insenatura che si insinuava nelle pieghe di pietra di un' aspra scogliera.
Là erano usciti dall'uovo i suoi due magnifici figli:
due piccoli pellicani robusti e perennemente affamati.
Il pellicano si tuffava con regolare frequenza sfidando onde e
scogli per catturare pesci e molluschi in modo da riempire i becchi sempre spalancati dei suoi piccoli.
Ma durante un inverno terribile il pellicano si trovò in difficoltà.
Venti e burrasche si alternavano senza pause.
Gli divenne impossibile alzarsi in volo.
Il forte vento lo sbatteva contro la scogliera e si ritrovò con un' ala rotta e inutilizzabile.
Si rannicchiò nel nido con i suoi piccoli.
I due piccoli pellicani urlavano a becchi spalancati. «Fame! Fame!».
Straziato dalla loro sofferenza, il pellicano fece ciò che si tramanda nella sua specie:
affondò il becco nella sua carne per offrirla ai suoi piccoli.
Così per qualche giorno sfamò i propri piccoli strappandosi pezzi di carne.
Riuscì a sopravvivere per qualche giorno al suo sacrificio.
Poi morì.
Uno dei piccoli disse all'altro:
«Meno male. Non ne potevo più di mangiare tutti i giorni la stessa cosa».
È il miracolo di ogni Messa:
«Prendete e mangiate, questo sono io»
E la gente dice: «Che barba! Sempre le solite cose...»