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Desiderare un figlio è una cosa buona e giusta – ma è giusto volere un figlio ad ogni costo?

10/4/2014

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Le 10 cose che bisogna sapere sulla fecondazione in vitro prima di ricorrervi
Desiderare un figlio è una cosa buona e giusta – ma è giusto volere un figlio ad ogni costo?

Una coppia su sei non è fertile. Dal momento che sia io che mio marito veniamo da famiglie con molti fratelli e nipoti, non mi sarei mai aspettata di provare l'infertilità. In realtà, durante i tre anni che ci siamo frequentati prima del matrimonio, abbiamo discusso di ogni potenziale problema che avremmo potuto affrontare - come gestire le finanze in comune, come bilanciare famiglia e carriera, come gestire i conflitti dovuti al carattere, come caricare correttamente una lavastoviglie. Ci siamo preoccupati di tutto tranne di ciò che ha finito con l’essere la più grande sfida del nostro matrimonio.

Poi, l’abbiamo capito. Abbiamo capito quanto può essere devastante una inaspettata diagnosi di infertilità.
Alice Domar, ricercatrice medica ad Harvard, ha detto che “La maggioranza delle donne non fertili sostiene che l’infertilità sia l’esperienza più sconvolgente della loro vita. Le donne non fertili hanno un livello di ansia e depressione equivalente a quello delle donne con un tumore, con l’HIV o che soffrono di malattie cardiache”

E così, procedure come la fecondazione in vitro (FIV) offrono apparentemente una speranza tangibile per coloro che desiderano disperatamente dei figli. In questa procedura, una donna assume degli ormoni per stimolare le ovaie a produrre molti ovuli in un unico ciclo. Gli ovuli maturi vengono poi rimossi tramite aspirazione transvaginale (procedura fatta sotto sedazione) oppure tramite chirurgia laparoscopica. Vengono raccolti degli spermatozoi dall’uomo, di solito tramite masturbazione. Poi uno specialista mette ogni uovo all’interno di un bagno di sperma, nel tentativo di ottenere degli embrioni. A fecondazione avvenuta, uno o più embrioni vengono trasferiti nell’utero della donna nella speranza che almeno uno verrà impiantato con successo per portare a termine la gravidanza.

A proposito, che cosa è un “embrione”? Un embrione è il risultato dell’unione riuscita tra sperma e uovo. E’ un essere umano completamente nuovo, in una fase molto precoce del suo sviluppo. Nel giusto ambiente e con le giuste circostanze, un embrione continuerà a crescere – dal feto ad un neonato, poi un bambino, un adolescente e infine, sopravvivendo al trambusto della pubertà e delle scuole superiori, diventerà un adulto. Quindi l’embrione non è altro che una persona molto giovane.

Il problema è che, quando si impara di più sulla FIV, questa non risulta essere una cosa buona. La maggior parte delle persone trova difficile credere che possano essere delle implicazioni morali o etiche in una procedura medica che viene eseguita per assecondare il giusto e naturale desiderio di avere un figlio. Ho dovuto spiegare a molti amici e familiari perché io e mio marito abbiamo scelto di non utilizzare la FIV. E’ vero, la fecondazione in vitro può consentire alle coppie di concepire il bambino che desiderano e per alcuni questo ha più importanza di tutto il resto. Ma ci sono dieci cose che ho imparato circa la FIV che potrebbero far cambiare idea ad alcune coppie:

1. La fecondazione in vitro distrugge le comuni nozioni della genitorialità. Il vecchio modo di fare i bambini comporta l’unione fisica tra uomo e donna. Invece, anche la versione più semplice della FIV coinvolge altre persone nell’atto del concepimento – medici e tecnici che raccolgono lo sperma e gli ovuli, li fecondano in laboratorio e li inseriscono nel corpo della donna. E la situazione può essere anche più complicata – genitori surrogato, donatori di ovuli, donatori di sperma, bambini “concepiti dal ghiaccio”, sperma di padri morti conservati in apposite banche, tecnologie che sembrano uscite da “Brave New World” e che coinvolgono tre diverse serie di DNA.


2. La fecondazione in vitro è una forma di eugenetica. Facendo dei confronti con “Brave New World”, ritroviamo versioni della “stanza della fertilità” e della “sala di imbottigliamento”. Cosà verrà dopo, la “camera dei predestinati sociali”? Perché dico questo? Beh, per aumentare la possibilità di successo, la FIV comporta procedure diagnostiche e di screening per ottenere il “miglior” bambino. Ad esempio, gli spermatozoi vengono lavati per isolare il più sano e il più veloce e possono essere scelti a seconda del sesso desiderato per il bambino. Gli ovuli possono essere sottoposti a screening per controllare se ci sono anormalità cromosomiche. Inoltre, le cliniche che praticano la FIV possono usare la diagnosi genetica pre-impianto (DGP) per individuare le condizioni genetiche e le mutazioni cromosomiche (o anche i tratti indesiderati come il sesso del bambino). Nella DGP una o più cellule vengono rimosse dall'embrione in via di sviluppo per valutare il tratto “indesiderato”. Solo gli embrioni “sani” vengono trasferiti nella donna. Questo potrebbe essere un fatto interessante se si sta disperatamente tentando di concepire e se volete ottimizzare le probabilità di dare alla luce un bambino sano. Ma dovete riconoscere che, così facendo, state estirpando i bambini “indesiderati” nella ricerca di quello “perfetto”. Abbiamo un nome preciso per questo fenomeno quando sono coinvolti gli adulti – sia questa selezione basata sulla disabilità, sul sesso o sulla razza.

3. Non conosciamo gli effetti a lungo termine che la fecondazione in vitro può avere sulla salute dei bambini. Anche se la FIV è utilizzata dal 1978 e più di 5 milioni di bambini sono nati attraverso la fecondazione in vitro, non conosciamo pienamente gli effetti a lungo termine che la FIV o le procedure di screening potrebbero avere sulla salute dei bambini. Uno studio presentato all’American Academy of Pediatrics suggerisce che il rischio di difetti alla nascita per i bambini nati attraverso la fecondazione in vitro è aumentato. Altri rischi, accertati, connessi con la fecondazione in vitro sono gli alti tassi di prematurità e il basso peso alla nascita, soprattutto a causa della maggiore probabilità di nascite multiple.

4. Le probabilità sono contro di voi. Nonostante le promesse, la fecondazione in vitro non assicura il successo. Nel 2012, secondo le statistiche pubblicate dalla Society for Assisted Reproduction, solo il 35,9% dei cicli di fecondazione in vitro (che comportano il trasferimento di uno o più embrioni “freschi” in una donna) hanno determinato la gravidanza e solo il 29,4% dei cicli hanno comportato la nascita di un bambino vivo. Il tasso di successo differisce in base all'età della donna (i numeri per le donne oltre i 42 anni sono 8,6% e 3,9%) e se gli embrioni utilizzati sono “scongelati” o “freschi”.

5. Più di mezzo milione di embrioni congelati sono in deposito a causa della fecondazione in vitro. Per aumentare le possibilità di successo, più embrioni (fino a una dozzina) vengono creati in ogni ciclo di FIV, ma non né sicuro né  efficace trasferirli tutti in una volta nella donna. Il risultato è che avanzano centinaia di migliaia di embrioni “non utilizzati”. Le coppie lottano su cosa fare con gli embrioni rimasti e, nei soli Stati Uniti, ci sono circa 500.000 embrioni crioconservati in attesa di una disposizione finale. Questa potrebbe includere un futuro trasferimento (sia per la madre sia per un'altra persona che cerca di rimanere incinta attraverso l’“adozione di embrioni”), la ricerca scientifica o la distruzione.

6. La FIV comporta una totale indifferenza per la vita umana.

La fecondazione in vitro comporta uno “spreco” embrionale, basti pensare al numero di embrioni che non sopravvivono ai processi di screening o di impianto o al problema del gran numero di esuberi degli embrioni congelati. Dato il tasso di mortalità – che si può definire “embrionale” o in un altro modo – inerente alla FIV, dovremmo fermarci e riflettere se si dovrebbero coscientemente distruggere così tante vite per crearne una sola.

7. La FIV, a volte, comporta l'aborto. La fecondazione in vitro comporta la distruzione volontaria della vita umana. A volte, quando più embrioni vengono creati e trasferiti nella donna, ne vengono impiantati con successo più di quanti siano desiderati o in una quantità maggiore a quanto sia sano per la donna. La tecnica utilizzata per ridurre i problemi associati agli embrioni multipli è la “riduzione selettiva”. E’ così – l’eufemismo consiste nel fatto che il vostro medico seleziona uno o più feti sani e in via di sviluppo che verranno poi distrutti, lasciando sviluppare (si spera) gli altri feti fino alla fine.

8. La FIV è rischiosa per la madre. Il processo di fecondazione in vitro richiede che la madre (o la donna che dona gli ovuli) subisca un processo di stimolazione ormonale per produrre più ovuli per la fecondazione. Ci sono dei rischi associati come la sindrome da iperstimolazione ovarica e delle complicazioni dovute alla procedura di prelievo degli ovuli. Inoltre, a causa della maggiore probabilità di nascite multiple, utilizzare la FIV significa una maggiore probabilità che ci siano complicazioni durante la gravidanza.

9. La FIV non è una cura per l'infertilità. Una donna sana dovrebbe essere in grado di concepire e partorire un figlio. Se non può, probabilmente ha qualche problema dal punto di vista medico o fisico. Può avere un qualsiasi numero di problemi che possono essere diagnosticati e trattati ma la FIV non sarà d’aiuto in quanto è esclusivamente impegnata a procreare bambini. Non sarà ripristinata la fertilità, ciò non porterà a future gravidanze sane, non preverrà gli aborti e non aiuterà una donna ad avere benefici per la salute a lungo termine (se rimane o meno incinta).

10. La FIV oggettiva donne e bambini. Oggettiva le donne perché le considera come un mezzo per fare un bambino piuttosto che come una persona nella sua interezza. L'atteggiamento che c’è dietro la fecondazione in vitro è quello di dare alla donna un prodotto - il "bambino" - piuttosto che approcciarsi a lei con integrità e in maniera olistica, come persona avente diritto ad una buona salute. L'industria multi-miliardaria della FIV combina gli aspetti peggiori della competenza tecnologica unita con la mentalità consumistica e fa leva sul naturale (e giusto) desiderio di avere figli.
Oggettiva anche le donne che vengono sfruttate affinché donino i loro ovuli “sani” o quelle che vengono persuase a diventare madri surrogato. Anche il bambino “prodotto” attraverso la fecondazione in vitro è oggettivato, trattato fin dal concepimento come un bene intercambiabile, usa e getta, piuttosto che come un essere umano unico ed amato.



Se avete delle preoccupazioni sulla fecondazione in vitro, come le avevamo io e mio marito, quali sono le vostre opzioni? Le coppie che affrontano l’infertilità hanno alternative migliori. NaProTechnology, per esempio, ha un approccio olistico all’infertilità e si concentra sulla diagnosi e sul trattamento dei problemi di salute che possono causare l’infertilità in una donna (o in un uomo).
BonusBonus: ha anche un tasso di successo superiore rispetto alla FIV. E, naturalmente, ci sono altri modi per costruire una famiglia, come l'adozione, che non comportano l’incauta o intenzionale indifferenza per la vita umana.

Ma cosa succede se avete provato tutti i trattamenti medici e non credete che l’adozione faccia per voi? Che cosa succede se la FIV è la vostra ultima speranza di concepire e partorire un figlio? Alla fine, potrebbe essere difficile accettare che questo potrebbe non accadere mai. Ma, quando si cerca di concepire attraverso la fecondazione in vitro, bisogna chiedersi a quale costo si fa questo tentativo.


Elizabeth Kirk, J.D., è Resident Fellow presso lo “Stein Center for Social Research”, Ave Maria University, ed ex Direttore Associato del “Notre Dame Center for Ethics & Culture”. Vive ad Ave Maria, Florida, con il marito e i suoi tre figli.
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Eterologa liberalizzata: via libera alla compravendita procreativa

10/4/2014

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La sentenza di ieri della Corte Costituzionale genera un vuoto normativo e produce un nuovo inesorabile squarcio nella “bioetica difensiva”

Un altro pezzo della legge 40 si è sgretolato. I progressi della tecnologia medica conquistano un’altra trincea della bioetica. La Corte costituzionale con una sentenza emessa oggi ha stabilito l’illegittimità (articoli 4 comma 3, 9 commi 1 e 3, 12 comma 11) delle norme della legge 40 che proibiscono il ricorso a un donatore esterno di ovuli o di spermatozoi per una coppia non fertile; in poche parole, che vietano la fecondazione eterologa medicalmente assistita. Questa decisione arriva il giorno successivo alla sentenza d’assoluzione di un tribunale per una coppia di italiani i quali, dopo aver ottenuto in India un figlio grazie all’ovulo di una donatrice e all’utero di una terza donna, giunti in patria avevano dichiarato di esserne i genitori. La Corte costituzionale sta cedendo ad un clima culturale in via di mutamento sui temi etici? Ne abbiamo parlato con il prof. Francesco D’Agostino, giurista e docente di Filosofia del Diritto presso l’Università degli studi di Tor Vergata, nonché insegnante presso altre università.

Professore, che peso attribuisce a questa sentenza della Corte costituzionale? 

D’Agostino: Da un punto di vista strettamente numerico è un peso limitato perché il ricorso alla fecondazione eterologa è statisticamente marginale. Però dal punto di vista simbolico la sentenza è molto importante, perché conferma in maniera molto forte l’idea che oggi la paternità e la maternità siano fortemente dipendenti dalle tecnologie e solo marginalmente dalla natura. In fondo il divieto dell’eterologa era un modo per garantire la genitorialità naturale; avallare l’eterologa invece significa subordinare o perlomeno parificare la genitorialità naturale e la genitorialità artificiale.

Nel mondo i numeri della fecondazione eterologa non sono in crescita?

D’Agostino: Non cadiamo nell’errore di pensare che siano pratiche statisticamente rilevanti. Non è così, perché il progresso della fecondazione omologa è costante, e ovviamente le coppie, se possono, praticano la fecondazione omologa, non certo l’eterologa. Quindi non è una questione di numeri; ripeto, è una questione di valenza simbolica.

Unita al caso di ieri della coppia di ritorno dall’India, la sentenza della Corte assume un peso particolare?

D’Agostino: Lì oltretutto i genitori erano quattro, perché in India hanno comprato l’ovocita e hanno affittato l’utero di un’altra donna: quindi ci sono il padre biologico, la madre sociale, la madre uterina e la madre genetica. Ci sono quattro figure genitoriali, quindi la cosa è pesante. Io insisto nel dire che adesso come adesso il valore simbolico di questa sentenza riguarda l’artificialità procreativa. Tuttavia, basta fare un piccolo passo avanti e accanto all’artificialità procreativa si potrebbe porre la contrattualità procreativa: se una coppia va in India, compra un bambino da una giovane donna che ha appena partorito, e lo fa registrare a proprio nome, lo porta in Italia, non è poi molto diverso dall’acquisire il bambino con la fecondazione artificiale. Obiettivamente oggi l’idea di commercializzare un bambino ci appare disgustosa; però in qualche modo ci stiamo avvicinando a questo stato di cose e quanto più deprimiamo il peso della fecondazione naturale, tanto più lasciamo spazio a fecondazioni tecnologiche o a compravendite procreative.

Come arriva a questo genere di decisioni la Corte Costituzionale? 


D’Agostino: Bisognerà leggere la sentenza completa, ma a me appare chiaro questo: l’argomento che si è dimostrato vincente è quello secondo il quale le coppie bisognose dell’eterologa, essendo questa pratica proibita, sono discriminate rispetto alle coppie che invece hanno libero accesso alla fecondazione omologa. Quindi c’era una violazione dei diritti. L’errore della Corte è stato questo. È vero che dal punto di vista della sterilità una coppia che ricorre all’omologa è analoga a una coppia che dovrebbe ricorrere all’eterologa. Sono tutte e due coppie sterili, e qui l’analogia c’è. Dove non c’è l’analogia è nel bambino che nasce, perché il bambino che nasce dall’omologa ha due genitori soltanto e due genitori certi, il bambino che nasce dall’eterologa ha un donatore di gameti che è il suo genitore biologico, il più delle volte anonimo e sconosciuto. Cioè, ha tre genitori, o addirittura quattro. Allora l’argomento della discriminazione tra una coppia bisognosa di eterologa e le coppie bisognose di omologa è in realtà fallace. Non c’è affatto discriminazione, se vediamo il fenomeno dal punto di vista del bambino che nasce. La Corte ha evidentemente perseguito una vecchia linea che è quella che ha trionfato per la legge sull’aborto, secondo cui il nascituro non è oggetto di tutela giuridica. Finché non nasce, il bambino è un fantasma giuridico; sono solo i soggetti, in questo caso le coppie sterili, ad avere diritto a considerazione. Partendo da questo presupposto la Corte ha cancellato il divieto di fecondazione eterologa.

Ora che succederà da un punto di vista legislativo? 

D’Agostino: Io ho visto che già i giuristi si sono divisi in due correnti: il ministro Lorenzin auspica una nuova legge quadro, i radicali sostengono che non ce n’è affatto bisogno. Credo che passeremo alcuni mesi in una situazione d’incertezza e di indeterminazione, e poi vedremo quale sarà la linea prevalente. Dubito che nel Parlamento attuale ci siano maggioranze adeguate per scrivere una nuova e migliore legge sulla fecondazione artificiale.

E intanto le coppie, nella realtà, perseguiranno la strada che questa breccia ha spalancato?


D’Agostino: Certo, ma è certo che tutti i centri di fecondazione assistita adesso favoriranno, quando è opportuno, la fecondazione eterologa, non c’è alcun dubbio. Rimangono tutta una serie di questioni aperte, che però bisogna aspettare di vedere nella prassi come si manifesteranno. Però l’effetto simbolico c’è già stato, è stato dirompente e ha segnato pesantemente quella che alcuni chiamavano una bioetica difensiva. È crollato un muraglione, una barriera difensiva. E questo per me avrà ripercussioni in altri ambiti: difatti i radicali hanno già dichiarato che la prossima battaglia avrà per oggetto il diritto per gli scienziati di fare sperimentazioni sugli embrioni umani. Questa sta diventando una nuova questione bioetica di frontiera che arriverà all’ordine del giorno molto presto.
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Brendan Eich e Phelim McAleer: i veri discriminati

6/4/2014

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di Lupo Glori 

Nell’ultima settimana l’americano Brendan Eich e l’irlandese Phelim McAleer sono finiti sulle prime pagine di tutti i principali quotidiani internazionali, al centro di due vicende, all’apparenza distinte, ma, nella sostanza identiche, in quanto accumunate dalla stessa intolleranza ideologica nei confronti degli sfortunati involontari protagonisti.

È interessante ripercorrere brevemente le due storie in quanto simboliche e rappresentative dell’attuale clima culturale.

Brendan Eich è stato costretto, dopo poco più di una settimana, a lasciare il proprio incarico diCEO presso “Mozilla“, l’azienda che lui stesso aveva contribuito a fondare, produttrice, tra l’altro, del popolare browser web “Firefox”. Poco è  importato al management dell’azienda californiana che Eich fosse uno dei migliori nel suo campo, un vero genio del web e dell’informatica, famoso per aver inventato il celebre linguaggio “Javascript”. La comunità LGBT aveva chiesto la sua testa e così è stato. All’indomani della sua nomina, gli attivisti omosessuali sono insorti gridando all’omofobo, imputando al neo amministratore Eich la colpa imperdonabile di aver appoggiato, nel 2008, con una donazione di 1.000 dollari, il comitato promotore del referendum sulla “Proposition 8″, la consultazione popolare, oggi abrogata, che portò all’annullamento dei matrimoni gay in California.

Grazie anche al supporto del popolare sito di appuntamenti on-line OkCupid.com, è stata, così, orchestrata una violenta campagna di odio e minacce di boicottaggio, in perfetto stile “Barilla”, conclusasi con lo scalpo del nemico e la puntale rettifica ideologica dei vertici aziendali, affidata ad un comunicato della presidente di “Mozilla”, Mitchell Baker: «La nostra cultura organizzativa rispecchia la diversità e l’inclusione. Diamo il benvenuto a i contributi di tutti senza distinzione di età, cultura, etnia, sesso, identità di genere, lingua, razza, orientamento sessuale, posizione geografica e opinioni religiose. Mozilla supporta l’uguaglianza per tutti ».

A nulla erano valse le dichiarazioni di Eich che, in un’intervista al “New York Times“, aveva tentato di difendere il suo personale punto di vista dichiarando di «essere in grado di separare le sue idee personali da quelle lavorative». La morale è evidente: si può, anche, essere il più bravo sulla piazza ma, se non sei ideologicamente allineato, sei messo, senza tanti complimenti, alla porta.

La seconda storia della settimana ha per protagonista Phelim McAleer, un giornalista irlandese, autore di documentari unpolitically correct tra cui “Not Evil Just Wrong”, una controinchiesta sulle “scomode verità” di Al Gore sul global warming, e “FrackNation”, una indagine anti-allarmista sulla fratturazione idraulica delle rocce di scisto (tecnica utilizzata per l’estrazione di fluidi, in particolare, petrolio, gas e acqua).

Ebbene, nei giorni scorsi, McAleer è finito sulle prime pagine di diversi quotidiani, in quanto, il suo ultimo lavoro politicamente scorretto, “Gosnell – The True story about America’s biggest serial killer”, è stato vittima di una censura ideologica da parte del popolare sito di crowdfounding“Kickstarter“, che aveva, per altro, finanziato senza battere ciglio i suoi lavori precedenti.

L’unica colpa del film è quella di mettere a nudo la verità sugli orrori e le atrocità dell’aborto. La pellicola racconta, infatti, la terribile storia di Kermit Gosnell, il “ginecologo-macellaio” di Philadelphia, oggi condannato come pluriomicida, dopo che, il 18 febbraio 2010, un’irruzione dell’”FBI” nella clinica abortista “Philadelphia Women’s Medical Society” fece luce sugli efferati e spietati metodi abortivi praticati, per oltre quarant’anni, all’interno sotto la sua responsabilità.

McAleer  ha denunciato il suo caso attraverso un articolo pubblicato sul network di notizie on-line “Breitbart.com” «(…) Siamo riusciti a finanziare con il crowdfunding il nostro ultimo film, FrackNation. The truth about fracking, attraverso Kickstarter. Perciò abbiamo pensato che quello sarebbe stato il luogo ideale per il nostro nuovo film sul medico abortista di Philadelphia Kermit Gosnell. (..) Stando al rapporto del gran giurì, ha ammazzato centinaia di bambini inducendo il parto alle loro madri quando erano al settimo o ottavo mese di gravidanza e poi incidendo il collo di questi neonati vivi e vitali per ucciderli. Lo ha fatto per quarant’anni e probabilmente ne ha uccisi migliaia nella sua carriera. È il serial killer più prolifico d’America».

Dopo aver sottoposto il proprio film alla piattaforma di raccolta fondi “Kickstarter”, il documentarista irlandese, a conclusione di una lunga attesa, è stato, inaspettatamente, invitato a “rivedere” la propria sceneggiatura per non turbare lo spirito della community, sentendosi così rispondere: «Il copione sembra andare bene, ma espressioni come “migliaia di bambini accoltellati a morte” e “migliaia di bambini assassinati” devono essere rimosse per soddisfare lo spirito delle nostre Community Guidelines».

Parole che non sono andate giù a McAleer, in quanto in totale contraddizione con la filosofia aziendale espressa dall’amministratore delegato di “Kickstarter”, Yancey Strickler, in unaintervista rilasciata a Charlie Rose sulla principale emittente televisiva americana “Public Broadcasting Service” (PBS): «Noi vediamo Kickstarter come un patrimonio pubblico, è un luogo che offre a chiunque la possibilità di realizzare il proprio sogno e il nostro compito è di servirlo e onorarlo… un’istituzione culturale che vive, che respira, ed esiste per rappresentare gli interessi di ognuno». Alla fine, McAleer è stato, quindi, costretto a ripiegare su una piattaforma dicrowdfounding alernativa “Indiegogo.com” dove il suo progetto sta avendo un grande successo.

Le due storie si sono, dunque, concluse con il medesimo ambiguo ed emblematico epilogo. Identiche sono, infatti, le motivazioni addotte dai vertici di “Mozilla” e “Kickstarter” a sostegno delle loro insindacabili decisioni: il rispetto degli interessi e della libertà di espressione di tutti. Tuttavia, la rimozione di Brendan Eich e il boicottaggio del film di McAleer smascherano l’incoerenza e la contraddittorietà del sistema culturale dominante dove c’è spazio per tutti tranne per chi osa esprimere opinioni in contrasto con l’ideologico mainstream imperante. Si assiste cosi all’evidente e beffardo paradosso per il quale, in nome del sacro e inviolabile principio di non-discriminazione, gli unici reali discriminati sono coloro che, con buon senso e ragione, si oppongono agli scellerati principi “non negoziabili” dell’intollerante paradigma ideologico contemporaneo.
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Abolire l’euro è un dovere morale

2/4/2014

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Se gli “spiriti” avessero incontrato Romano Prodi negli ultimi anni del secolo scorso – come fecero, per sua ammissione, nel ‘78, durante i giorni del sequestro Moro – di certo non sarebbero stati in grado di profetizzare il disastro dell’adesione alla moneta comune europea, per la quale tanto si adoperò.

Non avrebbero potuto prevedere – gli “spiriti” – che l’euro avrebbe raso al suolo qualsiasi possibilità di crescita economica dell’Europa, dove decine di milioni di persone sono costrette ad una disoccupazione che non si frena, superiore al 12% e ad una povertà dilagante: la Spagna ha tre milioni di persone che sopravvivono con redditi mensili inferiori a 307 euro; le cifre ufficiali del Portogallo collocano il 18% della popolazione sotto la soglia della povertà; in Italia, il numero di poveri si è duplicato tra il 2007 e il 2012.

L’Europa dei mercanti e dei banchieri, degli speculatori internazionali, delle lobby finanziarie e burocratiche, difende all’”arma bianca” una moneta artificiale – tre anni fa, Berlusconi la definì, in un sussulto di verità, che però lasciò immediatamente posto alla smentita, «l’unica moneta al mondo senza uno Stato» – che costringe gli Stati a rinunciare ad una parte fondamentale della loro sovranità, quella di emettere la propria moneta.

L’unità europea sarebbe garantita, a parere di quasi tutti, proprio dall’euro. Chi prova a dissentire, viene fatto oggetto di paragoni imbarazzanti per chi li fa. In un’intervista apparsa su “Avvenire” lo scorso 25 marzo, intitolata «Fermiamo in tempo i dirottatori dell’Europa», il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli, ha dichiarato: «Se l’exploit nazionalista francese dovesse essere confermato dalle Europee, per la prima volta potrebbero entrare con numeri importanti nell’Aula di Strasburgo partiti che vogliono far deragliare il progetto. Sono come dirottatori su un aereo: non vogliono portare l’Unione europea verso un’altra destinazione, vogliono semplicemente farla schiantare a terra».

Perfino il Presidente della Repubblica ha fatto sentire la sua voce per arginare l’eco della vittoria alle elezioni francesi del Fronte Nazionale di Marine Le Pen – fortemente anti-euro ‒  che ha dilagato ed è risultato primo in numerose città, confermando le previsioni che circolano per le elezioni europee, in base alle quali diventerebbe il primo partito. In occasione delle celebrazioni per i 70 anni dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, Napolitano ha dichiarato: «Bisogna sempre saper ricordare che la pace non è un regalo o addirittura un dato scontato e per quel che riguarda il nostro e gli altri paesi europei è una conquista dovuta a quella unità europea, a quel progetto europeo che oggi da varie parti si cerca di screditare». Ha aggiunto: «Dobbiamo ricordare quello che abbiamo vissuto in Italia ed in Europa e che non si può giocare con queste posizioni che tendono  a screditare il nostro patrimonio di lotta per la libertà».

Con buona pace del Presidente della Repubblica, è certo che il “progetto europeo” – politico, evidentemente – equivale ad un grande carrozzone burocratico che costa quasi 2 miliardi di euro all’anno, per il funzionamento delle sedi di Bruxelles e di Strasburgo e per gli stipendi dei suoi 6mila dipendenti – e fino a 10 miliardi di euro (sempre all’anno) per l’intera struttura amministrativa dell’Unione. Un’istituzione che entra a gamba tesa per indottrinare gli Stati su temi governati dai principi del diritto naturale, che nessuna legge può ledere e che rimane in piedi solo grazie al simulacro della moneta comune. Da spazzare via. Non solo per tornare al disegno originario dell’Europa federale, ma soprattutto per far rivivere un’idea di Europa fondata sui principi, che precedono le logiche economiche e le loro brutali conseguenze. (Danilo Quinto)
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