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QUELLO CHE NON VI HANNO DETTO DI BOLT (CENSURANO SEMPRE LA MADONNA...)

22/8/2016

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L'uomo più veloce del mondo Usain Bolt ha fatto il pieno di medaglie d'oro anche alle Olimpiadi di Rio, ma la medaglia più preziosa la porta al collo ed è la "Medaglia miracolosa" che - nelle apparizioni a santa Caterina Labouré, a Rue du Bac - la Madonna stessa ci donò.
Bolt infatti è cattolico e piu' volte ha dichiarato pubblicamente la sua fede. Del resto lui di solito fa il segno della croce o ringrazia Dio prima e dopo ogni gara, baciando la medaglietta. 
Il suo secondo nome è Leo in ricordo di un papa con questo nome (non è chiaro se si tratti di san Leone Magno o di Leone XII).. Per lui la fede in Cristo è il tesoro della vita.
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A proposito della fede degli atleti, leggete in questo articolo di Andrea Zambrano quante altre storie bellissime
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STORIE DI FEDE SUL PODIO OLIMPICO DELLA VITA
di Andrea Zambrano
Per una Fede in pena, una fede che fiorisce. Non ci sono solo i tormenti di Federica Pellegrini e l’inquietante e triste storia di Alex Schwazer a delineare il tratto umano degli atleti in gara a Rio 2016. La nuotatrice italiana e il marciatore altoatesino alle Olimpiadi stanno catalizzando il circuito mass mediatico a seguito delle loro vicissitudini agonistiche la prima e legate alla giustizia sportiva il secondo. Ma nella calca che affolla i villaggi olimpici della città carioca ci sono anche molte altre storie di rinascita e di speranza. Storie che in tanti casi hanno a che fare con la fede. Storie minori che non conquistano le copertine dei giornali sportivi, ma storie che sono il motore principale di una rinascita e infine di una prestazione olimpica.

E’ possibile così fare una sorta di catalogo degli atleti cristiani che non hanno avuto paura di mostrare un rosario mentre salivano sul podio o di nuotatori che non nascondono come la fede li abbia salvati da una vita che stava precipitando verso il baratro.

Il caso più famoso e più eclatante, perché il personaggio è famoso ed eclatante, riguarda il re assoluto di questi giochi olimpici. Quel Michael Phelps che anche a Rio 2016 ha dimostrato di meritare il soprannome di squalo. Ieri ha vinto la sua quarta medaglia d’oro rinforzando la bacheca di casa con le altre 22, di cui 18 d’oro conquistate alle precedenti Olimpiadi. Che sia il nuotatore più grande della storia di questo sport ormai non lo mette in discussione più nessuno. Ma in pochi hanno raccontato di quel brutto periodo seguito ai giochi di Londra dove anche per lo squalo è arrivato il momento di fare i conti con un avversario insidioso che si è intrufolato in vasca: la disperazione e il vuoto di vivere.

Aveva tutto: fama, successo, soldi, ma due anni fa, lo ha raccontato lui stesso alla ESPN aveva pensato addirittura di farla finita. Senza considerazione di sé, senza stima, come unica prospettiva un mondo senza di lui. Come immaginare in quelle parole la fotografia di un campione assoluto, anzi un mostro del nuoto che è entrato nella leggenda? Eppure questo dimostra che le tentazioni di Satana arrivano proprio quando sei in cima all’alto monte, condotto o tentato da lui, non importa.

Ma Phelps, dopo una vita di eccessi che lo avevano portato anche all’abuso di droghe e alcol ha saputo riscattarsi. Merito di un percorso di riabilitazione che lo ha aiutato a trovare lo scopo della sua vita e a riscoprire la sua fede. Ma soprattutto ad affrontare i demoni che hanno iniziato a fare capolino nella sua vita con il divorzio dei genitori e l’assenza della presenza paterna. Oggi lo squalo è un papà innamorato di Nicole, la fidanzata e madre di suo figlio che, appena tornato a Baltimora dall’esperienza brasiliana, sposerà.

La storia di Phelps è la storia di una rinascita. La stessa di tanti altri atleti che hanno incontrato Dio.

Come il nostro tiratore Giovanni Pellielo, che ha conquistato nel tiro a volo la medaglia d’argento. In una recente intervista si è guadagnato l’appellativo di “tiratore di Dio” dopo aver ha dichiarato la sua fede. “Sono un cattolico praticante – ha detto – e per consumare le lunghe ore della vigilia a Rio ogni sera leggevo un brano dei tre libri che Papa Benedetto XVI ha dedicato alla figura di Gesù”. Non certo un testo distensivo, ma sicuramente un libro che permette di comprendere che il Cristo della fede è lo stesso Gesù della storia e di rimanere così ancora più convinti della assoluta perfezione del dettato evangelico. Riprendendo l’anticipo di simpatia richiesto dal papa emerito nell’introduzione di quella fortunata pubblicazione, si direbbe che Ratzinger ha fatto centro per un cecchino molto esigente.

Ma quanti sono e soprattutto quali sono gli atleti cattolici che non fanno mistero della loro fede? Il singolare censimento è stato svolto con precisione dall’agenzia Aci Prensa che ha elencato un catalogo di 12 atleti. Un numero certamente non casuale, anche se di altre storie di fede non conclamate e non emerse pubblicamente ce ne saranno sicuramente, ma un numero sufficiente per avvicinare questi “marziani” dello sport alla gente normale, che soffre, gioisce e prega.

Così si racconta di Katie Ledecky, nuotatrice 19 enne che ha fatto incetta di ori nei 200 e 400 stile libero, costringendo la nostra Fede al deludente quarto posto che l’ha mandata in crisi. Al Catholic Standard ha dichiarato che la fede la aiuta a tenere le cose in prospettiva e l’Ave Maria le dà molta tranquillità. La stessa fede che anima la sua conterranea Katharine Holmes nella scherma. Il catalogo prosegue con la saltatrice in lungo Thea La Fond per i cui successi olimpici c’è pronta una squadra di preghiera e Amanda Polk nel canottaggio.

L’oro l’ha già vinto e la chiamano l’erede di Nadia Komaneci: Simone Biles, con una vita problematica famigliare alle spalle oggi dichiara di andare a messa tutte le domeniche e di non separarsi mai dal suo Rosario, donatole dalla madre. E ancora: la siepista Sydney McLaughlin, il triatleta Joe Maloy, Steven López (Taekwondo), la cestista americana Kerri Walsh alla sua quinta Olimpiade, il lottatore Kyle Snyder fino ad arrivare ad una delle sorprese di questi Giochi. Lo sapevate che Juan Martín del Potro ha una fede cattolica granitica e quando è impegnato a giocare a tennis una delle sue principali preoccupazioni è quella di trovare una chiesa, possibilmente aperta? Ecco spiegata la forza di questo tennista argentino amico di Papa Francesco che da semi sconosciuto che era è arrivato ad eliminare alle Olimpiadi niente meno che sua maestà Novak Djokovic.

La maggior parte degli atleti censiti è americana, forse più a loro agio nel raccontare con orgoglio la propria appartenenza. Non poteva mancare una coppia di marito e moglie, entrambi atleti ed entrambi cattolici ferventi: i brasiliani Marilson Gomes dos Santos y Juliana Paula dos Santos, lui maratoneta lei ostacolista che proprio stasera scenderà in pista per i 3000 siepi. Su Facebook è tutto un fiorire di preghiere, dichiarazioni d’amore e incoraggiamenti reciproci. Con la Madonna sempre al centro di tutto e la consapevolezza che se “siamo qui a Rio, insieme, è merito suo”. Il risultato di stasera in fondo, qualunque esso sia, è già conseguenza della pienezza della loro vita.
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CON IL SI AL REFERENDUM COSTITUZIONALE L'ITALIA SI INCAMMINA VERSO LA DITTATURA

18/8/2016

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La nostra Costituzione non è ''la più bella del mondo'' perché non permette la difesa della legge naturale e di quella divina che le sono superiori, ma con la riforma di Renzi la si peggiora esasperando lo statalismo e dando il potere a un solo uomo.
di Stefano Fontana


In ottobre/novembre i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimere il loro voto sulla riforma della Costituzione italiana voluta dal governo Renzi. La revisione costituzionale è stata approvata dal Parlamento, ma non con l'ampia maggioranza richiesta per i mutamenti costituzionali, per cui si è reso necessario il passaggio referendario, dato che, come afferma il "sacro testo" della nostra Repubblica; "Il potere appartiene al popolo".
Motivazioni molto diverse tra loro guideranno gli italiani al voto. Per esempio lo schieramento del "No" alla riforma comprende esponenti della sinistra radicale e laicista, del movimento del Family Day, comunisti non modernisti, Movimento 5 Stelle, Lega, studiosi e politici di matrice dossettiana, un certo mondo del cattolicesimo tradizionalista e così via. La stessa cosa potrebbe dirsi per il fronte contrapposto del "Si".
Ecco perché può essere utile, accanto alle motivazioni più strettamente politiche e di valutazione dell'operato di questo governo che molti attendono al varco del referendum, precisare e recuperare alcune motivazioni più forti e specifiche, valutando la riforma alla luce della Dottrina sociale della Chiesa.

LA COSTITUZIONE COME PROBLEMA

La prima cosa da considerare è il significato della Costituzione. Il cattolico non è un "patriota della Costituzione". Egli sa infatti che a fondamento della Costituzione c'è ben altro e di più della Costituzione, qualcosa a partire da cui valutare e giudicare la stessa Costituzione. Parlo della legge naturale e divina. Quindi la Carta costituzionale non è l'ultima istanza normativa della vita comunitaria. Sarebbe così per l'ideologia del costituzionalismo, ma il cattolico non può essere costituzionalista.
Alla luce di quanto fonda e supera la Costituzione, si può dire che la nostra Costituzione abbia sia limiti che meriti. Per esempio gravi limiti sono la mancanza di riferimento a Dio, l'adozione del principio assoluto di autodeterminazione soggettiva, la dipendenza dalla visione liberale dei diritti umani come diritti soggettivi, la scarsa attenzione per i corpi intermedi; un merito è la definizione di famiglia come società naturale fondato sul matrimonio. Il problema allora non è né difenderla ad oltranza né volerla cambiare in modo frettoloso e pasticciato. Si tratta piuttosto di vedere se i cambiamenti previsti la migliorerebbero o meno, alla luce di quel qualcosa che le sta sopra e che per noi risponde all'espressione "Dottrina sociale della Chiesa".

IL QUADRO DELLA RIFORMA

La riforma costituzionale su cui andremo a votare prevede la trasformazione del Senato, che perderà la funzione politica di dare la fiducia al governo e quella legislativa di fare le leggi. Si occuperà di raccordo con le regioni e avrà un numero minore di senatori, eletti in seconda istanza tra i consiglieri regionali e i sindaci. Il Senato continuerà però a votare per l'elezione del Presidente della Repubblica e per i componenti della Corte Costituzionale. Chi avrà in mano la Camera avrà in mano il Paese, perché sarà la sola assemblea parlamentare ad avere un ruolo politico e legislativo.
Inoltre la Camera aumenterà il proprio peso nella elezione delle più alte cariche istituzionali come la Presidenza della Repubblica e la Corte Costituzionale, visto che il numero dei senatori diminuisce rispetto a quello dei deputati. La domanda quindi è: chi avrà in mano la Camera? Per saperlo bisogna analizzare la nuova legge elettorale, l'Italicum, anche se non rientra nelle questioni della riforma costituzionale strettamente intese.
Questa prevede elezioni a due turni su liste parzialmente bloccate. Il partito che al primo turno supera il 40 per cento dei voti ottiene un cospicuo premio di maggioranza che gli permette di avere in mano la Camera prendendo da solo il 54% dei seggi. Se ciò non avviene, si va al secondo turno, ove il partito che prende il maggior numero di voti - senza soglia, ossia che siano pochi o tanti non importa - prende il premio di maggioranza e ha in mano la Camera col 54% dei seggi, ossia l'attività legislativa e la nomina delle massime istituzioni. Il combinato tra nuova legge elettorale e sostanziale abolizione del Senato crea una situazione sbilanciata a favore di uno strapotere dell'esecutivo e, con molte probabilità, di un solo partito (e di un solo uomo?).

LE ISTITUZIONI E IL BENE COMUNE

Non sono le istituzioni a creare il bene comune, perché le comunità familiare, sociale e politica vengono prima dello Stato. L'equilibrio tra le istituzioni è uno strumento affinché il bene comune sia partecipato. Esso, infatti, deve venire dal basso, al di fuori di ogni centralismo. Il bene comune non può essere imposto o pianificato dall'alto delle istituzioni statali, men che meno dall'alto del potere esecutivo. Ogni famiglia, ogni impresa, ogni associazione, ogni comunità locale, ogni regione ha il proprio bene comune da raggiungere. Tutti devono dare il proprio apporto al bene comune. Per questo la partecipazione è un dovere ed anche un diritto: il diritto di partecipare alla costruzione del bene comune. Certo si tratta di una partecipazione eticamente qualificata per un bene comune che rispetti il naturale bene della persona e della comunità. Ma l'etica del bene comune non deve essere fatta dallo Stato, essa è prima di tutto il bene della comunità politica a cui lo Stato è a servizio.
Lo Stato deve seguire un'etica che non è lui a stabilire, deve perseguire il bene della comunità politica, articolata nei suoi corpi intermedi. Ora, un accentramento di potere nel governo e, cosa ancora peggiore, in un partito si oppone a questa visione analogica del bene comune. Assomiglia, piuttosto a quella di uno Stato etico, ossia di uno Stato non che si sottopone all'etica, ma che pensa di stabilirla lui.
L'accentramento istituzionale nel governo che la riforma prefigura produrrà certamente maggiore decisionismo, ma con grande svantaggio della partecipazione degli organismi che compongono la società politica nazionale al bene comune. Non si rivendica qui una partecipazione per la partecipazione, quanto una partecipazione solidale e sussidiaria (su cui tornerò tra poco) eticamente qualificata.

IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ

Il pericolo di accentramento di funzioni politiche essenziali eccessive nel governo è ulteriormente aggravato dal fatto che la riforma costituzionale prevede anche un riaccentramento di molte funzioni amministrative dalle regioni al governo centrale. Quel partito che, almeno in linea realisticamente teorica, potrebbe avere in mano la Camera, avrebbe titolarità su molte funzioni che oggi sono articolate nel territorio nazionale a livello regionale. Inoltre, invocando la clausola dell'interesse nazionale, il governo potrebbe accentrare in futuro altre funzioni, togliendole alle regioni anche virtuose.
Poiché rimane la distinzione tra regioni ordinarie e a statuto speciale, potrà darsi che il governo avochi a sé la competenza in settori importanti - come per esempio la sanità - da regioni che stanno operando bene e lasciando invece tali competenze a regioni a statuto speciale che operano male.
Nella precedente riforma costituzionale si era verificata una "devolution" dallo Stato alle regioni. Ora si vuole percorrere la strada opposta. In ambedue i casi, però, non si rispetta il metodo richiesto dal principio di sussidiarietà. [...]
Questo vorrebbe che si partisse dal basso e si chiarisse cosa possono fare i diversi livelli amministrativi del territorio e le diverse agenzie sociali, dato che la sussidiarietà non è solo verticale ma anche orizzontale e le due dimensioni vanno combinate insieme.
Il livello superiore deve fare quanto il livello inferiore non riesce a fare. Se non riesce a farlo perché momentaneamente impedito dalle difficoltà, il livello superiore deve agire con spirito di supplenza e con un aiuto sussidiario per rimetterlo in grado di fare da sé, senza sostituirsi ad esso. Nel caso invece non sia in grado di farlo perché non gli compete, allora il livello superiore deve assumere questa funzione in proprio. Questo metodo non è stato adoperato nella riforma costituzionale cosiddetta "Boschi-Renzi": si pensa solo a riaccentrare, compresi ambiti in cui ciò potrà produrre maggiore corruzione e aumento di costi, senza peraltro correggere in modo sussidiario altra corruzione ed altri sprechi.

IL NUOVO GOVERNO ETICO

Un governo forte costituito da un solo partito e guidato da un leader carismatico con in mano l'unica Camera parlamentare potrà certo far approvare le leggi in fretta e le riforme in quattro e quattr'otto. Ciò comporterà però che i poteri supernazionali e transnazionali potranno agire su di lui più agevolmente per farlo operare secondo i loro interessi. Comporterà anche che un programma di distruzione della famiglia, della procreazione, dell'educazione potrà essere approvato in modo veloce ed indolore. Non possiamo dimenticare il modo con cui il governo attualmente in carica ha fatto passare la legge Cirinnà: con due voti di fiducia che hanno "crioconservato" il Parlamento.
Non dimentichiamo che l'unico intoppo la prassi governativa l'ha trovato al Senato. Nel contesto della riforma costituzionale prefigurata, quanto manca al disegno laicista di creare una nuova morale e un nuovo uomo - ossia eutanasia, utero in affitto, droga libera, prostituzione legalizzata, fine dell'obiezione di coscienza in tutti i campi - si realizzerà con una velocità esponenzialmente maggiore a quella dell'approvazione della legge Cirinnà.
Quello di bene comune è un concetto morale; presuppone che il bene sia indipendente e precedente le leggi e le politiche. Solo allora sarà un bene "in comune", altrimenti sarà un bene di parte. L'equilibrio tra le istituzioni serve a favorire questo principio. La riforma Boschi-Renzi consegna il bene in mano ad una Camera, ad un potere, quello esecutivo, ad un partito e ad un uomo. Una corretta impostazione istituzionale non è sufficiente per avere il bene comune, ma è necessaria.

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E SE LA COSPIRAZIONE NON CI FOSSE?

12/8/2016

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E se la cospirazione contro Alex Schwazer, non ci fosse?
di Mauro Leonardi


Se chiedo al mio barbiere cosa pensa della vicenda di Alex Schwazer, mi dice che non c'ha capito nulla. E questo è grave perché c'è stata una chiarissima sentenza di condanna da parte dell'autorità sportiva. Che il mio barbiere sia disorientato dopo che ha parlato la legittima autorità, significa che per il cittadino qualsiasi la legittima autorità è senza autorevolezza. Il fatto è che dopo la sentenza di colpevolezza, ci sono state milioni di parole, di video, di immagini piene di poteri occulti, disegni criminosi, cospirazioni anti olimpiadi, così fan tutti, tutto lo sport è dopato, le urine non sono le mie, le fialette scambiate, i laboratori non vanno bene, il tifo, lo sport, la patria, le lacrime, un campione, il suo sogno, la realtà. 

Per la serie: ho beccato mia figlia con le sigarette/preservativo/fumo in borsa, ma mi ha detto che non sono sue ma di un'amica che le ha chiesto il favore, per una volta, di tenerle lei perché se lo vengono a scoprire i suoi la ammazzano. Insomma: se su questo tavolo ci fosse un gatto invisibile non si vedrebbe nulla e quindi, dal momento che non si vede nulla, il gatto invisibile c'è davvero.

La cospirazione anti campione italiano fa parte del mondo "c'è una cospirazione contro di me e io non nemmeno capisco perché". Se bocciano mio figlio, il mio primo pensiero è che gli insegnanti ce l'hanno con lui o vado a controllare che i libri siano almeno usciti dal cellophane in cui erano incartati quando ce li hanno venduti (perché, se ricordo bene, i libri lui da solo nemmeno li andava a comprare e l'ho dovuto accompagnare io)?

Non so se sia solo un malcostume italiano, ma è di certo un malcostume: un minestrone con ingredienti malati che troppo spesso contraddistinguono la nostra vita, tutto un mondo fatto di carnefici coalizzati inspiegabilmente contro delle povere vittime ignare ed innocenti.

Non voglio fare dello spirito. Qui c'è un ragazzo con una vita interrotta, non solo un sogno o una carriera sportiva. I complotti esistono davvero ma leggere complotti ovunque significa precludersi la possibilità di prendere in mano la propria vita. Perché il complotto, per definizione, non è verificabile. O lo sai per davvero, ma allora sei uno di quelli che i complotti li tesse e li sventa e quindi, proprio per questo, non puoi dire la verità; o non lo sai e allora sei uno come me. Uno che non sa. E allora dire sistematicamente che i giudici sono tutti delinquenti, che i politici sono corrotti, che i gay non esistono ma sono le lobbies a crearli, e via andando, significa minare l'esistenza della società civile. 
Io non sono Jason Bourne e se il codice della strada mi dice di non mettermi alla guida dopo aver bevuto non è perché Bruxelles ha deciso di affondare l'industria vinicola italiana ma perché vuole salvare la mia vita e di chi si mette in strada con me. Comportarsi altrimenti, soprattutto in momenti delicati come quelli che stiamo vivendo, si chiama sciacallaggio. Esiste quello di guerra, di quando si è colpiti da calamità naturali, da disgrazie e da epidemie. Dalle Olimpiadi di Rio, esiste anche quello sportivo.

Schwazer ha detto "Sono distrutto, ci vuole rispetto per le persone". Sono parole giuste e necessarie. Riconoscersi distrutti perché tutto è distrutto è chiamare le cose per nome. È l'inizio del rispetto da chiedere per sé e per il proprio dolore ma anche per darlo agli altri e al loro dolore. Un campione ha dietro di sé una squadra e davanti a sé un paese. Tutti abbiamo tifato per lui e tutti abbiamo diritto al rispetto. Cosa c'è in quelle provette lui lo sa. E dimentichiamoci per favore di quando avevamo quindici anni e dicevamo le bugie alla mamma. Lasciamo quindi le cospirazioni e pensiamo alle nostre cadute. Sono l'occasione per rialzarsi. Ci piace tanto la metafora dell'eroe che cade e si rialza e allora un po' di polvere va sopportata.
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TOGLI L'ORO, RESTA LA VITA (VERA)

11/8/2016

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di MAURO LEONARDI

FEDERICA PELLEGRINI. La sconfitta di Federica Pellegrini alle Olimpiadi di Rio è una doppia buona notizia. Lo è per l'Italia, perché lo psicodramma che il Bel Paese sta vivendo mostra che quando andiamo in vacanza, vanno in vacanza anche i nostri problemi veri. E quindi — verrebbe da dedurne — la disoccupazione, la politica bloccata, il disagio sociale non sono poi problemi così gravi. Il quarto posto della Pellegrini è però soprattutto una buona notizia per Federica. Dire quarto posto, se il podio ha solo tre gradini, vuol dire perdere. Cosa succede alle vite d'oro, quando l'oro viene grattato via? Cosa succede alle vite da podio, quando il podio ti sfugge? Succede che le "vite d'oro" diventano vite. Punto. Vite senza aggettivi. La vita, appunto. 

Non tutte le vasche portano al podio: si chiama vita. Dice Federica che se a 28 anni deve rispondere a domande del tipo "ti ha ceduto la testa" dà un cazzotto a tutti e se ne va. Finché sei a Rio, Federica, fai bene a dirlo perché quando tra un attimo sarai nella vita vera — la vita — non lo potrai dire più. Se sul lavoro ti fanno una domanda fuori tono, tu non puoi dare un cazzotto a tutti e andartene, perché rimani senza lavoro. Finché sarai a Rio puoi andartene sbattendo la porta: quanto entrerai nella vita vera, 

Federica, la porta non sbatterla mai perché potresti rimanere per strada chiusa fuori. Nella vita — non nella vita d'oro — funziona che la vita ha delle sconfitte, dei no, delle fermate, che vengono anche se si è fatto tutto e tutto bene. Il quarto posto ci sta anche se non ci sono colpevoli. Federica dice che non sa perché non ha vinto perché ha fatto tutta la preparazione che doveva fare, e io le credo. Io le credo perché di gente disoccupata che aveva i titoli per lavorare e aveva fatto la preparazione giusta, io ne conosco tanta. E conosco anche gente che ha un tumore senza aver fumato e avere sbagliato mai nulla. È la vita che è fatta così, Federica.

La vita, scoprirai Federica, è per i grandi, cioè per chi non cerca colpevoli ma riparte e si rituffa. La vita non è un gioco. Chi perde torna a casa per davvero. Non c'è una seconda partenza. Non si ripassa dal via. Non c'entra l'orgoglio personale: ora, Federica, sei simile a me e questo può solo farti bene. 
Quando sei appesa alla corsia, ti togli la cuffia e ti immergi per mandare indietro i capelli che sono pieni di pensieri, quando sei così, sei come me quando perdo. Sei come me nella vita. Tu puoi insegnarmi molto sul nuoto. Io posso insegnarti molto sui quarti posti.
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RIPOSI IN PACE

8/8/2016

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di don Salvatore Lazzara

Ho atteso qualche ''ora'' prima di scrivere il seguente post. Tutto come da copione. Non si è trattato di mancanza di rispetto nei confronti della vittima. Voleva essere un modo per riflettere sulla ipocrisia imperante, capace di far morire due volte i fedeli servitori dello stato perché non fanno comodo al politicamente corretto. Se a Ventimiglia fosse morto un clandestino irregolare (giustamente, perché ogni vita e' sacra e bisogna custodirla e salvarla), sarebbero già state indette fiaccolate, cortei di protesta contro la polizia "razzista e fascista", si sarebbe scatenato il finimondo da parte di antagonisti e supporters ideologici del buonismo radical chic. 

Per non parlare dei tweet strappalacrime, condivisi come monito affinché il male non avvenga più. Già sarebbe partita la richiesta, incoraggiata dai media di regime per intitolare un aula a questa nuova vittima delle forze dell'ordine. Purtroppo non è stato così. Non sarebbero poi mancate visite urgenti da parte delle più alte cariche dello Stato, promesse di passaporto e mantenimento vita natural durante per tutta la famiglia. Il silenzio imbarazzante è la dimostrazione più evidente del crollo dei valori della società in cui viviamo. Niente sdegno, e nemmeno supporto di circostanza. La vicinanza alla famiglia del poliziotto è partita nei social network, da parte di quel popolo che ormai non è più sovrano, secondo quanto stabilito dalla costituzione. 

È morto solo un italiano, anzi, meno ancora: un rappresentante delle Forze dell'Ordine. E quindi c'e` il silenzio Non se ne deve parlare. 

La censura non si ferma. "A Venezia, nelle scorse ore quattro donne velate, in una chiesa, hanno sputato sul Crocifisso dopo che due giovani orientali, ieri, avevano ricevuto la Comunione per poi sputare la particola e scappare. Ora, non dico una crociata, un processo o una prova di coraggio (sapete com'è: servirebbe averne), ma un sussulto - davanti a notizie così - era lecito aspettarselo. Invece, manco la panzana del disagio psichico stavolta: direttamente il silenzio. Ecco, questo post è per dire che a me, invece, tutto questo fa inorridire. E chi offende il Sacro offende me, la mia terra, i miei avi. E pure chi non lo difende".
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