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LIBERAZIONE 70 ANNI DOPO: ORA DI DIRE LA VERITA'

25/4/2015

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di Robi Ronza

70° anniversario del 25 aprile 1945.  Al di là dall’ondata di retorica dalla quale oggi verremo alluvionati, il settantesimo anniversario della Liberazione, ossia della fine ufficiale della Seconda guerra mondiale in Italia (poiché è di questo che esattamente si tratta), merita di venire colto come buona occasione per verificare che cosa tale data significhi nella storia del nostro Paese. 

È ora di farlo dopo che abbastanza tempo è trascorso da quei giorni; e già del tutto trascorsa è ormai la vicenda di quell’immane conflitto  e della Guerra fredda che ad esso fece quasi immediatamente seguito. E parte mia, essendo figlio e nipote di figure di rilievo della Resistenza, anche per questo dato personale lo posso fare in libertà senza che nessuno possa tacciarmi di nutrire  pregiudizi personali al riguardo.

Per cominciare merita di venire precisato, anche se non è una questione cruciale, che la data del 25 aprile è già di per sé non un dato di fatto bensì una scelta politica.  È il giorno in cui a Milano le forze tedesche ancora in armi nella città e dintorni si arresero ai partigiani e non agli Alleati (che erano comunque alle porte e forse proprio a tal fine rallentarono la loro avanzata). Nel Nordest, nella valle dell’Adige, in Friuli, nella Venezia Giulia e altrove, i combattimenti proseguirono sino ai primi giorni di maggio. 

Per cominciare poi a cogliere  nel suo valore, ma finalmente anche nei suoi limiti, quanto si celebra con il 25 Aprile in primo luogo occorre  a mio avviso sfrondare i fatti del 1943-1945 da tutto ciò che alla loro memoria venne aggiunto per necessità politiche sopravvenute a causa della Guerra fredda. A causa di essa infatti l’Italia venne a trovarsi in una delicatissima situazione. Democrazia occidentale dove però un Partito comunista di obbedienza sovietica era la seconda forza politica del Paese, l’Italia confinava per di più, con una frontiera  che ancora grondava sangue, con la Jugoslavia, governata da un regime nazional-comunista che si era ritagliato un ruolo di Stato cuscinetto tra i due opposti schieramenti della Guerra fredda: gli Stati Uniti e i loro alleati dell’Europa occidentale da un parte e dall’altra l’Unione Sovietica e i suoi alleati dell’Europa orientale.  

Per evitare al nostro Paese l’ulteriore tragedia di una guerra civile come quella scoppiata in Grecia, dove il locale Partito comunista aveva giocato la carta dell’insurrezione,  tra la Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi e il Partito Comunista di Palmiro Togliatti si addivenne a un insieme di accordi non scritti ma rigorosamente definiti e osservati grazie ai quali in una certa misura i comunisti erano per vari aspetti nella maggioranza di governo pur mentre formalmente stavano all’opposizione.

Un certo modo di intendere la Resistenza e il 25 Aprile non è altro che la base simbolica su cui tale modus vivendi si appoggiava. Il punto di partenza era la pari dignità politica e il pari primato che, al di là del fatto che fossero al governo o all’opposizione, venivano ugualmente riconosciuti  a tutti i partiti  che “avevano fatto la Resistenza” e “avevano fatto la Costituzione”. Questo insieme di forze, di cui dunque il Partito comunista faceva parte, costituiva il cosiddetto “Arco costituzionale” il  cui unanime consenso veniva ritenuto necessario in un certo numero di  cruciali questioni. 

In tale prospettiva si decise di ampliare rispetto alla realtà dei fatti il ruolo storico della Resistenza, moto di ribellione in nome della libertà certamente nobile ma inevitabilmente non di massa, e inoltre rilevante soltanto al Nord, in Toscana, brevemente a Roma nonché in alcune altre poche aree dell’Italia centrale. E dentro la Resistenza divenne anche necessario aumentare in modo analogo  il peso del contributo comunista, decisivo in Emilia e forse a Genova, ma non altrove.  Viceversa venne messa la sordina su malefatte di ambiente comunista: dai massacri delle “foibe”  nella Venezia Giulia alle uccisioni di preti e seminaristi, e altri delitti nell’immediato dopoguerra in Emilia e altrove. Solo diversi anni dopo la fine della Guerra fredda questi fatti potranno venire pienamente alla ribalta.

Nel quadro della medesima forzatura rientrano anche altre due censure relative rispettivamente al Corpo Italiano di Liberazione, ossia alle forze dell’esercito italiano schierate a fianco degli  Alleati nel 1943-44, e a quella mobilitazione popolare, largamente sostenuta dalla Chiesa, grazie alla quale (fatto troppo spesso dimenticato) quasi l’84 per cento degli ebrei italiani sfuggì alla deportazione nei  campi di sterminio nazista, e vennero soccorsi e aiutati nello loro fuga verso la salvezza migliaia di militari sbandati dopo l’8 settembre.  

Sarebbe ormai tempo di cominciare a ricordare che la Resistenza fu anche tutto questo. Lo ha tra l’altro giustamente ricordato il presidente Mattarella in una sua non convenzionale intervista pubblicata ieri su la Repubblica. “Il 25 aprile fu lo sbocco”, ha detto Mattarella, “di un vero e proprio moto di popolo: la qualifica di «resistenti» va estesa non solo ai partigiani, ma ai militari che rifiutarono di arruolarsi nelle Brigate Nere e a tutte le  donne e gli uomini che, per le ragioni più diverse, rischiarono la vita per nascondere un ebreo, per aiutare un militare alleato o sostenere chi combatteva in montagna o nelle città”. 

Era ora di dirlo, ma bisogna riconoscere che Mattarella l’ha detto dando così il suggello dell’autorevolezza istituzionale alla rottura di un tabù che a circa venticinque anni dalla fine della Guerra fredda restava ciononostante ancora intatto.

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GUERRA ALLA FAMIGLIA: DIVORZIO BREVE E' LEGGE

23/4/2015

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Divorzio breve, prima legge di una serie

Il divorzio breve è ufficialmente da ieri legge dello Stato. Senza neanche troppe polemiche, in sordina, senza opposizione (398 voti favorevoli, 28 contrari), la Camera ha dato il via libera definitivo a una legge che frantuma l’istituto matrimoniale rendendo possibile lasciarsi consensualmente in sei mesi anche se ci sono figli minori nati dal matrimonio. L’eventuale comunione dei beni è anch’essa chiusa in sei mesi e da una dimensione pubblicistica il matrimonio viene sostanzialmente ridotto a un rapporto di natura privatistica. Un contratto come gli altri, che può essere agevolmente rescisso, molto più agevolmente di tanti altri contratti anzi.

La legge sul divorzio breve è la prima legge di iniziativa parlamentare approvata nell’arco di questa legislatura. Mette insieme un arco di forze molto ampio (solo la Lega Nord e qualche parlamentare di Area popolare ha votato contro) e finora questo non era mai successo. Nessuna legge di iniziativa parlamentare trasversale era stata fino ad oggi approvata dalle Camere. Sono state varate sempre e solo leggi di iniziativa governativa o decreti o si è ricorsi al voto di fiducia. L’iter parlamentare classico sembrava dimenticato, anche nella legislatura scorsa in cui mi è capitato di fare il deputato mi era stato spiegato che il potere legislativo ormai coincideva con il potere esecutivo. Una regola non scritta. Ma ecco che spunta la prima eccezione. La prima di una serie, attenzione.

Sì perché questa prima norma che aiuta a dissolvere l’istituto matrimoniale, di cui nessuno rivendica la paternità ed è infatti figlia di tutti i gruppi politici di maggioranza e di opposizione, è per l’appunto solo un primo passo. Con l’obiettivo di andare all’attacco della famiglia, lo schema verrà replicato. Questo giornale prova a spiegarlo da mesi: è in atto un’offensiva figlia di una visione antropologica che vuole far saltare la famiglia naturale, trasformando le persone individui slegati dalla dimensione relazionale familiare naturale.

Quali saranno i prossimi passi? Con lo stesso schema (legge di iniziativa parlamentare, alleanze trasversali, opposizione scarsa e poco agguerrita) dal 7 maggio, giorno in cui scade il termine per la presentazione di emendamenti in commissione Giustizia al Senato, si comincerà procedere a tappe forzate per approvare almeno in un ramo del Parlamento entro l’anno il ddl Cirinnà sulle unioni civili gay equiparate al matrimonio e la legittimazione dell’utero in affitto. Poi c’è il ddl Scalfarotto cosiddetto “antiomofobia” già approvato alla Camera, il ddl Fedeli sull’ideologia gender nelle scuole e il ddl di iniziativa popolare del partito radicale sull’eutanasia.

Sono tutte leggi con caratteristiche analoghe: hanno a che fare con temi etici o bioetici, non hanno paternità governativa, costruiscono maggioranze al di là della maggioranza politica che sostiene il governo e procedono a fari spenti, cercando di far sì che l’opinione pubblica non si accorga di quel che sta accadendo. E già, perché se si capisse che è in campo un attacco organico e orchestrato alla famiglia, forse queste norme non passerebbero con le incredibili maggioranze bulgare con cui è stato approvato definitivamente ieri il divorzio breve.
Se il divorzio breve è la prima importante legge di iniziativa parlamentare ad essere approvata, evidentemente per i nostri parlamentari è una priorità. Ma che scala di priorità hanno in testa i nostri politici? Devastare la famiglia invece di aiutarla è un progetto accettabile? E quando udiremo una voce chiara che denunci questo disegno? Il Papa ieri ha parlato ancora a difesa della famiglia. Ci aspettiamo dall’assemblea della Cei del 18 maggio una mobilitazione, ribadiamo i contenuti del nostro “Appello ai vescovi italiani” di sabato 18 aprile. Senza una risposta di popolo questo Parlamento dalle strane priorità continuerà a legiferare solo su ciò che danneggia la famiglia. Possiamo essere complici con il nostro silenzio o con le nostre frasette distratte?

da LA CROCE
http://www.lacrocequotidiano.it/abbonarsi-ora
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L'OTTUSITA' E IPOCRISIA DI REPUBBLICA SUI CRISTIANI MANGIATI DAGLI SQUALI E LE INTERCETTAZIONI

18/4/2015

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L’ottusità e ipocrisia di Repubblica sui cristiani mangiati dagli squali e le intercettazioni 
di Luigi Amicone

Una vignetta di Ellekappa e un articolo sulla gogna a mezzo stampa rivelano che tipo di giornalismo si pratichi nel quotidiano romano
Ottusità e ipocrisia sono allo zenit nell’odierna edizione di Repubblica. Quanto all’ottusità. Si può nel giorno di un’infamia dentro l’infamia – siamo insieme su un barcone, uniti nello stesso destino e tu, musulmano, butti a mare il cristiano perché «qui si prega solo Allah» – pubblicare in commento all’episodio la vignetta di Ellekappa con lo squalo che dice: «Questo era cristiano? Boh! Io di religione non ci capisco niente, hanno tutti lo stesso sapore». Come a dire: echissenefrega di quei morti lì, viva la teoria (falsa) che le religioni sono tutte e uguali, ergo oggi tocca ai cristiani, ridiamoci sopra.

Quanto all’ipocrisia. Come Tempi scrive da vent’anni, adesso – grazie a Dio – anche i capi delle tre più importanti procure d’Italia – Roma, Milano e Palermo – capiscono ed espongono in Commissione Giustizia della Camera le sacrosante ragioni per cui chiedono alla politica di porre un freno alla pratica del processo sui giornali invece che nelle aule dei tribunali. Chiedono – i pubblici ministeri che svolgono le indagini, non i parassiti che vivono di sfruttamento commerciale del materiale di indagine – di garantire il giusto processo e di impedire che le intercettazioni siano strumento di commercio politico e di profitti editoriali in moneta sonante. Insomma, gli stessi magistrati propongono di vietare fino al processo il giornalismo dei nostri stivali che, pur di vendere copie, nelle praterie delle intercettazioni sceglie fior da fiore e, col metodo del taglia-incolla, pubblica quello che gli fa più comodo per mettere alla gogna e condannare l’indagato di turno. Dunque la notizia è questa: dopo vent’anni di una pratica giornalistica che non esiste da nessuna parte del mondo (se non, forse, in un stato-barcone islamico), alcuni dei più importanti vertici della magistratura inquirente arrivano a chiedere al parlamento ciò che il parlamento avrebbe dovuto fare da anni: cioè un legge da stato di diritto, di rispetto della giustizia e di rispetto delle persone, che non consenta a chicchessia, in nome di un diritto all’informazione interpretato come diritto all’ordalìa, di trasformare il processo in un circo di falsi moralizzatori e di veri pagliacci che pensano soltanto a buttare a mare le persone e agli affari propri, carriere e denari, con grave disdoro per la giustizia e per il lavoro dei magistrati.
 
Se la notizia è questa, per Liana Milella, stellina del giornale che sulle intercettazioni (specie se antiberlusconiane) ha campato per vent’anni, la notizia è “il bavaglio”. Così ella è piccata, «l’importante, per le toghe, è che nessuno tocchi il potere di intercettare. Se poi la stampa e la gente non sanno perché – piagnucola la stellina – chi se ne importa». E che vuole Repubblica, pure il potere di intercettare in proprio? E perché la gente dovrebbe sapere il “perché” di intercettazioni disposte dall’autorità giudiziaria in chiave di indagine prima che si arrivi agli esiti, giudizio e dibattimento dell’indagine? Dovremmo fare tutti i poliziotti e i carabinieri, intercettarci gli uni con gli altri e poi il supremo giudice Repubblica sentenziare e i giudici, raus, sciò, rassegnatevi a fare i notai?

Ipocrisia, ricordiamolo ancora una volta con la Treccani, è simulazione di virtù e di buoni sentimenti, di buone qualità e disposizioni, per guadagnarsi la simpatia o i favori di una o più persone, ingannandole. E infatti, per guadagnarsi la simpatia dei lettori la stellina di Repubblica sostiene che «l’opinione pubblica conoscerà con mesi e mesi di ritardo il contenuto delle inchieste». Non è vero, perché è vero l’esatto contrario. Se finalmente passerà una norma che impedirà la manipolazione e falsificazione delle inchieste giudiziarie basata sulla gogna e sulle intercettazioni scelte fior da fiore, finalmente l’opinione pubblica conoscerà il vero contenuto e il vero risultato delle inchieste, non più la loro caricatura ad uso politico e scandalistico. Se il giornalista di testata ricca e ammanicata, finalmente non potrà più commerciare con i suoi amichetti in tribunale lo spaccio di informazioni tagliuzzate e incollate, drogate e propalate a fini politici e commerciali, per farti la carriera tua di magistrato politicizzato, vendere le copie del tuo giornale politico e fottere la vita altrui, l’informazione corretta (cioè completa, obiettiva, leale e imparziale), avrà solo da guadagnarci. E con essa, naturalmente, avrà da guadagnarci la famosa “opinione pubblica”. Oggi ridotta a tappezzeria di una casamatta di giornalismo in servizio permanente effettivo alla causa di una informazione scorretta. E scorretta perché regredita a baionetta di un giustizialismo da Colonnelli.
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STORIA VERA: UOMO SPOSATO O NO DEVI LEGGERE QUESTA STORIA (ANCHE PER LE DONNE)

14/4/2015

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Storia vera
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Uomo Sposato o no devi leggere questo articolo. Per non rimpiangere

Mentre mia moglie mi serviva la cena, le presi la mano e le dissi: ”Devo parlarti”. Lei annui e mangiò con calma. La osservai e vidi il dolore nei suoi occhi…quel dolore che all’improvviso mi bloccava la bocca…Mi feci coraggio e le dissi: ”Voglio il divorzio”. Lei non sembrò disg…ustata dalla mia domanda e mi chiese soavemente: ”Perchè?”. Quella sera non parlammo più e lei pianse tutta la notte. Io sapevo che lei voleva capire cosa stesse accadendo al nostro matrimonio, ma io non potevo risponderle…aveva perso il mio cuore a causa di un’altra donna…Giovanna! Io ormai non amavo più mia moglie…mi faceva solo tanta pena…mi sentivo in colpa, ragion per cui sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restasse la casa, l’auto e il 30% del nostro negozio. Lei quando vide l’atto lo strappo a mille pezzi! ”Come?! avevamo passato dieci anni della nostra vita insieme ed eravamo ridotti a due perfetti estranei?!”. A me dispiaceva tanto per tutto questo tempo che aveva sprecato insieme a me…per tutte le sue energie…però non potevo farci nulla…io amavo Giovanna! All’improvviso mia moglie cominciò a urlare e a piangere ininterrottamente per sfogare la sua rabbia e la sua delusione…l’idea del divorzio cominciava ad essere realtà. Il giorno dopo tornai a casa e la incontrai seduta alla scrivania in camera da letto che scriveva…non cenai e mi misi a letto…ero molto stanco dopo una giornata passata con Giovanna. Durante la notte mi svegliai e vidi mia moglie sempre lì seduta a scrivere…mi girai e continuai a dormire. La mattina dopo mia moglie mi presentò le condizioni affinchè accettasse la separazione. Non voleva la casa, non voleva l’auto. Tanto meno il negozio…soltanto un mese di preavviso…quel mese che stava per cominciare l’indomani. Inoltre voleva che in quel mese vivessimo come se nulla fosse accaduto! Il suo ragionamento era semplice: ”Nostro figlio in questo mese ha gli esami a scuola e non è giusto distrarlo con i nostri problemi”. Io fui d’accordo però lei mi fece un ulteriore richiesta. ”Devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi accompagnasti nella nostra camera da letto per la prima volta…in questo mese però ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa”. Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii per non rovinare le vacanze estive a mio figlio per superare il momento in pace. Raccontai la cosa a Giovanna che scoppiò in una fragorosa risata dicendo: ”Non importa che trucchi si sta inventando tua moglie…dille che oramai tu sei mio…se ne faccia una ragione!”. Io e mia moglie era da tanto che non avevamo più intimità, così quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati…nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo: ”Grande papà, ha preso la mamma in braccio!”. Le sue parole furono come un coltello nel mio cuore…camminai dieci metri con mia moglie in braccio…lei chiuse gli occhi e mi disse a bassa voce: ”Non dirgli nulla del divorzio…per favore…Acconsentii con un cenno, un pò irritato, e la lasciai sull’uscio. Lei uscì e andò a prendere il bus per andare al lavoro. Il secondo giorno eravamo tutti e due più rilassati…lei si appoggiò al mio petto e…potetti sentire il suo profumo sul mio maglione. Mi resi conto che era da tanto tempo che non la guardavo…Mi resi conto che non era più così giovane…qualche ruga…qualche capello bianco…! Si notava il danno che le avevo fatto! Ma cosa avevo potuto fare da ridurla così? Il quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina avvertii che l’intimità stava ritornando tra noi…questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio…e nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più. Non dissi nulla a Giovanna per rispetto!. Ogni giorni era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente. Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, e per questo ogni giorno che passava la sentivo più leggera. Una mattina lei stava scegliendo come vestirsi…si era provata di tutto, ma nessun indumento le andava bene e lamentandosi disse: ”I miei vestiti mi vanno grandi,”. Lì mi resi conto che era dimagrita tanto…ecco perchè mi sembrava così leggera! Di colpo mi resi conto che era entrata in depressione…troppo dolore e troppa sofferenza pensai. Senza accorgermene le toccai i capelli…nostro figlio entrò all’improvviso nella nostra stanza e disse: ”Papà è arrivato il momento di portare la mamma in braccio (per lui era diventato un momento basilare della sua vita). Mia moglie lo abbracciò forte ed io girai la testa…ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo…la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata …mi venne da piangere! L’ultimo giorno feci la stessa cosa e le dissi: ”Non mi ero reso conto di aver perduto l’intimità con te…Mio figlio doveva andare a scuola e io lo accompagnai con la macchina…mia moglie restò a casa. Mi diressi verso il posto di lavoro…ma a un certo punto passando davanti casa di Giovanna mi fermai…scesi e corsi sulle scale…lei mi aprì la porta e io le dissi: ”Perdonami…ma non voglio più divorziare da mia moglie…lei mi guardò e disse: Ma sei impazzito? Io le risposi:” No…è solo che amo mia moglie…era stato un momento di noia e di routine che ci aveva allontanato…ma ora ho capito i veri valori della vita, dal giorno in cui l’ho portata in braccio mi sono reso conto osservandola e guardandola che dovevo farlo per il resto della mia vita! Giovanna pianse mi tirò uno schiaffo e entrò in casa sbattendomi in faccia la porta. Io scesi le scale velocemente, andai in macchina e mi fermai in un negozio di fiori. Le comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse: Cosa scriviamo sul biglietto? Le dissi: ”Ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finchè morte non ci separi” Arrivai di corsa a casa…feci le scale entrai e di corsa mi precipitai in camera felicissimo e col sorriso sulla bocca…ma mia moglie era a terra…morta!. Stava lottando contro il cancro…ed io che invece ero occupato a passare il tempo con Giovanna senza nemmeno accorgermene. Lei per non farmi pena non me lo aveva detto, sapeva che stava per morire e per questo mi chiese un mese di tempo…si un mese…affinchè a nostro figlio non rimanesse un cattivo ricordo del nostro matrimonio…affinchè nostro figlio non subisse traumi…affinchè a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre. Questi sono i dettagli che contano in una relazione…non la casa…non la macchina…non i soldi…queste sono cose effimere che sembrano creare unione e invece dividono. Cerchiamo sempre di mantenere il matrimonio felice…ricordando sempre il primo giorno di questa bella storia d’amore. A volte non diamo il giusto valore a ciò che abbiamo fino a quando non lo perdiamo.

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CRISTIANOFOBIA O SOLO STOLTEZZA?

10/4/2015

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Cristianofobia o solo stoltezza? Storia di una croce su una suola

 
 

Mentre le storie che associano la religione e l'uso della violenza si confermano al vertice delle scelte di webmaster e blogger ecclesiali (una su quattro), il riflesso della Pasqua appena trascorsa comincia già a scolorire. Ma non in Grecia, dove siamo in piena Settimana santa: ciò che ha rafforzato una presa di posizione molto ferma del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa (http://tinyurl.com/l772kba) a proposito della promozione di un modello di scarpe sportive, se ho ben compreso di fabbricazione cinese, recante una croce sulla suola. La notizia, diffusa fuori dai confini ellenici dalla France-Press, è stata ripresa in Italia solo dal blog Chiesa e post concilio (http://tinyurl.com/ntkeac2), che l'ha correttamente presentata entro la propria prospettiva identitaria e «antimodernista». 
Da parte mia, incuriosito sia dalla cosa in sé, sia dal riferimento del Santo Sinodo al fatto che le immagini di tali scarpe circolano «sui media elettronici», mi sono messo in ricerca, per capire la portata dell'eventuale operazione commerciale e la misura del coinvolgimento dell'opinione pubblica ellenica. Ho sudato le sette camicie: ho chiesto perdono per non essermi applicato abbastanza, al liceo, al greco antico e ho benedetto il traduttore di Google per l'aiuto che infine mi ha dato… ma ho trovato poco: una sola, e piuttosto anonima, l'immagine delle suole blasfeme che i vari siti riprendono (http://tinyurl.com/oh7p33v), e nessuna fonte che, partendo dall'indignazione ecclesiale, ne ricostruisca utilmente il contesto.
Così, mi chiedo quale direttore commerciale possa aver immaginato che ci sia mercato, in Grecia ma anche nel resto d'Europa, per un oggetto così caratterizzato. Forse i vescovi ortodossi greci hanno, in buona fede, sopravvalutato la faccenda: i creatori di abbigliamento piazzano, e non da oggi, croci più o meno esplicitamente cristiane quasi dappertutto, a puri fini “decorativi”. Ma perché proprio sotto una suola? Cristianofobia o stoltezza? Qualcuno mi aiuti a capire di più…
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ABERRANTI CONSEGUENZE DI UNA PRATICA ABERRANTE: Donatore di sperma contagia 100 bambini con una malattia genetica

8/4/2015

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Potrebbero essere circa 100 e non 43, com'era stato indicato nel 2012, i bambini nati dallo sperma del "donatore 7042", che una clinica danese utilizzo non sapendo che l'uomo era portatore di una malattia genetica rara. 

Dieci di queste donne, riporta il Mail on Sunday, che cita le autorità sanitarie del Belgio, hanno poi avuto bimbi affetti da neurofibromatosi. Il caso, risalente appunto a tre anni fa, ha portato poi al cambiamento dei regolamenti in Danimarca, con una stretta sia sul numero di figli possibili da uno stesso donatore che sui controlli su questo tipo di malattie.

«Il donatore 7042 ha donato lo sperma alla clinica Nordic Cryobank - scrive il giornale - ma è stato poi usato in 14 diverse cliniche in America, Canada, Belgio, Islanda, Georgia, Grecia, Spagna e Thailandia. Quattro famiglie stanno facendo causa alla clinica».

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Passione, morte e risurrezione di Gesù: fatti accertati anche dalla storia

2/4/2015

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Passione, morte e risurrezione di Gesù: fatti accertati anche dalla storia

La Pasqua è la festività più importante per i cristiani: senza risurrezione Gesù sarebbe stato soltanto uno dei tanti saggi profeti apparsi nella storia, forse il più ammirabile, forse ispirato dallo Spirito Santo, ma senza la capacità di sconvolgere l’umanità e la vita di miliardi di persone.

Risorgendo è restato nel mondo, si è reso incontrabile da chiunque, ha espresso la volontà del Padre di mischiarsi tra gli uomini, donando loro il senso ultimo della vita: l’attesa di infinito che ognuno di noi vive dentro di sé non è un inganno della natura, ma è una promessa che verrà certamente mantenuta. La vita è il percorso della libertà dell’uomo, chiamato a riconoscere questo, a testimoniarlo e ad attendere il mantenimento di tale promessa vivendo già un anticipo, qui e ora, di compimento.

Ma cosa dice la storia di quei tre giorni che sconvolsero l’umanità? La passione, la morte e la risurrezione di Gesù hanno lasciato tracce storiche? Per rispondere a questa domanda ci affidiamo principalmente a due autorità internazionali: John P. Meier, docente di Nuovo Testamento alla Notre Dame University e unanimamente riconosciuto il più eminente studioso vivente della storicità del cristianesimo, e Bart D. Ehrman, direttore del dipartimento di studi religiosi dell’Università del North Carolina e studioso di Nuovo Testamento. Quest’ultimo è una figura di secondo piano rispetto ai più importanti esperti del tema ma ha la particolarità di essere un non credente, molto spesso onesto e oggettivo. In realtà la posizione personale non dovrebbe contare nulla in quanto il metodo scientifico non si basa sul principio di autorità e, sia il cattolico Meier che l’agnostico Ehrman, sono chiamati a dimostrare le loro tesi in modo oggettivo alla comunità scientifica e solo su questo si basa la loro autorevolezza. Tuttavia, preferiamo considerare anche il suo punto di vista essendo, per molti che non fanno questo ragionamento, una fonte imparziale in quanto non cristiano e non credente.

Consideriamo i principali eventi che hanno caratterizzato gli ultimi giorni della vita pubblica di Gesù:

ULTIMA CENA. L’ultima cena tra Gesù i suoi discepoli non è oggetto di discussione tra gli studiosi, si accetta la sua storicità ma solitamente ci si divide sul fatto se sia stata o meno un banchetto pasquale. Questo perché i sinottici sembrano apparentemente affermare che Gesù volle celebrare la pasqua ebraica, al contrario di quanto riporta il Vangelo di Giovanni. Il prof. Meier, nel suo celebre “Un ebreo marginale”, ha tuttavia evidenziato che non c’è nessuna contraddizione tra le due fonti perché «se si separano dai racconti sinottici della passione i riferimenti, posteriori o redazionali, alla pasqua presenti attualmente, comprendiamo che l’ultima cena nella tradizione sinottica soggiacente non è un banchetto pasquale analogamente a quanto avviene per l’ultima cena nel vangelo secondo Giovanni» (p. 397). Gesù, infatti, non celebrò la Pasqua ebraica con i suoi discepoli durante l’ultima cena ma, sentendosi braccato dalle autorità ebraiche e romane, «organizzò un solenne banchetto d’addio con la cerchia più intima dei suoi discepoli immediatamente prima della pasqua […] nella casa di qualche sostenitori benestante di Gerusalemme il giovedì verso il tramonto, quando cominciava il quattordicesimo giorno di nisan […]. Se ammettiamo la fondamentale storicità del racconto eucaristico, dobbiamo ammettere che Gesù nell’ultima cena disse alcune cose sorprendenti e senza precedenti che non possono essere spiegate semplicemente ipotizzando il contesto di un banchetto rituale giudaico […], non sorprende che quanto fece durante il suo ultimo banchetto con la cerchia più intima dei suoi discepoli non coincida esattamente con nessuno rito religioso convenzionale del tempo». Questo è uno dei diversi casi con i quali solitamente si dimostra che il Vangelo di Giovanni, seppur scritto posteriormente e basato su altre fonti indipendenti, spesso risulta essere più affidabile storicamente rispetto ai sinottici.

TRADIMENTO DI GIUDA. Il processo a Gesù inizia in seguito al tradimento da parte di Giuda, secondo il prof. Ehrman, «ci sono ottime ragioni per credere che Gesù sia stato tradito da uno dei suoi discepoli, Giuda Iscariota. Ovviamente, il dato è attestato da una molteplicità di tradizioniindipendenti: il Vangelo di Marco, la Fonte M, il Vangelo di Giovanni e il libro degli Atti. Inoltre, la tradizione sembra soddisfare il criterio della dissomiglianza e non dà l’idea di essere un’invenzione cristiana successiva» (B.D. Ehrman, “Did Jesus Exist?”, HarperCollins Publishers 2012 p. 335).

PROCESSO A GESU’. Per quanto riguarda la descrizione analitica del processo, il prof. Ehrman fatica a trovarlo storicamente affidabile in quanto non c’è nessun testimone nei Vangeli che affermi di aver assistito in prima persona agli eventi descritti (non la pensano così celebri studiosi, come N.T. Wright). Quello su cui può pronunciarsi, tuttavia, è il motivo per cui venne messo in croce: «Un elemento anomalo dei racconti evangelici che narrano la morte di Gesù è che Pilato l’abbia condannato alla crocifissione per essersi definito “re dei giudei”. L’attestazione è multipla e presente in tutte le tradizioni, inoltre soddisfa il criterio della dissomiglianza, perché, da quanto ne sappiamo, è un appellativo che i primi cristiani non usarono mai per riferirsi a Gesù. Non possono aver fabbricato ad arte l’accusa che gli fu effettivamente rivolta, e sembra probabile sia stato quello il suo crimine»(p. 336).

EPISODIO DI BARABBA. Pilato, indeciso sul da farsi, domanda alla folla se preferisce liberare Gesù o Barabba, noto malfattore della città. E’ un episodio molto conosciuto, soddisfa il criterio della molteplice attestazione e, secondo il prof. Meier e molti altri studiosi, «è uno dei più antichi strati del primitivo racconto della passione» (p. 399). E’ giusto per questo considerare la sua alta probabilità storica, sopratutto dopo che numerosi studiosi -come Richard L. Merritt- hanno rilevato che nel mondo antico era abbastanza diffuso l’uso di liberare qualche prigioniero in occasione delle feste. Il prof. N.T. Wright, tra i principali studiosi del Nuovo Testamento del mondo anglosassone, ha sostenuto -tramite i testi dello storico romano Tito Livio- la certezza storica dell’uso di liberare prigionieri a Pasqua. I governatori romani si comportavano così per accontentare le folle e mostrare rispetto verso le feste ebraiche (N.T. Wright, “Gli ultimi giorni di Gesù”, San Paolo 2010, p.28).

CROCIFISSIONE. Nessuno studioso serio nega la storicità della crocifissione di Cristo, il prof. Ehrman ha infatti spiegato che «è assai improbabile che i primi seguaci di Gesù, essendo ebrei palestinesi, abbiano inventato di sana pianta l’idea del messia crocifisso, il criterio della dissomiglianza è perciò soddisfatto. L’asserzione trova molteplici attestazioni in tutte le nostre tradizioni (Vangelo di Marco, Fonti M e L, Vangelo di Giovanni, epistole paoline, testi di Giovanni Flavio e di Tacito). Se ciò di cui siamo alla ricerca sono solide probabilità, questa è una tradizione che vanta un alto grado di probabilità. Gesù è stato crocifisso!» (p. 191).

MORTE E SEPOLTURA. Per quanto riguarda la datazione, possiamo dire che la data più probabile della morte di Gesù secondo la maggioranza degli studiosi è il 7 aprile del 30 d.C., i motivi sono diversi e accenniamo soltanto al fatto che si è arrivati a questa conclusione sopratutto scartando le ipotesi meno probabili (il confronto solitamente avviene tra il 29, il 30, il 32 e il 33 d.C.). Il prof. Ehrman ha riconosciuto che, grazie alle lettere paoline scritte verso la metà degli anni Trenta, le notizie sui fatti che hanno caratterizzato la morte e la sepoltura di Gesù così come li conosciamo oggi, «risalgono probabilmente a un paio di anni circa dopo la morte di Gesù» (p. 132), ovvero vicinissime agli eventi. Secondo il prof. Jacob Kremer, ritenuto il più importante biblista del 20° secolo, «la maggior parte degli esegeti considera saldamente affidabili le dichiarazioni bibliche relative al sepolcro vuoto» (J. Kremer, “Die OsterevangelienGeschichten um Geschichte”, Katholisches Bibelwerk 1977, pp. 49-50). Il prof. Raymond Brown, docente emerito presso l’Union Theological Seminary di New York, ha più volte mostrato l’alta probabilità storica della sepoltura organizzata da Giuseppe d’Arimatea, «dal momento che una creazione cristiana immaginata dal nulla sul fatto che un membro Sinedrio ebraico abbia fatto una cosa così onorevole è quasi inspiegabile, conoscendo l’ostilità nei primi scritti cristiani verso le autorità ebraiche, responsabili della morte di Gesù. Mentre l’alta probabilità non corrisponde a certezza, non vi è nulla nelle fonti pre-evangeliche sulla sepoltura di Gesù da parte di Giuseppe d’Arimatea che potrebbe non farla considerare storica» (R. Brown, “The Death of the Messiah”, 2 vols. Garden City 1994, 1240-1241).

RISURREZIONE. Abbiamo mostrato qualche tempo fa che c’è la possibilità di avanzare prove indirette a conferma della storicità della risurrezione di Gesù, mentre per quanto riguarda le prove dirette occorre riconoscere che in linea generale i miracoli possono essere affermati con certezza per sola fede. «Benché sia un avvenimento reale avvenuto a Gesù Cristo», ha spiegato il prof. Meier, l’evento della risurrezione «non è avvenuto nel tempo e nello spazio e perciò non dovrebbe essere chiamato storico» (p.186). Possiamo però approcciarci ad esso indirettamente attraverso vari argomenti: è noto agli storici, ad esempio, che quello della risurrezione di Cristo è un racconto molto antico, come spiegato dal prof. Ehrman quando ha ammesso la testimonianza di esso nelle lettere di San Paolo, scritte prima dei Vangeli. Lo studioso americano ha inoltre usato numerose pagine contro i negatori della storicità dei Vangeli, spiegando che l’evento della risurrezione da loro descritto è unico e originale in tutta la storia della letteratura precedente: «La morte e la resurrezione di Gesù sono un evento unico, tra le antiche divinità del Vicino Oriente non si riscontra nulla di simile. Chiunque pensi che Gesù si stato plasmato prendendo a modello tali divinità deve portare qualche prova -di qualunque genere- che gli ebrei palestinesi furono influenzati» da quei racconti. In ogni caso, «le differenze tra Gesù e gli dei di morte e rinascita dimostrano che Gesù non fu plasmato con le loro caratteristiche, persino nel caso che ai suoi tempi ci fossero persone che parlavano di quelle divinità» (p. 234,235). Uno studioso, ben poco cristiano come il teologo Hans Küng, ha riconosciuto che «non fu la fede dei discepoli a risuscitare Gesù ma fu il resuscitato a condurli alla fede» (H. Küng, “Essere cristiani”, Rizzoli 2012, p.421).

Arrivati alla fine di questo piccolo resoconto possiamo concludere che gli eventi che ricorderemo e celebreremo questa settimana sono il cardine della fede cristiana e contemporaneamente fatti documentati e incarnati nella storia (per la risurrezione parliamo di documentazione storica indiretta), sostenuti da un ampio grado di attendibilità e probabilità.
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