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La Liturgia di Domenica 28 Luglio 2019

26/7/2019

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XVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
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Colloquio intimo

La preghiera è un colloquio intimo, uno scambio di opinioni, una reciproca intesa. Non una lista della spesa, non un tentativo di corruzione, non una litania portafortuna. Concepiamo la preghiera come una serie di formule bene auguranti, ma la preghiera è fatta anzitutto di ascolto, l'ascolto di Dio.

Gesù ci svela il volto del Padre: è a lui che rivolgiamo la preghiera. Non a un despota capriccioso, non a un potente da convincere. Siamo diventati figli, ci ha detto san Paolo, Dio ci tratta come tratta il suo figlio beneamato. Un buon Padre sa di cosa ha bisogno il proprio figlio, non lo lascia penare. Molte delle nostre preghiere restano inascoltate perché sbagliano indirizzo del destinatario: non si rivolgono a un padre ma a un patrigno o a un antipatico tutore a cui chiedere qualcosa che, pensiamo, in realtà ci è dovuto. La splendida e unica preghiera che Gesù ci ha lasciato dovrebbe essere la preghiera sempre presente sulle nostre labbra, a cui attingere, preghiera piena di buon senso e di concretezza, di affetto e di gioia, di fiducia e di realismo, ci permette di rimettere al centro la nostra giornata. Come la vedova della parabola il Signore ci invita ad insistere. Gesù non entra nel merito: forse la questione sollevata dalla vedova è un litigio tra vicini e il giudice ha ben altro di cui occuparsi. Eppure, alla fine, cede. Gesù è sicuro di ciò che dice: se chiediamo otteniamo, se ci affidiamo siamo accolti in un caldo abbraccio dal Padre.

ESEGESI di Padre Michelin
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La Liturgia di Domenica 21 Luglio 2019

19/7/2019

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XVI DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE

Ascoltare e mettere in pratica

È facile immaginare la scena: Gesù, verso la fine del pomeriggio, quando il caldo di Gerusalemme cede il passo al vento, scendeva la valle del Cedron e risaliva il monte degli Ulivi, per superarlo e raggiungere il piccolo villaggio di Betania.

Maria e Marta rappresentano le due dimensioni della vita interiore: la preghiera e l'azione. Maria ascolta con attenzione le parole del Maestro, le manda a memoria, se ne abbevera. Come molti, ancora oggi, pende dalle labbra del Signore, aspetta che egli parli al suo cuore. All'origine di ogni fede, il cuore di ogni esperienza religiosa è e resta l'incontro intimo e misterioso con la bellezza di Dio. Dio che solo intravediamo attraverso le fitte nebbie del nostro limite ma di cui, pure, possiamo temporaneamente fare cristallina esperienza. Rimettiamo la preghiera e il silenzio nel cuore della nostra giornata, come sorgente di serenità e di gioia. Marta realizza la beatitudine dell'accoglienza, la concretezza dell'amore e dell'ospitalità. Anche lei sa che l'ascolto del Maestro è l'origine di ogni incontro, ma sa anche che se questo incontro non cambia la vita, resta sterile e inconcludente. Marta nutre il Cristo che Maria adora. Non esiste una preghiera autentica che non sfoci nel servizio. È sterile una carità che non inizi e non termini nella contemplazione del mistero di Dio. Sia la nostra fede ancorata nella contemplazione, vissuta nel servizio.

ESEGESI di Padre Michelin
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La Liturgia di Domenica 14 Luglio 2019

13/7/2019

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XV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
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Prossimo

Uomini imperfetti e turbati dal peccato, da una parte, non siamo certi di ciò che è bene e giusto e, dall’altra, ci capita spesso di non essere pronti a fare il bene. È il motivo per cui Dio ci ha dato i comandamenti: essi ci indicano ciò che è giusto e fanno sentire a ognuno ciò che deve fare. È per questo che gli Ebrei dell’antica Alleanza avevano stabilito un sistema di più di cinquecento comandamenti e divieti, che doveva permettere loro di compiere in tutto la volontà di Dio, perché non avevano più una visione chiara di che cosa fosse assolutamente essenziale agli occhi di Dio e si perdevano nei dettagli. Per i dottori della legge, discutere di gerarchie e di comandamenti era spesso ben più importante delle istituzioni destinate a compiere veramente la volontà di Dio. È ciò che dimostra l’esempio del dottore della legge che cerca di rendere Gesù ridicolo: ponendogli una domanda in apparenza sincera, egli vuole provare che è un teologo dilettante. Ma Gesù non sta al gioco. Costringe il dottore della legge a dare da sé la risposta giusta e gli mostra allora qual è il prossimo che ciascuno deve amare come se stesso: è quello che si trova in miseria ed è bisognoso del nostro aiuto. Si risparmia così ogni discussione saccente attorno al problema di sapere se qualcuno che non è ebreo, oppure è un ebreo peccatore, ha il diritto di aspettarsi il nostro aiuto. 
Egli va anche più lontano, mostrando che un Samaritano da disprezzare (agli occhi dei dottori della legge) è capace di fare del bene in modo naturale seguendo la voce del suo cuore, mentre due pii Ebrei si disinteressano in modo disdicevole. 
Non dimentichiamo che Gesù sottolinea ben due volte al dottore della legge: “Agisci seguendo il comandamento principale e meriterai la vita eterna!”. 
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La Liturgia di Domenica 7 Luglio 2019

7/7/2019

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XIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
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Settantadue discepoli

Israele credeva che il mondo fosse composto da settantadue nazioni: ogni anno al tempio di Gerusalemme si immolavano settanta buoi per la conversione delle nazioni pagane.
E di settantadue discepoli parla il vangelo di oggi: Luca (tenero!) sta dicendo alle proprie comunità di origine pagana che anche a loro, e non solo agli apostoli, è affidato l'annuncio del Regno.
A due a due sono inviati i discepoli: l'annuncio non è manifestazione delle capacità del guru di turno ma profezia di possibile comunione. E devono preparare la venuta del Maestro, non sostituirsi ad esso, non fagocitare la presenza di Dio ma diventare trasparenze.
Non siamo i proprietari del Vangelo ma i servitori dell'annuncio.
Non ci sono i professionisti dell'annuncio (missionari, preti, suore) ma ogni discepolo è chiamato a dire Cristo all'uomo che incontra.

Dura

Da tempo, ormai, i nostri paesi di tradizione cristiana rischiano di sedersi sugli allori, di confondere la cultura cristiana con l'appartenenza a Cristo. È bello che il nostro paese senta ancora una forte vicinanza ai valori cristiani (almeno a certi valori), ma questo non significa incontrare Dio.
Quant'è difficile annunciare Cristo ai cristiani! Sanno già tutto!
Chi annuncia la speranza del Vangelo all'ottanta per cento dei battezzati che non celebra la presenza del Risorto ogni settimana?
Chi consola, scuote, incoraggia, ascolta i tantissimi che credono di credere?
Chi porta a maturazione una fede spesso solo abbozzata e legata all'emozione, che rasenta la superstizione?
Tu.

Stile

Questa è la sfida: far uscire Dio dalle chiese, riportarlo là dove aveva deciso di vivere, tra la gente. Strapparlo dagli angusti abiti del sacro in cui l'abbiamo relegato per farlo infine tornare in quella umanità che aveva deciso di assumere.
Gesù ci indica con precisione lo stile e la modalità di questo annuncio, lo stile da assumere.
I discepoli sono mandati a due a due, precedendo il Signore.
Non dobbiamo convertire nessuno: è Dio che converte, è lui che abita i cuori.
A noi, solo, il compito di preparargli la strada.
In coppia veniamo mandati: l'annuncio non è atteggiamento carismatico di qualche guru, ma dimensione di comunità che si costruisce, fatica nello stare insieme.
E ci chiede di pregare: non per convincere Dio a mandare operai (è esattamente ciò che egli vuole!) ma per convincere noi discepoli a diventare finalmente evangelizzatori!
L'annuncio è fecondato dalla preghiera: perché non diventare silenziosi terroristi di bene, seminando benedizioni e preghiere segrete là dove lavoriamo?
Affidando al Signore, invece di giudicare?
Il Signore ci chiede di andare senza troppi mezzi, usando gli strumenti sempre e solo come strumenti, andando all'essenziale. Lo so, amiche catechiste: il corso di nuoto o la settimana bianca sono mille volte più attraenti della vostra stentata ora di catechismo. Ma voi avete una cosa che a nessun allenatore è chiesta: l'amore verso i vostri ragazzi.
Il Signore ci chiede di portare la pace, di essere persone tolleranti, pacificate. Nessuno può portare Dio con la supponenza e la forza, l'arroganza dell'annuncio ci allontana da Dio in maniera definitiva.
Infine il Signore ci chiede di restare, di dimorare, di condividere con autenticità.
Noi non siamo diversi, non siamo a parte: la fatica, l'ansia, i dubbi, le gioie e le speranze dei nostri fratelli uomini sono proprio le nostre, esattamente le nostre.

Gioite!

È faticoso e crocifiggente, lo so. Lo sa anche Paolo che, pur convertendo il bacino del Mediterraneo, sente tutto il limite del suo carattere. Ma, come Isaia, siamo chiamati a incoraggiare gli esiliati di ritorno da Babilonia, a volare alto, a sognare in grande, a costruire il sogno di Dio che è la Chiesa. E pazienza per i risultati che mancano: è un'epoca di profezia, la nostra.
Allora potremo davvero sperimentare la gioia dell'annuncio, la gioia di vedere che Dio, sul serio!, passa attraverso le nostre piccole e balbettanti parole, vedere che la Parola si veste delle nostre piccole riflessioni.
Quale gioia proviamo nel vedere altri condividere la nostra stessa fede!

Smettiamola di restare impantanati nella routine, superiamo le paure del mondo, non valutiamo i risultati come un'azienda del sacro: gioiamo amici, i nostri nomi sono scritti nei cieli, Dio già colma i nostri cuori e ci affida il Regno.
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