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IL SORRISO DENTRO. DI EMANUELE E DI CHARLIE

27/6/2017

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di Maddalena Negri, 26 Giugno 2017

Il dipinto che vedete si intitola “La misericordia scende dal cielo”, ed è stato realizzato l’anno scorso da Emanuele Campostrini, piccolo artista lucchese, che non ha ancora compiuto il doppio lustro, in occasione del concorso UCAI che aveva per tema La misericordia.
Foto
Tanti sorridono, molti anche in modo falso ed ipocrita, riuscendo ad ingannare gli altri delle proprie vere intenzioni.

“Mele”, questo il suo nome d’arte, «sorride dentro», fa notare la sua mamma; non solo: esprime se stesso attraverso l’arte visiva.

Mele, Emanuele Campostrini ha 9 anni e la medesima malattia di Charlie Gard, la cui vita è appesa alla corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che ha chiesto di non sospendere il sostegno vitale, finché non avrà emesso la sentenza (10 luglio 2017).

[Emanuele Campostrini] nasce a Camaiore nell’aprile del 2008 e oggi vive a Pian di Conca, un piccolo paese della provincia di Lucca. Alla sua nascita mamma Chiara e Papà Massimo hanno già un bimbo di due anni e dopo di lui arriverà anche una sorellina. Circa al secondo mese, il neonato inizia a dare i primi segnali: crisi epilettiche importanti che non promettono nulla di buono. Data l’estrema rarità della malattia, la diagnosi arriva dopo circa un anno, ma già dai primi sintomi il bambino subisce un peggioramento velocissimo, tanto che riceve il Battesimo e la Cresima con il rito per i bambini prossimi alla morte. Ad oggi la cura per la guarigione di Emanuele non esiste e pare che la scienza sia ancora molto lontana dal conoscerla, esistono però terapie palliative che lo possono fare stare meglio. Intanto il suo male procede procurandogli devastanti alterazioni neurologiche, respiratorie, motorie e sensoriali. Ha continui movimenti involontari. Non riesce più a mangiare e viene nutrito con un sondino nasogastrico oltre ad un ventilatore elettrico per respirare. Ogni giorno ha crisi epilettiche di gravità variabile. A volte perde conoscenza, deve essere aspirato meccanicamente e rianimato con un pallone autoespansibile o con la respirazione bocca a bocca. È sordo e parzialmente cieco. È tetraplegico e il suo corpo è abbandonato come quello di una bambola di panno. Ma conserva la mobilità del capo e delle mani.

Perché vi parlo di Emanuele?

Perché ha 9 anni ed è affetto dalla sindrome della deplezione del Dna mitocondriale, la medesima patologia di Charlie Gard (il bambino la cui vicenda ha scosso, turbato e commosso il mondo intero):  questo aiuta anche i più profani a comprendere l’aspettativa di vita che attenderebbe Charlie, a cui lo staff ospedaliero ha chiesto ai giudici sia sospeso il sostegno vitale, nonostante l’opportunità ormai concreta di una cura in America, poiché, essa, a detta loro, “prolungare il processo di morte” (Fonte: Il Foglio).

Emanuele non corre, non cammina, non si rotola nell’erba, non ha neppure controllo dei propri arti, non dice le parolacce, non legge né scrive.

Quindi, non si può dire che sia un bambino come tutti gli altri. Però è un artista: dipingendo, dimostra il suo esistere e l’estensione della sua anima che, lungi dall’essere immobile, è dinamica e mostra al mondo il suo sguardo.

Diverso dalla norma, forse, ma non meno vero ed autentico, nella sua esplosione di vita che, incapace di comunicare attraverso il proprio corpo, di cui non riesce ad avere pienamente controllo, è però capace di esprimersi tramite i capolavori che crea: una girandola di colori vivaci, un abbraccio di forme, che svela il suo mondo interiore, di fantasia e creatività.

«Sono sempre più forti le pressioni per la legalizzazione dell’aborto nei Paesi dell’America Latina e nei Paesi in via di sviluppo, anche con il ricorso alla liberalizzazione delle nuove forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva: si incrementano le politiche del controllo demografico, nonostante che siano ormai riconosciute come perniciose anche sul piano economico e sociale. Nello stesso tempo, nei Paesi più sviluppati cresce l’interesse per la ricerca biotecnologica più raffinata, per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo fino alla ricerca ossessiva del “figlio perfetto”, con la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione. Una nuova ondata di eugenetica discriminatoria trova consensi in nome del presunto benessere degli individui e, specie nel mondo economicamente progredito, si promuovono leggi per legalizzare l’eutanasia. […]» (Benedetto XVI, assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita, 24 febbraio 2007) .

Non fosse per la datazione, verrebbe da pensare che siano parole pronunciate in questi nostri giorni, tanto sono attuali.

Più avanti, nella medesima occasione, il pontefice ha modo di concludere: «[…] Quando è in gioco il valore della vita umana, questa armonia tra funzione magisteriale e impegno laicale diventa singolarmente importante: la vita è il primo dei beni ricevuti da Dio ed è fondamento di tutti gli altri; garantire il diritto alla vita a tutti e in maniera uguale per tutti è dovere dal cui assolvimento dipende il futuro dell’umanità».

Si sente spesso parlare di diritti, diritti umani.

Ma quale libertà può esistere, se non è prioritario il diritto alla vita, senza ch’essa sia imbrigliata in falsi schemi mentali, restrittivi, unicamente basati sulla salute e sulla perfezione fisica.

Un malinteso desiderio di bene ci porta, per lo più, attraverso il desiderio di potere e controllo, anche sugli altri, alla creazione di una società distopica, in cui la tanto sbandierata diversità, invece che essere valorizzata, è – al contrario – annientata nel modo più annichilente possibile.
Ognuno è perfetto, nella sua imperfezione.

E, attraverso la sua imperfezione, forse, ha l’arduo compito di spalancare gli angusti orizzonti di noi che ci illudiamo di essere “sani”.
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