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TRISTE EPILOGO PER IL PICCOLO CHARLIE

24/7/2017

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Oggi 24 luglio, alle 14:44 è giunta una notizia angosciosa: i genitori di Charlie hanno concluso la loro battaglia.

Hanno detto che vogliono ritirare la loro richiesta per ottenere il trattamento sperimentale negli Stati Uniti perché ormai per il loro bambino è “troppo tardi” e non può più funzionare.

Grant Armstrong, rappresentante legale dei coniugi Gard, ha detto all’High Court che per Charlie il tempo è finito, il bambino ha avuto un danno irreversibile.

Charlie ha aspettato pazientemente la cura, ma non è arrivata quando forse poteva fare effetto.

A causa del ritardo, causato dal protrarsi della questione legale, ora non c’è più niente da fare. Lo avevano detto venerdì ai genitori di Charlie i medici venuti a consulto a Londra.

Durante il fine settimana e fino all’ultimo momento Connie e Chris vogliono far tesoro del tempo che gli rimane con Charlie, un tempo comunque breve.

Armstrong ha aggiunto che i genitori di Charlie vogliono creare una fondazione benefica e sperano che la triste vicenda che hanno vissuto serva da lezione per altri casi analoghi.

Se così finisce la vita del piccolo Charlie, la macchina della morte ha conquistato il suo macabro trofeo mandando per le lunghe la questione, sapendo bene che in questo caso il tempo avrebbe giocato a favore dell’Oscura Signora.

PS: Nella storia dell’umanità resta coe un fatto VERGOGNOSO: qualsiasi vita è INVIOLABILE!

L’errore più grande che si può commettere è quello di pensare che quella di Chris e Connie sia stata una battaglia pro-life.
Hanno lottato, sì come eroi, ma la loro battaglia era unicamente, e giustamente, per il loro piccolo Charlie.
La loro non era una battaglia in difesa della vita come la intendiamo noi pro-life e non hanno voluto fare di Charlie l’icona della sacralità della vita dal concepimento alla morte naturale.
Questo non sminuisce in alcun modo il loro essersi battuti come leoni e sono convinto come ha detto Connie che la breve ma intensa vita di Charlie, sarà “un’eredità che non andrà perduta”; a breve, infatti, questi due straordinari genitori daranno vita a una fondazione per garantire ai futuri piccoli Charlie il diritto di accedere a tutte le cure e i protocolli anche sperimentali che chi esercita la patria potestà dovesse ritenere opportuni, diritto che al loro figliolo è stato negato.
Essi hanno combattuto contro un sistema intero che voleva arrogarsi il diritto di decidere cosa fosse nel “migliore interesse” del loro bambino.
Per papà e mamma Gard il miglior interesse di Charlie era quello di accedere al protocollo sperimentale del professor Hirano perché nutrivano fondate speranze che la sua la condizione patologica avrebbe potuto migliorare. Niente di diverso da ciò.
E quando hanno compreso che il degenerare della devastante atrofia muscolare conseguente a mesi di abbandono terapeutico e al “troppo tempo sprecato”, aveva raggiunto il “punto di non ritorno” tale da rendere inutile persino l’eventuale funzionamento della terapia sperimentale e che il loro bambino non avrebbe mai avuto quel minimo di qualità di vita che loro sognavano per lui, hanno detto basta.
E’ proprio in quel momento che le strade di Connie e Chris e quelle dei movimenti pro-life, che pure fino ad allora avevano marciato all’unisono, si sono divise.
Connie e Chris hanno scelto, nel migliore interesse del loro bambino, di rinunciare alla richiesta di applicazione del protocollo sperimentale del professor Hirano e si stanno preparando in queste ore a salutare il loro piccolo angelo.
Nessuno si azzardi a giudicare la loro scelta. Al loro posto forse sarei crollato molto tempo prima.
Tuttavia, non giudicare non vuol dire ritenere giusta la scelta.
La verità è sempre una, indipendentemente dalle scelte che si compiono.

La ventilazione artificiale non è una forma di accanimento terapeutico al quale restano contrari sia i movimenti pro-life sia la stessa Chiesa cattolica.
Charlie non è cerebralmente morto, non c’è alcun accanimento terapeutico perché da mesi gli specialisti che lo hanno incarico hanno smesso di curarlo.
La sua ora non è ancora arrivata, a meno che non venga indotta dall’atto eutanasico del distacco del respiratore.
In caso di sospensione della ventilazione artificiale, però, quella di Charlie non sarà una morte naturale perché non morirà per le conseguenze della malattia, che non lo ha ancora vinto, ma per soffocamento ancorché previa sedazione profonda.
Charlie è ancora vivo e la sua vita, ancorché una vita “al limite”, è preziosa, unica, irripetibile e dal valore incommensurabile e, al pari di ogni altra vita umana, non può essere a disposizione dello Stato né di nessun altro, nemmeno di mamma e papà.
Scegliere la morte come soluzione non è mai una soluzione.
E anche quando si ha la certezza di non poter guarire non per questo è giusto smettere di curare.
Ma non bisogna ora cadere nella tentazione di fare illazioni sui motivi che ci sarebbero dietro la scelta di Chris e Connie.
Questo è il momento del silenzio e della preghiera.
E’ il momento di stringersi ancora di più intorno alla famiglia di questo piccolo guerriero, che abbiamo imparato ad amare come fosse nostro figlio, nell’ora più difficile della loro già difficile prova.
Ora bisogna esserci, esserci e basta.
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QUELLO CHE SOLO IL POPOLO DI CHARLIE VEDE

12/7/2017

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di Benedetta Frigerio
... Perché è evidente, a questo popolo semplice, che ragionando come i medici e i giudici, ossia non pensando che la vita vada sostenuta in qualunque condizione (consapevoli del fatto che non c’è tentativo umano che possa evitare la morte se questa deve arrivare), qualsiasi altra sofferenza di qualsiasi altro malato diverrà sufficiente a giustificare atti di eutanasia passiva o attiva. ...

In attesa del giudizio definitivo dell’Alta Corte Inglese sulla possibilità o meno di continuare a curare il piccolo Charlie Gard, che ha letteralmente scosso il mondo senza fare apparentemente nulla, sì può dire, come ha gridato il popolo che si è schierato in suo favore, che il bimbo ha già vinto. Comunque vada.

Per il popolo semplice è stato chiaro fin dall’inizio che se la volontà dei genitori di curare il bambino fosse stata un “accanimento terapeutico” (come hanno sostenuto medici e giudici) Charlie, prima o poi, sarebbe comunque morto: quindi perché non tentare una terapia? Perché non lasciare provare ai genitori una via sperimentale offerta da un ospedale americano? Perché, visto che se avessero ragione i “tecnici” Charlie morirebbe comunque? La risposta dei medici e di chi ha remato a favore dell’“abbandono terapeutico”, travestendolo da “non accanimento terapeutico”, più o meno conscia che sia, è una sola: per non vederlo soffrire o vivere in condizioni che spaventano ergendosi a salvatori saggi ed esperti, ma travalicando addirittura la potestà genitoriale.

A questo popolo, che invece preferisce esistere accettando il dolore che la vita comporta piuttosto che morire, è quindi stata da subito chiara l’arroganza e l’orgoglio di quanti sono convinti, sempre inconsciamente o meno, della disperazione egoista dei suoi genitori colpevoli di accettare che il figlio soffra tanto pur di vederlo vivere. Perché è evidente, a questo popolo semplice, che ragionando come i medici e i giudici, ossia non pensando che la vita vada sostenuta in qualunque condizione (consapevoli del fatto che non c’è tentativo umano che possa evitare la morte se questa deve arrivare), qualsiasi altra sofferenza di qualsiasi altro malato diverrà sufficiente a giustificare atti di eutanasia passiva o attiva. Anche per questo il caso di Charlie ha chiamato in causa il mondo, consapevole che dal destino di questo piccolo, purtroppo affidato alla legge e alla tecnica, dipenderà quello futuro di innumerevoli uomini.

E’ chiaro dunque, lampante. Eppure tanti non hanno visto, perdendosi in mille disquisizioni, temendo di prendere posizione, di lottare, persino abbandonando il campo del giudizio in nome di una prudenza che sa tanto di ponziopilatismo. Mentre fra chi rema contro i genitori di Charlie ci sono appunto quelli spaventati dalla sofferenza o quelli che si stanno arrendendo al mondo, impregnato di ideologia mortifera travestita da pietismo, pur di continuare a farne parte e a lavorare, convincendosi del contrario, per coloro che non sopportano chi lotta per la vita in qualsiasi condizione essa si trovi. Come quei cattolici che giustificano giudici e medici, evitando in questo modo di apparire come stranieri da emarginare in un sistema sanitario efficientista e disumano.

Tutto questo è così chiaro al popolo semplice, che pur snobbato e accusato di fanatismo da tifoseria, si è mosso instancabilmente per settimane pregando, lanciando appelli, facendo passaparola, fino a risvegliare le coscienze di mezzo mondo e perfino a costringere i potenti a prendere posizione e a far parlare il papa. Sono poi innumerevoli le conversioni nascoste che questo piccolo innocente, fermo e sofferente (anche se persino la sua sofferenza è ancora tutta da provare) ma amatissimo dai suoi genitori e da tutto questo popolo che patisce e piange per lui, ha prodotto dimostrando che questo dolore innocente serve a salvarle i nostri cuori di pietra, a tenerli vivi, a non permettere che la mondanità se li rubi. E’ evidente per il popolo che fin dall’inizio si è lasciato interrogare dal fiume d’amore che gli occhi di questo Charlie innocente misteriosamente sprigionano, fino a toccare le corde più profende dell’animo.

Tanto evidente che appunto, comunque vada, Charlie ha già vinto. Ha vinto tanti cuori. Perciò diciamolo che sta producendo più vita e resurrezione questa esistenza di tante altre che, pur nel benessere, sono sterili e incapaci di generare qualcosa di nuovo. Solo questo dovrebbe bastare a dimostrare che quella di Charlie non è una vita destinata alla morte e che lottare per essa ne vale la pena. Tanto che verrebbe ironicamente da dire a chi si ostina a parlare di “accanimento” che se questo è quello che produce, ossia vita, domande, preghiere e conversione dei cuori, bisognerebbe elogiare chi si accanisce contro la morte fino alla morte, per affermare la vita eterna.  
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PRAY4CHARLIE IL MONDO CHE PREGA PER CHARLIE

8/7/2017

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di Ermes Dovico

Da un caso drammatico come quello del piccolo Charlie Gard, che solo in queste ore sembra poter finalmente svoltare nel verso giusto, si può trarre anche qualcosa di buono? La risposta è sì e va trovata nella commovente reazione di un popolo che si è mobilitato per proteggere un bambino di un Paese straniero e riaffermare che nessuna vita è a nostra disposizione. È grazie a questa straordinaria reazione al male che si è arrivati alla svolta di ieri, con il Great Ormond Street Hospital che ha chiesto all’Alta Corte una nuova udienza alla luce del protocollo sperimentale ricevuto dal Bambin Gesù, ravvivando così la speranza per Charlie.  

Sebbene piccolo, praticamente privo di rappresentanza politica e senza voce sui media che contano, è un popolo che ha tentato e sta tentando tutte le vie per aiutare Charlie e i suoi genitori. E, nel farlo, si è affidato con rinnovato slancio alla preghiera, all’adorazione eucaristica, alla potenza salvifica della Messa, custodendo e diffondendo la propria fede come una fiammella preziosa perché, come scrive sant’Agostino, Dio “è potente fino al punto di poter trarre un bene da qualsiasi male”.

Tra le tante iniziative di questi giorni, segnaliamo il lancio del sito di preghiera pray4charlie.com, completo di un calendario e una mappa dove si possono vedere i vari appuntamenti dei prossimi giorni, che vanno dalla recita del Rosario all’adorazione del Santissimo Sacramento, e che chiunque può far inserire inviando una semplice e-mail. Centocinquantacinque quelli svolti o programmati in circa cento luoghi diversi, prevalentemente italiani, ma con una discreta partecipazione anche dall’estero, da Lourdes a Medjugorje, dal Brasile alla Polonia, dal Pakistan agli USA.

La Nuova BQ ne ha parlato con Francesco Bellotti, uno degli ideatori del sito, spezzino di 45 anni e più volte portavoce delle Sentinelle in Piedi, che racconta come anche da questa amicizia sia nata l'iniziativa per Charlie.

Com’è nata l’idea del sito?
In modo spontaneo. Dopo aver letto una serie di articoli della Bussola su Charlie, abbiamo deciso di fare un’adorazione eucaristica domenica 18 giugno, che si è svolta in contemporanea a Genova e La Spezia. L’iniziativa è piaciuta molto, sia a chi ha partecipato, sia ai sacerdoti. Così, poi, con alcuni amici che si sono conosciuti grazie all’esperienza delle Sentinelle abbiamo creato una pagina Facebook e un sito per coinvolgere più persone possibili, a livello europeo, perché la questione ha valenza internazionale. Per ora la stragrande maggioranza delle veglie è programmata in Italia e anche quelle all’estero sono organizzate soprattutto da italiani, a parte il Brasile dove hanno mostrato molta sensibilità. Ma negli ultimi giorni ci hanno comunicato la prima veglia negli USA, in Texas, e poi in Pakistan e nella Repubblica Centrafricana.

La risposta è stata quindi positiva?
Sì, molto, anche perché il sito è semplice. Si possono programmare adorazioni eucaristiche, Sante Messe, Rosari e veglie di preghiere varie. Per esempio, l’1 luglio è stata fatta un’adorazione tutto il giorno a Cento, poi martedì c’è stata la Messa alla Cattolica. Dal 24 giugno si tiene un’adorazione a Trento per cinque ore al giorno. Ieri hanno pregato anche dei bambini della scuola di infanzia "San Giuseppe" a Boffalora, assieme alle suore canonichesse della Croce. Insomma, l’ingiustizia commessa nei confronti di questo bambino ha suscitato una grande risposta. Anche Gianna Jessen (l’attivista pro life, oggi quarantenne, sopravvissuta a un tentativo di aborto con una soluzione salina, ndr) ci ha dato una grande mano. L’avevamo conosciuta durante il suo tour in Italia e, appena ha saputo di Charlie, lei, con una petizione, nel giro di due giorni è riuscita a mobilitare il presidente Trump. E questo è un salto di qualità enorme.

Insomma, è stata un’iniziativa spontanea, ma nata da un gruppo già molto attivo nell’organizzarsi.
Beh, sì, avevamo come punto di partenza l’esperienza delle Sentinelle, cioè gente attenta e sensibile a questi temi. Da questa base l’iniziativa si è diffusa in modo sorprendente anche in luoghi in cui la nostra presenza non è radicata. Ricordiamo che qui si tratta di un bambino che volevano uccidere fino a ieri, contro la stessa volontà dei genitori, cosa davvero assurda e incomprensibile. E adesso ci siamo attivati anche per l’altra notizia da Londra del bambino di tre mesi di una coppia africana e di cui non è stato rivelato il nome, probabilmente anche per impedire la mobilitazione dei cittadini che vorrebbero cercare di salvarlo. Perché è chiaro che il nome di Charlie costituisce anche un simbolo, attorno al quale si sono riunite persone che condividono principi di libertà, verità e amore per la vita di ogni persona. Ora sembra che ci sia qualcosa di coordinato nel Regno Unito per uccidere i bambini che non soddisfano una certa qualità di vita, come la chiamano oggi: certamente si è diffusa anche una mentalità che permette allo Stato di arrivare a tanto. Però, il caso di Charlie dimostra anche che c’è un popolo che - se informato e aiutato e con qualche minimo strumento  di visibilità - si fa sentire e, con l’aiuto di Dio, può ribaltare sorti che ci volevano far credere ineluttabili. Poi c’è stato l’appello del Papa e anche la disponibilità data dal Bambin Gesù, che è una proposta concreta.

L’aspetto che fa sperare è che tutto sia partito dal basso.
Sì. E ora, specie alla luce del caso di quest’altro bambino di pochi mesi, è evidente che dobbiamo stare svegli. Specialmente in Italia c’è una forte sensibilità, ma bisogna anche renderla visibile per diffonderla e infondere coraggio. Si sta prendendo consapevolezza di questo strapotere dello Stato che ora assurge a decisore e stabilisce se un cittadino è meglio che muoia perché è troppo costoso: anche se non lo dicono così, ma raccontano che è “nel suo migliore interesse”. Da laici, è compito nostro e di tutte le persone di buona volontà prendere posizione pubblica e difendere convintamente valori che sono buoni per tutti. Dobbiamo darci da fare con gli strumenti anche minimi che abbiamo, perché questa cultura della morte va affrontata. Non è così ineluttabile, ricordiamo che a Londra avevano tutto pronto per dare la morte. Non dobbiamo rassegnarci. Senza la mobilitazione di popolo, Charlie l’avrebbero già ucciso.

Un popolo che, anche se piccolo, sta cercando di spostare le montagne.
Sì, un popolo che prega e non è disposto a bersi tutte queste storie che ci raccontano e che servono solo per accentrare il potere nelle mani di pochissimi e creare una società di schiavi. È  un potere che vuole decidere anche sulla vita e sulla morte. E noi dobbiamo fare qualcosa per fermare questa deriva.

Questa iniziativa dimostra anche che c’è ancora un popolo che crede nell’importanza della preghiera.
Certo, e c’è molta più gente che crede nella preghiera piuttosto che nei politici. È un po’ come nel Medioevo, quando di fronte alla peste, di fronte ai nemici alle porte, le persone si mettevano a pregare. Un popolo ovviamente che deve essere informato e, nella situazione mediatica attuale, questo diventa possibile solo grazie a quotidiani come la Bussola e a qualche altro piccolo giornale libero che ha pubblicato sul suo sito o sui social la verità su Charlie. Molti di noi hanno chiesto un miracolo. Per esempio, a La Spezia è stata chiesta l’intercessione di Itala Mela, che è stata proclamata beata il 10 giugno, altri ancora hanno chiesto l’intercessione di Chiara Corbella Petrillo. Dio si serve dei più deboli per liberarci dal male, questo piccolino sta facendo pregare tantissima gente e riscoprire la bellezza dell’adorazione.

​Quali adesioni ci sono state dagli altri Paesi europei?
In Europa finora hanno partecipato dalla Polonia, da Tirana, da Lourdes, da Medjugorje. Lì, all’Oasi della Pace, hanno recitato il Rosario venerdì 30 giugno a mezzogiorno e mezza, cioè quando era in programma il distacco del supporto vitale. Sono stati organizzati anche un Rosario e un’adorazione in un seminario del Belgio. E se pensiamo alla situazione difficile della fede in quel Paese, mi sembra si tratti di un segno molto incoraggiante.
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CHARLIE, I MEDICI SONO BENEFATTORI? LA TRAPPOLA CORRE ANCHE SUI MEDIA CATTOLICI. MA RESTA EUTANASIA

2/7/2017

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di Renzo Puccetti
​
Adesso gira e gira su mezzi d'informazione cattolica, ed è avanzata da medici cattolici, l'idea che i medici dell'ospedale inglese decisi a porre fine alla vita di Charlie siano dei benefattori interessati ad evitare l'accanimento terapeutico del povero bambino. Analizziamo con calma i fatti. Che cosa vogliono i medici di Charlie? Non ho motivi per dubitare che desiderino porre fine alla sofferenza del bambino.

Come intendono farlo è evidente, interrompendo un sostegno vitale come la ventilazione. Ora che abbiamo raccontato il fatto andiamo a leggere la definizione di eutanasia presentata dal magistero della Chiesa: "Per eutanasia s’intende un’azione o un’omissione che di natura sua, o nelle intenzioni, procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. L’eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati" (S. Congr. Dottrina Fede, Dichiarazione sull'eutanasia, 5 maggio 1980).

Descrizione fisica dell'azione: interruzione della ventilazione di Charlie. Oggetto morale dell'azione: procurare la morte di Charlie. Intenzione: eliminare la sofferenza di Charlie. Dunque quello che alcuni commentatori cattolici lodano è nient'altro che l'eutanasia. Ovviamente è nella libertà essere favorevoli all'eutanasia, ritengo però intellettualmente disonesto presentare come cattolica tale posizione. Se è la morte di Charlie quello che si vuole ottenere e la si ottiene mediante un atto, la rimozione del tubo endotracheale, vi sarebbe differenza etica se la morte fosse procurata con l'iniezione letale?

Quanta differenza morale vi è tra omettere di soccorrere il profugo in mare e affondargli la barca con una cannonata? Certo, nel primo caso si dirà che l'uomo è stato ucciso dal mare, nel secondo dal cannone. Ma questo modo di ragionare ho l'impressione che non si discosti molto dall'espediente di Davide per fare fuori il marito di Betsabea. Ma Dio non è un "tipino" formalista che si fa prendere per il naso da chi pensa di fare il furbacchione nascondendosi dietro ai sofismi.

Davanti al proprio peccato messogli davanti dal profeta Natan, Davide ammette la propria colpa in quello che diventerà il salmo 50.

Ma procediamo facendo un altro piccolo passo. Si sostiene che la ventilazione di Charlie costituisce un accanimento terapeutico, se così fosse, allora essi avrebbero ragione e l'interruzione dei trattamenti sarebbe addirittura doveroso. Primum non nocere è un caposaldo dell'etica medica. È la ventilazione in un caso come questo un atto sproporzionato? Ritengo di no. La ventilazione raggiunge l'obiettivo che si prefigge, assicurare l'ossigenazione del sangue e dunque dei tessuti di Charlie.

Che le cose stiano così lo attesta il fatto che interrompendola i medici si attendono che insorgano i sintomi dell'asfissia e per evitare che il bambino li percepisca hanno pianificato di sedarlo preventivamente. Non è futile, giacché è ordinata a consentire una terapia sperimentale che seppure con scarsissime probabilità di successo rappresenta comunque una possibilità, quantunque flebilissima. Ed è proporzionata, giacché tentare una cura disperata in un caso disperato non è mai un atto sproporzionato, come attestato dal fatto che di fronte ai casi senza speranza le clausole di salvaguardia per la sperimentazione umana si abbassano enormemente.

E non è neppure intollerabilmente gravosa, grazie alla possibilità di sedazione. Dunque la ventilazione non ha per il piccolo paziente inglese nessuna caratteristica di ciò che possiamo indicare come accanimento terapeutico.

Analizziamo infine un ultimo aspetto. Alcuni affermano che la qualità della vita di Charlie è a tal punto compromessa da fare preferire la morte. A livello teorico la qualità della vita per potersi esprimere non può prescindere dalla presenza della vita e dunque una qualità di vita bassa è sempre superiore ad una qualità di vita assente per assenza del suo presupposto, la vita. Peraltro la qualità della vita non è altro che misurazione di benessere e di capacità di attuare determinate funzioni; pensare che un punteggio di qualità della vita al di sotto di una certa soglia sia ragione sufficiente per porre fine alla vita di una persona non può che sollevare una serie di domande a cui i sostenitori cattolici dei medici inglesi hanno il dovere di dare risposta: su quali parametri quantificare la qualità di vita? Chi pone la soglia di qualità della vita sotto la quale è meglio la morte? Quanto livello di errore siamo disposti ad accettare? Quanto lungo deve essere il periodo di valutazione? Si effettueranno stime per chi non è capace di esprimere un'autovalutazione?

Intervento all'XI assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita il medico, bioeticista, nonché frate francescano padre Maurizio Faggioni disse: "Affermare la sacralità di ogni vita umana e dedurne l’eguaglianza di dignità e l’intangibilità non nasconde che le diverse esistenze manifestano qualità diverse, alcune desiderabili ed indesiderabili, non nasconde che per alcuni e, forse, molti la vita non sia felice, compiuta e realizzata, ma non per questo ritiene diminuita la dignità e il valore di quelle esistenze fragili e dolenti.

L’agente morale è, dunque, chiamato non ad attribuire valore, ma a riconoscere il valore intrinseco di ogni vita umana in quanto umana". Il problema non è negare la qualità della vita, non si può negare il reale, ma affermare che una qualità di vita ritenuta scadente trasformi i sostegni vitali in un accanimento terapeutico. Come osservava il bioeticista Paul Ramsey "Un approccio fondato sulla qualità della vita sposta erroneamente il centro dal se i trattamenti sono di beneficio al paziente al se la vita del paziente sia di beneficio ad essi".

Il medico di origine ebrea Leo Alexander aveva conosciuto da vicino questo giro mentale come capo del collegio di accusa nel processo ai medici nazisti di Norimberga, 9 dei quali furono condannati alla pena di morte. Nel 1949 sul prestigioso New England Journal of Medicine con queste parole ammoniva i colleghi: "Gli inizi sono stati dapprima solo un sottile cambiamento nell’atteggiamento di base dei medici. È cominciato con l’accettazione, alla base del movimento eugenetico, che esiste una cosa come una vita non meritevole di essere vissuta. Questo atteggiamento riguardava all’inizio solo i malati gravi e cronici. Gradualmente la sfera di coloro da includere in questa categoria è stata allargata per comprendere i socialmente improduttivi, i non desiderati ideologicamente e alla fine tutti i non tedeschi. È però importante rendersi conto che il cuneo infinitamente piccolo che ha funzionato da leva perché questa intera linea di pensiero ricevesse impeto è stata l’atteggiamento nei confronti del malato non recuperabile. La categoria vite immeritevoli di essere vissute è sufficientemente vaga da consentire una graduale estensione a nuovi e meno chiari casi, una volta che il principio di base sia stato assicurato".

In Olanda è andata proprio così: dall'eutanasia volontaria su paziente in fase terminale all'eutanasia volontaria su paziente cronico, poi estesa all'eutanasia involontaria, all'eutanasia per i pazienti psichiatrici, fino all'eutanasia neonatale su decisione dei medici. Se la qualità della vita è il criterio, perché non concederla a chi sente di avere esaurito il proprio percorso esistenziale?
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