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GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA: SOLIDALI PER LA VITA 

31/1/2015

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SOLIDALI PER LA VITA

«I bambini e gli anziani costruiscono il futuro dei popoli; i bambini perché porteranno avanti la storia, gli anziani perché trasmettono l'esperienza e la saggezza della loro vita». Queste parole ricordate da Papa Francesco1 sollecitano un rinnovato riconoscimento della persona umana e una cura più adeguata della vita, dal concepimento al suo naturale termine. È l’invito a farci servitori di ciò che “è seminato nella debolezza” (1 Cor 15,43), dei piccoli e degli anziani, e di ogni uomo e ogni donna, per i quali va riconosciuto e tutelato il diritto primordiale alla vita2.

Quando una famiglia si apre ad accogliere una nuova creatura, sperimenta nella carne del proprio figlio “la forza rivoluzionaria della tenerezza”3 e in quella casa risplende un bagliore nuovo non solo per la famiglia, ma per l’intera società.

Il preoccupante declino demografico che stiamo vivendo è segno che soffriamo l’eclissi di questa luce. Infatti, la denatalità avrà effetti devastanti sul futuro: i bambini che nascono oggi, sempre meno, si ritroveranno ad essere come la punta di una piramide sociale rovesciata, portando su di loro il peso schiacciante delle generazioni precedenti. Incalzante, dunque, diventa la domanda: che mondo lasceremo ai figli, ma anche a quali figli lasceremo il mondo?

Il triste fenomeno dell’aborto è una delle cause di questa situazione, impedendo ogni anno a oltre centomila4 esseri umani di vedere la luce e di portare un prezioso contributo all’Italia. Non va, inoltre, dimenticato che la stessa prassi della fecondazione artificiale, mentre persegue il diritto del figlio ad ogni costo, comporta nella sua metodica una notevole dispersione di ovuli fecondati, cioè di esseri umani, che non nasceranno mai.

Il desiderio di avere un figlio è nobile e grande; è come un lievito che fa fermentare la nostra società, segnata dalla “cultura del benessere che ci anestetizza”5 e dalla crisi economica che pare non finire. Il nostro paese non può lasciarsi rubare la fecondità.

È un investimento necessario per il futuro assecondare questo desiderio che è vivo in tanti uomini e donne. Affinché questo desiderio non si trasformi in pretesa occorre aprire il cuore anche ai bambini già nati e in stato di abbandono. Si tratta di facilitare i percorsi di adozione e di affido che sono ancora oggi eccessivamente carichi di difficoltà per i costi, la burocrazia e, talvolta, non privi di amara solitudine. Spesso sono coniugi che soffrono la sterilità biologica e che si preparano a divenire la famiglia di chi non ha famiglia, sperimentando “quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita” (Mt 7,14).

La solidarietà verso la vita – accanto a queste strade e alla lodevole opera di tante associazioni – può aprirsi anche a forme nuove e creative di generosità, come una famiglia che adotta una famiglia. Possono nascere percorsi di prossimità nei quali una mamma che aspetta un bambino può trovare una famiglia, o un gruppo di famiglie, che si fanno carico di lei e del nascituro, evitando così il rischio dell’aborto al quale, anche suo malgrado, è orientata.

Una scelta di solidarietà per la vita che, anche dinanzi ai nuovi flussi migratori, costituisce una risposta efficace al grido che risuona sin dalla genesi dell’umanità: “dov’è tuo fratello?”(cfr. Gen 4,9). Grido troppo spesso soffocato, in quanto, come ammonisce Papa Francesco “in questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”6.

La fantasia dell’amore può farci uscire da questo vicolo cieco inaugurando un nuovo umanesimo: «vivere fino in fondo ciò che è umano (...) migliora il cristiano e feconda la città»7. La costruzione di questo nuovo umanesimo è la vera sfida che ci attende e parte dal sì alla vita.

 
1 PAPA FRANCESCO, Viaggio Apostolico a Rio de Janeiro in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della gioventù. Angelus, Venerdì 26 luglio 2013.
2 Cfr. PAPA FRANCESCO, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dalla Federazione Internazionale delle Associazioni dei medici cattolici, Venerdì 20 settembre 2013. 
3 PAPA FRANCESCO, Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, 288.
4 Cfr. relazione del Ministro della Salute al Parlamento Italiano del 13 settembre 2013. 5 PAPA FRANCESCO, Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, 54. 

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"I leggings fanno venire i pensieri sporchi agli uomini"

27/1/2015

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"I leggings fanno venire i pensieri sporchi agli uomini"
La blogger cristiana Veronica Partridge ha deciso di non indossare mai più in pubblico il 'malizioso' indumento femminile per amore verso il marito: "Così onoro lui e il Signore"

Secondo la blogger cristiana Veronica Partridge, i leggings provocano, istigano la mente maschile a chissà quale lussurioso pensiero, motivo per cui ha voluto eliminarli dall'abbigliamento con il quale scelto per mostrarsi in pubblico. 

Farebbe venire i "pensieri sporchi" agli uomini l'indumento femminile più fasciante che moda abbia mai concepito e la decisione di non indossarli più è stata motivata da un post che ha aperto un accesissimo dibattito online. "È possibile che il mio mettere i leggings possa portare un altro uomo, qualcuno che non sia mio marito, ad avere pensieri lussuriosi su di me? - si legge nel post - ho chiesto a mio marito quale fosse la sua idea in merito, ho apprezzato la sua onestà quando mi ha detto: 'Sì, quando vado da qualche parte e c'è una donna che indossa questi pantaloni, mi riesce difficile non guardare. Ci provo, ma non è facile'". 

Subito condiviso da 70mila follower su Facebook, il post è stato duramente criticato, perché secondo molti una concezione simile  giustificherebbe il comportamento di quegli uomini che, quando provocati dalle donne, cedono alle tentazioni.

"Se è difficile per mio marito che mi ama, mi onora e mi rispetta, volgere altrove il suo sguardo, quanto può essere ancora più difficile per un altro che non abbia il suo stesso self-control?" si chiede la blogger. "Certo, se un uomo vuole guardare, alla fine guarderà, ma perché provocarli? È possibile che i leggings o i pantaloni molto stretti possano portare un marito a guardare una donna nel modo in cui dovrebbe guardare solo sua moglie?".

Da qui, dunque, la decisione, "per me stessa e per mio marito", di non indossare i leggings "mai più in pubblico".
 "L'unico momento in cui per me sarà accettabile indossarli sarà in casa e con una maglietta abbastanza lunga da coprirmi", ha detto, spiegando chiaramente che l'intento è quello di "dare il miglior esempio" alla figlia: "Voglio che lei sappia che il suo valore non si nasconde nel suo apparire o nelle cose che indossa, ma nel carattere e nella personalità che Dio le ha donato. Ora sento che la mia coscienza è pulita e che sto onorando il Signore e mio marito"

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UNA STORIA DIMENTICATA: HITLER E L’EUTANASIA

26/1/2015

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In Germania sotto il regime nazista venne praticata l’eutanasia su malati terminali e handicappati. Di questo non si parla: forse perché oggi sarebbe imbarazzante per i sostenitori dell’eutanasia ammettere che Hitler aveva la medesima mentalità?

Il 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria per ricordare le vittime dell’Olocausto. 
Si spenderanno tante parole, ricordando i crimini del nazismo, ma c’è un fatto che nessuno ricorda: dal 1939 al 1941 in Germania vennero eliminate oltre 70.000 persone definite “esistenze prive di valore vitale (lebensunwerte Leben)”. In poche parole: eutanasia. 

Col nazismo questa pratica venne applicata in forma organizzata: il programma di eutanasia negli istituti di cura tedeschi fu applicato affermando il diritto dello Stato all’eliminazione dei malati sofferenti perché persone non più socialmente utili.  Tutto inizia con un provvedimento scritto del Fuhrer il 1 settembre 1939 in cui venivano designati gli incaricati “autorizzandoli a concedere la morte per grazia ai malati considerati incurabili“. Malati terminali, handicappati vennero eliminati, con l’obiettivo di alleggerire lo Stato da spese per il loro  mantenimento in vita.

Di questo nessuno parla: perché? 

Forse perché l’ideologia che ha mosso Hitler in quella direzione è ancora in circolazione. Secondo Umberto Veronesi “A volte l’eutanasia può essere un gesto di carità” (Corriere della Sera, 16 giugno 2000). E ancora: “Il problema dell’eutanasia esiste… Ci sono inchieste, sondaggi d’opinione… E c’è un migliaio di famiglie distrutte dalla penosa presenza di questi morti-viventi” (La Repubblica, 18 giugno 2000). Quando faceva queste affermazioni, l’illustre scienziato era Ministro della Salute.

La popolazione invecchia, le spese dello Stato aumentano, perché non riproporre l’eutanasia? Lo faremmo per il loro bene! In Olanda e Belgio è legale l’eutanasia sui bambini nati con gravi malformazioni. 
L’importante è non ricordare che fu Hitler il primo a pianificare la “dolce morte”.

Il percorso lo conosciamo:
  • si incomincia ad influenzare l’opinione pubblica, sensibilizzandola sui casi pietosi (ricordiamo il caso Welby?);
  • il mutato clima culturale porta a sentenze dei tribunali (il caso Englaro);
  • l’aumento dei casi di eutanasia spinge a richiedere una legge di regolamentazione della medesima.

Come già accaduto in Olanda, la legalizzazione di questa pratica anche in Italia procederà per gradi:
  • Da principio si chiederà la legalizzazione dell’eutanasia su richiesta del paziente.
  • Ma se il malato non è in grado di manifestare il suo consenso, e preventivamente non ha fatto richiesta di eutanasia, perché non possono essere i familiari a richiederla, qualora ritengano che questo sia giusto per la dignità del malato?
  • Una volta affermato che la vita senza valore socialmente apprezzabile può essere soppressa su richiesta del diretto interessato o dei suoi parenti, ci si chiederà a chi spetta l’onere di prendere la decisione se il paziente è incapace di intendere e di volere e non vi sono familiari.  C’è solo una risposta: la decisione finale spetterà allo Stato, alle strutture sanitarie, forse a un giudice. Dunque l’ultimo gradino di questo percorso sarà quello dell’affermazione della “eutanasia sociale”.

Questo itinerario rende evidente che, partendo dalla battaglia per riconoscere ad ogni individuo il diritto a volere per sé una morte dignitosa, l’obiettivo è quello di affermare che esistono vite senza valore, indegne di essere vissute, e dunque alla legalizzazione dell’eutanasia di Stato.

E’ esattamente quanto accaduto nel 1939 sotto il regime nazista.

Nel Giorno della Memoria, facciamo memoria anche di questo. 

Perché in tema di eutanasia il fantasma di Hitler aleggia ancora sull’Occidente.

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RENZI FA FINTA DI SOSTENERE LA FAMIGLIA, MA LAVORA INVECE PER DISTRUGGERLA

18/1/2015

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RENZI FA FINTA DI SOSTENERE LA FAMIGLIA, MA LAVORA INVECE PER DISTRUGGERLA
Dal divorzio breve alla fecondazione eterologa, passando dalla farsa degli 80 euro, al riconoscimento delle unioni omosessuali, alla spinta in Europa del movimento gay

di Riccardo Cascioli

Se qualcuno aveva ancora dei dubbi, ciò che è accaduto nel Consiglio dei ministri dello scorso 8 agosto dovrebbe averli definitivamente fugati. Cosa è successo infatti quel giorno? Che a sorpresa il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è presentato in Consiglio e ha posto il veto a un decreto legge teso a contenere i drammatici effetti della cervellotica sentenza della Corte Costituzionale che introduceva la fecondazione artificiale eterologa nel nostro ordinamento. Si ricorderà che il 10 aprile 2014, a proposito dell'ennesimo ricorso contro la Legge 40 sulla fecondazione artificiale, la Consulta ha fatto cadere il divieto di eterologa, ovvero di fecondazione con la donazione di gameti o ovuli da terza persona estranea alla coppia. A un male oggettivo - la fecondazione artificiale omologa, cioè all'interno della coppia - si aggiunge un ulteriore peggiorativo, che oltre al resto fa saltare anche la famiglia come "luogo" della procreazione. Da quel momento il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha cercato di trovare un accordo nella maggioranza per un decreto legge che - agendo sul fattore della sicurezza sanitaria - ponesse almeno dei limiti al ricorso a tale tipo di pratica. Accordo difficile, visto che il Partito Democratico - principale forza di governo - è in larga maggioranza favorevole alla liberalizzazione della fecondazione artificiale, ma alla fine il ministro ci era riuscita e già da giorni si dava per scontata l'approvazione del decreto legge in Consiglio dei ministri. Poi, il colpo di scena dell'8 agosto: Renzi blocca tutto con la scusa che dei temi etici si deve occupare il Parlamento e quindi - malgrado le assicurazioni contrarie - via libera ai centri privati e alle Regioni già pronte a sfruttare o favorire il business dell'eterologa. 

IL PARA-MATRIMONIO GAY 
Pressioni delle associazioni pro-eterologa o mero calcolo politico? Non si può dire con certezza, ma resta il fatto che il governo - ma dovremmo dire il presidente del Consiglio - conferma la propria ostilità alla famiglia naturale. 
Tanto è vero che mentre rinviava al Parlamento la questione della fecondazione eterologa con la scusa dei "temi etici" che non spettano al governo - ma il decreto previsto parlava solo di problemi sanitari -, Renzi sbandierava la sua decisione dl varare un decreto per legalizzare le unioni fra persone dello stesso sesso, un vero e proprio para-"matrimonio" gay stando alle linee annunciate. 
Il modello evocato dal presidente del Consiglio è infatti quello britannico, in cui alle coppie gay che rendono pubblica e registrata la loro unione vengono attribuiti tutti i diritti della famiglia naturale, ad esclusione dell'adozione. È evidente che, proprio sull'esempio britannico, si promuove un vero e proprio "matrimonio" tra persone dello stesso sesso, non chiamandolo inizialmente con questo nome: l'approvazione del "matrimonio" gay vero e proprio avviene in un secondo tempo, quando ormai l'opinione pubblica ha familiarizzato con l'idea. Ma l'elenco dei provvedimenti anti-famiglia che Renzi ha promosso o avallato è lungo, al punto che si può dire che nessun governo ha mai fatto tanto contro la famiglia. Certo, dobbiamo renderci conto che l'attacco alla famiglia viene da molte parti e riguarda molti argomenti, ma il presidente del Consiglio mostra di compiacere questi attacchi e vi partecipa con grande entusiasmo. Si tratta di provvedimenti che hanno effetti diretti o indiretti o anche semplicemente di indirizzo culturale. 

RIVOLUZIONE DEL DIRITTO DI FAMIGLIA 
È una manovra a tenaglia, letale per l'istituto del matrimonio. Non si tratta infatti, in un caso e nell'altro, di una semplice abbreviazione dei tempi di attesa che evita ulteriori liti e tensioni. Al contrario, è una vera e propria rivoluzione nel diritto di famiglia. Pur con l'introduzione del divorzio, il nostro ordinamento mantiene comunque una struttura per cui il matrimonio resta il valore positivo, e la concessione del divorzio una deroga per una serie di casi previsti. Per questo motivo è stato previsto un tempo lungo di ripensamento (all'inizio 5 anni, poi ridotti a tre) nel tentativo di recuperare il rapporto coniugale. Il sostanziale azzeramento di questo periodo, invece, pone ormai sullo stesso piano la decisione di sposare con quella di divorziare, lo Stato si proclama sostanzialmente indifferente. E con il decreto salva-liti si completa l'opera: il ricorso al giudice, infatti, nei casi di divorzio sottolinea l'aspetto pubblicistico del matrimonio, ovvero la sua rilevanza per la società e per lo Stato. Eliminando questo passaggio, il matrimonio viene ridotto a un mero contratto privatistico, ovvero un contratto fra le due parti come avviene per un qualsiasi contratto di compravendita. Viene quindi di fatto a cadere il riconoscimento della famiglia come società naturale, così come è definita dalla Costituzione italiana all'articolo 29. 

LA FARSA DEGLI 80 EURO 
Prendiamo ad esempio quello che finora è stato il provvedimento più significativo del governo Renzi, gli 80 euro in più in busta paga per chi ha redditi bassi. Ebbene, pure in questo caso si è deciso di penalizzare le famiglie, soprattutto quelle con figli: nell'assegnazione di questi 80 euro nessun riferimento al reddito familiare, così che due conviventi che lavorano potranno godere di 160 euro in più al mese (80+80), mentre una famiglia con figli, con il solo reddito del padre avrà soltanto gli 80 euro. È solo un esempio, la lista è lunga tenendo anche conto che Renzi gioca su due tavoli: non è infatti solo il capo del governo, ma è anche il segretario del Pd, maggiore forza politica in Parlamento. E così per promuovere il divorzio-express manovra entrambe le leve. Da una parte, dopo l'approvazione alla Camera, spetta ora al Senato dare via libera al disegno di legge sul divorzio breve che ridurrà ad appena sei mesi il tempo di attesa per sciogliere il matrimonio (se consensuale) che potrà diventare un anno se ci sono dei figli minorenni. Dall'altra parte, nelle maglie del cosiddetto decreto salva-liti, varato a settembre, il governo ha inserito anche il divorzio tra le cause che si possono risolvere rapidamente con la mediazione degli avvocati senza ricorrere al giudice. 

COMANDA SCALFAROTTO 
Da non sottovalutare poi le iniziative che hanno un valore di indirizzo politico e danno un segnale culturale chiarissimo. Parliamo ad esempio del voto negativo del governo italiano alla risoluzione a favore della famiglia votata al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Onu) lo scorso 25 giugno. Si trattava di un testo molto prudente, in occasione del XX anniversario dell'Anno Internazionale della famiglia, che recitava così: «La famiglia è l'unità naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato». Lo stesso concetto scritto nella nostra Costituzione, quasi parola per parola. Ebbene, l'Italia ha votato contro, giustificandosi con la volontà di uniformarsi alla posizione tenuta dall'Unione Europea. Ma come? Proprio il governo che ha a suo capo quel Renzi che un giorno sì e l'altro pure grida che non prende lezioni dall'Europa? E infatti in Europa si fa sentire e come, tanto che come Presidenza del Consiglio Europeo (quel famoso semestre in cui l'Italia, nelle intenzioni, doveva mettere tutti in riga) il nostro governo ha organizzato per il 28 ottobre a Bruxelles una conferenza di alto livello sul tema "Lottare contro la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale e l'identità di genere: prossime tappe nell'elaborazione delle politiche dell'UE e degli Stati membri". A parlare, ovviamente, tutti i principali leader europei omosessualisti e le principali associazioni gay, a rappresentare l'Italia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Ivan Scalfarotto. Sì, proprio lui, il promotore della legge liberticida sull'omofobia in attesa di approvazione al Senato. Ogni commento appare superfluo.

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Questo Presidente non ci è piaciuto

15/1/2015

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Questo Presidente non ci è piaciuto
di Riccardo Cascioli

Qual è il motivo per cui diciamo che un presidente della Repubblica (ma il discorso vale per qualsiasi altra carica istituzionale) è stato buono o cattivo? Vale a dire: qual è il criterio che usiamo per giudicare?

È la prima domanda che viene in mente leggendo quel fiume di commenti su Giorgio Napolitano nel giorno delle sue dimissioni ufficiali. C’è un generale clima di osanna, interrotto soltanto dai 5Stelle e da qualche esponente di Forza Italia, che però parlano per evidenti interessi di bottega (politica, ovviamente) che sono stati lesi da Napolitano. Ma in generale sono tutti lì a tessere le lodi – qualcuno anche con evidente eccesso di salivazione -: un omaggio all’equilibrio, un altro alla capacità di supplire al vuoto politico, un altro ancora per lo spirito di sacrificio che gli ha fatto accettare di restare altri due anni al Quirinale. 

Se scorriamo i nove anni al Quirinale per forza ci troviamo cose positive e cose negative, la vita di una persona – anche professionale, anche politica – non è tutto bene o tutto male. E però come pesare il buono e il cattivo? Vale più il fatto di aver garantito la stabilità istituzionale in un momento di vuoto politico o il fatto di aver scientemente travalicato i suoi poteri per “dettare la linea”? È chiaro che la risposta non può essere soltanto in base alla sintonia con la mia parte politica o con le mie convinzioni personali. E anche il cosiddetto «senso delle istituzioni» che qualche cattolico gli riconosce con gratitudine, andrebbe almeno riempito di contenuti. Cosa vuol dire «senso delle istituzioni»?

Propongo allora un criterio di fondo che serva da punto di riferimento per ordinare i numerosi atti compiuti al vertice delle istituzioni. Ovvero, l’atteggiamento nei confronti dei fondamenti di una società: vita, famiglia, educazione. Non sono soltanto temi etici, come più volte abbiamo avuto modo di dire, ma sono quei princìpi da cui tutto il resto – economia, stabilità sociale, ordine pubblico e così via – dipende. È vero: il presidente della Repubblica non ha potere di legiferare in materia, ma certamente può usare la sua posizione per influenzare dibattito e scelte. E Napolitano in questo è stato più che attivo, un vero e proprio militante contro la vita e la famiglia. Sempre con quell’atteggiamento pacato e bonario da bravo nonno, che tanto piace ai “moderati”, ma pur sempre militante. 

In particolar modo l’eutanasia è stata un suo cavallo di battaglia: cominciò già nel 2006 rispondendo all’appello di Piergiorgio Welby e facendo dunque pesare il suo favore a porre fine alla vita; e i suoi interventi si sono intensificati in questi ultimi anni, l’ultimo pochi mesi fa quando ricevendo il Comitato nazionale di Bioetica ha chiesto che il Parlamento legiferasse su questo tema. 

Ma certamente il punto più drammatico della militanza pro-eutanasia di Napolitano si è avuta con il caso di Eluana Englaro nel febbraio 2009, quando un suo intervento diretto fu decisivo per la morte della giovane donna. Il presidente della Repubblica – con una mossa fuori da ogni regola costituzionale – raggiunse al telefono il Consiglio dei ministri nel bel mezzo della riunione in cui si sarebbe dovuto varare un decreto d’urgenza per impedire che diventasse operativa una sentenza che avrebbe permesso di porre fine alla vita di Eluana nella clinica La Quiete di Udine. Napolitano disse con chiarezza che non avrebbe firmato quel decreto perché non vi ravvisava quelle caratteristiche di necessità e urgenza che un decreto legge deve avere. Fu la condanna a morte definitiva di Eluana. 

Nulla potrà cancellare la memoria di quel gesto, che non è soltanto una macchia su una carriera brillante, ma il vertice di una intera carriera politica in cui il valore della vita è sempre stato relativo (qualcuno ricorda non dico il pentimento, ma un cenno di autocritica per il sostegno convinto alle repressioni sanguinose del comunismo sovietico?). E una società in cui il valore della vita non è assoluto è una società condannata a vedere trionfare la legge del più forte.

Non a caso in questi anni Napolitano non ha mai fatto mistero di forti simpatie e consonanza con i leader del Partito Radicale, Marco Pannella e Emma Bonino. Anche in questo si è dimostrato l’emblema di un Partito comunista trasformatosi in partito radicale di massa. Significativa da questo punto di vista la lunga lettera che Napolitano scrisse a Pannella nel giugno 2011 affermando la sua gratitudine a Pannella perché grazie a lui divorzio e aborto in Italia sono diventati patrimonio culturale comune. E più recentemente la lode pubblica riservata all’Associazione Luca Coscioni, in cui parla di difesa dei diritti fondamentali della persona a proposito dell’impegno dell’associazione radicale a favore dell’eutanasia. 

Quanto poi alla questione omosessuale, basta questo tributo del presidente dell’Arcigay, Flavio Romani, alla fine del settennato, per capire come stanno le cose: «Già nel 1997 da Ministro dell’Interno si adoperò con impegno contro gli assassini di omosessuali. Nel corso del suo settennato, per quanto ha potuto, si è poi espresso più volte contro l’omo-transfobia definendola “intollerabile”, ha incontrato le associazioni lgbt italiane per commemorare la “Giornata internazionale contro l’omo-transfobia” e ha premiato Arcigay Trieste per un progetto contro il bullismo antigay a scuola. Napolitano ancora, in un incontro del 2007 con l’allora premier spagnolo Zapatero, si era persino detto ottimista sulla possibilità di trovare una sintesi sulle unioni civili “anche nel dialogo con la Chiesa”». 

Poco importa che tutti questi interventi non abbiano prodotto risultati immediati, almeno dal punto di vista legislativo. Il fatto è che il capo dello Stato ha contribuito enormemente a indirizzare il dibattito sui temi fondanti della società sui binari del laicismo, nel segno della distruzione della famiglia e della “selezione” della vita. Indirizzi che sono fonte di disgregazione della società, altro che invito alla coesione.

Questa volontà di intervenire peraltro, si è anche espressa in tutti i campi della politica, tanto da trasformare l’Italia in una repubblica (semi)presidenziale di fatto. Non si contano gli interventi strettamente politici che pure la Costituzione non consentirebbe. E se è vero che i partiti e i rispettivi leader ci hanno messo del loro nel creare le premesse per l’invasione di campo da parte di Napolitano, è vero che l’interventismo del capo dello Stato va molto oltre. Se c’è chi giustifica la fine del governo Berlusconi e l’avvento del governo Monti come una manovra necessaria per salvare il paese dal baratro – malgrado la lunga preparazione e l’accurata regia facciano sospettare ben altro – non ha alcuna motivazione seria l’intervento dell’aprile 2011 a favore dell’intervento in Libia contro Gheddafi, con relativa dura critica ad Angela Merkel per averne tenuto la Germania fuori. O i continui interventi sulle diverse manovre finanziarie o altre singole riforme che sono comunque materia del Parlamento e del governo. Per non parlare della forza con cui ha perorato la causa della cittadinanza alla nascita per i figli degli immigrati (ius soli).

Aldilà delle opinioni sui singoli argomenti sta di fatto che il successore, per cui le Camere riunite cominceranno a votare dal 29 gennaio, erediterà un Quirinale per cui la funzione notarile che la Costituzione sostanzialmente gli riserva è solo un ricordo.  Da qui la necessità di una figura che faccia tornare la massima carica dello Stato, se non nei confini attribuitigli dai padri costituenti, almeno entro i limiti del buon senso.


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Il sesso è un cartone per bambini. Così la pedofilia è soft

14/1/2015

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Il sesso è un cartone per bambini. Così la pedofilia è soft
di Tommaso Scandroglio


Ci sono sempre stati i maliziosi che ironizzavano sul titolo della fiaba di Andersen “La principessa sul pisello”, ma gli svedesi, anche quando ci sono di mezzo i bambini, da tempo hanno abbandonato la malizia in campo sessuale preferendo il realismo nudo e crudo. D’altronde si sa che lassù tra i fiordi sono sempre stati un po’ ossessionati dal sesso e che, non di rado, la loro prospettiva privilegiata per guardare il mondo è quella ad altezza vita.

Ed ecco dunque il video Snoppen och snippen che significa “Pene e vagina”, trasmesso nel programma per bambini Bacillakuten. Si tratta di un video musicale in cui un pene e una vagina, disegnati con colori sgargianti, danzano e si amano, con il corollario di tanti cuoricini intorno alle loro “teste,” sulle parole di questa canzoncina molto orecchiabile: «Ecco che arriva il pene a pieno ritmo. La vagina è “cool”, credeteci, anche quella di un’anziana signora. Sta lì, ed è così elegante». Ed infatti ad un certo punto del video ecco spuntare una vagina attempata che si mette a ballare anche lei. Al fine di far comprendere alle povere vittime imberbi che si tratta davvero di un pene e una vagina e di fugare ogni pudico dubbio, al termine del video il primo si va a posizionare tra le gambe di un maschietto e la seconda tra quelle di una femminuccia. 

Gli ideatori del video quindi ci tengono a comunicare ai fanciulli che da una parte «la vagina è cool»ed è pure elegante, perché – ci sorge il dubbio - in quel di Svezia le detentrici dell’apparato riproduttivo femminile forse si sentono un po’ fuori moda e non al passo coi tempi ad avere genitali come natura comanda. E su altro fronte che l’esercizio della sessualità non va mai in prescrizione, perché anche la donna con molte primavere sulle spalle ha ancora qualcosa da dire su questo argomento. Ma al di là delle battute il video svedese è un ottimo indicatore della direzione verso cui spira il vento del tornado antropologico che si sta abbattendo sulle nostre teste e in particolar modo su quelle dei bambini. In primo luogo in questa prospettiva devastatrice è indispensabile banalizzare la sessualità. La fraseologia volgare di uso comune che fa riferimento sempre, come intercalare, ai genitali maschili e femminile ne è una prova. Il sesso e i suoi apparati devono essere sempre davanti agli occhi di tutti, minori compresi. Ciò che è comune e di facile accesso – così si deve indurre a pensare – non è poi così prezioso.

In secondo luogo occorre che la sessualità sia percepita come attività ludica. É un vecchio cavallo dibattaglia dei sessantottini. Oggi il cavallo si è rifatto il pelo, potremmo così dire, perché il sesso deve essere inteso come gioco non più solo dagli adulti, ma persino dai bambini. Ben venga quindi una filastrocca musicale su peni e vagine. In terzo luogo, la rivoluzione antropologica sessuale intende l’ordine naturale delle cose come un tabù da abbattere. Se c’è un’età giusta per sapere che i maschietti sono differenti dalle femminucce, questo dato di buon senso deve essere superato. Il metodo è sempre quello: squadernare la realtà – e dunque mostrare pene e vagine al pomeriggio in Tv – indorandola, cioè rappresentando l’apparato riproduttivo in modo accattivante. 

Infine, come da queste colonne avevamo già appuntato in un precedente articolo (clicca qui), questovideo genitale emana puzza di pedofilia. Il pedofilo è un cacciatore e il bambino la sua preda. In genere la preda scappa di fronte al cacciatore. Ma se convinciamo la preda che il cacciatore non le farà del male, ecco che sarà più facile catturarla. Fuor di metafora, se abituiamo i bambini a vedere peni e vagine, a toccarli seppur fatti di legno o stoffa (accade in Svizzera) oppure addirittura a toccarsi le parti intime (così incoraggia fare a pag. 38 il documento Standard per l’educazione sessuale in Europa dell’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) ecco che la loro coscienza sarà corrotta al punto giusto per non ritrarsi di fronte a possibili adescamenti da parte degli adulti. Se rendi il sesso commestibile come un omogeneizzato vedrai che non solo il pupo sarà forse più malleabile alle perversioni dei più grandi, ma anche la percezione collettiva di cosa è giusto o sbagliato nella sessualità sposterà il confine del lecito sempre più in là. O più sotto. A livello pelvico.

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Noi non siamo come Charlie Hebdo.

9/1/2015

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Cari amici, 
noi non abbiamo bisogno di identificarci con Charlie Hebdo per condannare la strage di Parigi e per dire che non si uccide in nome di Dio.

Il nostro Dio ci dice che la vita è sacra, che non si uccidono i bambini nel grembo materno, che non si uccidono le persone malate in stato terminale, che non si deve uccidere nemmeno chi si rende responsabile del più atroce dei crimini.

Il nostro Dio ci dice che non si uccide e basta.

Invochiamo perciò la Sua pietà per le vittime di questa ennesima mattanza e la Sua misericordia per i carnefici, augurandoci che questi ultimi possano al più presto essere assicurati alla giustizia degli uomini che deve fare il suo corso.

Come tutti gli uomini di buona volontà, ci auguriamo anche che accadimenti come questi non abbiano mai più a ripetersi e che il mondo possa un giorno liberarsi di tutti i fanatici che ancora oggi uccidono per ''ispirazione'' divina.

Ma non ci può essere libertà, giustizia e pace senza verità; e la verità non deve servire a giustificare, ma a comprendere.

Questa strage non è stata un attentato contro la libertà di stampa, ma un’azione esecrabile, ripugnante e abominevole, compiuta da fanatici criminali che credono che possa esistere un Dio così orgoglioso da chiedere agli uomini che lo vendichi delle offese subite.

Perché di questo si è trattato, fanatici criminali che hanno giustiziato, dal loro punto di vista in maniera esemplare, chi si è reso responsabile di gravi e imperdonabili offese al loro Dio. 

La libertà di stampa non c’entra nulla, come invece ipocritamente si vuol far credere.

Però pur condannando il gesto criminale senza se e senza ma, non possiamo accettare l’idea che ci si debba identificare con Charlie Hebdo.

La nostra cultura, le nostre radici cristiane, la nostra fede, l’appartenenza alla nostra Chiesa ce lo impediscono.

Noi non siamoo come Charlie Hebdo, noi non sorridiamo di fronte a una vignetta che raffigura la Madonna a gambe aperte mentre partorisce Gesù Bambino come in un prodigioso numero da circo ecc… 

Questa non è satira, è vilipendio… è blasfemia. 

Ne siamo profondamente offesi, ma non per questo colpiremmo l’autore della vignetta, neanche con uno schiaffo.

Crediamo sia importante non vergognarsi della nostra identità e che sia altrettanto importante dire la verità, anche in questo momento di lutto.

Il diritto di satira finisce dove inizia il diritto di una cultura e di un popolo a essere rispettato nei suoi valori costituenti.

Chiarlie Hebdo è proprio un brutto giornale perché non ha rispetto di ciò che per gli altri è sacro.


Noi non siamo come Charlie Hebdo.
#noinonsiamocharliehebdo
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Leviamo in alto la Croce - Un comunicato, da noi condiviso, della Fondazione Lepanto dopo la strage del 7 gennaio a Parigi

7/1/2015

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Leviamo in alto la Croce
Un comunicato della Fondazione Lepanto dopo la strage del 7 gennaio a Parigi

“Charlie Hebdo” è un giornale in cui, fin dalla sua fondazione, la satira è stata posta al servizio di una filosofia di vita anarchica e libertaria. Esso può essere considerato un’espressione estrema ma coerente del relativismo dell’Occidente contemporaneo. “Charlie Hebdo” è celebre per le caricature di Maometto pubblicate a partire dal 2006, ma non vanno dimenticate le immonde vignette blasfeme pubblicate nel 2012 per rivendicare l’unione omosessuale.

Il gruppo di terroristi che, il 7 gennaio 2015, ha sterminato la redazione di “Charlie Hebdo” è a sua volta un’espressione estrema, ma coerente, del mondo islamico e ha manifestato nella sua furia omicida, l’odio che l’Islam intero nutre nei confronti dell’Occidente.

Come non vedere in quest’episodio la prefigurazione del destino che attende l’Occidente, incapace di contrapporre all’Islam le proprie risorse spirituali e morali, e illuso sulla possibilità che il cedimento al pensiero relativista e la politica della mano tesa verso l’Islam possano scongiurare i pericoli che si addensano sul nostro futuro?

Il 4 dicembre 2012 la Fondazione Lepanto, l’Associazione Famiglia Domani e altri rappresentanti qualificati di gruppi e siti che operano nel mondo cattolico consegnarono al padre Federico Lombardi direttore della Sala Stampa Vaticana, 3.905 firme, per chiedere alla Santa Sede di elevare una protesta vibrante e fare i passi necessari presso il governo francese affinché mai più si ripetessero episodi di questo genere. Nell’appello si leggeva:
“Si può ancora tacere? Oscenità e blasfemia si confondono nella sordida provocazione di un giornale francese, autore di una vignetta in cui per rivendicare l’unione omosessuale, violazione estrema della legge naturale, si oltraggia in modo inammissibile la Santissima Trinità, mistero centrale della fede cristiana. 
No, non è possibile mantenere il silenzio: è necessario che la Santa Sede esprima pubblicamente la sua indignazione, come stanno facendo tanti semplici cattolici in Francia e in Europa. E poiché Lei è portavoce della Santa Sede, a Lei ci rivolgiamo affinché si faccia nostro portavoce presso le supreme autorità ecclesiastiche, alle quali chiediamo di elevare una protesta vibrante e fare i passi necessari presso il governo francese affinché mai più si ripeta una vergogna del genere. Che la voce degli uomini si alzi prima della mano di Dio, che da nessuno può essere impunemente irriso (Gal. 6, 7)!”

Oggi il nostro dolore non deve essere solo per le vittime dei massacri, a Parigi e nel mondo intero, ma soprattutto per la trasgressione pubblica e sistematica della legge naturale e divina e per il silenzio di chi, di fronte a questa trasgressione e a questi massacri, avrebbe il dovere di levare la voce. Imitiamo Nostro Signore che piangeva su Gerusalemme, prevedendone la distruzione per i suoi peccati, e leviamo in alto la sua Croce, che è odiata e vilipesa dall’Islam e dal relativismo contemporaneo, ma che resta l’infallibile segno di lotta e di vittoria per ogni cristiano.

Fondazione Lepanto
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COMUNICATO SUGLI EVENTI ODIERNI DI PARIGI

7/1/2015

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COMUNICATO SUGLI EVENTI ODIERNI DI PARIGI
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«E poiché hanno seminato vento / raccoglieranno tempesta» Osea 8,7
Chi fa del male, riceverà un danno maggiore di quello arrecato.


ATTI COME QUELLO DI PARIGI SONO DEPRECABILI E INACCETTABILI...
NOI SIAMO CONTRO OGNI ATTO DI VIOLENZA... ANCHE VERBALE… ANCHE SE CHIAMATA ''LIBERTA D'ESPRESSIONE'' ... 
MA VOGLIAMO RICORDARE A TUTTI CHE
- SE CI FOSSE + RISPETTO, OTTERREMMO + RISPETTO
- SE NON DIAMO RISPETTO NON POSSIAMO NEMMENO PRETENDERLO

DIO ABBIA MISERICORDIA DI NOI E DEL MONDO INTERO
ORA PREGHIAMO PER LE VITTIME...
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