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IL TRIONFO DEL MALE E' COABITARE COL BENE

16/11/2015

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Ernest Hello (1828 – 1885), nell’opera L’homme del 1872, così scrive:
“Lo spirito del male dice: ‘Riposati. Che farai nella mischia? Altri combatteranno abbastanza. Tu che sei savio, non iscomodare le tue abitudini. Il male, continua il diavolo, è sempre esistito ed esisterà sempre nelle stesse proporzioni. I pazzi che vogliono combatterlo non guadagnano nulla e perdono il loro riposo. Tu che sei savio, dà ad ogni cosa la sua parte e non dichiarare a niente la guerra. È impossibile illuminare gli uomini. Perché dunque tentarlo? Fa pace con le opinioni che non sono tue. Non sono esse tutte ugualmente legittime?’.

Così parla il demonio; e l’uomo separato dalla verità, perché ha paura di lei, che è l’Atto puro, l’uomo, insensibilmente e a sua insaputa, si unisce all’errore […] discende a poco a poco, durante il suo sonno, in quell’indifferenza glaciale, placida e tollerante, che non s’indigna di niente, perché non ama niente, e che si crede dolce perché è morta.

E il demonio vedendo quest’uomo immobile, gli dice: ‘Tu gusti il riposo del savio’; vedendolo neutro tra la verità e l’errore, gli dice: ‘Tu li domini entrambi’; vedendolo inattivo, gli dice: ‘Tu non fai del male’; vedendolo senza risorsa, senza vita, senza reazione contro la menzogna e il male […], gli dice ‘Io t’ho ispirato una filosofia savia, una dolce tolleranza, tu hai trovato la calma nella carità’, perché il demonio pronunzia spesso le parole di tolleranza e di carità.

L’uomo vivo, l’uomo attivo che ama e che è unito all’unità, afferra il rapporto delle cose, e unisce fra loro le verità.

L’uomo morto ha perduto il senso dell’unità. Non unisce più verità fra di loro: non concilia più, per la contemplazione dell’armonia, le cose che devono esser conciliate, le cose vere, buone e belle.

Ma in cambio, compone una parodia satanica dell’unità; cerca di amare insieme il vero e il falso, il bene e il male, il bello e il brutto; non sempre si adira, almeno in apparenza, se si affermano i dogmi, ma preferisce che si neghino.

Non avendo voluto unire ciò che è unito, credere a tutta la verità, conciliare quel che è conciliabile, cerca di unire ciò che è necessariamente ed eternamente contradittorio, di credere insieme alla verità e all’errore, di conciliare il Sì e il No; non avendo voluto amare Dio tutto intiero, cerca di amare Dio e il diavolo: ma è l’ultimo che preferisce”.

“Che si direbbe d’un medico il quale, per carità, avesse riguardi verso la malattia del suo cliente? Immaginate questo tenero personaggio. Direbbe al malato: Dopo tutto, amico mio, bisogna essere caritatevole. Il cancro che vi corrode è forse in buona fede. Suvvia, siate gentile, fate con lui un po’ d’amicizia; non bisogna essere intrattabili; fate la parte del suo carattere. In questo cancro, esiste forse una bestia; essa si nutre della vostra carne e del vostro sangue, avreste il coraggio di rifiutarle quanto le occorre? La povera bestia morirebbe di fame. Del resto, io sono condotto a credere che il cancro è in buona fede e adempio presso di voi ad una missione di carità.

È il delitto del secolo quello di non odiare il male, e di fargli delle preposizioni. Non vi ha che una proposizione da fargli, è di scomparire. Ogni accomodamento concluso con lui somiglia neppure al suo trionfo parziale, ma al suo trionfo completo, perché il male non sempre domanda di scacciare il bene, domanda il permesso di coabitare con lui. Un istinto segreto lo avverte che domandando qualche cosa, domanda tutto. Appena non è più odiato, si sente adorato”.
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NUZZI E FITTIPALDI? SOLO I DILETTANTI PUBBLICANO NOTIZIE VECCHIE SENZA GIUSTIFICARLE

10/11/2015

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Nuzzi e Fittipaldi? Solo i dilettanti pubblicano notizie vecchie senza verificarle

Molti si domandano perché diversi esponenti cattolici si stiano concentrando più sulla pubblicazione dei due recenti libri sulle finanze del Vaticano, “Via Crucis” e “Avarizia” di Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, piuttosto che occuparsi dei contenuti dei libri e dei documenti da loro pubblicati.

E’ molto semplice: le informazioni che riportano i due giornalisti non sono affatto “segrete” ma sono dati che furono raccolti parecchio tempo fa dalla Commissione referente Cosea, istituita da Papa Francesco nel 2013 per avviare una riforma della Curia romana, commissione che oggi non esiste più. Sono documenti vecchi che la Cosea ha preparato ed esposto al Papa e verso i quali sono stati presi già parecchi provvedimenti: «un’indagine che non era stata fatta per essere pubblica, ma per permettere al Papa e ai suoi collaboratori di agire con cognizione di causa. I documenti pubblicati rappresentano la situazione all’inizio del pontificato di Francesco», ha spiegato il vaticanista Andrea Tornielli. Inoltre, diverse accuse di Nuzzi e Fittipaldi sono già note da tempo e oggetto di inchieste del passato da parte di altri giornalisti (come Claudio Rendina), altre sono vere e proprie bufale. Non c’è alcuno scoop, i due giornalisti sono stati usati come burattini dai “corvi” che hanno loro passato documenti datati e notizie vecchie e/o false per chissà quale losco loro progetto. I due hanno preso e pubblicato: lo avrebbe saputo fare chiunque. “Diritto di informare”, si difendono i due giornalisti, ma che informazione è omettere che si tratta di informazioni parziali (usate invece come fossero il “tutto”), presentate come attuali mentre sono datate e, in parte, già note, e verso le quali c’è stata un’azione di correzione da parte dei collaboratori del Papa?

A dirlo è stato proprio Papa Francesco, che ha prontamente reagito e smontato lo scoop di Nuzzi-Fittipaldi: «so che molti di voi sono stati turbati dalle notizie circolate nei giorni scorsi a proposito di documenti riservati della Santa Sede che sono stati sottratti e pubblicati», ha detto all’Angelus di domenica scorsa. «Per questo vorrei dirvi anzitutto che rubare quei documenti è un reato. E’ un atto deplorevole che non aiuta. Io stesso avevo chiesto di fare quello studio, e quei documenti io e i miei collaboratori già li conoscevamo bene, e sono state prese delle misure che hanno incominciato a dare dei frutti, anche alcuni visibili. Perciò voglio assicurarvi che questo triste fatto non mi distoglie certamente dal lavoro di riforma che stiamo portando avanti con i miei collaboratori e con il sostegno di tutti voi. Quindi vi ringrazio e vi chiedo di continuare a pregare per il Papa e per la Chiesa, senza lasciarvi turbare ma andando avanti con fiducia e speranza». Sintetizzando: 1) rubare documenti è un reato e dunque pubblicarli è complicità di un reato (ricettazione, per la precisione); 2) Sono stati proprio Francesco e i suoi collaboratori a far emergere quei documenti tempo fa, ai quali è stato risposto con misure adeguate; 3) I “corvi” hanno fallito se pensavano di ostacolare il Papa o creare divisioni interne.

Anche padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, è intervenuto, entrando molto nel dettaglio: «Il Papa sa benissimo cosa fare. Sa quale è la sua missione, ed è surreale che si affermi di volerlo aiutare in questo modo», come invece hanno detto Nuzzi e Fittipaldi, i quali hanno pubblicato «informazioni raccolte alla rinfusa», in parte «già note» e anche vecchie, senza «la necessaria possibilità di approfondimento e di valutazione obiettiva, tanto che spesso sono possibili letture diverse a partire dagli stessi dati». Inoltre, le «informazioni pubblicate nei libri sono legate a una fase di lavoro ormai superata, le quali non sono state ottenute in origine contro la volontà del Papa o dei responsabili delle diverse istituzioni ma con la collaborazione» di chi ricopre incarichi di vertice per «concorrere allo scopo positivo» di conoscere e poi decidere. E proprio grazie alle raccomandazioni di Cosea sono state assunte «decisioni e iniziative che sono tuttora in corso di attuazione. Ne sono la dimostrazione la riorganizzazione dei dicasteri economici, la nomina del revisore generale, il funzionamento regolare delle istituzioni competenti per il controllo delle attività economiche e finanziarie»che, sottolinea il portavoce vaticano, sono «una realtà incontrovertibile».

In particolare, ha spiegato, i beni immobili del Vaticano, «presi nel loro complesso si presentano come ingenti, ma sono in realtà finalizzati a sostenere nel tempo attività di servizio vastissime gestite dalla Santa Sede o istituzioni connesse, sia a Roma, sia nelle diverse parti del mondo», spiega padre Lombardi. «Le origini delle proprietà di questi beni sono varie e vi sono a disposizione da tempo anche strumenti adatti per conoscerne la storia e gli sviluppi». Ad esempio, è bene informarsi sugli accordi economici fra Italia e Santa Sede nel contesto dei Patti Lateranensi. Altra questione travisata nei libri riguarda l’Obolo di San Pietro, ossia i fondi raccolti nel mondo per la carità del Papa. «È necessario osservare che i suoi impieghi sono vari, anche a seconda delle situazioni, a giudizio del Santo Padre a cui l’Obolo viene dato con fiducia dai fedeli. Le opere di carità del Papa per i poveri sono certamente una delle finalità essenziali, ma non è intenzione dei fedeli escludere che il Papa possa valutare le urgenze e il modo di rispondervi alla luce del suo servizio per il bene della Chiesa universale. Il servizio del Papa comprende anche la Curia Romana – in quanto strumento di servizio–, le sue iniziative fuori della diocesi di Roma, la comunicazione del suo magistero per i fedeli nelle diverse parti del mondo anche povere e lontane, l’appoggio alle 180 rappresentanze diplomatiche pontificie sparse nel mondo che servono le Chiese locali e intervengono come gli agenti principali per distribuire la carità del Papa nei diversi Paesi, oltre che come rappresentanti del Papa presso i governi locali». Un ulteriore esempio di errata interpretazione dei documenti è quello sul Fondo pensioni vaticano. Nel tempo, ricorda il portavoce della Santa Sede, sono state espresse «valutazioni molto diverse, da quelle che parlano con preoccupazione di un grande “buco” a quelle che forniscono una lettura rassicurante, come risultava nei comunicati ufficiali» della Sala Stampa vaticana. Certo non è tutto diventato perfetto, tuttavia occorre distinguere «dove si trovino inconvenienti da correggere o vere scorrettezze da eliminare». Sicuramente le campagne di stampa orchestrate in questi giorni non rendono «ragione del coraggio e dell’impegno con cui il Papa e i suoi collaboratori hanno affrontato e continuano ad affrontare la sfida di un miglioramento dell’uso dei beni temporali a servizio di quelli spirituali».

Tante le notizie false riportate da Nuzzi e Fittipladi, già smentite dai diretti interessati, come le le accuse a mons. Sciacca e le accuse a mons. Camaldi. Rispetto all’appartamento del card. Bertone, notizia vecchia di anni, lui ha spiegato -e nessuno lo vuole tenerne in considerazione- che gli è stato «assegnato d’accordo con Papa Francesco e per la ristrutturazione ho sostenuto io le spese: 300 mila euro per un appartamento che non è di mia proprietà e resterà al Governatorato». Rispetto ai soldi che avrebbe versato anche la Fondazione Bambin Gesù sostiene di non sapere nulla e «ho dato istruzioni al mio avvocato, Michele Gentiloni Silveri, di svolgere indagini per verificare cosa sia realmente accaduto». L’ex presidente della Fondazione Bambin Gesù, Giuseppe Profiti, ha chiarito: «Io non ho ricevuto nessun ordine dal cardinal Bertone, l’investimento era proprio una delle azioni del piano di marketing che vedeva come obiettivo questo investimento finalizzato alla raccolta fondi delle grandi aziende nazionali e delle grandi multinazionali estere. Soggetti nei confronti dei quali il brand Vaticano, la location vaticana, la possibilità di essere ospitati in eventi che descrivono l’attività dell’ospedale presso il Vaticano esercita un fascino straordinario e una sensibilità straordinaria, come dimostrano i dati nel donare all’ospedale. Certo che lo rifarei, solo per dare un’indicazione: nel 2013 gli eventi per la Fondazione che hanno visto la partecipazione del Segretario di Stato hanno determinato, nell’anno successivo, un incremento della raccolta fondi di oltre il 70%. Siamo passati da poco più di 3 milioni a oltre 5 milioni all’anno. Certo che lo rifarei, con questi risultati». E ha precisato: «Neanche un euro dei fondi raccolti per i bambini è stato impiegato in questa operazione, che è un investimento». Per quanto riguarda i 300 metri quadri della sua casa, il card. Bertone ha spiegato: «Abito con una comunità di tre suore che mi aiutano, c’è anche una segretaria che il Santo Padre mi ha concesso per scrivere la memoria di tre Papi, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. C’è la biblioteca, l’archivio, le camere per tutti». Mentre per il terrazzo con vista su San Pietro afferma: «Non esiste nessun attico. Io abito al terzo piano e il terrazzo non è mio, è stato risanato durante i lavori ma è quello condominiale, in cima al palazzo. E’ di tutti gli inquilini, cardinali e arcivescovi, che ci vivono».

Anche il card. George Pell, citato in alcuni passaggi dei libri di Nuzzi e Fittipaldi per presunte “spese pazze”, ha definito «false e fuorvianti» le affermazioni che in quei volumi lo riguardano. Tanto che la Segreteria per l’Economia, di cui è presidente, ha completato l’anno ben al di sotto del suo bilancio 2014 ed è stato uno dei pochi enti a proporre una riduzione della spesa complessiva nella sua richiesta di budget 2015. Così come ha giustificato nel dettaglio le spese che ha dovuto sostenere nel 2014. Reale invece la questione della Congregazione di Propaganda Fide (Apsa), dove effettivamente permane una insopportabile gestione di favoritismi a politici, imprenditori e vip, vicenda tuttavia già nota da anni e non certo scoperta dai corvi e dai loro giornalisti di fiducia. Anche per questa situazione sta prendendo provvedimenti la riforma della Curia intrapresa da Papa Francesco e collaboratori.

Nessuno obbliga a ritenere questi chiarimenti e smentite una verità assoluta, ma un giornalista serio le avrebbe almeno dovute tenere in considerazione. Bastava informarsi dai diretti interessati. La malafede di Gianluigi Nuzzi, invece, l’ha rivelata lui stesso quando ha raccontato di essere stato contattato da funzionari dello IOR prima della pubblicazione del suo libro, i quali si offrirono per dare dei chiarimenti in merito. Eppure il giornalista ha detto: «Mi ha sorpreso il fatto che lo sapessero ma, naturalmente, ho declinato il loro cortese invito». Naturalmente, dunque, ha rifiutato i chiarimenti che avrebbero rischiato di rovinare la sua operazione di marketing anticlericale (poco importa che affermi di mandare i figli in una scuola cattolica). Il tutto confermato dal fatto per “pulire” la sua azione ha cercato di avere al suo fianco don Maurizio Patriciello -un sacerdote giustamente ben voluto dai media per il suo impegno contro la camorra- durante la presentazione della sua “inchiesta” alla stampa internazionale, senza però voler far leggere al “testimonial” il libro, offrendosi di raccontarglielo a voce: «Gianluigi, ma che dici? Tu che sei uno scrittore non sai che un libro si legge e non si spiega?», gli ha risposto il sacerdote. Nuzzi è così sparito e don Patriciello, annusata la polpetta avvelenata, ha denunciato il fatto su “Avvenire”: «Sono rimasto con la sensazione che volesse tirarmi un tiro mancino. Da questi strani modi di fare, naturalmente, sono distante mille miglia. Forse Nuzzi non poteva immaginarlo».

Il vero problema di questa vicenda non sono i due giornalisti e i contenuti dei loro libri, ma il fatto che qualcuno in Vaticano abbia rubato queste informazioni e le usi pensando di intralciare il Pontefice. Come ha scritto Alberto Melloni: «Se c’era un disegno di organizzata ostilità contro papa Francesco, questa non si è manifestata nei miserabili reati commessi da ladri travestiti da moralizzatori in concorso con millantatori e tipografi compiacenti. Ma nel tentativo di usare questi ed altri episodi per dipingere» un Papa isolato e impotente. Inoltre, tutto questo non significa affatto chiudere gli occhi sulla mala gestione, a volte illecita, delle finanze che alcuni ambienti della Curia romana hanno praticato per anni. Si spera che non accada più, come promesso da Papa Francesco (anche se la corruzione umana è inestinguibile e la Chiesa è fatta da uomini) e che il Vaticano, lo Stato che ospita la Santa Sede, possa finalmente diventare un punto di riferimento per l’onestà e la trasparenza. Tuttavia, non sono queste le inchieste giornalistiche che servono, Nuzzi e Fittipaldi sembrano più due giornalisti dilettanti che ricevono documenti rubati e vecchie notizie e le pubblicano senza una minima verifica, senza informarsi del fatto che il Papa già conosceva tutto e aveva già preso provvedimenti. Non sembra proprio amore al giornalismo, come affermato Nuzzi, ma semmai si spacciano come moralizzatori della Chiesa nel puro nome dell’avarizia (preparando per un anno un’operazione di marketing internazionale), respingendo i chiarimenti di coloro che accusano e tentando di tirare dalla loro parte persone ben viste mediaticamente per “pulire” la loro operazione. E’ il modus operandi della propaganda anticlericale, altro che “vogliamo aiutare il Papa!”. «E’ un atto deplorevole che non aiuta», ha risposto Papa Francesco.
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PROFILI: NEANCHE UN EURO DEI FONDI RACCOLTI PER I BAMBINI E' STATO IMPIEGATO

10/11/2015

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Profiti: la ristrutturazione di casa Bertone era un investimento
L'ex-Presidente della Fondazione Bambin Gesù parla a Mix24


«Come credo di aver dimostrato, neanche un euro dei fondi raccolti per i bambini» dalla Fondazione Bambin Gesù «è stato impiegato in questa operazione, che è un investimento». Così l’ex-presidente della Fondazione Bambin Gesù, Giuseppe Profiti, intervistato a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24 chiarisce l’operazione di ristrutturazione dell’appartamento destinato al cardinale Tarcisio Bertone, considerato un investimento.

Profiti ha confermato a Radio 24, la scelta di pagare la ristrutturazione dell’appartamento abitato dal cardinale Bertone con i soldi della Fondazione, motivandola così: «Sì, perché lì avremmo realizzato, nel successivo triennio, le maggiori iniziative della Fondazione, quelle  con il  più elevato ritorno economico». Una scelta, spiega Profiti, che il manager rifarebbe: «Certo, che lo rifarei. Solo per darle un’indicazione – spiega a Giovanni Minoli – nel 2013 gli eventi per la Fondazione che hanno visto la partecipazione del Segretario di Stato hanno determinato, nell’anno successivo, un incremento della raccolta fondi di oltre il 70%. Siamo passati da una raccolta di poco più di 3 milioni a oltre 5 milioni all’anno. Certo che lo rifarei, con questi risultati». Quindi un appartamento, chiede Minoli, in un certo senso, di pubbliche relazioni, per fare marketing strategico? «Assolutamente sì, proprio una delle azioni che erano previste nel piano strategico proprio dalla Fondazione».

«Io – ha aggiunto – non ho ricevuto nessun ordine»: «L’investimento era proprio una delle azioni del piano di marketing che vedeva come obiettivo questo investimento finalizzato alla raccolta fondi delle grandi aziende nazionali e delle grandi multinazionali estere. Soggetti nei confronti delle quali il brand vaticano, la location vaticana, la possibilità di essere ospitati in eventi che descrivono l’attività dell’ospedale presso il Vaticano esercitano un fascino straordinario e una sensibilità straordinaria come dimostrano i dati nel donare all’ospedale».

Infine, Profiti, ha detto che «Bertone, dalle carte, ha rimborsato le spese, la parte di ristrutturazione sostenuta dall’amministrazione dello stato Città del Vaticano».

«Il contributo – spiega Profiti – dato dalla Fondazione alla ristrutturazione, era coperto da un impegno formale dell’impresa costruttrice a riconoscere un contributo alla Fondazione da impiegarsi per l’acquisto di attrezzature. Un contributo da darsi in due rate, l’impresa ha avuto i problemi che hanno avuto tante imprese dovuti alla crisi in questo settore, quando sono andato via, la prima tranche non era stata ancora erogata».

Insomma caso di ristrutturazione a sua insaputa quella del Cardinale? Chiede Minoli: «Mah, non mi risulta che ci sia un obbligo per i cardinali o gli alti prelati che hanno diritto all’abitazione di servizio in Vaticano di concorrere alle spese di ristrutturazione. Il fatto che il Cardinale abbia deciso con i propri risparmi di coprire questa ristrutturazione dimostra invece che non era a sua insaputa, ma sapeva benissimo quello che faceva e mi permetto di sottolineare l’intenzione con la quale l’ha fatto».
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SPENDETE QUEL CHE VI PARE MA PORTATEMI IN PARADISO

9/11/2015

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Spendete quel che vi pare ma portatemi in Paradiso
di Andrea Zambrano

Spendete quel che vi pare. Ma portatemi in Paradiso. Avari e faraoni? I preti e i vescovi che ho conosciuto io sono spesso degli spendaccioni che il più delle volte agiscono d'impulso riempiendo le canoniche di cianfrusaglie. Per il solo gusto di non dire di no o di apparire avari, di far sembrare che mancano di qualche attenzione alle loro comunità. Io li conosco questi preti.

Sono stati i preti della mia infanzia, i miei padri nella fede. Avevano sempre la stessa giacca, un po' sciattina, sgualcita e vivevano senza perpetua in stanze fumose mischiate all'odore del ragù abbrustolito. Però quando avevi bisogno aprivano il portafoglio: con una generosità commovente e a volte stupida: fosse per un venditore di fazzoletti magrebino capitato alla porta o per un piazzatore di enciclopedie agiografiche o ammenicoli da sagrestia.

E quando andavi da loro io me la ricordo quella generosità. Se ci fossero oggi e arrivasse un censore dei conti o se qualcuno facesse trapelare da fuori quelle spese, sarebbero messi alla pubblica gogna. Il fatto è che tutti questi preti che io ho conosciuto e che non sono negli elenchi di proscrizione nella nuova caccia di faraoni annidatisi nelle sacre stanze, questi preti di barbe incolte e portafoglio gonfio, ma sempre aperto sapevano parlare della vita eterna e trattavano il denaro con distacco perché consapevoli che non se lo sarebbero portati nell'aldilà.

Ora al prete sono richieste competenze manageriali e se sgarra di qualche euro il bilancio viene trattato come un malfattore. Per di più se viaggia in business. Che se poi il cardinale Pell viaggia in business al limite fa anche bene: ha il fisico di un giocatore di rugby, ce lo vedete stringersi per un'ora di volo nei seggiolini scatoletta di un volo Ryanair? Ma per favore. Siamo diventati bacchettoni con i vescovi che amministrano beni, ma li perdoniamo e li incoraggiamo se dicono eresie o se cercano di deviare dalla retta dottrina facendoci cadere tutti nel baratro. A che giova al vescovo guadagnare il mondo intero, e qualche punto di pil domestico, se poi perde se stesso?

Ché io i soldi glieli lascerei sperperare anche tutti se avessero a cuore solo ed esclusivamente la mia fede. I miei preti erano così, non erano avari ma nemmeno esempi di maniacale razionalizzazione applicata alla pastorale perché sapevano che oltre al portafoglio c'era una vita eterna da conquistare. E a quella si dedicavano. Una volta, prima che il meccanismo dell'8 per mille li rendesse dei funzionari del sacro, i parroci erano acuti amministratori di ingenti fortune parrocchiali costruite con la generosità dei fedeli, ma anche con uno spirito imprenditoriale sano.

Avevano un fondo? Lo davano a lavorare a 3, 4 a volte anche 5 mezzadri. Lo facevano fruttare per sfamare bocche e per promuovere pastorale: campi da calcio, scuole, opere parrocchiali. Tutto era incentrato a far fruttare quel microcosmo che le parrocchie erano.

Infatti non è un caso che quando sul finire della Seconda guerra mondiale i comunisti iniziarono la loro opera di indottrinamento nelle campagne e nei paesi, partirono proprio dall'illudere i contadini che con la vittoria dei Comunisti, i preti latifondisti se ne sarebbero andati via e «diventerete tutti padroni».

Loro intanto continuavano a predicare Gesù, la vita eterna, contro il peccato, tutto il peccato, mica salvaguardando il peccato più alla moda, fedeli e obbedienti alla loro vocazione.

Oggi della vita eterna non se ne parla più e il rischio del clero è quello di mischiarsi con il secolare quel tanto che basta per stravolgere la sua natura. Il caso “Vatileaks due” nasce da questa pretesa da stato di polizia mediatica di cui il clero è succube: «Consegnate i vostri iban e vediamo come gestite il malloppo, che qualche cosa di sconveniente lo troveremo».

Reati finanziari? Macché, sembra che in Vaticano non ce ne sia traccia. Eppure basta una spending reviewfatta alla “viva il parroco” per farli finire sulla graticola. Io sulla graticola vi metterei perché non mi parlate più del Paradiso, non perché occupate appartamenti nobili, i quali tra l'altro ve li siete trovati non perché volevate vivere da boss, con le maniglie d'oro, ma perché in questi secoli la bella arte a Palazzo era un rimando all'eterno che ci aspetta. E siccome il Palazzo Apostolico era il cuore di questo rimando all'eterno doveva essere bello. Perché ciò che è bello è anche buono, dicevano i greci.

Se avete le mani bucate saranno affari vostri e del vostro titolare. Io da voi vorrei commuovermi mentre celebrate messa, vorrei sentirvi parlare della mia poca fede. Non di come utilizzate ingenti risorse per sistemare o accomodare questo o quello. Sono miserie che ci sono sempre state e sempre ci saranno perché l'avarizia, come la generosità, sono vicende umane, troppo umane. Noi vorremmo vedervi attaccati a quel divino che invece in questo nuovo corso molti di voi hanno dimenticato. Spendete quanto volete, ma rivoglio quella tensione verso l'infinito che avete perso abbandonandovi così facilmente tra le braccia del mondo, che adesso, perfido, vi sta presentando il conto: con tanto di ricevuta fiscale e arretrati a bilancio.
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VATILEAKS, I LIBRI INCHIESTA E LA SCATOLA CONSEGNATA DA BENEDETTO XVI A PAPA FRANCESCO 32 MESI FA

6/11/2015

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Nei giorni dei libri-inchiesta e delle scorrerie Vallejo-Chaouqui è tornato prepotentemente sulla stampa la parola "Vatileaks", numero 2 o secondo atto. Alcuni analisti e osservatori si sono ricordati di un fatto, ormai famoso, e di una notizia che quando venne diffusa fece un po' di scalpore: il primo incontro del neo Papa Francesco, a Castel Gandolfo, con il pontefice emerito Benedetto XVI. Era il 23 marzo 2013, dieci giorni dopo l'elezione del nuovo Papa. Allora i giornali scrissero che Bergoglio e Ratzinger, in un lungo faccia a faccia in privato, avevano affrontato il dossier Vatileaks. 

Un comunicato di p. Federico Lombardi raccontò:  i due, dopo il saluto di benvenuto, "sono saliti nell’appartamento e si sono recati subito alla cappella per un momento di preghiera. Nella cappella, il Papa emerito ha offerto il posto d’onore a Papa Francesco, ma questi ha detto: "Siamo fratelli", e ha voluto che si inginocchiassero insieme allo stesso banco. Dopo un breve momento di preghiera, si sono portati alla Biblioteca privata dove, verso le 12.30, è incominciato l’incontro riservato."

Di questo incontro riservato nulla si è saputo sino ad oggi. Dello storico momento resta solo una famosa fotografia che da subito attirò l'attenzione della stampa perché su un tavolino, dove erano stati sistemati i doni reciproci, era ben visibile una scatola che, si è detto dopo, conteneva oltre 300 cartelle con le conclusioni della vicenda di Vatileaks. Un vero corposo dossier scritto dai tre cardinali nominati da Benedetto XVI per indagare sulla delicata vicenda che portò al processo e condanna di Paolo Gabriele per furto e divulgazioni di documenti riservati di Papa Benedetto XVI. 

I porporati – lo spagnolo Julian Herranz, lo slovacco Jozef Tomko e l'italiano Salvatore De Giorgi - che avevano consegnato al Pontefice la loro Relazione finale il 17 dicembre 2012 furono ricevuti per la seconda volta tre giorni prima della fine del pontificato di Papa Ratzinger: il 23 febbraio 2013.

Forse ora sappiamo cosa c'era nel dossier rimasto top-secret.
Un'ipotesi sul contenuto del dossier potrebbe essere questa: nelle 300 cartelle c'erano già gran parte dei contenuti su cui si è scritto in questi giorni in occasione dell'uscita dei due libri inchiesta di Nuzzi e Fittipaldi; contenuti riguardanti fatti indagati e sviscerati in modo approfondito dalla Pontificia Commissione Referente di Studio e di Indirizzo sull’Organizzazione della Struttura Economico-Amministrativa della Santa Sede (COSEA), istituita con un chirografo il 18 luglio del 2013. 

Della COSEA facevano parte mons. Lucio Vallejo Balda, segretario della Prefettura degli Affari Economici, che fungeva da Segretario alla COSEA, Joseph F.X. Zahra, che fungeva da presidente; Jean-Baptiste de Frannsu; Enrique Llano; Jochen Messemer; Jean Videlain-Sevestre; George Yeo e Francesca Immacolata Chaouqui.
Mons. Angelo Becciu. Il Sostituto della Segretaria di Stato, mons. Angelo Becciu, ha detto oggi a TV2000, rispondendo alle domande di Cristiana Caricato: “Quello che pubblicano i due libri non è altro che il lavoro fatto, per volontà del Papa, per cercare di rendere più trasparente e funzionale tutta l’amministrazione della Santa Sede. Sono cose che già sapevamo che indicano la volontà del Papa di riorganizzare tutto il sistema finanziario della Santa Sede”. Poi mons. Becciu ha aggiunto: “E’ chiaro che nelle analisi sono venute fuori delle disfunzioni ed è questo quello che pubblicano i due libri. Era già conosciuto tutto questo, era magari riservato all’interno del Vaticano ma ogni Stato ha la sua parte di riservatezza. Penso che fosse necessario mantenere il segreto, non perché la gente non sapesse ma perché era espressa volontà del Papa una volta individuate le cose che non andavano che si mettesse rimedio”.

Mons. Becciu ha concluso: “Il Papa ha sofferto non possiamo negarlo, gli è dispiaciuto però nello stesso tempo ha una grande forza delle risorse morali che sono di lezione per noi. Bisogna andare avanti con serenità, accettare questi contrattempi e fatti gravi ma non possiamo fermarci. Il Papa è stato il primo ad incoraggiarci a non ripiegarci sotto il peso di questo dolore e sofferenza”.
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DA VATILEAKS A NUZZILEAKS e VATILEAKS BIS - 2 articoli

4/11/2015

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Da Vatileaks a Nuzzileaks.
Anche i giornalisti d’inchiesta nascondono segreti scomodi
 

Don Patriciello rivela su Avvenire un significativo scambio di battute con l’autore dello “scoop” sulle finanze della Chiesa: lo voleva alla presentazione senza fargli leggere il libro. Era a caccia di un distintivo di “presentabilità cattolica”?

Don Maurizio Patriciello svela un periferico ma eloquente retroscena del nuovo Vatileaks che sta intorbidendo le acque intorno all’amministrazione delle risorse economiche e finanziarie della Chiesa. Si tratta di un “documento inedito esclusivo”, o meglio un “colloquio riservato”, che sarebbe dovuto rimanere segreto e invece – ironia della sorte – esce allo scoperto per suggerisce qualcosina sui reali moventi che si celano dietro l’ennesima fuga di notizie cominciata dagli uffici della Santa Sede e terminata in libreria.

​UN SMS. In una lettera inviata ad Avvenire e pubblicata oggi dal quotidiano della Cei (con risposta del direttore Marco Tarquinio, ndr), il parroco di Caivano (Na) divenuto celebre su giornali e tv come “il prete della terra dei fuochi” racconta di aver ricevuto un paio di settimane fa (per l’esattezza lunedì 12 ottobre) un sms «da un numero sconosciuto». Recitava il messaggino: «Buongiorno, don Maurizio, sono Gianluigi Nuzzi, scrittore e conduttore di Quartogrado su Rete4. Volevo chiamarla per parlarle brevemente di una cosa. Quando posso disturbarla? Grazie. A presto».

«SERVI DELLA VERITÀ». Cortesemente, don Patriciello decide di chiamare direttamente il giornalista. E al telefono Nuzzi, ricorda il sacerdote, «mi chiede se ho avuto modo di leggere qualche suo libro. Risposta affermativa. Aggiungo che non sono di quelli che a tutti i costi vogliono difendere chi si è reso colpevole di scandali e abusi nella Chiesa. Siamo servi della verità non della menzogna. Nuzzi mi propone di essere accanto a lui a Roma il giorno 9 novembre 2015 quando in una “importantissima conferenza stampa” presenterà il suo ultimo libro». Si tratta, ovviamente, di Via Crucis, il libro di prossima uscita in cui il cronista di Mediaset pretende di smascherare “da registrazioni e documenti inediti la difficile lotta di papa Francesco per cambiare la Chiesa”, per dirla con il sottotitolo. Insomma uno dei due volumi che secondo le ricostruzioni degli investigatori del Vaticano sarebbero frutto delle trame dei presunti “corvi”.

«L’EDITORE NON È D’ACCORDO». Continua il “prete antiroghi”: «”Perché mai avrà pensato a me?”, mi domando. Gli chiedo, allora, di inviarmi subito il libro per poterlo leggere e meditare con serenità per poi decidere di conseguenza. Nuzzi si segna il mio indirizzo e-mail e ci salutiamo. Dopo qualche giorno ritelefona. Comprendo subito che ha difficoltà a mandarmi il libro, per cui senza perdere tempo gli dico: “Gianluigi, guarda che stai parlando con una persona seria…”. Il libro non arriva. Ancora qualche giorno e richiama: “L’editore – dice – non è d’accordo sull’invio”».

LA “SPIEGAZIONE”. Il parroco di Caivano a questo punto darebbe per seppellita la cosa. Invece Nuzzi non ha intenzione di rinunciare a un possibile testimonial così prezioso: «Mi propone di venire a Napoli personalmente per “spiegarmi” il libro», scrive don Patriciello. Il sacerdote, «basito», si trova a dover ricordare al celebre giornalista che «un libro si legge e non si spiega». Glielo dice, eppure l’interlocutore «insiste». Nella visione di Nuzzi, il prete della terra dei fuochi avrebbe dovuto accettare di «commentare il libro in una “conferenza stampa internazionale”» fidandosi ciecamente di «quella “spiegazione”». Tocca di nuovo al don, dunque, ricordare al famoso cronista le regole base della comunicazione: «Posso eventualmente parlare solo di ciò che conosco».

UNA SENSAZIONE. La vicenda si chiude nel più meschino dei modi. Conclude Patriciello: «Nuzzi annota di nuovo il mio indirizzo promettendo di inviarmi il libro. Il libro non è mai arrivato. E lo scrittore non si è fatto più sentire. Sono rimasto con la sensazione che volesse tirarmi un tiro mancino. Da questi strani modi di fare, naturalmente, sono distante mille miglia. Forse Nuzzi non poteva immaginarlo». O forse Nuzzi poteva immaginarlo benissimo, osserva il direttore di Avvenirerispondendo alla lettera, «ma ci ha provato ugualmente».

UN TESTIMONIAL “DOC”. «Da professionista capace e meticoloso qual è», prosegue Tarquinio, «è evidente, infatti, che il giornalista-scrittore avrebbe tutto l’interesse a sbandierare anche testimonial “doc” in tonaca o in clergyman. Buoni sacerdoti allineati dietro un tavolo o in prima fila a una conferenza stampa gli risulterebbero utilissimi per accreditare l’idea che la sua non sarebbe ciò che purtroppo è: un’operazione mediatica tecnicamente ben congegnata e però in sé opaca e segnata da profili morali assai discutibili. “Presentatori” così gli sembrano indispensabili per continuare a sostenere, con qualche speranza di essere creduto, che il suo nuovo libro – già tradotto in diverse lingue e destinato ad almeno 19 diversi mercati editoriali – non è prima di tutto un affare e un attacco alla Chiesa, ma un’opera buona a sostegno della persona del Papa».

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Vatileaks bis.
Vendete pure i vostri libri ma non rifilateci la balla che lo fate per papa Francesco 

di Pietro Piccinini

«Bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa», scrive la Sala stampa vaticana. Ma Nuzzi e Fittipaldi non lo evitano assolutamente. Anzi

La notizia è semplice e ormai risaputa da tutti. Come si può leggere nel comunicato diffuso ieri dalla Sala stampa vaticana, sono stati arrestati «monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e la dottoressa Francesca Chaouqui (poi subito rilasciata, ndr), che in passato erano stati rispettivamente segretario e membro della COSEA (Commissione referente di studio e indirizzo sull’Organizzazione delle Strutture Economico-Amministrative della Santa Sede, istituita dal Papa nel luglio 2013 e successivamente sciolta dopo il compimento del suo mandato)».

Si tratta di due persone nominate da papa Francesco all’interno della famosa commissione istituita (e poi lasciata decadere, dettaglio non indifferente) dallo stesso Pontefice allo scopo di riformare l’amministrazione delle finanze della Chiesa: monsignor Vallejo Balda e Francesca Chaouqui sono accusati dagli inquirenti vaticani di aver rubato e poi ceduto «notizie e documenti riservati». Tutta “ciccia” che sarebbe stata trafugata per andare a riempire le pagine due libri in uscita proprio in questi giorni – i quotidiani lo danno per certo all’unanimità, ma è la stessa Sala stampa a giustificare il collegamento nella nota.

Naturalmente i giornali di oggi si sforzano di spiegare protagonisti e moventi di questo nuovo “Vatileaks” in tutte le maniere possibili. Alcuni anche involontariamente rivelando la propria stessa ipocrisia, nel tentativo quasi smaccato di far passare contemporaneamente il “corvo” degli ultimi mesi di Benedetto XVI come un eroe della trasparenza e quelli (presunti) di papa Francesco come «torbidi manovratori». Ma questo è un altro tema. Non interessa qui dare da bere ai lettori inutili interpretazioni dietrologiche del caso, perché non è intenzione di Tempi aggiungere confusione alla confusione.

Gli unici fatti noti non filtrati da occhi e mani quanto meno sospette sono abbastanza chiari per capire cosa stia accadendo davvero. C’era una commissione incaricata dal Santo Padre di suggerire al Papa stesso ipotesi di riforme “economiche” da imprimere al Vaticano nel segno della trasparenza e dell’efficacia della carità. La commissione ha terminato il proprio mandato, sulle riforme seguite si può discutere ma sicuramente il suo mandato non era quello di spifferare in giro dati riservati e presunti “scandali” finanziari riguardanti questo o quel prelato. Punto.

La nota dell’ufficio comunicazioni della Santa Sede guidato padre Federico Lombardi si conclude con due paragrafi abbastanza netti. Eccoli:

«Quanto ai libri annunciati per i prossimi giorni va detto chiaramente che anche questa volta, come già in passato, sono frutto di un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa e, per quanto riguarda gli autori, di una operazione per trarre vantaggio da un atto gravemente illecito di consegna di documentazione riservata, operazione i cui risvolti giuridici ed eventualmente penali sono oggetto di riflessione da parte dell’Ufficio del Promotore in vista di eventuali ulteriori provvedimenti, ricorrendo, se del caso, alla cooperazione internazionale.

Pubblicazioni di questo genere non concorrono in alcun modo a stabilire chiarezza e verità, ma piuttosto a generare confusione e interpretazioni parziali e tendenziose. Bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa».

Del resto non ci vuole un gran paladino della legalità, e nemmeno una guardia svizzera di comprovata fedeltà papista, per capire che rubare e ricettare documenti e informazioni (addirittura registrazioni di colloqui privati) non è un gran bel modo di servire una qualunque causa, per nobile che sia. Stupisce perciò, anzi fa ridere, che Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi, il giornalista dell’Espresso e il suo collega di Mediaset autori dei due libri maltrattati da padre Lombardi, scelgano di difendersi dalle accuse di ricettazione dichiarandosi praticamente banditi gentiluomini al servizio del bene.

Ieri Fittipaldi in una intervista alla tv di repubblica.it non si è neanche preoccupato troppo di smentire l’ipotesi che siano i due arrestati dalla gendarmeria vaticana le fonti del suo libro Feltrinelli. Libro che per altro si intitola Avarizia (ah, come si divertono i laicissimi di Repubblica a distribuire condanne per i peccati degli altri). La cosa che invece «è importante sottolineare» della sua opera, dice Fittipaldi, è che «non parla di Francesco. Parla della Chiesa che sembra molto lontana dai dettami e dal credo di Francesco». «E che resiste al suo tentativo di trasformazione», lo imbecca la collega di Repubblica. «Beh – conferma lui – resiste perché basta che uno legge il libro e si accorge che si comportano in maniera molto diversa da come il Papa vorrebbe».

Quanto a Nuzzi poi, già referente mediatico del corvo dei tempi di Ratzinger, in una intervista a Libero oggi si vanta di aver scritto un libro, Via Crucis, che parla «principalmente di questioni economiche, ma anche delle difficoltà oggettive che il Papa sta incontrando all’interno della Curia romana». Neanche passa per l’encefalo, al coraggioso Nuzzi, l’idea di essere diventato parte di quelle «difficoltà oggettive» con il suo fortunato volumetto. Anzi: Via Crucis «dà fastidio ancora prima che sia distribuito. Evidentemente fa paura a qualcuno in Vaticano». Inutile chiedere a chi: ovvio, «a coloro che stanno ostacolando le riforme di papa Francesco».

Conferma Lorenzo Fazio di Chiarelettere, editore di Nuzzi nonché azionista del Fatto quotidiano (a proposito di paladini della legalità): «È il terzo libro sul Vaticano di Gianluigi Nuzzi e continuiamo il nostro lavoro di editori, che consiste prima di tutto nel far venir fuori le verità che non vengono rivelate. Abbiamo la possibilità di avere documenti inoppugnabili e di far venir fuori problemi sconosciuti, che tante persone che seguono papa Francesco altrimenti non saprebbero e per questo li pubblichiamo. Pensiamo di fare un’opera giusta e di aiutare anche papa Francesco nella sua opera di rinnovamento che passa attraverso un cambiamento in Vaticano e nella curia».

Ecco. È difficile stabilire a priori se un Vatileaks 2 alla fine servirà o meno alle auspicate riforme di Bergoglio. È improbabile che un’operazione mediatica così torbida si tramuti misteriosamente in un miracolo di trasparenza. Ma le vie del Signore sono infinite. Tuttavia per ora l’unica certezza è che la fuga di notizie servirà a portare tanta misericordia nelle tasche di Nuzzi, Fittipaldi e dei loro gruppi editoriali di riferimento. Sarebbe più nobile non tentare di turlupinare anche i lettori.
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