. Non vi sarà più tra Lui e la vigna un rapporto estrinseco di sola giustizia. Neanche vi sarà più una vigna. Vi sarà una sola vera vite e tutti dovranno essere tralci di questa vera vite. Come la natura divina è una e Padre, Figlio e Spirito Santo sono tralci di questa unica natura e producono frutti attingendo linfa e donandosi linfa l'uno all'altro, così dicasi di tutti i discepoli di Gesù. Essi sono un solo corpo, sono il corpo di Cristo, e in questo corpo tutti attingono la vita vera da Cristo e questa vita vera attinta si comunicano gli uni gli altri. È questo il grande mistero della comunione.
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