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PANE TOSTATO, PANE BRUCIATO

6/12/2014

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Dopo un lungo e duro giorno di lavoro, mia mamma mise un piatto con salsicce e pane tostato, molto bruciato, davanti al mio papà.

Ricordo che stavo aspettando che lo notasse… Nonostante mio padre lo avesse notato, prese un pane tostato, sorrise a mia madre e mi chiese come era andata a scuola.

Non ricordo cosa gli risposi, però mi ricordo il vederlo spalmare burro e marmellata sul pane tostato e mangiarlo tutto.

Quando mi alzai da tavola, quella sera, ricordo aver sentito mia madre chiedere scusa a mio padre per il pane tostato molto bruciato. Mai dimenticherò quello che gli disse:

"Cara non preoccuparti, a volte mi piace il pane tostato un po' bruciato.”

Più tardi, quella sera, andai a dare il bacio della buona notte a mio padre e gli chiesi se veramente gli piaceva il pane tostato bruciato.

Egli mi abbracciò e mi fece questa riflessione:

"la tua mamma ha avuto un giorno molto duro nel lavoro, è molto stanca, ed inoltre un pane tostato un po' bruciato non fa male a nessuno”.


La vita è piena di cose imperfette. Imparare ad accettare i difetti e decidere di apprezzare ognuna delle differenze degli altri, è una delle cose più importanti per creare una relazione sana e duratura.

La comprensione e la tolleranza sono la base di ogni buona relazione.

Sii più gentile di quanto ritieni necessario esserlo perchè tutte le persone, in questo momento, stanno lottando a qualche tipo di battaglia.

Tutti abbiamo problemi e tutti stiamo imparando a vivere, ed è molto probabile che non ci basti una vita per imparare il necessario.



"Il viaggio verso la felicità non è diritto. Esistono curve chiamate EQUIVOCI, esistono semafori chiamati AMICI, luci di posizione chiamate FAMIGLIA, e tutto si raggiunge se hai: Una ruota di scorta chiamata DECISIONE, un potente motore chiamato COMPRENSIONE, una buona assicurazione chiamata FEDE, abbondante combustible chiamato PAZIENZA, e soprattutto un autista esperto chiamato AMORE!!!"

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IL RAMO TROPPO (STUPIDAMENTE) ORGOGLIOSO

3/12/2014

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Il castagno allargava la sua chioma su un angolo del giardinetto pubblico ed era profondamente felice. 

Ma non tutti da quelle parti condividevano la felicità dell'albero. 

Se qualcuno avesse avuto un orecchio particolarmente fine avrebbe udito, 

quando qualcuno lodava l'albero, una voce che protestava stizzita: 

«Basta! È un'ingiustizia! 

Non ne posso più! A lui tutto e a me niente!», 

Chi brontolava così era un ramo. Un magnifico ramo, in alto a destra, che scuoteva con rabbia le foglie. 

«L'albero, sempre l'albero! Ma sono io che faccio tutto. lo porto le foglie, porto i ricci che oltretutto pungono, e faccio maturare le castagne. 

Quando potrei riposare un po', le foglie cadono e resto qui spogliato a prendermi tutto il freddo e il gelo dell'inverno, i colpi di vento, la pioggia e la neve ... ». 

Il ramo era veramente furibondo. 

L'albero cercava invano di farlo ragionare: lo invitava alla pazienza, alla comprensione.

«Tu sei importantissimo per me, figliolo. Sei un magnifico ramo, robusto e pieno di vita. Mi sei caro come tutti gli altri.

Le lodi fatte a me sono anche per te e per tutti i tuoi fratelli. Che sarei io senza di voi?». 

Ma il ramo scricchiolava cocciuto e inveiva con parole che è meglio non ripetere. 

Il povero albero era preoccupato. E con ragione. 

Il ramo ribelle infatti aveva escogitato un piano di fuga. 

Se ne sarebbe andato, si sarebbe staccato dall'albero e si sarebbe messo a vivere per conto suo. 

Un giorno di marzo, un vento burlone e irruente si divertiva a mulinare intorno all'albero. 

Il ramo decise che era venuto il suo momento.

 «Vento, ho bisogno di un favore», chiese, con una punta di umiltà che non gli era propria. «staccami dall'albero». 

«Come vuoi. .. Aleeeeeeeee», sibilò il vento. 

E prese a girare sempre più vorticosamente intorno al ramo e a scuoterlo con una furia irresistibile finché, con uno schianto terribile, il ramo si staccò dal tronco. 

«Evviva, volo!», gridò il ramo, strappato dal vento e sollevato sopra il recinto del giardino. 

«Finalmente sono libero.

 La mia vita comincia adesso». 

Il ramo rideva ed esultava, neanche le lacrime che scendevano silenziose dalla ferita dell'albero lo commossero. 

Portato dal vento, che soffiava violento con tutte le forze che aveva, volò oltre il fiume e atterrò su un pendio erboso.

 «Ora decido io», pensò mentre si sdraiava dolcemente nell'erba. 

«Dormirò fin che voglio e farò quel che mi pare e piace.

Non dovrò più stare sempre appiccicato a quel tronco brutto e rugoso». 

Una formica gli fece il solletico e cercò di cacciarla, come faceva lassù, quando era attaccato all'albero, ma non ci riuscì. 

Uno strano torpore si impadronì di lui. Non riusciva più a respirare.

 Dopo qualche ora, le sue foglie cominciarono ad appassire. 

La linfa, che era la sua vita e che l'albero generoso aveva sempre fatto scorrere in lui, cominciò a mancargli. 

Con infinita paura, si accorse di aver già incominciato a seccare. 

Gli venne in mente l'albero, e capì che senza di lui sarebbe morto. 

Ma era troppo tardi. 

Avrebbe voluto piangere, ma non poteva perché ormai era solo un inutile ramo secco. 



Dice Gesù: «Rimanete in me e io in voi. 

Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite.

Così neanche voi se non rimanete in me. 

Chi non rimane in me viene gettalo via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano». 


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