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FOLLIA ILLOGICA ED ISTERICA: LA PAZIENTE SI IMPICCA. E IL MEDICO CHE AVEVA DETTO NO ALL'EUTANASIA FINISCE SOTTO ACCUSA PER ISTIGAZIONE AL SUICIDIO

30/9/2015

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di Benedetta Frigerio

Milou, 19 anni, olandese, malata non terminale, aveva ottenuto il “diritto di morire” in Belgio. La famiglia denuncia il suo medico curante che si era opposto


Una donna olandese, medico di base, è stata denunciata per essersi rifiutata di praticare l’eutanasia a una sua giovane paziente. Milou de Moor, 19 anni, afflitta da lupus da quando ne aveva 12, non era in condizioni terminali ma era terrorizzata dall’idea di poter rimanere un giorno incosciente. Dopo aver saputo che il suo medico non intendeva assecondare la sua richiesta di morire, la ragazza si è tolta la vita da sé. E adesso la sua famiglia vuole trascinare la dottoressa davanti alla giustizia accusandola di istigazione al suicidio.

IL LUPUS E L’EUTANASIA. Cresciuta nella fattoria di famiglia a Zaamslag, la giovane fu colpita dal lupus circa otto anni fa. Il morbo le causava forti mal di testa, momenti di confusione e amnesie. A curarla, oltre al medico di base olandese, era lo staff dell’ospedale universitario di Ghent, appena oltre il confine con il Belgio. A quattro anni dalla diagnosi, però, Milou aveva deciso che piuttosto che rischiare di rimanere “imprigionata” in una delle sue crisi avrebbe preferito morire. L’associazione olandese per il diritto all’eutanasia interpellata dai de Moor aveva subito dato parere favorevole, sollecitando l’ospedale belga a fare lo stesso (in entrambi i paesi l’eutanasia sui minori è legale). Il via libera del comitato etico dell’istituto di Ghent è arrivato nella scorsa primavera. Ma a quel punto la procedura ha trovato un “ostacolo”.

LA TELEFONATA. In molti casi in Olanda l’eutanasia è praticata dai medici di base, nel caso di Milou invece sarebbe toccato al neurologo dell’ospedale belga somministrarle il farmaco letale. Venuta a sapere del consenso all’eutanasia da parte del comitato etico della struttura, però, la dottoressa che seguiva la ragazza in patria ha deciso di chiamare i colleghi di Ghent per comunicare loro la propria contrarietà. Anche il neurologo belga a quel punto si è fermato, nonostante il parere della collega non fosse vincolante. Successivamente Milou è stata trovata morta, appesa con una corda a un albero.

«ISTIGATA AL SUICIDIO». «La parte amara è che l’eutanasia era stata approvata», lamenta ora la madre della ragazza. «Era solo questione di fissare la data in cui Milou ci avrebbe salutato». Adesso un medico olandese rischia di essere incriminata per avere “spinto al suicidio” una persona che voleva togliersi la vita. «Non vogliamo che la passi liscia», dicono i coniugi de Moor. Oltre alle accuse dei due, determinati a fare la guerra alla dottoressa affinché un fatto simile non accada mai più, anche l’ospedale di Ghent ha deciso di procedere privatamente contro di lei: «Lo dobbiamo a Milou. È stata istigata al suicidio», dicono i medici belgi.

COSCIENZE SOTTO ACCUSA. Sarà la commissione disciplinare dei medici olandesi a esaminare i fatti e a decidere se la collega sotto accusa può essere trascinata in tribunale. Se la dottoressa venisse formalmente incriminata e condannata, l’obiezione potrebbe non essere vietata in maniera esplicita, ma si tratterebbe di un messaggio chiaro a tutti i lavoratori della sanità che si rifiutano di praticare l’eutanasia per restare fedeli alla propria coscienza. Come fa notare Wesley Smith sul National Review, il passaggio dal «”diritto positivo” di essere uccisi» al «”dovere positivo” di uccidere» sarebbe solo questione di tempo.


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FACEBOOK & C. E IL DONO DELLA DISCREZIONE

8/9/2015

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Sui profili di Facebook impazzano notizie, foto, filmati sulle nostre vacanze. Che luoghi belli abbiamo visitato! Quanto siamo stati bene con le persone che amiamo! Che carini i nostri bambini sullo sfondo di questi paesaggi esotici! Tutto viene documentato subito e mostrato sulla nostra pagina. Alcuni fanno i selfie persino con il Santo Padre. Va bene. La tecnica ci fornisce tutte queste belle possibilità.

Nell’euforia delle nostre condivisioni dalle vacanze vale la pena, tuttavia, essere un po` sensibili alle persone che forse vorrebbero – ma non possono – viaggiare tanto come noi. Alle persone che proprio adesso soffrono dopo perdita della persona che amavano. Alle persone che magari vorrebbero avere bambini ma non possono. Cosa possono sentire e pensare vedendo la nostra felicità?

Nell’epoca dell’aggressività informativa, una giusta misura nella trasmissione di notizie da parte nostra sembra necessaria, anzi salvifica. La tradizione monastica conosce questa virtù come discrezione, l’arte di una sensibilità pratica. Non è giusto aumentare da parte nostra la pressione nei confronti delle persone; eppure, molto spesso, contribuiamo anche noi, facendo agli altri ciò che vogliamo evitare a noi stessi.
Quando qualcuno ci chiede qualcosa, spesso rifiutiamo, spiegando che siamo occupati etc. La persona che ci chiede, molte volte dopo aver superato tante paure – viene respinta e rimane da sola con il suo problema. San Benedetto, nel versetto 13. del capitolo XXXI della sua Regola raccomandava all’economo che, se non può concedere quanto gli è stato richiesto, dia almeno una risposta caritatevole. È un’arte dell’amore per il prossimo mostrare almeno una certa comprensione.

Nonostante tanti comportamenti narcisistici attorno a noi, dobbiamo ricordarci (comprendere) sempre che non viviamo da soli. Le nostre parole, gesti, decisioni provocano varie reazioni. Nell’epoca dell’onnipresenza dei mezzi di comunicazione, tutto ciò che comunichiamo è diventato un campo immenso d’influsso che possiamo avere: del bene che possiamo trasmettere, come anche del male che possiamo suscitare. Avere questa consapevolezza, è esso stesso un messaggio da trasmettere quasi con ogni clic nei nostri portali social. Spesso più piccolo della parole, ma potenzialmente molto più forte e, speriamo, consolante…

fr. Bernard Sawicki osb
Coordinatore dell’Istituto Monastico all’Ateneo Pontificio Sant’ Anselmo

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IO NON TI ASSOLVO

4/9/2015

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di don Aldo Buonaiuto 

In un’epoca lontana, ormai senza ritorno, il perdono era fondamentale su tutti i piani della vita sociale
. Il giudice, l’imperatore, il vescovo, il capo famiglia, chiunque avesse un ruolo di governo era il go’el del debole, dello schiavo, rappresentava il suo liberatore, poteva assolvere, riscattare il prossimo dal peso dell’errore (ecco il senso del Giubileo). La riconquista della libertà, la misericordia ricevuta era la più grande esperienza di gioia, una festa immensa.

Nella cristianità questo gesto di amore è diventato addirittura un Sacramento dispensato dai sacerdoti,
 per mandato diretto di Gesù conferendo loro il potere di “sciogliere e legare” rimettendo i peccati attraverso l’intervento dello Spirito Santo. Quindi la salvezza donataci da Cristo si manifesta nell’incontro personale con il peccatore pentito che riconosce il proprio errore chiedendo esplicitamente la riconciliazione con il Signore attraverso questo meraviglioso e insostituibile Sacramento di guarigione.

Ma la misericordia del Signore può giungere anche inaspettatamente,
 o essere immeritata proprio per la sua essenza di gratuità. Gesù è libero di liberare chi vuole senza pretendere chissà quali requisiti, per questo la scelta di obbedire al Padre lasciandosi crocifiggere è considerata ancora oggi una follia per i non credenti. Quindi la misericordia del Dio dei cristiani non è condizionata, nonostante il doveroso mandato della Chiesa di risvegliare in ogni uomo il desiderio del penthos, il bisogno di ravvedersi, pentirsi, confessando le proprie mancanze, chiedendo l’assoluzione e accogliendo di buon grado anche l’ammenda.

Oggi tutto questo viene sminuito e purtroppo anche relativizzato.
 L’umanità perde pericolosamente il senso della misericordia diventando un vero e ingestibile Caino spietato. La vita umana è dissacrata, svalutata, è del tutto scaduta così che si possa ormai con una spaventosa facilità uccidere, eliminare l’esistenza di qualcuno o di intere masse.  Gente sistematicamente in fuga, perdendo la vita per un sogno, quello di trovare un’accoglienza umana e un futuro. Tutto ciò è terrificante, e spaventa l’incapacità che ha l’uomo di ravvedersi, di pentirsi e quindi di ammettere i propri gravissimi errori.

Intanto nessuno si aspettava l’indizione di un Giubileo della Misericordia,
 neanche coloro che dovrebbero insegnarla con la propria testimonianza. Eppure quando la Misericordia tocca certi peccati – le parole del Papa su chi ha abortito hanno suscitato non poche reazioni smodate – ecco alzarsi le barricate dell’intransigenza, come se spettasse a noi e non a Dio decidere chi assolvere.

L’uomo distrugge l’uomo, inquina lo spazio, abbatte il benessere, distorce la natura, 
confonde l’identità dei sessi auto-condannandosi a un degrado senza possibilità di rimediare. I continui appelli di Bergoglio e di tutti coloro che credono nel bene comune sembrano cadere nel baratro dell’indifferenza, rimbalzando come se non ci toccassero da vicino. Il tradimento più grande è in atto in questi deliri di onnipotenza imperdonabili specialmente pensando a cosa resterà e a come vivranno le nuove generazioni.

C’è chi non sente più il bisogno né di farsi perdonare tanto meno di usare misericordia; 
ma tutto ciò rischia di provocare la spietatezza di un creato che realmente non potrà assolvere nessuno. “Io non ti assolvo” non sarà di certo Dio a dirlo, né potrà più farlo l’uomo, ma la natura stessa.
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