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28 FEBBRAIO: GIORNATA MONDIALE DELLE MALATTIE RARE

26/2/2015

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«Un animale raro è importante, io no»: il video "rock" che accende i riflettori sui malati rari

Tommaso non è un lupo, una foca, un panda o un rinoceronte di Giava. Non è un qualche animale raro, sempre sotto i riflettori di pubblicazioni scientifiche e documentari, ma è «solo» un ragazzo di 22 anni che convive ogni giorno con una malattia rara. Stavolta, però, i riflettori si sono accesi su di lui. E con lui, su milioni di persone nel mondo (un milione circa solo in Italia) colpite da morbi spesso poco conosciuti, o senza una cura effettiva. 

Tommy, Tommaso Galluppi, veneziano, interpreta con una forza espressiva straordinaria il video The rarest ones. Il suo volto è stato scelto per la campagna voluta da Dompé, azienda biofarmaceutica impegnata nella ricerca di soluzioni terapeutiche per malattie rare e orfane di cura, in occasione della Giornata mondiale delle malattie rare, il 28 febbraio.

Una condizione, quella di Tommy, affetto da iperfenilalaninemia - a chiamarla è uno scioglilingua, quasi un ritornello, che Tommy ha imparato a pronunciare molto presto, essendogli stata diagnosticata alla nascita -, una malattia metabolica ereditaria che nei paesi sviluppati colpisce un bambino su 10mila. Tommy non si era mai messo «a nudo», prima. Della sua malattia non parlava volentieri: non voleva «far pena» a nessuno. L'orgoglio ha lasciato il posto al coraggio quando ha capito che poteva dire molto attraverso un video potente, dai forti tratti cinematografici (regia Roberto Saku Cinardi, agenzia Saatchi & Saatchi). Un progetto, come piace dire a lui, «con un'anima rock». 

Un progetto che ha portato il giovanissimo “attore” sulle vette innevate degli Appennini, in grotte preistoriche e sulle spiagge delle isole Canarie per raccontare cosa significhi essere «raro» come un animale. «Solo che essere rari come me significa essere ignorati».

Una patologia è rara quando il numero di pazienti non supera i 5 abitanti ogni 10mila. Ne sono state diagnosticate oltre 7mila. Il 75% colpisce in età pediatrica. Un mondo nascosto che oggi la campagna #ICareAboutRare rende più visibile. «Sono malati rari, ma sono tanti» è il pensiero di Dompé, che ha voluto la campagna video, insieme alla Federazione italiana malattie rare "Uniamo Fimr onlus". Una realtà che si batte perché la ricerca abbia più fondi, perché l'Italia possa aumentare la sua vocazione allo studio delle malattie rare (è tra i primi posti al mondo), e perché il sistema sanitario nazionale si doti di strumenti diagnostici utili anche ai medici di base. Tommaso è «fortunato». Non solo perché per la sua malattia esiste un farmaco. Ma perché grazie alla campagna di cui è protagonista ha imparato a superare i limiti che si poneva da solo. «Finora ho vissuto non come un ragazzo della mia età». Prima temeva di fare pena a qualcuno, oggi chiede per sé e per tutti i malati rari un vero «riscatto». Senza pietismi, con l'anima rock.

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Charlie Hebdo riparte, ma non c'è più Allah. Resta solo il Papa

25/2/2015

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Charlie riparte, ma non c'è più Allah. Resta solo il Papa
di Luigi Santambrogio

Sulla rossa copertina del ritorno ci sono in primo piano le truci caricature di Marine Le Pen con il corpo di un grasso molosso e il collare chiodato, un infuriato Sarkozy, disegnato con le fattezze di un barboncino ringhioso, un compunto cane in doppio petto, con gli occhialini e in bocca una mazzetta di euro, forse a simboleggiare la troika europea. A fianco, spunta l’enorme tiara di papa Francesco, con due occhi iniettati di sangue e un ghigno da lupo mannaro. Tipacci assatanati e furiosi che inseguono un povero cucciolo che scappa con in bocca una coppia di Charlie Hebdo. “Si riparte”, dice la scritta: 2 milioni di copie sono già state stampate e attendono oggi la prova dell’edicola. D’accordo, Charlie torna dopo la pausa di un mese, ma a guardare quella copertina uno potrebbe anche pensare che a finire a colpi di kalashnikov i dodici redattori sia stata la destra francese in combutta con la Banca europea e il Vaticano. E non i fratelli Kouachi con il collega d’armi Coulibaly. Perché di islamisti su quella vignetta proprio non c’è traccia. Almeno in modo chiaro e riconoscibile, quanto Le Pen, Sarkozy e il Papa. 

Nella masnada assassina che insegue il cucciolotto della satira, il jihadista è in seconda fila e ha le sembianze di un lupo nero, con la bandana alla fronte e il kalashnikov tra i denti. Certo, chi vuole intendere intenda, ma ce ne vuole per ricordarsi del Maometto con il turbante-bomba o di Allah con la faccia a forma di fallo. Prudenza forse ha suggerito ai nuovi vignettisti della redazione di ricorre all’immagini figurata del “lupo solitario” a indicare il combattente del Califfato e la cosa non è certo da condannare. Ma che c’entrano allora papa Francesco, l’ex presidente e la leader del Front National, il maggior partito d’opposizione con la strage del 7 gennaio? Nulla, ma servono probabilmente a ribadire che i nemici della libertè e laicitè non sono cambiati: i poteri forti dell’economia, della politica e delle religioni. Di una più delle altre: quella cattolica che ha nel Papa la sua espressione più alta. Con Allah meglio non insistere: basta un lupo con la bandana araba a rappresentarlo. Mai vista tanta gentilezza da un foglio che non si è mai imbarazzato nel disegnare Dio, Gesù e lo Spirito Santo intenti a pratiche di sodomia.

Di Dio e religione si occuperà anche il numero del nuovo esordio. Con vignette sugli attentati di Copenaghen, una doppia pagina sull’islam dal punto di vista degli psicologi (una malattia mentale?) è un approfondimento sulla versione religiosa dell’apartheid. E poi un editoriale del nuovo direttore Riss (Laurent Sourisseau), che spiega così i disegni della copertina: «Il senso di questo numero è che “la vita riprende”. Che ci si può mettere alle spalle tutti quelli che ci intralciano». La scelta di dipingere i cani-politici vuole significare che questi: «sono animali irresponsabili e sottomessi. L’irresponsabile è Charlie, sottomessi sono tutti gli altri che ci corrono dietro». Già, i vignettisti sono “irresponsabili” e irriverenti come sempre, ma stavolta anche un tantino furbetti. Forse a essere venuto un po’ meno è il coraggio della matita, ma non è mica un torto visto quello che gli è capitato. Ma la piantino almeno di farsi monumenti. 

Charlie ritorna, ma è probabile che non sarà più quello di prima. Almeno nelle copie che venderà (quasi 8 milioni nell’ultima edizione, quella composta tra le lacrime), negli abbonamento, quasi 250 mila e in quei 30 milioni di euro raccolti grazie ai doni. Chi l’ha detto che il crimine non paga? Paiono, invece, spariti nel nulla quei due milioni di cittadini che un mese fa hanno riempito Place de la Republique a Parigi per dire no al fondamentalismo islamico e riaffermare il diritto alla libertà di pensiero e di fede. Le mattanze dell’Isis non si sono fermate, anzi: altri cristiani sono stati decapitati, altre chiese bruciate e neppure un centesimo di quella marcia trionfale per le strade parigine a reclamare la fine delle stragi. Anzi, oggi che i sopravvissuti alla furia islamica tornano a scrivere, tocca pure ridere dei loro macabri sberleffi contro i cristiani, gli stessi che i tagliagole del Califfato mettono a morte. 

Il jihad islamico è alle porte, ma l’Europa fa spallucce.Di più: rinnega le proprie radici cristiane a favore di secolarizzazione fondamentalista e radicale che l’allontana dalle altre società: «Per le culture del mondo», avvertiva l’allora cardinale Joseph  Ratzinger, «la profanità assoluta che si è andata formando in Occidente è qualcosa di profondamente estraneo». E la rende debole e arresa all’escalation della conquista islamica che sta già avvenendo sotto diverse forme, meno violente e cruente della guerra, ma altrettanto micidiali strumenti di sottomissione. Con la complicità delle vittime che si fanno inconsapevoli alleati e collaborazionisti. Nell’attacco all’identità europea, oggi la jihad islamica trova docile sponda nelle jihad laiciste e nichiliste. Camuffate da avanguardie di una libertà assoluta quanto vuota, che non sa più riconoscere il nemico perché ha tradito da un pezzo gli amici più fidati. Bentornato Charlie e tanti auguri di lunga vita. Anche ormai se c’è ben poco da festeggiare. 
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25 semplici cose da offrire in questa Quaresima

21/2/2015

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25 semplici cose da offrire in questa Quaresima
Se non sai ancora cosa offrire, ecco qualche suggerimento

Questo mercoledì è iniziata la Quaresima, periodo di grazia e conversione che Dio ci concede. Sono 40 giorni che possiamo rendere molto produttivi per la nostra vita spirituale e la nostra crescita interiore. La Quaresima non cerca solo di compiere riti esterni e antiquati, ma di condurre il nostro cuore e la nostra vita al Signore. Implica molto più di un pentimento o di una chiara coscienza del male commesso. La conversione è intraprendere un nuovo cammino sotto la misericordia di Dio, e senza smettere di essere se stessi.

Convertirsi non è essere stati impetuosi e ora essere passivi. È essere impetuosi sotto la misericordia di Dio e per Lui, cercando di far sì che tutte le energie della nostra vita ci portino sempre più a Dio.

È questo il cambiamento che Gesù si aspetta da noi: che lottiamo per lo spirito come finora abbiamo lottato per il potere; che ci impegniamo ad aiutare gli altri come finora ci siamo impegnati a farci servire da tutti; che amiamo gli altri come finora ci siamo sforzati di amare noi stessi e che amiamo Dio tanto da poter essere capaci di trasformare le piccole rinunce quotidiane in cammini concreti d'amore e di vita per raggiungere Lui.

Ecco qualche consiglio molto semplice e quotidiano per offrire qualcosa a Dio in questa Quaresima e chiedergli di darci un cuore simile al suo.

1. OGNI VOLTA CHE TI SENTI ARRABBIATO CON QUALCUNO, RECITA UN PADRE NOSTRO PER LUI/LEI
Se ti risulta facile arrabbiarti, è anche molto facile recitare un'Ave Maria o un Padre Nostro. Chi non li conosce? Recitane uno, solo uno, e vedrai che recupererai un po' di pace e aiuterai quella persona che ha bisogno delle tue preghiere.

2. OGNI VOLTA CHE TI COLLEGHI A UNA RETE SOCIALE, RECITA UN'AVE MARIA 
Alla fine della Quaresima avrai recitato vari rosari... e guadagnerai il doppio: ti avvicinerai alla Madonna e resterai alla presenza di Dio durante la giornata. Puoi offrire ogni Ave Maria per la persona che hai appena visto nella foto di Instagram, su Facebook o con la quale stai conversando su Whatsapp.

3. NON CONTROLLARE IL CELLULARE MENTRE MANGI O CHIACCHIERI CON QUALCUNO
Ricordi com'è guardare una persona negli occhi? Incontrare qualcuno non significa trovarsi nel suo stesso spazio fisico, ma interessarti alla sua vita, cercare di conoscerla, entrare in contatto con la sua realtà e impegnarti con lei.

4. PREGA DI PIU'
Che ne pensi di andare durante la settimana a far visita al Signore nel Santissimo o di recitare un rosario mentre vai al lavoro o all'università? Puoi anche leggere qualche libro spirituale o meditare il Vangelo del giorno. Ci sono molte cose che puoi fare per crescere nella tua vita spirituale e nell'amicizia con il Signore. Dì ai tuoi amici di raccomandarti qualcosa da leggere o da fare e invitali a venire con te.

5. NON ESSERE SCORTESE CON NESSUNO 
Il pasto è arrivato tardi, quella persona non ha fatto le cose come volevi tu, l'impiegato della banca non ti ha trattato bene, il traffico è un completo disastro... Non è una catastrofe, recupera la pace e ricorda: cosa farebbe Gesù al posto mio?

6. OGNI GIORNO ACCETTA UN TUO DIFETTO E RINGRAZIA DIO PER QUESTO 
I tuoi difetti fanno parte di te, ti hanno fatto reincontrare con Dio e ti hanno aiutato a comprendere gli altri e a sostenerli. Perdonati e accetta ciò che sei, Dio lo ha già fatto. Comprendere che non sei perfetto è il primo passo per essere migliore. Essere santi significa cercare la perfezione, ma nell'amore.

7. VAI A MESSA DURANTE LA SETTIMANA
Vai sempre a Messa la domenica e non sai cosa si prova a stare durante la settimana con Gesù. Sappiamo che sono giorni di lavoro e di stress, ma alla fine della giornata non c'è nulla come arrivare in chiesa quando è in silenzio, i banchi sono vuoti e Cristo è lì per te. Che te ne sembra? Ci vai?

8. PERDONA CIASCUNA DELLE PERSONE CHE TI HANNO FERITO 
Permetti a Dio di lasciarti vedere le tue ferite, il dolore che ti hanno provocato altri, per quanto sia grande non lo evitare: affrontalo con Dio e lascia che Egli dia pace al tuo cuore. Ci addolora ricordare il male che ci hanno fatto, ma se guardiamo a tutto questo con gli occhi e il cuore di Dio ci vedremo purificati dal risentimento e dall'angoscia.

9. DI' DI SI' OGNI VOLTA CHE DI CHIEDONO DI CONDIVIDERE QUALCOSA
Se ti è difficile prestare o condividere qualcosa perché senti che le tue cose sono molto preziose, questa è una grande opportunità per iniziare a distaccarti dalle cose materiali e guadagnare in generosità.

10. ESPRIMI ALLEGRIA AL LAVORO
L'allegria è tipica di un cristiano. Per quanto noiose o difficili, le cose fatte con amore e con un sorriso hanno più valore dell'affare più redditizio del mondo.

11. COMPRA SOLO CIO' CHE E' NECESSARIO
Sono solo 40 giorni, ti prometto che andrà tutto bene. E se puoi, ti raccomando di renderla una pratica costante nella tua vita. Ti farà un gran bene!

12. OGNI SERA SCRIVI UNA LISTA DI CIO' PER CUI SEI GRATO
Se domani ti alzassi solo con quello per cui hai ringraziato oggi? Fai attenzione: non ti manca nulla

13. CERCA LA PACE NELLE DISCUSSIONI IN FAMIGLIA 
Bisogna imparare che non sempre chi ferisce di più l'altro ha ragione. Devo abituarmi all'armonia, a vedere l'altro imperfetto come lo sono io. Cercare la pace in ogni discussione è più importante che avere sempre ragione.

14. OGNI VOLTA CHE I TUOI FAMILIARI O I TUOI AMICI TI INVITANO A USCIRE INSIEME, ACCETTA
Esci da te stesso, dedica del tempo alla famiglia e agli amici. Spesso abbiamo tempo per tutto tranne che per l'essenziale.

15. FAI VISITA AI TUOI PARENTI MALATI O SOLI
Può essere che non ci parli molto o che non siano i tuoi compagni migliori, ma avranno sempre bisogno di te. Chiedi a Dio di aiutarti ad avere il tempo e la pazienza e ricorda che l'elemosina non è solo materiale. Dio ti invita a donare il tuo tempo e il tuo amore.

16. ARRIVA PER TEMPO A TUTTI GLI APPUNTAMENTI O ALLE LEZIONI 
In alcune guide per una “buona confessione”, si sottolinea che “rubare” può essere anche rubare tempo. Forse ti sei abituato a non essere puntuale, forse credi che la tua vita non sia tanto importante da trarre il massimo profitto da ogni giorno o semplicemente sei pigro, e visto che sai che l'altro ti aspetterà non ti sforzi. In questa Quaresima cerca di essere puntuale, e vedrai quante virtù guadagnerai oltre alla puntualità.

17. FAI QUALCOSA CHE NON INCLUDA UNO SCHERMO
Possiamo trascorrere ore e ore al cellulare, al tablet, al computer o davanti alla televisione. Se occupassi quelle ore a conoscere un amico o la tua famiglia o a fare qualcosa che ti aiuti come leggere, scrivere, dipingere, fare sport, fare una passeggiata, pensare? Anche queste cose possono essere molto divertenti.

18. OFFRI OGNI ESERCIZIO CHE FAI PER UNA PERSONA O UN'INTENZIONE DIVERSA
Quando vai in palestra, non limitarti a perdere qualche chilo o a tonificare i muscoli. Tonifica anche il tuo spirito offrendo il tuo sforzo e il tuo dolore per gli altri, per le persone vicine o lontane che soffrono e hanno bisogno della tua solidarietà e del tuo sostegno.

19. NON ESPRIMERE ALCUN COMMENTO NEGATIVO SULLE RETI SOCIALI
Perché cerchiamo sempre di ricordare agli altri che stanno sbagliando? Hai visto quanto è stranamente liberatore non farlo? Ci siamo abituati a farlo solo attraverso le reti. In questa Quaresima cerca di dire le cose, con carità e di persona, ma abbi pazienza e ricorda che alcune cose le possono risolvere solo il tempo e Dio.

20. PORTA SEMPRE CON TE DEL CIBO EXTRA DA DARE A CHI NE HA BISOGNO
Inizia la giornata con la borsa piena e pesante, e vedrai che più cammini e più regali e meno pesa! In questo modo camminiamo per il mondo non pensando e guardando solo noi stessi, ma concentrandoci anche su coloro che ci passano vicino.

21. RAFFORZA L'AMORE NEL TUO MATRIMONIO
Sì, anche se ci hai provato mille volte. Ne vale la pena. Come si dice, la carità inizia a casa. Spesso diciamo che non sappiamo da dove iniziare nel nostro cambiamento. Ora abbiamo la risposta.

22. SMETTI DI CIVETTARE
È diverso essere naturalmente felice vicino a chi ami e agire di fronte a tutti come se fossero possibili prede; solo chi coglie la bellezza che c'è in te senza che tu debba mostrarla merita la tua attenzione.

23. NON METTERTI VESTITI O ACCESSORI DI LUSSO
A volte ci nascondiamo dietro i nostri oggetti di lusso, che ci fanno sentire più sicuri, più attraenti e più degni d'amore. Sii discreto e semplice. Se hai più cose di questo tipo di quante siano necessaie, vendile, compra qualcosa e aiuta qualcuno.

24. SE TI SOFFERMI A GUARDARE MATERIALE PORNOGRAFICO O E' UNA DIPENDENZA, ABBANDONA TUTTO! 
Se senti che la pornografia ti attira sempre di più, è un ottimo momento per smettere! Molti scritti aiutano a superare questa dipendenza. Trovali e avvicinati nuovamente alla purezza. Metti dei limiti ai tuoi figli e aiuta i tuoi fratelli e i tuoi amici a superare questo fatto.

25. BASTA CON LA FALSA RELIGIOSITA': AMULETI, RISENTIMENTI VERSO DIO O INFEDELTA' NEI CONFRONTI DELLA CHIESA 
Quale occasione migliore di questo periodo per avvicinarti a Dio? È ora di abbandonare gli amuleti, le brutte abitudini e le critiche alla Chiesa per essere un vero cristiano.
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Sanremo? Solo una vetrina

11/2/2015

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Povia, partiamo con una domanda personale: qual e’ l’origine più profonda del suo essere cantautore e da che cosa trae ispirazione per comporre i suoi testi?

Essere cantautore per me è un’arma potente perché posso colpire dove altri non colpiscono e, nello stesso tempo, proporre coraggio, soluzione e speranza. Se lo faccio attraverso la musica, posso arrivare dove non arrivano le parole da sole. Trovo ispirazione nella sofferenza, sia mia che del mondo. La cosa più importante non è l’ispirazione ma trasformare il negativo in positivo.

Apre i battenti la kermesse musicale di Sanremo. In molti si ricordano la sua partecipazione con la canzone ‘Luca era gay’: che cosa ricorda di quell’esperienza e perché è andato al Festival della musica italiana con un storia così intensa e completamente fuori dal conformismo sanremese?


Sanremo mi ha dato molto e la gente mi conosce grazie ai 4 festival che ho fatto (2005/06/09/10). Questo è il mio ricordo più bello. Brani come Luca era gay, La Verità, Vorrei avere il becco o I bambini fanno oh sono stati notati e votati perché autentici. È vero, Sanremo ha una faccia conforme e sono sempre gli organizzatori che scelgono cosa dare alla gente che sta a casa, ma io come Povia difficilmente mi presenterei al festival se non avessi una canzone con un tema importante. Sanremo per me è una vetrina di persone, conduttori e multinazionali (compresa qualche radio network) che si scambiano favori e artisti pur di partecipare alla settimana televisiva, molto spesso senza avere molto da dire e con il solo tema dell’amore scritto a tavolino. Mi piace provare a cambiare le cose, tentare di parlare di qualcosa anche se, dopo Luca era gay, tutte le porte della musica mi si sono chiuse in faccia. Ho ricevuto molto consenso dalla gente e tuttora è così. Questo è l’essenziale per andare avanti. 

Secondo lei ‘Luca era gay’ avrebbe meritato di vincere quel Sanremo? Ritiene che, per una canzone diciamo ‘scomoda’ come quella, fosse già predefinito un risultato non da primo posto sul podio del festival?


Non saprei, certo che in quell’anno non si parlava che di Luca era gay. Come ho detto prima, c’era molto consenso popolare e mi invitavano dovunque nelle trasmissioni nazionali, con molti minuti di presenza. Ero richiestissimo quindi sì probabilmente potevo vincere ma se avessi vinto non sarebbe cambiato molto. Il giorno dopo il secondo posto, ero su tutte le prime pagine dei giornali lo stesso, a momenti più del vincitore. Ancora nel 2015 ho molti problemi con chi viene ai miei concerti a disturbare. Queste persone non capiscono che la canzone Luca era gay e Povia sono a favore della libertà e dell’uguaglianza, che non devono essere selettive, o lo sono per tutti o non lo sono per nessuno. Sennò siamo sotto un nazismo culturale travestito da democrazia per polli allevati e io sarò pollo ma non allevato.

Domenica scorsa lei ha tenuto a Roma il ‘concerto per la vita di periferia’ organizzato dal Centro per l’aiuto alla vita ‘ARDEATINO’, in collaborazione con l’associazione LAURENTES per sostenere e promuovere il progetto “MAMMA SERENA”. Ci può raccontare questa iniziativa e che risultati ha prodotto?


È stata una bella giornata, il teatro Vigna Murata era pieno e gli organizzatori erano soddisfatti. Di questi tempi è molto raro. Risultati ne ha prodotti tanti. Ci sono state delle offerte che andranno a sostegno delle associazioni anche se credo che certe cose dovrebbero essere sovvenzionate in automatico dallo Stato, come succede in Svezia, Islanda e Norvegia per esempio. Però alla fine di tutto, è bello sapere e vedere che molti italiani hanno ancora la forza di attivarsi ed aiutare con il “fai da te” chi ha necessità. E poi molta gente non conosceva Povia a teatro e dal vivo e ora lo conosce. Tra questi, su tutti, ringrazio infinitamente Daniele Ricciardi e Ricette per Roma.

Oggi, secondo lei, cosa vuol dire ‘cantare per la vita’? Soprattutto ci può declinare cosa intende lei per ‘vita’, in tempi in cui il relativismo e il laicismo hanno svuotato di contenuto valori ricchi di senso e di storia come questo?

Per me cantare significa missione divertente. Non sono un santo questo è certo. Canto spesso quello che vorrei essere anche se non riesco ad esserlo però la musica deve dare segni positivi e di speranza sempre. In ogni canzone, sempre. Si può denunciare qualunque cosa, si possono cantare anche tragedie ma alla fine bisogna portare chi ti ascolta a pensare che ci sia una soluzione. La soluzione è vita. Divertente no? Relativismo? È un termine usato dai bimbiminkia (esclusi noi presenti). Tutti sanno cosa è giusto o sbagliato. Niente è relativo se si è lucidi. Un tempo i “ribelli” venivano chiamati alternativi, oggi invece la tendenza li porta a farsi chiamare “relativi”? Mi viene da ridere. Relativismo…solo perché non la pensiamo uguale forse? O solo perché non esiste una verità assoluta? Ma questo non è relativismo, è ideologia. Se ci fosse una verità assoluta per tutti, 7 miliardi di persone andrebbero d’accordo. Allora anche le religioni sono relative, eppure predicano tutte il bene e un Dio, così come l’eterna lotta tra chiesa e comunisti, entrambi vogliono aiutare i più deboli ma si fanno sempre la guerra. Non è relativismo, è ideologia e cioè mente umana. Relativismo..Chi ha inventato questa parola inutile? Scommetto che c’è lo zampino dei Greci eh?! Accidenti a loro e alla “democrazia” che non è mai esistita a dire il vero. Laicismo? Non esiste. È solo una tendenza, una moda vecchia, uno stile. Sono sempre loro i “Relativi”. Finché non si avranno tutte le risposte, ognuno nel proprio profondo, in un modo o nell’altro, incazzato o non incazzato, bestemmiatore o non bestemmiatore, ammetterà l’esistenza di Dio anche se non sa cos’è o com’è. Laico, Agnostico o Ateo..sì finché l’aereo non comincia a cadere…poi preghiere. 

Un’ultima domanda: se lei dovesse partecipasse al prossimo Festival di Sanremo di cosa parlerebbe? 


A Sanremo parlerei di chi comanda il mondo.

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La famiglia Anania sale sul palco dell'Ariston

11/2/2015

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La famiglia Anania sale sul palco dell'Ariston dopo le prime due esibizioni e come già annunciato è tutta una lode al Signore, cui va il merito di aver fatto nascere questi 16 bambini, che oggi vanno dai 20 anni ai 19 mesi.

Il palco dell'Ariston quasi non basta a contenerli tutti. Papà Aurelio ribadisce in diretta su Rai 1 quanto già dichiarato più volte, anche nel video di apertura.

Ricevendo l'applauso del teatro Aurelio interviene subito:

"Questo applauso lo facciamo al Signore perché questa e un'opera di Dio non dell'uomo"

dice il prolifico papà che non 'cede' alla battuta di Conti: "Ma voi la tv in casa niente, eh?".

Evidentemente no.

"Tutti questi figli? E' grazie allo Spirito Santo..."

dice papà Aurelio mentre si sente distintamente rumoreggiare platea e galleria. I commenti si possono immaginare. Chissà perché ma penso a due complici vicini di platea che si scambiano la classica battuta:

"Sì, ora si chiama Spirito Santo...".

Ma Aurelio e la sua famiglia sono oltre con la loro incrollabile fede.

"Ciò che ci fa straordinari è Cristo"

ripete Aurelio che di fronte a Conti che gli chiede come sia possibile gestire questa grande famiglia e come ce la si faccia risponde

"Semplice non è, ma c'è la Provvidenza".

E il teatro torna a rumoreggiare. Di questi tempi anche la Provvidenza potrebbe avere qualche problema.

E Conti in tutto questo? La mia sensazione è che si sia trovato 'travolto' da tanto afflato religioso. Ho avuto la sensazione che mirasse a interrompere rapidamente le risposte quando diventavano troppo 'religiose'. Non voleva forse che si cadesse in una caratterizzazione troppo ecumenica. Se è così, ha probabilmente peccato di ingenuità nell'invitarli: bastava vedere i video su Youtube per sapere che sono profondamente cattolici e che la loro esperienza e il loro messaggio è improntato alla parola del Signore.

Insomma, ieri all’Ariston, tra il conduttore, pastore di una platea bue, brillano in saggezza e sapienza solo i 18 Anania.

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Da Sanremo in lode di Mauro Coruzzi

11/2/2015

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Da Sanremo in lode di Mauro Coruzzi
di M. Adinolfi

​Mi è piaciuta la famiglia Anania e la sua lode al Signore, alla vita e alla Provvidenza; mi sono piaciuti Albano e Romina perché io sono convinto davvero che cantare a due voci “quanto mi piaci” sia la felicità; mi è piaciuto e molto Tiziano Ferro che ha proposto musica e parlato di musica; mi è piaciuta la canzone di Malika Ayane; mi è piaciuto Carlo Conti, sobrio, un po’ impacciate le vallette; mi è piaciuto il ragazzino ciccione che salutava il comico Alessandro Siani beccandosi una umiliazione, mi è piaciuto il ragazzino coraggioso, l’umiliazione è stata oscena e dicono persino che sia stata una gag studiata, quindi è peggio; mi sono piaciuti tanto gli Imagine Dragons. 

Ma più di tutti mi è piaciuto Mauro Coruzzi. No, non la canzone: troppo jazz, poco popolare, affettata, in fondo suonava vittimista e un po’ falsa, troppo birignao. Andava bene per una puntata delle Invasioni Barbariche che fanno il 3%, non per i dieci milioni di telespettatori di Sanremo. C’è chi mi vuole convincere che essere snob, radicali e chic sia una figata. Ma io sono un tipo da pane e mortadella, troppa classe mi annoia. No Mauro Coruzzi non mi è piaciuto per la performance. Mi è piaciuto proprio lui. Mi è piaciuta la verità che emergeva nuda e cruda nell’istante stesso in cui rinunciava a trucco e parrucco. Suonava vero e addolorato Coruzzi con quella pelata, quella barba perfettamente incolta, quella camicia bianca a pennello se stava in piedi e terribilmente arricciata sulla pancia quando era seduto (conosco il problema, mai sedersi sugli sgabelli in tv caro Mauro, il bottone tira). C’era tanta verità e derivava dal contrasto con la sua versione imbellettata, la Platinette che ci fa divertire ma che è una maschera a cui Coruzzi ha rinunciato. E quanto sia chiara la distanza tra l’uomo e la maschera è stato evidente a tutti. Quanto la verità sia più possente della recita, non ha avuto bisogno di spiegazioni.

Certo Coruzzi cantava con Grazia Di Michele una lagnetta che provava a dire il contrario: che lui era un po’ uomo e un po’ donna, che ci sono i cattivi che lo giudicano se si mette il rossetto (ma quando mai, deve tutto il suo successo a quel rossetto e a quella parruccona da Platinette), che in realtà lui va valutato come indistinto “essere umano”. E’ il cuore della ideologia gender che finirà, purtroppo, per essere la cifra di questo festival di Sanremo anche per via della disgraziata decisione di far esibire sul palco come “superospite internazionale” un tizio che come cantante vale zero e non ha mai manco pubblicato un album, quel Conchita Wurst che esiste solo come icona dell’ideologia gender, capelli lunghi, vestito da donna e barba nera. L’indistinto, appunto: maschile e femminile che non sono nulla, solo un vestito da cambiare. Roba che non è, paccottiglia che una volta avremmo definito da avanspettacolo becero, oggi invece dobbiamo inginocchiarci e omaggiare altrimenti sei “omofobo”. Un marchio d’infamia e vai con gli insulti, chissà quanti ne attirerà questo articolo.

Ma per me così è e su questo giornale la libertà della verità conta e io voglio essere libero di dirlo. Me lo ha insegnato in tutta evidenza Mauro Coruzzi salendo sul palco di Sanremo finalmente privo della falsa armatura da cui si è fatto appesantire, mi sembrava il Robert De Niro di Mission quando finalmente qualcuno lo libera di corazze e spade che trascinava con sé, retaggio di un passato che oramai odiava. Coruzzi, come quel De Niro, esprimeva grandissima dignità e verità su quel palco di Sanremo, senza nascondere una forma di dolore. Il suo cravattino da smoking slacciato sulla camicia aperta valeva la barba inzaccherata di De Niro. Siamo così, siamo imperfetti. Se ci mettiamo a nudo lo siamo tutti. Ma la nostra bellezza è tutta nelle imperfezioni. Teniamole da conto. Non mascheriamoci. Siamo uomini e donne, maschi e femmine, ognuno con la sua specificità. Ma il gender che vuole raccontarci che l’essere maschio o l’essere femmina è solo un cambio d’abito, quello no, non spacciateci più ‘sta cazzata alla moda. Non è vera. E’ robetta da salotto.

La verità è Mauro, la recita è Platinette. La verità è sempre più bella, potente, emozionante di una recita. Il vero è, il non vero non è. Questa angosciante notte che volete dipingere per forza buia e in cui tutte le vacche sono nere è roba che passerà, come passano le mode, come passano le ideologie. Mauro Coruzzi, uomo senza trucco e parrucco, ha puntato un raggio di sole su quel buio e ha dimostrato, forse finanche a se stesso, che si sta più comodi senza indossare le maschere imposte dallo star system per farci sopra la grana. Ci rifletta, Coruzzi. Senza sceneggiate che, lo ha capito bene credo, sono davvero inutili.

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No della Cassazione ai matrimoni gay

9/2/2015

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No della Cassazione ai matrimoni gay

No al matrimonio e alle relative pubblicazioni per i gay: “La Costituzione e l’Europa non impongono al legislatore di estendere il vincolo del matrimonio alle persone dello stesso sesso”. Sentenza odierna della Corte di Cassazione. Leggiamola con attenzione perché è una sentenza fondamentale.


Secondo la Cassazione, che ha respinto il ricorso di una coppia gay che voleva sposarsi in Campidoglio e pubblicare le nozze, “la legittimità costituzionale e convenzionale della scelta del legislatore ordinario, in ordine alle forme ed ai modelli all’interno dei quali predisporre per le unioni tra persone dello stesso sesso uno statuto di diritti e doveri coerente con il rango costituzionale di tali relazioni, conduce ad escludere che l’assenza di una legge per le nozze omosessuali produca la violazione del canone antidiscriminatorio”. Insomma, se non c’è la legge sul matrimonio gay non si compie alcuna discriminazione.

Per la Cassazione, quel che occorre - e su questo i supremi giudici sollecitano “la necessità di un tempestivo intervento del legislatore” - è dare “riconoscimento”, in base all’articolo due della Costituzione che tutela i diritti umani dei singoli e della loro vita sociale e affettiva, a “un nucleo comune di diritti e doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia” e affermare la “riconducibilità” di “tali relazioni nell’alveo delle formazioni sociali dirette allo sviluppo, in forma primaria, della personalità umana”. Attenzione a questo passaggio. Come noi diciamo sempre vanno tutelati i diritti dei singoli. Un omosessuale deve ovviamente poter visitare il compagno in ospedale o in carcere, si può ragionare anche sulle questioni patrimoniali. Diritti ai singoli sì. Ma la famiglia che cresce i figli è un’altra cosa. Da oggi è parola di Cassazione.

Inoltre, i supremi giudici - per avvalorare la loro decisione, in linea con quanto già stabilito da altre sentenze della Consulta, da ultimo con la n. 170 del 2014 - passano in rassegna la Carta dei diritti fondamentali della Ue e osservano che “l’articolo 12, ancorché formalmente riferito all’unione matrimoniale eterosessuale, non esclude che gli Stati membri estendano il modello matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, ma nello stesso tempo non contiene alcun obbligo”. Gli Stati possono regolarsi con ampia autonomia sul tema delle nozze gay. Anche qui, parole chiarissime: non c’è nessun obbligo.

“Nell’art. 8 - prosegue ancora il verdetto - che sancisce il diritto alla vita privata e familiare, e’ senz’altro contenuto il diritto a vivere una relazione affettiva tra persone dello stesso sesso protetta dall’ordinamento, ma non necessariamente mediante l’opzione del matrimonio per tali unioni”. In che altra lingua bisogna scriverlo? Il matrimonio è un’altra cosa. E noi difenderemo fino all’ultima energia la Costituzione e le leggi della Repubblica italiana, a tutela della famiglia e dei suoi figli.
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LA VERA STORIA DELLE CROCIATE

9/2/2015

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I crociati non erano persone che aggredivano senza essere provocati, non erano avidi predoni, o colonizzatori medievali, come riportato in alcuni libri di storia.

Thomas Madden, professore associato e preside della facoltà di storia dell’Università di St. Louis (Missouri) e autore di “A Concise History of the Crusades”, sostiene che i crociati rappresentavano una forza difensiva che non approfittava delle proprie imprese al fine di guadagnarci in ricchezze terrene o in acquisizioni territoriali. Madden ha ripercorso con ZENIT il quadro sui miti più diffusi relativi ai crociati, a fronte dei recenti accertamenti che li destituiscono di fondamento. 

Quali sono gli errori storiografici più comuni sulle crociate e su chi vi prendeva parte?

Madden: Alcuni dei miti più comuni e le ragioni della loro infondatezza sono i seguenti:

Mito n. 1: Le crociate erano guerre di aggressione non provocate, contro un mondo musulmano pacifico.

Questa affermazione contiene quanto di più sbagliato ci possa essere. Dai tempi di Maometto, i musulmani avevano tentato di conquistare il mondo cristiano. Ed avevano ottenuto anche notevoli successi. Dopo alcuni secoli di continue conquiste, gli eserciti musulmani dominavano l’intero nord-Africa, il Medio Oriente, l’Asia Minore e gran parte della Spagna.

In altre parole, per la fine dell’XI secolo, le forze islamiche avevano conquistato due terzi del mondo cristiano. La Palestina, casa di Gesù Cristo; l’Egitto, luogo di nascita del cristianesimo monastico; l’Asia Minore dove San Paolo aveva gettato i semi delle prime comunità cristiane - queste non erano la periferia della Cristianità, ma il vero cuore. E gli imperi musulmani non terminavano lì. Essi continuarono a spingersi verso Occidente, verso Costantinopoli, oltrepassandola e varcando i confini della stessa Europa. Le aggressioni non provocate erano quindi tutte dalla parte dei musulmani. Ad un certo momento, ciò che rimaneva del mondo cristiano avrebbe per forza dovuto difendersi o in caso contrario soccombere alla conquista islamica.

Mito n. 2: I crociati indossavano croci, ma erano in realtà interessati unicamente a conquistarsi ricchezze e terreni. I loro pii propositi erano solo una copertura sotto la quale si nascondeva una rapace avidità.

Gli storici, tempo fa, ritenevano che in Europa si era verificato un aumento demografico che aveva portato ad avere un numero eccessivo di nobili cadetti, addestrati nell’arte bellica cavalleresca, ma privi di terreni feudali da ereditare. Le crociate quindi erano viste come una valvola di sfogo che spingeva questi uomini bellicosi lontano dall’Europa, verso terre da conquistare a spese di qualcun’altro.

La storiografia moderna, assistita dall’avvento dei database computerizzati, ha fatto crollare questo mito. Noi sappiamo oggi che erano piuttosto i primogeniti d’Europa a rispondere all’appello del Papa del 1095, e a partecipare alle successive crociate. Andare in crociata implicava enormi spese. I signori erano costretti a vendere o a ipotecare le proprie terre per radunare i fondi necessari. Gran parte di loro, inoltre, non aveva interesse a costituire un regno oltre mare. Più o meno come i soldati di oggi, i crociati medievali erano fieri di fare il proprio dovere, ma altrettanto desiderosi di tornare a casa.

Dopo i successi spettacolari della prima crociata, con la conquista di Gerusalemme e di gran parte della Palestina, praticamente tutti i crociati tornarono a casa. Solo una minima parte di loro rimase indietro al fine di consolidare e governare i nuovi territori.

Anche il bottino non era granché. Infatti, sebbene i crociati sognassero vaste ricchezze nelle opulente città orientali, praticamente nessuno di loro riuscì anche solo a recuperare le spese sostenute all’inizio. Tuttavia i soldi e la terra non rappresentavano il motivo per cui avventurarsi nelle crociate. Essi andavano ad espiare i peccati per guadagnarsi la salvezza mediante le buone opere in una terra lontana. Essi sostenevano spese e fatiche perché credevano che, andando in soccorso ai loro fratelli e sorelle cristiani in Oriente, avrebbero accumulato ricchezze dove la ruggine e la tarma non corrodono. Avevano ben presente l’esortazione di Cristo secondo cui chi non prenderà su di sé la propria croce non sarà degno di lui. Essi ricordavano anche che “nessuno ha un amore più grande di chi dà la propria vita per gli amici”.

Mito n. 3: Quando i crociati conquistarono Gerusalemme nel 1099, essi massacrarono tutti gli uomini, donne e bambini della città, fino ad inondare le strade di sangue.

Questa è una delle storie preferite da chi vuole dimostrare la natura malvagia delle crociate.

Certamente è vero che molte persone a Gerusalemme furono uccise dopo che i crociati conquistarono la città. Ma questo deve essere considerato nel contesto storico del tempo. In ogni civiltà europea o asiatica dell’epoca, era normale ed accettato moralmente che una città che aveva resistito alla cattura ed era stata presa con la forza, apparteneva ai vittoriosi. E questo non comprendeva solo gli edifici e i beni, ma anche le stesse persone che l’abitavano. È per questo che ogni città o fortezza doveva valutare attentamente se poteva permettersi di contrastare l’assediante. Se no, era più saggio negoziare i termini della resa.

Nel caso di Gerusalemme, la difesa fu tentata fino alla fine. Si calcolava che le formidabili mura della città avrebbero tenuto a bada i crociati fino all’arrivo di una forza proveniente dall’Egitto. Ma si sbagliarono. E quando la città cadde, essa fu saccheggiata. Molti furono ammazzati, ma molti altri furono riscattati o lasciati liberi.

Secondo il criterio moderno questo può sembrare brutale. Ma un cavaliere medievale potrebbe far notare che un numero molto maggiore di uomini, donne e bambini innocenti vengono ammazzati mediante le tecniche moderne di guerra, rispetto al numero di persone che potrebbe cadere sotto la spada nell’arco di uno o due giorni. È utile osservare che in quelle città musulmane che si arresero ai crociati, le persone erano lasciate indisturbate. Venivano requisite le loro proprietà ed essi erano lasciati liberi di professare la propria fede.

Mito n. 4:  Le crociate erano una forma di colonialismo medievale rivestito di orpelli religiosi.

È importante ricordare che nel Medio Evo l’Occidente non era una cultura potente e dominante che si avventurava in una regione primitiva e arretrata. Era l’Oriente musulmano ad essere potente, benestante e opulento. L’Europa era il Terzo mondo.

Gli Stati crociati, fondati in seguito alla prima crociata, non erano nuovi stanziamenti di cattolici in un mondo musulmano estraneo alle colonizzazioni britanniche dell’America. La presenza cattolica negli Stati crociati era sempre molto ridotta, solitamente inferiore al 10% della popolazione. Essi ricoprivano il ruolo di governanti e di magistrati, e altri erano commercianti italiani e membri degli ordini militari. La stragrande maggioranza della popolazione degli Stati crociati era musulmana.

Non erano quindi colonie nel senso di piantagioni o fabbriche, come nel caso dell’India. Erano degli avamposti. La finalità ultima degli Stati crociati era di difendere i luoghi santi in Palestina, specialmente in Gerusalemme, e di fornire un ambiente sicuro per i pellegrini cristiani in vista in quei luoghi.

Non vi era un Paese di riferimento per gli Stati crociati, con cui questi intrattenessero rapporti economici, né gli europei traevano vantaggio economico da tali Stati. Al contrario, le spese delle crociate finalizzate al mantenimento dell’Oriente latino, gravavano fortemente sulle risorse europee. Come avamposto, gli Stati crociati mantenevano un’impostazione militare. Mentre i musulmani combattevano tra di loro, gli Stati crociati erano al sicuro, ma una volta che i musulmani si unirono, furono in grado di far cadere le fortificazioni, catturare le città e nel 1291 espellere del tutto i cristiani.

Mito n. 5: Le crociate furono fatte anche contro gli ebrei.

Nessun Papa ha mai lanciato una crociata contro gli ebrei. Durante la prima crociata un folto gruppo di malfattori, non associati all’esercito principale, discese nei paesi della Renania e decise di depredare e ammazzare gli ebrei che vi risiedevano. Questo fu causa, in parte di pura avidità, ma in parte derivava anche da un’errata concezione per cui gli ebrei, in quanto responsabili della crocifissione di Cristo, sarebbero stati legittimi bersagli della guerra.

Il Papa Urbano II e i successivi Papi condannarono fortemente questi attacchi contro gli ebrei. I vescovi locali e gli altri ecclesiastici e laici tentarono di difendere gli ebrei, anche se con scarso successo. Analogamente, durante la fase iniziale della seconda crociata, un gruppo di rinnegati uccise molti cristiani in Germania, prima che San Bernardo riuscisse a raggiungerli e a fermarli.

Queste realtà erano un disdicevole effetto collaterale derivante dall’entusiasmo delle crociate, ma non erano lo scopo delle crociate. Per usare un’analogia moderna, durante la seconda guerra mondiale alcuni soldati americani commisero crimini mentre si trovavano oltre oceano. Essi furono arrestati e puniti per tali crimini, ma il motivo per cui erano entrati in guerra non era di commettere crimini.

Crede che i contrasti tra Occidente e mondo musulmano siano in qualche modo una reazione alle crociate?

Madden: No. Potrebbe sembrare una risposta strana considerando che Osama bin Laden e altri islamici si riferiscono spesso agli americani come “crociati”. Tuttavia è importante ricordare che nel corso del Medioevo - e in realtà fino al tardo XVI secolo - la superpotenza del mondo occidentale era l’Islam. Le civiltà musulmane erano ricche, sofisticate e immensamente potenti. L’Occidente invece era arretrato e relativamente debole.

È interessante notare anche che, ad eccezione della prima crociata, sostanzialmente tutte le altre crociate dell’Occidente - e ve ne furono centinaia - non ebbero successo. Le crociate possono aver rallentato l’espansione del mondo musulmano, ma non ne hanno assolutamente procurato un arresto. Gli imperi musulmani hanno continuato ad espandersi nei territori cristiani, conquistando i Balcani, molta dell’Europa orientale, compresa la più grande città cristiana al mondo, Costantinopoli. Agli occhi dei musulmani del tempo, le crociate non erano considerate molto importanti. Normalmente, le persone del mondo musulmano del XVIII secolo non sapevano granché delle crociate. Queste erano invece importanti per gli europei, perché rappresentavano imprese notevoli, caratterizzate dal fallimento.

Tuttavia, durante il XIX secolo, quando gli europei iniziarono a conquistare e colonizzare i Paesi del Medio oriente, molti storici - in particolare scrittori francesi nazionalisti o monarchici - iniziarono a considerare le crociate come il primo tentativo dell’Europa diretto a esportare i frutti della Civiltà occidentale al mondo arretrato musulmano. In altre parole, le crociate furono trasformate in guerre imperialiste.

Queste interpretazioni della storia furono diffuse nelle scuole coloniali e divennero l’impostazione accettata nel Medio oriente e oltre. Nel XX secolo, l’imperialismo fu oggetto di discredito. Allora, alcuni nazionalisti arabi e islamisti fecero propria l’impostazione coloniale delle crociate ed iniziarono a sostenere che l’Occidente era responsabile delle loro afflizioni perché aveva depredato il mondo musulmano sin dai tempi dalle crociate.

Spesso si dice che le persone, nel Medioevo, hanno lunga memoria; è vero. Ma nel caso delle crociate, essi hanno recuperato memoria: ricordi fabbricati per loro stessi dai conquistatori europei.

Vi è qualche similitudine tra le crociate e la guerra contro il terrore di oggi?

Madden: A parte il fatto che i soldati di entrambe le guerre sono spinti dalla volontà di servire qualcosa che è più grande di loro stessi, a cui essi tengono, e che desiderano tornare a casa appena queste terminano, non vedo altre similitudini tra le crociate medievali e la guerra contro il terrore. Le motivazioni di una società secolare posti-illuminista sono molto diverse rispetto a quelle del mondo medievale.

In che modo le crociate si differenziano dalla jihad islamica o da altre guerre di religione?

Madden: Lo scopo fondamentale della jihad è di espandere il Dar al-Islam -- la dimora dell’Islam -- nel Dar al-Harb -- la dimora della guerra. In altre parole, la jihad è espansionistica e persegue la conquista dei non musulmani per porli sotto il governo musulmano. A coloro che vengono conquistati viene data una semplice alternativa. Per coloro che non appartengono alle “Genti del Libro” - ovvero i non cristiani o i non ebrei - la scelta è convertirsi all’Islam o perire. Per coloro che appartengono alle “Genti del Libro”, la scelta è sottomettersi al governo musulmano e alla legge islamica o perire. L’espansione dell’Islam, quindi, era direttamente legata al successo militare della jihad.

Le crociate furono qualcosa di molto diverso. Nel Cristianesimo, sin dall’inizio, fu sempre proibita la conversione forzata di qualsiasi tipo. La conversione per mezzo della spada non era possibile per il Cristianesimo. Diversamente dalla jihad, lo scopo delle crociate non era né quello di allargare l’estensione territoriale del mondo cristiano, né quello di diffondere il cristianesimo mediante la conversione forzata. Le crociate erano invece una risposta diretta e tardiva a secoli di conquiste musulmane di territori cristiani. L’evento che seguì immediatamente la prima crociata fu la conquista turca di tutta l’Asia minore nel corso dei decenni dal 1070 al 1090. La prima crociata fu lanciata da Papa Urbano II nel 1095 in risposta ad un urgente appello di aiuto dell’imperatore bizantino di Costantinopoli. Urbano II allora chiamò i cavalieri del mondo cristiano per accorrere in aiuto ai fratelli d’Oriente.

L’Asia minore era cristiana. Questa parte dell’Impero bizantino fu evangelizzata a partire da San Paolo. San Pietro fu il primo vescovo di Antiochia. Paolo scrisse le sue famose lettere ai cristiani di Efeso. Il credo della Chiesa fu scritto a Nicea. Tutti questi luoghi si trovano in Asia minore. L’imperatore bizantino pregò i cristiani d’Occidente di aiutarlo a riconquistare i territori e ad espellere i turchi. E le crociate rappresentarono questo aiuto. Il loro scopo, tuttavia, non era solo quello di riconquistare l’Asia minore, ma di riconquistare altre terre anticamente cristiane, che erano state perse a causa delle jihad islamiche. Tra queste vi era la Terra santa.

In una parola, quindi, la principale differenza tra le crociate e le jihad è che le prime erano una difesa contro queste ultime. Tutta la storia delle crociate orientali è una storia di risposta ad aggressioni musulmane.

I crociati ebbero qualche successo nella conversione del mondo musulmano?

Madden: Nel XII secolo alcuni francescani iniziarono una missione in Medio oriente nel tentativo di convertire i musulmani. Ma non ebbe successo in gran parte perché le leggi islamiche considerano la conversione ad altra religione come un’offesa capitale. Questo tentativo fu, peraltro, portato avanti separatamente rispetto alle crociate, le quali non avevano nulla a che fare con il discorso della conversione, e mediante mezzi pacifici di persuasione.

Come razionalizzò, il mondo cristiano, la propria sconfitta nelle crociate? I crociati stessi furono sconfitti?

Madden: Lo fecero così come gli ebrei del Vecchio Testamento. Dio non diede la vittoria al suo popolo perché era nel peccato. Questo portò ad un movimento di pietà di larga scala in Europa, il cui obiettivo era di purificare in ogni modo la società cristiana.

Il Papa Giovanni Paolo II, in realtà, ha chiesto scusa per le crociate. Le ha condannate...

Madden: Questo è un mito curioso, visto che il Papa è stato cosi palesemente criticato per non aver chiesto scusa in modo espresso per le crociate, nell’ambito della sua richiesta di perdono a tutti coloro a cui i cristiani avevano procurato del male ingiustamente. Il Santo Padre non le ha condannate, né ha chiesto scusa per esse. Egli ha chiesto scusa per i peccati dei cattolici. Recentemente è stato ampiamente riportato il fatto che Giovanni Paolo II ha chiesto scusa al Patriarca di Costantinopoli per la conquista crociata di Costantinopoli del 1204.

Ma in realtà, il Papa ha solo ribadito ciò che aveva detto il suo predecessore, Papa Innocenzo II (1198-1216). Quell’evento fu un tragico esempio di un attacco non andato a buon fine, che peraltro lo stesso Innocenzo II cercò in ogni modo di evitare. Egli ha chiesto scusa per i peccati dei cattolici che presero parte alle crociate, ma non ha chiesto scusa per le crociate stesse o per i loro risultati.
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Sanremo: Soldi spesi mali con ospiti di dubbia qualità 

6/2/2015

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Sanremo: 
Soldi spesi mali con ospiti di dubbia qualità 


Dichiarazione stampa del presidente dell’Aiart Luca Borgomeo che NAZARETH FAMIGLIA DI DIO condivide e sottoscrive totalmente.

"Anche quest’anno abbiamo ricevuto moltissime segnalazioni di protesta relative all’imminente Festival di Sanremo. La decisione d’invitare tra gli ospiti la drag queen Conchita Wurst che riceverà un lauto compenso, si parla di 120.000 euro, dimostra per l’ennesima volta come la RAI, anziché investire sulla qualità delle canzoni in gara e su una struttura della trasmissione più agile, si ostini a sperperare denaro pubblico, proprio nei tempi in cui gli utenti vengono invitati a rinnovare il pagamento del canone, con ospiti di dubbia qualità”. 

Se a questo si aggiunge la presenza in gara di Mauro Coruzzi, conosciuto al pubblico come Platinette, ha già dichiarato che una sera si presenterà vestito da uomo e una sera da donna, con “sorpresa finale” nel caso del passaggio in finale, si ha l’impressione che l’azienda di Stato abbia dimenticato che il festival è nato come programma per tutta la famiglia: un tempo lontano, quando il festival faceva conoscere differenti generi musicali. Ora, purtroppo, soltanto l’ideologia gender e il solito, stucchevole, gossip!".

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Mattarella e i cattolici

1/2/2015

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Mattarella e i cattolici

L’elezione alla presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella è stata accolta da un plauso quasi generale. La sua naturale ritrosia verso il cicaleccio dei mezzi di comunicazione, il suo rigore di giurista e di uomo politico pronto anche a dimettersi da incarichi di rilievo pur di essere coerente con le proprie idee, la tragedia familiare da cui è stato colpito nel 1980 con l’assassinio da parte di Cosa Nostra del fratello Piersanti, hanno costruito un alone di rispetto attorno alla figura del Capo dello Stato. La fotografia di Mattarella mentre raccoglie devastato il corpo del fratello appena crivellato di colpi mafiosi di ritorno dalla Messa e quella in cui da uomo delle istituzioni coraggiosamente (in pochissimi l’avrebbero fatto) bacia l’anello di San Giovanni Paolo II incontrandolo, per quanto mi riguarda consegnano un’evidenza plastica di chi Mattarella sia. E’ un uomo. Un uomo forgiato nel fuoco del dolore indicibile (e infatti non ne ha mai parlato, non ne ha mai fatto sfoggio) e capace di nettezza nell’esposizione pubblica e persino fisica del proprio pensieri, il che in un tempo di camaleonti ambigui me lo rende assolutamente simpatico, nel significato anche etimologico del termine.

Il plauso, dicevo, è stato “quasi” generale. Normale, direi fisiologico: sarebbe persino pericolosa l’assenza di scontenti e di oppositori del nuovo Capo dello Stato. Un filo sorprendente è stata però la levata di scudi di qualche frangia del mondo cattolico che ha protestato con toni invero paradossali accusando, con una posizione che rivela un pregiudizio politico-ideologico, il neo presidente di essersi dimesso sì da ministro per la legge Mammì che diede il via libera alla costruzione dell’impero mediatico berlusconiano, ma di non aver fatto lo stesso “per la legge 40 o la legge sul divorzio lampo”. A parte che bisogna conoscere i fatti e Mattarella non è stato parlamentare né nella sedicesima né in questa diciassettesima legislatura repubblicana, dunque sul divorzio breve non avrebbe potuto dimettersi da alcunché. Per quanto riguarda la legge 40 io la considero una buona legge che non a caso i cattolici italiani hanno trionfalmente difeso rifilando una sonora e plateale batosta al fronte laicista che era sicuro di poterla abolire per via referendaria.

Ecco, io faccio parte di quel mondo cattolico lì: di un mondo cattolico che non chiacchiera, non alambicca, non si rifugia in eterni benaltrismi conditi da qualche sofisma che nasconde spesso pregiudizio e appartenenza partitica o comunque un approccio ideologico. Io sono convinto (e mi rafforzo sempre più in questa convinzione grazie all’insegnamento di Papa Francesco) che l’ideologia sia un male. Io mi considero un testimone della verità e un combattente. E nel combattimento c’è una dimensione di concretezza che cerco di non sacrificare mai alla presunta purezza ideologica.

La Croce esce in edicola il 13 gennaio 2015 con un titolo di apertura che ha scatenato mille polemiche la cui code insultante non si è ancora placata. Quattro parole: “Serve un presidente cristiano”. Il 31 gennaio un presidente cristiano è stato eletto. A qualcuno Mattarella non piace perché oltre ad essere cristiano è democristiano o perché ha militato nell’ala sinistra di quel partito o perché è “dossettiano”. Cretinate ideologiche, appunto. Mattarella è un presidente cristiano e per noi combattenti, consci che il 2015 sarà l’anno decisivo della battaglia per la difesa della cultura della vita e della famiglia dalle iniziative parlamentari già in corso che puntano a varare le norme sulle unioni gay e sulla legittimazione dell’utero in affitto tramite la stepchild adoption, è decisivo avere un cristiano non all’acqua di rose al Quirinale.

I cattolici che oggi protestano contro Mattarella e scrivono che un presidente “cattolico” (usano offensive virgolette) serve a liquidare i cattolici, chi avrebbero preferito? Walter Veltroni? Umberto Veronesi? Il proseguio del settennato di Napolitano, quello del caso Englaro?

Mattarella è la migliore soluzione nelle condizioni date. Non dico la migliore soluzione in assoluto, noi avevamo candidato con un articolo strepitoso di Costanza Miriano la splendida Paola Bonzi al Quirinale, in rappresentanza di tutti i cattolici e gli uomini e le donne di buona volontà che si battono concretamente per la cultura della vita. Ma in politica si ragiona sulle soluzioni possibile nelle condizioni date. Come cattolici dovremo imparare a farlo e rapidamente perché la battaglia da combattere è talmente complessa che adesso servono i soldati, non i filosofi sofisti alla ricerca di purezze spaccando il capello in quattro. Bisogna ragionare sulle soluzioni possibile nelle condizioni date, per un obiettivo preciso da raggiungere: tutelare l’Italia da un’offensiva normativa che dal matrimonio omosessuale all’eutanasia ha messo radici, informo i distratti, negli ordinamenti di tutta Europa. In tutta Europa, ma in Italia no. Merito dei cristiani che resistono e, forse, anche dei tanti vituperati democristiani. Che hanno eletto un presidente cristiano alla presidenza della Repubblica.

Chi non capisce che, nelle condizioni date, va ringraziato il Signore per questo miracolo semplicemente non è in battaglia. Chiacchiera, sì, ma qui le chiacchiere stanno a zero. Bisogna vincere un combattimento difficile contro forze che ci sovrastano per numero e furbizia. Sarà bene affilare le armi dell’intelligenza, perché continuando a bearsi di cretinerie ideologiche prive di concretezza, ci si espone a certa e devastante sconfitta.

da lacrocequotidiano.it
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