NFD Il Blog
  • HOME
  • FOCUS ON
    • MONDO OGGI
    • CHIESA OGGI
  • CHIESA CATTOLICA
    • FONDAMENTALI >
      • I 10 COMANDAMENTI
      • I 5 PRECETTI GENERALI DELLA CHIESA
      • 54 MODI DI ESSERE MISERICORDIOSI DURANTE IL GIUBILEO
      • 12 MODI PER ESSERE CATTOLICI MIGLIORI
      • GALATEO IN CHIESA
      • REGOLE PER I LETTORI
      • ATTENTI A MESSA
      • CIRCOSTANZE IN CUI BISOGNA EVITARE DI COMUNICARSI
      • DECALOGO DEL CHIRICHETTO
      • 17 SCUSE - SMONTATE - PER NON ANDARE A MESSA
    • RIFLESSIoni DI LUCE >
      • RIMEDITIAMOCI SOPRA >
        • ANNO B 2014-2015
        • ANNO C 2015-2016
        • ANNO A 2016-2017
        • ANNO B 2017 - 2018
        • ANNO C 2018 - 2019
        • ANNO A 2019-2020
        • ANNO B 2020 - 2021
        • ANNO C 2021 - 2022
      • SANTE PAROLE
      • RIFLESSIONI
      • VITA E DETTI DEI PADRI DEL DESERTO
    • UN SACERDOTE RISPONDE
    • ESAME DI COSCIENZA
    • LITURGIA
    • LECTIO BREVIS
    • PREGHIERE
  • NOVELLE MODERNE
  • MEDIA
  • DOWNLOAD
  • LINKS

IL CASO RIPA DI MEANA                                                                                      Marina, morte-spot per l'eutanasia. E i Radicali mietono

8/1/2018

0 Commenti

 
di Benedetta Frigerio

​
Il caso della celebrità italiana nota per aver condotto una vita senza limiti e che ha usato "sessantottinamente" il suo corpo per poi chiedere l'eutanasia, ha fatto gola ai Radicali che l'hanno usata come trofeo della vittoria politica sul "testamento biologico", giocando sul concetto di sedazione profonda.

***

Usata dai Radicali come trofeo della vittoria sul “testamento biologico”, Marina Ripa di Meana ha deciso di morire a 76 anni sotto i riflettori, così come aveva deciso di vivere: “Il mio cinema è la vita che vivo”, disse una volta, e “sono maestra nell'arte di far parlare di me… nella vita ci si può inventare tutto” (come non ricordare lo spot animalista in cui si lasciò fotografare nuda scrivendo sotto la sua immagine che i suoi erano gli unici peli che non si vergognava di indossare). 

Così come è vissuta, scegliendo di credere nel self-made-man padrone del suo destino e nel dio della natura, affetta da anni da un tumore non ha chiesto di essere accompagnata e amata nella sofferenza, ma ha, dapprima combattuto “come una guerriera contro la malattia”, ha dichiarato la figlia Lucrezia Lante della Rovere, e poi ha chiamato Maria Antonietta Coscioni, dell’associazione radicale Luca Coscioni, chiedendole di aiutarla ad uccidersi per annunciare poi la modalità con cui si sarebbe procurata la morte in un video messaggio trasmesso dal Tg5. La Coscioni, accanto a Ripa di Meana intubata, ha letto il testamento della malata: “Babbo Natale, le mie condizioni di salute sono precipitate. Il respiro, la parola, il mangiare, alzarmi: tutto, ormai, mi è difficile, mi procura dolore insopportabile: il tumore ormai si è impossessato del mio corpo. Ma non della mia mente, della mia coscienza”. È proprio questa, di fatto, che Ripa di Meana ha usato per scegliere la morte procurata o meglio per “tornare alla terra”, come era convinta lei senza credere che la vita sia eterna e che quella quaggiù serva solo per scegliere fra Paradiso e Inferno. 

In ogni caso, l’attrice ha confessato di aver chiamato Maria Antonietta Farina Coscioni, “persona di cui mi fido e stimo per la sua storia personale”, la quale però non le ha proposto, come farebbe una vera amica, una compagnia nella sofferenza né le ha dato una speranza. In poche parole, i Radicali che hanno offerto il loro “aiuto” alla donna, invece che dirle che avrebbero desiderato la sua presenza in terra fino all’ultimo, essendo pronti a lottare insieme a lei per la vita e a sostenerla nella sofferenza e nel cammino al destino eterno, si sono, come fanno da sempre, leccati i baffi. Soprattutto davanti ad un caso che non avrebbe avuto bisogno nemmeno di essere montato per divenire noto, dato che riguarda una delle donne più note d’Italia. Sarà per questo che non hanno avuto remore nel farle dire una menzogna, ossia che invece che andare in Svizzera, si può “percorrere la via italiana delle cure palliative con la sedazione profonda”. Che è come dire agli italiani: grazie alla nuova legge passata in Parlamento il mese scorso, per farsi uccidere non serve più andare all’estero dove l’eutanasia è legale, basta la “sedazione profonda”, come se questa fosse stata introdotta dalla legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat o “testamento biologico”). In realtà la sedazione profonda è parte delle cure palliative e non c'era bisogno della legge sulle Dat, ma ovviamente può essere usata anche come forma di eutanasia se l'intenzione è quella di affrettare la morte. Su questa ambiguità giocano i Radicali, per giustificare l'atto eutanasico usando quelle che dovrebbero essere solo cure palliative.

Una contraddizione questa che si ritrova nelle stesse parole di Ripa di Meana, che nel 2010 spiegò a Vanity Fair di non avere paura di nulla se non della noia e che il 18 dicembre scorso, ospite del programma tv La Vita in Diretta, ha chiarito che “il male non deve impadronirsi di te, tu non sei la malattia…”, per poi contraddirsi nel video-testamento annunciando che “una persona deve sapere che può scegliere di tornare alla terra senza ulteriori e inutili sofferenze”. Che è come confessare non solo il terrore della morte, ma che alla fine questo, più forte di ogni potere umano, è in grado di uccidere ogni speranza. Dunque, meglio la via di fuga.

Perciò, nello stesso modo in cui aveva predicato la libertà senza vincoli usando "sessantottinamente" il suo corpo come il simbolo della liberazione (”Una volta mi sono dovuta prostituire per procurare la droga a Franco Angeli, il mio compagno dell'epoca. Ho vissuto bene perché sono sempre andata incontro alle mie necessità, alle mie debolezze e ai miei desideri”, ammise in un'intervista al Giornale), Marina Ripa di Meana è morta affermando l’autodeterminazione, rifiutandosi di fidarsi del disegno di Chi, amandola indipendentemente da lei, le ha dato la vita indipendentemente dalla sua volontà e scegliendo quindi di essere artefice della sua morte. 

Il guaio è che in nome di questa libertà molti saranno costretti a morire prima del tempo. Perché non è vero che grazie alla legge sulle Dat chi vorrà potrà farsi uccidere e chi no morirà sicuramente di morte naturale curato e accudito fino all’ultimo come desidera. Questa norma, infatti, creerà una mentalità efficientista e di abbandono terapeutico, facendo sentire i malati che vogliono vivere fino a morte naturale come un peso inutile. Perciò, pur sperando che si sia convertita nella frazione di secondo successiva alla sedazione, il suo gesto finale ha una gravità dalle conseguenze enormi su tutta la società, che oggi più che mai è bisognosa non di aguzzini che offrano la mano per redigere “testamenti biologici”, ma di testimoni capaci di dare tempo, energie, amore, compagnia e quindi la vita, per la vita di ogni malato.
Foto
0 Commenti

CHARLIE E ALFIE, L'EUTANASIA SENZA LA LEGGE

5/1/2018

0 Commenti

 
Dicembre 2016: durante il periodo natalizio, Kate James e Tom Evans, entrambi ventenni, fecero una corsa all’ospedale per ricoverare il figlio Alfie, preda di convulsioni e di un lento e progressivo deterioramento delle funzioni neurologiche acquisite nei suoi primi sette mesi di vita. Fu l’inizio di un lungo ricovero presso l’Alder Hey Hospital di Liverpool, durante il quale le condizioni di Alfie andarono progressivamente deteriorandosi. Attualmente il piccolo Evans è allettato, intubato, in coma, sotto l’effetto di sedativi e farmaci.

A distanza di un anno i suoi genitori, sotto Natale, fanno un’altra corsa, questa volta verso il mondo esterno all’ospedale, tramite Facebook, per chiedere aiuto a strappare loro figlio dall’unica e ultima offerta che viene loro fatta: staccare la spina. Vorrebbero trasferirlo all’Ospedale Bambin Gesù di Roma, dove verrebbe fatto respirare tramite tracheotomia e nutrito tramite PEG, ma la High Court inglese ha rifiutato. Una nuova udienza è attesa prossimamente.
Alfie Evans, ostaggio dell’Alder Hey Hospital, come prima di lui Charlie Guard,ostaggio del Great Ormond Street Hospital, e come prima di loro e dopo di loro, altri bambini, affetti da malattie gravi, dipendenti da supporti intensivi per il sostegno delle funzioni vitali, con o senza diagnosi certa, a combattere per chiedere che la loro vita venga riconosciuta degna di essere vissuta. Ma riconosciuta da chi? Da quegli stessi medici che ogni giorno combattono per rianimare, assistere, curare piccoli pazienti, i neonati, a cui un pesante destino minaccia la vita agli albori della loro vita.

Eppure a quegli stessi medici bisogna implorare un diritto, il diritto alla vita perché in determinate situazioni quando sono al cospetto di bambini che portano sulle loro spalle una patologia grave, di natura sconosciuta, come nel caso di Alfie, o accertata, come nel caso di Charlie, vedono solo un’esistenza inutile, un non senso, un peso, la cui unica soluzione è la sospensione (withdrawing) dei trattamenti in atto.

Ma chi sono questi sanitari che da un lato curano con tanta dedizione e dall’altro lato eliminano la sofferenza, eliminando il sofferente? Sono medici che lavorano presso due ospedali, rispettivamente il Great Ormond Street Hospital for Children(GOSH) di Londra e l’Alder Hey Childern’s Hospital di Liverpool, due eccellenze nel sistema nazionale di assistenza sanitaria inglese (National Health Service, NHS). Il GOSH è stato il primo ospedale pediatrico sorto su territorio inglese a metà Ottocento, esclusivamente dedicato all’assistenza dei bambini; e il secondo è considerato il più grande ospedale pediatrico del Regno Unito. Non due realtà di periferia, non due ospedali a basse risorse, non due sistemi autoreferenziali. Due ospedali che aderiscono alle linee guida nazionali, ai protocolli internazionali, alle raccomandazioni dell’organo inglese che si occupa di questioni etiche in biologia e medicina, The Nuffield Council on Bioethics. 

Teoricamente il Regno Unito si proclama contrario all’eutanasia, ma i due casi di cui sopra sono due casi sporadici, o sono la punta di un iceberg che sta affiorando, ma preesistente, di una realtà ben più ampia, che finora ha agito indisturbata, e sotto altro nome, il cosiddetto best interest?

Il principio del miglior interesse è centrale nella pratica medica e nella legge inglese. In ogni situazione che interessa il bambino il suo miglior interesse deve essere preso in fondamentale considerazione (The Nuffield Council on Bioethics). Pacifico, ragionevole. Siamo tutti d’accordo che chi prende decisioni su un neonato lo debba fare nel suo miglior interesse. Ma la domanda è: quale è il miglior interesse e chi lo stabilisce? Il grande e reale rischio, e i fatti lo dimostrano, è che l’interesse sia individuato in termini di qualità di vita, controversa e soggettiva categoria, dipendente dai modelli antropologici di riferimento, perdendo di vista l’unica e oggettiva categoria connessa all’esistenza di un essere umano: la sua dignità intrinseca.

Un approccio di questo genere implica che il neonato, il lattante, o prima di loro il feto, siano sotto l’arbitrio di chi deciderà in un verso o in un altro a seconda che la spesa della società sia prioritaria su quell’essere umano, il peso per la famiglia su quell’altro essere umano, il non corrispondere agli standard di normalità su quell’altro.
Se si procede nella lettura del The Nuffield Council on Bioethics, così si pronuncia riguardo alle decisioni: genitori, medici e altri soggetti coinvolti nel processo decisionale possono avere idee diverse su ciò che è nel migliore interesse del bambino; oltre alla soggettività quindi il rischio di contrasto tra le parti. In questi casi in Inghilterra, come in altri Paesi europei, i desideri dei genitori vengono sottoposti alla decisione dei tribunali (Medical and Legal Establishments). Una vittoria per Charlie, o per Alfie, costituirebbe un pericoloso precedente per queste potenti istituzioni, che non avrebbero più la prima e ultima parola.
Vi è ancora un ultimo punto da chiarire su come sia riuscita ad entrare l’eutanasia in un Paese che si dichiara contro l’eutanasia: abbiamo visto la “porta”, il miglior interesse; abbiamo visto la modalità in caso di contenzioso, l’Alta Corte; ma ci manca il “mezzo”, ovvero la prassi. Esiste un vero e proprio protocollo, il Liverpool Care Pathway (LCP), che descrive la procedura per la sospensione di nutrizione e idratazione. Introdotto per procurare la morte a pazienti anziani, non necessariamente vicini alla morte - le cifre parlano di circa 130 000 morti all’anno - è stato presto esteso ai bambini.

La testimonianza di un medico inglese rimasto nell’anonimato descrive che dal momento in cui si inizia la procedura passano mediamente dieci giorni, in cui il bambino diventa progressivamente più piccolo e disidratato (smaller and shrunken) fino alla morte. L’essere testimoni di questa procedura viene descritta come un orrore, sia per i parenti sia per il personale sanitario.
Viene inoltre invocato, dal punto di vista morale, il principio del duplice effetto per procurare la morte a un neonato (The Doctrine of Double Effect). Ovvero viene somministrato un farmaco antidolorifico, in sé non letale, ma a dosi letali. Si tratta in realtà di un’errata applicazione della suddetta dottrina in quanto il fine è quello di procurare la morte, anche se si utilizzano mezzi apparentemente buoni.

Curiosamente Charles Dickens, nel 1858, in una serata di beneficienza con la lettura del Canto di Natale (A Christmas Carol), raccolse fondi e risollevò le finanze del Great Ormond Street Hospital, che versava in una grave crisi finanziaria. Il racconto di Dickens è un forte invito alla rinascita morale della società, accecata dall’egoismo e dall’indifferenza per i più poveri e più deboli. Alla luce dei fatti, forse tornare a meditare il Canto di Natale è l’ultima vera salvezza, non solo per quell’ospedale, ma per l’intera società.
0 Commenti

    Feed RSS

    Archivi

    Gennaio 2022
    Novembre 2021
    Ottobre 2021
    Luglio 2021
    Giugno 2021
    Maggio 2021
    Febbraio 2021
    Gennaio 2021
    Novembre 2020
    Aprile 2020
    Agosto 2019
    Novembre 2018
    Ottobre 2018
    Agosto 2018
    Gennaio 2018
    Dicembre 2017
    Ottobre 2017
    Settembre 2017
    Agosto 2017
    Luglio 2017
    Giugno 2017
    Maggio 2017
    Aprile 2017
    Marzo 2017
    Gennaio 2017
    Dicembre 2016
    Novembre 2016
    Ottobre 2016
    Settembre 2016
    Agosto 2016
    Luglio 2016
    Maggio 2016
    Marzo 2016
    Febbraio 2016
    Gennaio 2016
    Dicembre 2015
    Novembre 2015
    Ottobre 2015
    Settembre 2015
    Agosto 2015
    Luglio 2015
    Giugno 2015
    Maggio 2015
    Aprile 2015
    Marzo 2015
    Febbraio 2015
    Gennaio 2015
    Dicembre 2014
    Novembre 2014
    Ottobre 2014
    Settembre 2014
    Agosto 2014
    Luglio 2014
    Giugno 2014
    Maggio 2014
    Aprile 2014
    Marzo 2014
    Febbraio 2014

Foto