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LA COSA PIU IMPORTANTE

22/2/2016

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Racconta la leggenda che una donna povera con un bimbo sulle braccia, passando davanti a una caverna udì una voce misteriosa che da dentro le diceva: «Entra per otto minuti, prendi quanto desideri, ma non dimenticare la cosa più importante. Ricorda ancora: quando sarai uscita, la porta si chiuderà per sempre. Perciò, approfitta della possibilità, ma non dimenticare la cosa più importante!». La donna entrò nella caverna e vi trovò molte ricchezze. Affascinata dall'oro e dai gioielli, mise il bimbo per terra e cominciò a raccogliere ansiosamente quanto poteva nel suo grembiule. La voce misteriosa parlò di nuovo. «Hai solo otto minuti». Passati gli otto minuti, la donna carica d'oro e pietre preziose corse fuori dalla caverna, e la porta si chiuse. Quando fu fuori si ricordò che il bambino era rimasto dentro la caverna. Ma la porta era ormai chiusa per sempre. La ricchezza durò poco e la disperazione per sempre. 

Lo stesso avviene spesso con noi. Abbiamo circa ottant'anni di vita in questo mondo, e una voce sempre ci avverte: «Non dimenticarti la cosa più importante!». E la cosa più importante sono i valori spirituali: la salvezza della nostra anima,  la preghiera, la vigilanza, la famiglia, gli amici, la vita, Dio! Cosi sprechiamo il nostro tempo quaggiù, e lasciamo da parte l'essenziale: «i tesori dell'anima!». E quando la porta di questa vita si chiuderà a niente serviranno i rimpianti. 
Viviamo in un modo disperato perchè abbiamo "dimenticato la cosa più importante"...
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C'E' TUTTO! (Non serve desiderare ciò che non si può avere né è lecito volere)

15/2/2016

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Il lago limpido e silenzioso aveva trascorso anni a rimirare la splendida fontana che sorgeva sulle sue rive e a invidiare le belle forme che creava e i suoni che ininterrottamente produceva. «Quant'è piena di vita! Quant'è vivace! Non riposa mai, non è mai stanca. È sempre così viva. Quanto vorrei essere una fontana!», pensava. «Quanto vorrei poter vivere la sua vita, così varia e interessante. Quante volte ho udito la gente meravigliarsi ed entusiasmarsi dei suoi giochi d'acqua! Quando giungono sulle mie rive si limitano a passarmi davanti in silenzio. A volte qualche coppia se ne sta lì, mano nella mano, non so bene perché. Altri, seduti sui prati o su una panchina, fissano il paesaggio statico e monotono che offro. Quanto vorrei fontana ... Ma purtroppo sono un lago, e neppure dei più belli: non particolarmente profondo né grande, né suggestivo. Sono così insignificante!».

 Da anni la fontana osservava il lago limpido e silenzioso, e lo invidiava immensamente. «Quant'è calmo!», pensava. «Guardatelo: non cerca di impressionare nessuno. Le sue acque non corrono, non si agitano. Non gli servono acrobazie. lo invece ho un bisogno compulsivo dell'attenzione altrui. Faccio di tutto per attirare la gente, ma sono così stanca! Quant'è felice invece il lago! La gente passeggia sulle sue rive senza che lui debba intrattenere nessuno, siede sul prato e si gode il placido sciabordio delle sue piccole onde. Un lago non fatica, non pena. Se io smettessi di far tutti i miei giochi, chi verrebbe più a vedermi? Niente è più patetico dello spettacolo di una fontana ferma e muta. Quanto vorrei essere un lago silenzioso e placido! Darei qualunque cosa per cambiare la mia sorte con la sua, anche per poco».


Accettare la propria vita non significa dire: «Va tutto bene», ma «C'è tutto. C'è già tutto quello che può rendermi felice e realizzato». 
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MA IL MARE E' DIO

12/2/2016

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Ma il mare è Dio. 

Ogni uomo, anche se marcio, anche se morto…se si lascia travolgere dalle onde della Misericordia infinita, se si lascia inghiottire dalla profondità del suo Amore immenso ….

Grazie a Gesù, questa operazione non è assurda; è una vera, sublime realtà.

Trovarsi sulla spiaggia al tramonto del sole è un’occasione unica per fermarsi e guardare, meglio, contemplare ciò che accade nell’aria, in cielo, sulla terra e…dentro di te.

Una di queste occasioni mi si è presentata l’autunno scorso…Finito lo spettacolo, gratuito perché impagabile, del tramonto, ho potuto assistere alla raccolta e alla cernita dei pesci che tutte le sere avviene dopo il ritorno delle barche dalla pesca.

I pescatori lavoravano accanto al loro barcone tra la ressa di curiosi che si godevano quest’operazione così pittoresca. La cernita del pescato in appositi contenitori: pesci buoni, pesci meno buoni, piccoli e grandi. I pesci morti e marci o difettosi venivano ributtati in mare o lasciati lì d’attorno, sul bagnasciuga.

Alla fine, la barca è ripartita lasciando sulla spiaggia e sul bagnasciuga un “macello” di sporcizia e di disordine inqualificabile.

Al mattino seguente vi ritornai con un amico per due passi ai primi raggi del sole. Superate le dune, ci si presenta la stessa spiaggia con un mare tranquillo: “Che spettacolo – commenta subito l’amico – guarda che bello è il mare, pulito, terso, tranquillo con una spiaggia meravigliosa e ben levigata dal continuo sciacquio e sciabordio delle onde.”

Nella mia fantasia girava un’altra meraviglia: proprio la quiete dopo la tempesta. Il mio amico non aveva visto cos’era successo la sera precedente; non s’immaginava neppure la sporcizia e il disordine lasciato dai pescatori, il sangue del pesce ferito, i resti di quello marcio e la puzza di quello morto.

Lui non sapeva…Ma io che avevo visto, mi beavo d’un altro spettacolo: la trasformazione prodotta dal mare. Il mare con il continuo andirivieni delle sue onde, con la sua vitalità e la sua profondità, ha reso questo servizio incantevole: ha inghiottito tutta la sporcizia, ha fatto sparire il disordine.

Tutto ha tramutato in sé: tutto è diventato “il mare” che il mio amico ha giustamente definito “una meraviglia”. Tutta la “sporcizia” era diventata mare.

Appena a casa ho scritto un foglietto e l’ho appiccicato al mio confessionale: “Il pesce, anche se marcio, anche se morto, se è gettato in mare diventa mare”.


Racconto Contemplazione di P. Andrea Panont
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ASCOLTA L'ECO DELLA TUA VITA

1/2/2016

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C'era una volta un ragazzo che, malgrado la giovane età, lavorava per aiutare i suoi genitori. Viveva per loro in un pìccolo villaggio appollaiato sulle montagne e ogni mattina conduceva al pascolo il suo gregge di capre, fra le gole delle montagne. Un mattino, mentre seguiva le capre su un sentiero nuovo in una valle stretta, gli sembrò di udire rumore di passi e belati di altri animali. Il ragazzo pensò che ci doveva essere nelle vicinanze un pastore come lui, che portava al pascolo il gregge. Il suo cuore fece un balzo di gioia: gli sarebbe tanto piaciuto avere un amico. Facendo imbuto con le mani davanti alla bocca, gridò: «Chi è là?». Udì una voce che gli rispondeva: «Chi è là? Chi è là? Chi è là?». Le grida venivano da più parti. C'erano tanti pastori sulla montagna? Come mai non li aveva mai incontrati ? Allora gridò più forte: «Fatevi vedere!». Le voci risposero: «fatevi vedere! Fatevi vedere! Fatevi vedere!». Ma non apparve nessuno. Il ragazzo gridò ancora: «Perché non venite fuori?». Da tutte le direzioni, le voci risposero «Venite fuori! Venite fuori! Il giovane pastore pensò che si volessero burlare di lui e si rattristò. Per non darlo a vedere, sbraitò in tono arrabbiato:"Chi fa così è proprio scemo!”

Per tutta la montagna rimbombò: "Scemo! Scemo! Scemo!". Questa volta il povero pastorello ebbe una gran paura. Dovevano essere ben cattivi quei pastori della montagna. Radunò in fretta e furia le capre e tornò al villaggio. Adesso aveva paura a tornare sulla montagna: magari qualcuno di quei perfidi pastori avrebbe potuto tendergli un tranello e fargli del male! Il giorno dopo si sentiva veramente angosciato all'idea di avventurarsi su per la montagna.

«Che cos'hai, figlio mio?», gli chiese la madre. «Perché non vuoi portare le capre al pascolo?». Il ragazzo raccontò tutto a sua madre: le grida minacciose che rimbombavano sulla montagna e i pastori invisibili che lo insultavano. Dopo averlo ascoltato attentamente, la madre comprese che non c'era nessuno sulla montagna. Soltanto l'eco rimandava al ragazzo le parole che lui stesso aveva gridato. «Non ti preoccupare, figlio mio», gli disse «Quei pastori non ti vogliono fare alcun male. Hanno solo paura di te e vorrebbero amici. Domani, quando sarai tra le rocce, augura loro il buongiorno e aggiungi qualche frase amichevole! Sono sicura che te la ricambieranno"

​Il giorno dopo, quando raggiunse la gola tra i monti, il ragazzo inspirò profondamente e gridò:"Buongiorno!" L'eco rispose:" Buongiorno! Buongiorno! Buongiorno!"
Rassicurato, il giovane gridò ancora:"Vorrei essere vostro amico!"
L'eco rimbalzo tra le rocce:"Amico! Amico! Amico!”

E' quasi una legge della vita.  
Gli altri ti restituiscono sempre l'eco delle tue parole...
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