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OGGI UCCIDONO CHARLIE MA SIETE VOI CHE MORITE

30/6/2017

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O forse siete già morti e non vi siete accorti.

Quando dite 'staccano i macchinari' per non dire che lo soffocano, siete morti.

Quando vi mettete a cavillare sulla 'qualità della vita', siete morti.

Quando affermate che 'la vicenda è complessa e per il bimbo non c'era nulla da fare', siete morti.

Quando chiedete se la cura americana sarebbe stata efficace oppure no, siete morti.

Quando non vi fate neanche una domanda sul perchè abbiano deciso i giudici o sul perché non hanno dato ai genitori nemmeno la possibilità di portarlo a morire a casa nel suo lettino, siete morti. Ma morti tanto.

A Charlie daranno la morfina per non sentire il dolore, ma voi siete così morti che non sentite niente già da vivi. Oggi Charlie viene ucciso ma vive glorioso nella vita eterna dove arriverà dopo il suo Venerdì Santo. Voi invece resterete morti. Morti sani, s'intende. E morti schiavi.

Questa umanità muore ogni volta che legalmente e intenzionalmente uccide uno dei suoi figli più fragili nell'indifferenza generale. Anche di chi si professa cattolico. Oggi Charlie vive. Charlie é tanto amato. Prega per noi.
​
Raffaella Frullone
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LA DISCRIMINAZIONE "ALLA ROVESCIA"

28/6/2017

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di don Aldo Buonaiuto

Ormai possiamo dirlo. Nella cultura occidentale il posto dell’Onnipotente è stato preso da certi signori medici e da alcuni giudici dei Tribunali. E così ormai la vita del piccolo Charlie Gard potrà essere da un momento all’altro infranta.

A deciderlo, dopo giorni di trepidante attesa, la Corte europea dei diritti dell’uomo. Alla faccia della salvaguardia dei diritti! L’unico diritto che trionfa, in questo caso, è quello di persone estranee alla vita di questo bambino, a sopprimerlo a tutti i costi, nonostante i genitori abbiano supplicato di potersene prendere cura tentando un’ultima strada negli Stati Uniti.

Questo fatto drammatico è l’ennesima sconfitta di un Occidente che si autocondanna a perire. Non c’è bisogno di nessuna sentenza, giudice, corte, per affermare che è nella natura di ogni bambino il desiderio di vivere. Sarebbe bastato mettere il piccolo Charlie e i suoi genitori soltanto nelle condizioni di sperare in un miracolo.

Ma di fronte a questo scempio, non si può non denunciare il silenzio assordante di quelle personalità istituzionali che si proclamano così attente alla dignità umana; ancora una volta ci lasciano sgomenti i troppi “Ponzio Pilato” che faranno finta di non essere complici di questo delitto. L’eutanasia è direttamente e indirettamente diventata una prassi tollerata, dove non è più la persona al centro bensì per molti la libera determinazione della vita umana.

Al giorno d’oggi, è considerato un diritto trasferirsi all’estero per poter morire, quando il proprio ordinamento giuridico non contempla l’eutanasia. Ma non è consentito il contrario, cioè emigrare, stavolta dai Paesi in cui la cosiddetta “dolce morte” è legale, per poter coltivare la speranza di continuare a vivere.

La libertà è scaduta in un liberalismo degradante. Altro che “dolce morte”, questa sentenza lascia amarezza nel cuore di tanti altri bambini e dei loro genitori che in una situazione simile si vedranno privati di ogni speranza. La loro unica colpa è quella di essere malati. Saranno condannati a morte per questo.

Di quale dignità possiamo parlare ai nostri figli se tutto è diventato così soggettivo e relativo? Nel calderone del relativismo pratico, perdono ogni senso parole come diritto e dignità. Ed è in nome del relativismo che scorciatoie come l’eutanasia servono per recidere il legame tra il Creatore e le Sue creature.

La mia speranza è che tutti coloro che credono nella vita, a partire dai cristiani, sentano insopportabile questa ingiustizia e di conseguenza avvertano il bisogno di non tacere. Vorrei vedere schiere di persone scendere nelle strade di tutto il mondo per urlare un netto “no” a questo verdetto di morte. Vorrei vedere nei nostri volti di cristiani le stesse espressioni di coraggio che caratterizzano i martiri. Non dobbiamo temere di essere scherniti e insultati, come insegna Gesù nel definire “beati… quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia”. Difendere l’altro è sempre un principio assoluto, anche quando le avversità sembrano prevalere. Nella difesa della vita del piccolo Charlie Gard c’è la difesa della vita di tanti piccoli che hanno bisogno di noi.
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E’ MORTA LA CIVILTA’ EUROPEA. - 4 Riflessioni

28/6/2017

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''Non temo le parole dei violenti (anche) ma )soprattutto) il silenzio dei giusti.''    

NELL'INDIFFERENZA TOTALE IERI E’ MORTA LA CIVILTA’ EUROPEA.    


Charlie Gard, ostaggio dell'Ormond Hospital di Londra.
​Condannato a morte da quattro corti, tra cui la Suprema Corte di Inghilterra e la Corte Europea dei diritti umani….sarebbe giusto dire DISUMANI|

​PREGHIAMO PER CHARLIE E PER I SUOI GENITORI!

"Charlie Gard sarà eliminato.

Nell'Europa dell'accoglienza, dei «muri da abbattere», delle Ong, del contrasto al global warming, delle specie protette, della parità di genere e dei diritti civili - ha stabilito la CEDU - non c'è posto per un bambino gravemente malato.
Prima lo sospettavo, ora ne sono certo: l'Isis non sta distruggendo l'Occidente. Sta solo finendo il lavoro."
​ ( Giuliano Guzzo )

Charlie Gard #charliesfight

La #PREGHIERA col cuore è l'unica strada di fronte questa orribile tragedia.
Di fronte al #SACRILEGIO per la condanna a #morte di un'anima #innocente, la preghiera rimane l'unica via. La preghiera come grido da innalzare al CIELO, ancora più forte. Vi invitiamo a pregareoggi, ciascuno e insieme, uniti nelle nostre case. Affinchè il #POPOLO di Dio si stringa attorno a questa povera #famiglia. 

Un figlio malato è quanto di più straziante possa esistere per il cuore di due genitori.
L'amore, già enorme, si moltiplica divenendo santo e luminoso; il cuore, simile al capo di Gesù: un groviglio di acuminate spine.
Le stigmate si aprono sotto i colpi di martello, i chiodi le schiudono tra fiotti di sangue bollente.
Il "Sinedrio" ha deciso, Pilato ha sentenziato, il popolo non è intervenuto.
Che la morte imperi
sulla vita dei sofferenti, dei malati, degli indifesi e degli innocenti.
Fate pure... poi Dio avrà la sua ora e voi l'eternità che vi siete meritati
​
Roberto Bonaventura
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IL SORRISO DENTRO. DI EMANUELE E DI CHARLIE

27/6/2017

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di Maddalena Negri, 26 Giugno 2017

Il dipinto che vedete si intitola “La misericordia scende dal cielo”, ed è stato realizzato l’anno scorso da Emanuele Campostrini, piccolo artista lucchese, che non ha ancora compiuto il doppio lustro, in occasione del concorso UCAI che aveva per tema La misericordia.
Foto
Tanti sorridono, molti anche in modo falso ed ipocrita, riuscendo ad ingannare gli altri delle proprie vere intenzioni.

“Mele”, questo il suo nome d’arte, «sorride dentro», fa notare la sua mamma; non solo: esprime se stesso attraverso l’arte visiva.

Mele, Emanuele Campostrini ha 9 anni e la medesima malattia di Charlie Gard, la cui vita è appesa alla corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che ha chiesto di non sospendere il sostegno vitale, finché non avrà emesso la sentenza (10 luglio 2017).

[Emanuele Campostrini] nasce a Camaiore nell’aprile del 2008 e oggi vive a Pian di Conca, un piccolo paese della provincia di Lucca. Alla sua nascita mamma Chiara e Papà Massimo hanno già un bimbo di due anni e dopo di lui arriverà anche una sorellina. Circa al secondo mese, il neonato inizia a dare i primi segnali: crisi epilettiche importanti che non promettono nulla di buono. Data l’estrema rarità della malattia, la diagnosi arriva dopo circa un anno, ma già dai primi sintomi il bambino subisce un peggioramento velocissimo, tanto che riceve il Battesimo e la Cresima con il rito per i bambini prossimi alla morte. Ad oggi la cura per la guarigione di Emanuele non esiste e pare che la scienza sia ancora molto lontana dal conoscerla, esistono però terapie palliative che lo possono fare stare meglio. Intanto il suo male procede procurandogli devastanti alterazioni neurologiche, respiratorie, motorie e sensoriali. Ha continui movimenti involontari. Non riesce più a mangiare e viene nutrito con un sondino nasogastrico oltre ad un ventilatore elettrico per respirare. Ogni giorno ha crisi epilettiche di gravità variabile. A volte perde conoscenza, deve essere aspirato meccanicamente e rianimato con un pallone autoespansibile o con la respirazione bocca a bocca. È sordo e parzialmente cieco. È tetraplegico e il suo corpo è abbandonato come quello di una bambola di panno. Ma conserva la mobilità del capo e delle mani.

Perché vi parlo di Emanuele?

Perché ha 9 anni ed è affetto dalla sindrome della deplezione del Dna mitocondriale, la medesima patologia di Charlie Gard (il bambino la cui vicenda ha scosso, turbato e commosso il mondo intero):  questo aiuta anche i più profani a comprendere l’aspettativa di vita che attenderebbe Charlie, a cui lo staff ospedaliero ha chiesto ai giudici sia sospeso il sostegno vitale, nonostante l’opportunità ormai concreta di una cura in America, poiché, essa, a detta loro, “prolungare il processo di morte” (Fonte: Il Foglio).

Emanuele non corre, non cammina, non si rotola nell’erba, non ha neppure controllo dei propri arti, non dice le parolacce, non legge né scrive.

Quindi, non si può dire che sia un bambino come tutti gli altri. Però è un artista: dipingendo, dimostra il suo esistere e l’estensione della sua anima che, lungi dall’essere immobile, è dinamica e mostra al mondo il suo sguardo.

Diverso dalla norma, forse, ma non meno vero ed autentico, nella sua esplosione di vita che, incapace di comunicare attraverso il proprio corpo, di cui non riesce ad avere pienamente controllo, è però capace di esprimersi tramite i capolavori che crea: una girandola di colori vivaci, un abbraccio di forme, che svela il suo mondo interiore, di fantasia e creatività.

«Sono sempre più forti le pressioni per la legalizzazione dell’aborto nei Paesi dell’America Latina e nei Paesi in via di sviluppo, anche con il ricorso alla liberalizzazione delle nuove forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva: si incrementano le politiche del controllo demografico, nonostante che siano ormai riconosciute come perniciose anche sul piano economico e sociale. Nello stesso tempo, nei Paesi più sviluppati cresce l’interesse per la ricerca biotecnologica più raffinata, per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo fino alla ricerca ossessiva del “figlio perfetto”, con la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione. Una nuova ondata di eugenetica discriminatoria trova consensi in nome del presunto benessere degli individui e, specie nel mondo economicamente progredito, si promuovono leggi per legalizzare l’eutanasia. […]» (Benedetto XVI, assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita, 24 febbraio 2007) .

Non fosse per la datazione, verrebbe da pensare che siano parole pronunciate in questi nostri giorni, tanto sono attuali.

Più avanti, nella medesima occasione, il pontefice ha modo di concludere: «[…] Quando è in gioco il valore della vita umana, questa armonia tra funzione magisteriale e impegno laicale diventa singolarmente importante: la vita è il primo dei beni ricevuti da Dio ed è fondamento di tutti gli altri; garantire il diritto alla vita a tutti e in maniera uguale per tutti è dovere dal cui assolvimento dipende il futuro dell’umanità».

Si sente spesso parlare di diritti, diritti umani.

Ma quale libertà può esistere, se non è prioritario il diritto alla vita, senza ch’essa sia imbrigliata in falsi schemi mentali, restrittivi, unicamente basati sulla salute e sulla perfezione fisica.

Un malinteso desiderio di bene ci porta, per lo più, attraverso il desiderio di potere e controllo, anche sugli altri, alla creazione di una società distopica, in cui la tanto sbandierata diversità, invece che essere valorizzata, è – al contrario – annientata nel modo più annichilente possibile.
Ognuno è perfetto, nella sua imperfezione.

E, attraverso la sua imperfezione, forse, ha l’arduo compito di spalancare gli angusti orizzonti di noi che ci illudiamo di essere “sani”.
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UN'OSTIA SOLLEVATA PER CONFERMARE GLI INCREDULI: IL PRODIGIO PUBBLICO DI LOURDES

18/6/2017

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In tempi in cui la fede nella presenza reale del Corpo e del Sangue di nostro Signore nelle specie eucaristiche, viene sempre meno, dal Cielo arrivano prodigi inequivocabili. Come è il caso del prodigio eucaristico di Lourdes che ha dell’incredibile ma è praticamente sconosciuto. Eppure non mancherebbero le prove documentali per attestare il prodigioso di un’ostia che si eleva rimanendo sospesa in aria. 

La particola infatti si alza dalla patena mentre il celebrante sta consacrando e rimane sospesa per tutta la preghiera eucaristica. Il fatto è realmente accaduto, ma nonostante esista una documentazione video inequivocabile, con tanto di perizia giurata di un esperto video, solo alcuni giornali ne hanno parlato. E ancor meno studiosi se ne sono interessati. 

Però dopo 18 anni qualche cosa si muove.
 Finalmente la registrazione video è arrivata in Vaticano nel marzo scorso all’attenzione del Prefetto del Culto Divini cardinal Robert Sarah. Sarah non è stato il primo ecclesiastico ad esaminarla, ma il suo ruolo di prefetto del culto divino potrebbe essere decisivo nella comprensione anche teologica di questo fenomeno. «Il cardinale è rimasto molto colpito da questo fatto e si è detto felicissimo del prodigio». A riportare le parole del prefetto è Padre Lino Colosio, monaco trappista piemontese che, praticamente nell’indifferenza generale, ha svolto decine di indagini su quel prodigio, scritto ad ecclesiastici per informare del caso ed effettuato perizie tecniche per confutare l’accusa che si tratti di un falso. 


La Nuova BQ lo ha intervistato in occasione della solennità del Corpus Domini, scoprendo che quel prodigio ha anche una valenza simbolico-teologica interessante nel rapporto con gli ortodossi. 

Padre Lino, circoscriviamo il fatto.

Siamo a Lourdes nella basilica inferiore di San Pio il 7 novembre 1999. Nel corso di una solenne Santa Messa concelebrata da circa 120 Vescovi francesi, riuniti in Conferenza Episcopale con altri vescovi ospiti, da circa 650 giovani sacerdoti e da tutti gli Abati e Priori dei monasteri trappisti del mondo.

Le immagini mostrano chiaramente che l’ostia si alza.

Durante la funzione avviene un fatto insolito davanti al vescovo celebrante e ai due concelebranti tre vescovi: mons. Louis-Marie Billé, l’allora arcivescovo di Parigi Jean-Marie Lustiger e l’allora arcivescovo di Bordeaux Pierre Eyt. Mons. Billé ha di fronte a sé sull'altare per “consacrarle” due grandi ostie “dorées” di circa 20-24cm di diametro, usate frequentemente in Francia nelle grandi occasioni solenni, nelle concelebrazioni eucaristiche. All”Offertorio”, le due ostie vengono innalzate ed appaiono nel filmato appoggiate l'una sull'altra, perfettamente aderenti alla patena e tra loro, formando un corpo unico, tanto che non ci si accorge neppure che sono due e non una sola; sono infatti poste sulla patena e vi aderiscono perfettamente. Nel filmato poi si susseguono diverse inquadrature che le riprendono in quella posizione e non ci sono dubbi che le due ostie siano fisicamente appoggiate l'una sull'altra e aderiscano alla patena. 

Ma ad un certo punto le due ostie si sdoppiano, il video mostra chiaramente che quella superiore si stacca dall’altra rimanendo sospesa.
Accade al momento dell'Epiclesi, cioè quando i sacerdoti stendono le mani sul pane e sul vino invocando lo Spirito Santo. Si vede con chiarezza che l'ostia superiore inizia a staccarsi da quella sottostante e si solleva. Una forza-spinta misteriosa e delicata investe l'ostia in modo impressionante e la alza con un movimento rapido e soave insieme, facendola oscillare tre, quattro volte nell'aria, per poi posizionarla orizzontale e lasciarla delicatamente sospesa a circa due centimetri dalla sottostante. Le ostie rimangono così parallele e distanziate fino alla fine del “Canone”. 

Prima obiezione: illusione ottica.
Impossibile. La ripresa televisiva mette in evidenza vari momenti della cerimonia, durante i quali il celebrante si muove, si sposta, ed è così possibile vedere, attraverso le due ostie, una sollevata nell'aria e l'altra aderente alla patena, il colore dei paramenti indossati dal celebrante, le mani, il bianco del camice e della parete di fondo. Inoltre il filmato è abbastanza lungo e ricco di primi piani, offrendo così la possibilità di acquisire, con ragionevole certezza, che non si tratta assolutamente di illusione ottica o di inganno di prospettiva. Ma c’è di più: esperti del settore, dopo attento esame del filmato, hanno escluso nel modo assoluto una manipolazione tecnica delle immagini. Il segnale luminoso è unico e talmente ben inserito nello svolgersi della cerimonia che esclude la possibilità di trucchi e inganni ottici. Ma anche le reazioni dei concelebranti sono evidenti: appaiono sconcertati e perplessi, per non dire imbarazzati, sembrano scocciati di quanto avviene.

A chi ha mostrato queste immagini?
Ho scritto a diversi ecclesiastici e sono stato ad un passo dal fare vedere le immagini a Papa Benedetto XVI, ma purtroppo la persona che era incaricata di farglielo avere se l’è vista inspiegabilmente sottrarre da un monsignore di curia scettico. 
Adesso però il prefetto Sarah l’ha visionata.
Sì e questo è un fatto importantissimo perché il Vaticano può continuare a indagare grazie ai supporti visivi che ho fornito. 

Nel sito che lei cura www.ilpanevivo.org parla di scherzo dello Spirito Santo. Perché? 
Secondo la Chiesa Orientale l'azione consacrante e trasformante dello Spirito avviene  proprio all'Epiclesi, mentre per la teologia cattolica avviene al momento delle parole pronunciate dal sacerdote "Questo è..." sia per il pane che per il vino. Questa levitazione del pane offerto è di un significato profondissimo: Lo Spirito dà un segno manifesto e vivo della sua potente opera santificatrice, che rende presente il Corpo ed il Sangue del Signore Gesù Risorto nel pane e nel vino; appena invocato, scende su di essi, li trasforma, transustanzia, lasciando intatte, per la nostra esperienza razionale e sensibile, le specie eucaristiche; la stessa azione santificatrice è successivamente operata dallo Spirito, trasformando noi che lo riceviamo in Lui, ma lasciando intatta la nostra umanità.
​

Alla messa partecipavano anche esponenti delle Chese orientali?
Sì era presente un vescovo di rito orientale e questo è significativo: la Vergine Immacolata ha compiuto un gesto di comunione per i cristiani tutti, di ecumenismo con la Chiesa Ortodossa e tutte le altre Chiese Orientali, dimostrando che essi hanno ragione in quanto credono e insegnano sul momento preciso in cui avviene la trasformazione-consacrazione delle Offerte nella celebrazione della santa Messa. A loro poi fa sapere che lei è apparsa a Lourdes come Immacolata, anche se molti ortodossi preferiscono ignorare la sua visita e presenza di grazia in quel luogo, perché conferma di un dogma cattolico per loro inutilmente proclamato.
GUARDA IL VIDEO
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L'INGHILTERRA HA DECISO: CHARLIE CONDANNATO A MORTE

9/6/2017

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L'Inghilterra ha deciso: Charlie condannato a morte Ora resta solo la speranza della Corte Europea
di Ermes Dovico

Il Regno Unito non è più un posto sicuro per i bambini. In un’udienza di emergenza, durata poche decine di minuti e svoltasi ieri pomeriggio, tre giudici della Corte Suprema hanno confermato la condanna a morte del piccolo Charlie Gard, il bambino di dieci mesi affetto da una patologia rarissima, autorizzando i medici del Great Ormond Street Hospitaldi Londra a staccare il respiratore che gli fa da supporto vitale, contro la volontà dei suoi genitori che vorrebbero portarlo negli Stati Uniti per una cura sperimentale che ha già avuto successo su almeno due bambini con una malattia simile (come testimonia questo splendido video).
 
Ma non gli è stato permesso, perché Charlie, da quando a otto settimane ha iniziato a manifestare i sintomi della malattia, è diventato prigioniero dell’ospedale londinese, dove i medici hanno presto iniziato a dire che bisognava lasciarlo “morire con dignità”. E i giudici hanno assecondato questa scelta mortifera, pur sapendo della ferma speranza dei genitori Chris e Connie e della loro raccolta fondi - 1,3 milioni di sterline da oltre 83 mila donatori - che consentirebbe tranquillamente di proseguire le cure di Charlie in America.
 
“Come possono farci questo? Stanno mentendo. Perché non dicono la verità?”, ha detto la mamma scoppiando in lacrime subito dopo la decisione della Corte Suprema, che è arrivata addirittura a negare lo svolgimento di un’udienza completa per rivedere meglio il caso di questo piccolo Cristo innocente, condannato perché è la risposta di senso al dolore che il mondo rifiuta di ascoltare.
 
Tre corti su tre, con pareri uniformi e talmente rapidi da restituire un quadro se possibile ancora più inquietante, hanno sentenziato che è nell’interesse del bambino morire, rifiutando di dargli qualsiasi possibilità di sopravvivenza. Per l’esattezza, la Corte Suprema ha chiesto ai dottori di continuare a dare il supporto vitale a Charlie per 24 ore (che scadrebbero alle 17 di oggi pomeriggio, ora inglese, nel più macabro dei conti alla rovescia) per consentire alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di considerare un eventuale ricorso dei genitori, che i legali hanno nel frattempo annunciato di aver fatto. L’interruzione delle cure per il momento dovrebbe perciò essere stata scongiurata e adesso si dovrà attendere il pronunciamento della Cedu, che si spera possa ribaltare l’ingiustizia disumana delle corti inglesi.
 
Ad ogni modo, com’era già di per sé assurdo dover arrivare alla sentenza di una corte, e perfino quella di grado più alto a livello nazionale, per dire che un bambino di 10 mesi può o meno continuare a vivere, lo è a maggior ragione dover ricorrere a un tribunale sovranazionale per affermare un principio così elementare come il diritto alla vita. Un principio sul quale si fonda la stessa convivenza umana e, negato il quale, perde di senso qualunque corte di giustizia di questo mondo, destinata a giudicare arbitrariamente secondo gli interessi dei più forti, a confondere il bene e il male, a sacrificare gli ultimi, i più indifesi, sull’altare di un’ideologia che pretende di sostituirsi a Dio, stravolgendo la morale secondo le proprie convenienze.
 
Abbiamo detto che il Regno Unito non è più un posto sicuro per i bambini, ma è chiaro che la considerazione andrebbe estesa a tanti altri Paesi, compreso il nostro, e retrodatata agli anni ’60-’70, ossia alla comparsa generalizzata nell’Occidente delle leggi contro la vita umana e la famiglia, primo baluardo contro le prepotenze del potere che ha gioco facile nel manovrare a suo piacimento l’individuo isolato.
 
Tra l’altro, per effetto della legge inglese sul fine vita, se i genitori fossero stati d’accordo con i medici, a quest’ora Charlie sarebbe morto da un pezzo: morto per omicidio. Parola che i cultori dell’eutanasia cercano di nascondere, ora stracciandosi le vesti, ora fingendo compassione, ora minacciando querele. Ma è di omicidio che si tratta. Come quello che per un soffio ha evitato di recente la piccola Marwa in Francia, anche lei veramente amata dai genitori, che hanno fatto ricorso contro la decisione dei medici di ucciderla, riuscendo a spuntarla dopo due gradi di giudizio.
 
Ed è sempre l’omicidio quello che dovranno sperare di evitare bambini, minori e incapaci qualora il Parlamento italiano dovesse approvare il disegno di legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento (un ddl ipocrita già dal titolo perché non nomina mai l’eutanasia, pur legalizzandola nei fatti), che come questo quotidiano ha già spiegato introdurrebbe sia l’eutanasia consensuale sia quella non consensuale: se il fiduciario e il tutore dovessero essere d’accordo sulla volontà di dare la morte al paziente – per esempio un neonato o un disabile mentale – non ci sarebbe nemmeno bisogno di ricorrere ai giudici, perché l’atto eutanasico (omicidio) sarebbe considerato del tutto legale. Legale, sebbene profondamente ingiusto.
 
Eppure, la cultura dominante continua a venderci lo slogan dell’autodeterminazione, continua a ingannarci dicendo che lo Stato deve lasciare libero l’individuo di fare quel che gli pare, come se fosse dio di se stesso e slegato da qualunque legame con la comunità, in una fasulla libertà senza limiti, che spalanca le porte del male aumentando a dismisura le possibilità di compierlo, con tutte le garanzie della legge.
 
Ma in realtà, come questo e tanti altri casi recenti dimostrano, l’unico modo libero di “autodeterminarsi” è quello che la cultura dominante vuole, che prima concede la “libertà” di uccidere e poi obbliga a uccidere il più debole, calpestando perfino il diritto di due genitori di provvedere alle cure del loro bambino. È una cultura della morte sempre più pervasiva che rifiuta di confrontarsi con la sofferenza, nega che la vita di quaggiù è un dono in vista della ricompensa celeste per chi riconosce di avere un Padre che lo ama e di aver bisogno di Lui per essere felice. Una cultura della morte che rigetta ogni speranza, non solo quella ultraterrena, ma la stessa speranza in quella scienza umana in cui a corrente alternata i suoi fautori dicono di credere, ignari che la scienza viene da Dio, lo stesso Dio che rifiutano di accogliere nella loro vita.
 
A Charlie, la cui dignità incommensurabile deriva dal suo essere persona e non certo dal suo grado di salute, stanno cercando di togliere anche la speranza di vivere secondo le possibilità che la medicina gli dà.
Don’t take my sunshine away, “non portarmi via la mia luce del sole”, è il sottofondo di uno dei tantissimi video che sono stati dedicati in questi mesi a questa dolcissima creatura. Alla fine del filmato si vedono gli occhioni chiari e risplendenti di Charlie, segno tangibile di una testimonianza d’amore eterno che le tenebre non riusciranno mai a oscurare. Intanto, forza piccolo, tante persone che ti amano stanno pregando per te.
 
Aggiornamento delle 17,15: La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha stabilito che Charlie deve ricevere i trattamenti che lo tengono in vita sino alla mezzanotte di Martedì, al fine di poter valutare il caso.
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ONE LOVE MANCHESTER: UN FUNERALE LAICO

7/6/2017

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ONE LOVE MANCHESTER: UN FUNERALE LAICO DA 10,5 MILIONI DI EURO
DI LUCIA SCOZZOLI

Gloriosa è andata in scena domenica l’epopea di Manchester: il concertone di beneficenza One Love ha raccolto 10.5 milioni di euro, era gremito.

Tanto love a microfoni al massimo: «Guardate verso il cielo e cantate forte» esorta Gary Barlow, «We’re strong…» canta la folla con Robbie Williams, commozione catalizzata con “Angels”, spensieratezza con “Happy” di Pharrel Williams: «Non vedo nessuna paura in questo luogo, solo amore».

Scooter Braun, il manager di Ariana Grande, entra in scena e ringrazia tutti, soprattutto i giovanissimi che sono ancora qui:

Avete fatto qualcosa di grande. Avete sfidato la paura. L’avete guardata in faccia per dirle: Noi siamo Manchester! E il mondo vi sta guardando.

Il manager legge lettere di ragazzine che hanno perso i loro amici. Poi l’ovazione per Ariana Grande, che canta “Let It Go” in felpa bianca su cui campeggia la scritta: “We love (simboleggiato da un cuore) Manchester”. Ariana per il momento non dice una parola. Mentre viene sommersa da una pioggia di festoni rosa, parte il videomessaggio da Stevie Wonder: “Love is the way…”

“Dite a tutti che vi amate!”, e via un tripudio di abbracci e di “I love you” tra il pubblico.

Alla fine “Over the rainbow”, gorgheggiata alla maniera moderna che sembra voler distruggere ogni traccia della canzone originale in cerca di personalità a tutti i costi.

Indicativo, il testo:

Un giorno esprimerò un desiderio su una stella cadente / mi sveglierò quando le nuvole saranno lontane dietro di me / dove i problemi si fondono come gocce di limone / lassù in alto, sulle cime dei camini, è proprio lì che mi troverai / da qualche parte sopra l’arcobaleno / ci sono i sogni che hai osato fare, oh perché, perché non posso io?

Questo concerto ha tutti i connotati di un funerale laico: dentro c’è una gran voglia di speranza, il desiderio di poter esprimere il dolore per le vittime che sono mancate a noi e di poter esorcizzare la paura che possa ricapitare dando concretezza plastica al desiderio di amore che ciascuno può trovare nel proprio cuore, soprattutto i più giovani. E’ un inno all’utopia dell’uomo buono, buono in sé, senza un motivo vero: sogni che aleggiano, e basta. Non ci sono ideali, non ci sono messaggi solidi da masticare duri tra i denti.

Pharrel Williaws canta:

Perché sono felice / Batti le mani se ti sembra di essere una stanza senza un tetto / Perché sono felice / Batti le mani se ti senti che la felicità sia la verità / Perché sono felice / Batti le mani se sai cosa è per te la felicità / Perché sono felice / Batti le mani se senti che è quello che vuoi fare.

Cioè? Io non l’ho mica capito perché sei felice, e mi pare che non l’abbia capito neppure tu, ma va bene così. La felicità è una voluta di fumo inconsistente e fragile: non soffiate, che si spezza.

O Ariana in “Be alright”:

Baby non sai / che tutte le lacrime vanno e vengono / Baby devi solo mettere in ordine i tuoi pensieri / perché ogni piccola cosa andrà bene /staremo bene.

E come no! Staremo bene, tutto si sistemerà, da solo, così, per magia, per inerzia, come se non valesse il secondo principio della termodinamica che ci dice inequivocabilmente che l’entropia vince sull’ordine e che le cose, lasciate scivolare, non finiscono a posto.
In fondo, qual è la scena di Mary Poppins più bella di sempre, quella che nessuno dimentica mai? Il riordino magico della stanza dei bambini: basta muovere un dito, basta volerlo, e tutto si sistema. È il sogno dell’umanità, e i giovani ci credono per davvero!

Più si è giovani, più si coltiva l’utopia che il bene capiti, che la fortuna ci caschi addosso, che le opportunità si trovino per strada, che gli uomini tendano al bene, che basti lasciarsi trascinare dalla corrente per arrivare ad una meta.

Poi crescendo l’esperienza insegna tutt’altro: gli uomini sono malvagi, alcuni sempre, altri solo a tratti, tutti qualche volta. Il bene, la pace, la concordia, tra amici, vicini di casa, concittadini, ed extracomunitari non capitano né capiteranno mai se qualcuno, anzi, se molti non ci metteranno tutto il loro impegno e la loro fatica in tal senso.

Non mi pare di aver captato questo messaggio di impegno nel concerto: nessuno ha chiesto ai ragazzi cosa sono disposti a sacrificare per questo love.

Le canzoni non sono tutte uguali: c’è un tempo per ridere, un tempo per piangere, un tempo per divertirsi e uno per riflettere.

Gli adolescenti amano la musica (anche gli adulti a dire il vero) perché con il canto si possono esprimere tutti i sentimenti che tengono in ostaggio il cuore umano, dai più laidi e biechi, ai più eterei e nobili. Si canta ai funerali come alle feste e quando ancora le parole non sanno descrivere con esattezza quello che ci agita, restiamo facilmente rapiti da una musica che si fa interprete estemporanea di un nostro stato emotivo. Per questo un concerto per le vittime di un attentato in sé non è un’idea sbagliata. Tutto dipende da cosa poi canti al concerto: se ci si sgola tutti insieme solo per dimenticare la gravità di un momento, il concerto si fa semplice evento di evasione, non di commemorazione, e perde ogni sua valenza di utile sociale, non aiuta a prendere coscienza né ad elaborare un dramma. Semplicemente rimanda ad altri momenti (probabilmente privati) l’incontro con se stessi nella tristezza.

Mi sarebbe piaciuto ascoltare una canzone come “Figlio di un re” di Cremonini, ad esempio:

Puoi chiamarti dottore, puoi chiamarti scienziato, puoi cambiare il tuo cognome e usare un nome inventato, puoi persino morire: comunque l’amore è là dove sei pronto a soffrire.

Ma ce ne sono molti altri, di testi seri ed impegnati, che cercano di dire qualcosa di più del leggiadro “divertiamoci” e “non preoccupiamoci”, anche perché i giovani posso reggere l’urto di una verità più robusta di questa laida melassa. Gli adolescenti bruciano del sacro fuoco della passione per la verità, che vanno cercando in ogni dove, andando dietro a tutte le chimere volanti che incontrano per caso, soprattutto se in famiglia, a tempo debito, non è stata seminata in loro qualche coordinata, qualche dritta su dove si trova la “roba buona”, cioè quella vera.

L’amore non è solo un sentimento di commozione condivisa con le luci abbassate mentre si canta in coro over the rainbow: è la scelta del bene, per sé e per gli altri, in ogni occasione possibile. Ubriacarsi al sabato sera, sballarsi di canne, darsi via nella prima relazione che capita non significa “love”, ma autodistruzione. Anche questo non mi pare che si sia capito, al concerto.

Su Avvenire abbiamo letto le parole di Ognibene:

È bello, e pieno di senso allora, vedere e sentire nostre le lacrime dei quindicenni che a quella speranza forse non sanno dare un nome, ma la sentono pulsare inestinguibile ascoltando una vecchia canzone che li invita, proprio quando la paura morde, a cercare qualcosa che c’è di sicuro. Non è difficile trovarla: è là, da qualche parte, oltre l’arcobaleno…

A me non pare molto bello che gli adulti si sentano rappresentati dalle lacrime degli adolescenti, che non abbiano da dire loro nemmeno una parola in più, che ci si debba accontentare, tutti quanti, di un momento di commozione indistinto, indirizzato verso una vaga speranza in non si sa cosa, non si sa chi, come ubriachi che non riescono ad infilare il buco della serratura con la chiave, che non mettono a fuoco la strada, che non sanno dove sono né dove vanno. Ma si sentono benissimo, inebriati dal nulla, cullati dalla montata di endorfine risalita con la consumazione del rito condiviso del sentimentalismo. Se fossi una quindicenne come quelle di Manchester, credo che cercherei delle risposte molto più succose, vorrei dei perché non solo psicologici (come si può immolarsi in nome di Allah e ammazzare innocenti resta una voragine aperta sulla cattiveria folle di cui è capace l’uomo), ma anche politici e storici: da dove viene questa gente che ci ammazza? Come viveva là al suo paese? In cosa credeva? E cosa vuole ora da noi?

Il terrorismo di matrice islamica è un fenomeno nuovo, che questa generazione si trova ad affrontare per prima: noi sappiamo tutto del terrorismo politico, animato da ideali malsani di comunismo rosso o fascismo nero. I nostri figli si trovano immersi in un contesto completamente diverso e in buona parte se la dovranno cavare da soli, studiando un modo per sopravvivere e possibilmente risolvere il conflitto. Sono loro che in classe hanno i compagni che fanno il ramadan e per questo sono esonerati da ginnastica (con mugugnamenti offesi degli altri); sono loro che vengono guardati male se bevono o fumano; le nostre ragazze confrontano i propri shorts con i veli delle compagne; l’ora di religione si spopola, i crocifissi spariscono dalle pareti delle aule, sulla fede manca un luogo di confronto sereno, si vive nell’omertà, ciascuno tiene per sé le proprie convinzioni, per paura di essere incompreso o deriso.

Poi le storie familiari: figli senza genitori, famiglie sparpagliate, insieme a diseredati che vengono dall’altro capo del pianeta, tutti mescolati nello smarrimento comune di non sapere chi si è.

Come si fa ad amare senza sapere chi si è e chi è l’altro?

Non mi pare che la leggerezza vacua dei concerti possa essere di alcun aiuto: se volete un mondo pieno di love, bisogna calare le braccia fino al gomito ed oltre nella melma di queste problematiche educative e culturali, bisogna accendere il confronto cruento sugli stili di vita, indagare le motivazioni profonde del proprio agire, far risalire alla superficie i più nascosti perché, le aspirazioni interiori, i desideri, alla luce del sole, fino al raggiungimento di una radice comune da cui ripartire ad innestare una comunione.

Servono giovani che sappiano guardarsi dentro con spietata onestà, per guardare dentro anche al cuore dell’altro, superando le fandonie del politically correct anestetizzante. Che valore dai alla vita? Credi in un paradiso, in un inferno e in un’autorità morale superiore? Quali ideali ti animano? Cosa ti fa sentire in pace? Il bene o il male? L’altruismo o l’egoismo? La prepotenza o la difesa del debole?

Capite che davanti ad uno che si fa esplodere pensando di far cosa gradita a Dio, queste semplici domande sono più che mai importanti. O vogliamo amarci con tanto love escludendo quelli che ci odiano e che continueranno ad ammazzarci? Saremo prontissimi in tal caso, suppongo con un altro concerto.
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