"(...) Accadde dunque che il santo monaco Randazio si trovasse vicino all'abitato di Subbio, quando scorgea una pulzella assai discinta che tergeva i panni in un torrente. Il monaco prontamente distolse lo sguardo, ma fu apostrofato da un giovane assai ben vestito che trovavasi a transitare per lo medesimo sentiero.
"O frate, perché fuggi tu la vista di sì dolce spettacolo? L'Iddio che creò te medesimo e la bellezza del creato non è forse lo stesso che ha disegnato le forme così soavi di quella fanciulla?"
Randazio si volse verso il giovinetto. "Ma che tu dici? Frate e omo io sono, e non mi è consentito indulgere in siffatte vedute, che solo il marito di quella donna possa godere".
Il passante ebbe un sorriso. "Tu erri, frate, perché il tuo Signore non avrebbe fatto siffatte bellezze se non avesse voluto che tu anco ne godessi, né avrebbe messo nel tuo cuore il desiderio di goderne se non fosse stato per te una cosa bona. O pensi che Egli metta in te qualcosa di male?"
Il monaco più non favellò e tirò innanzi; ma si avvide che era seguito da quel figuro che gli aveva parlato.
Poco più innanzi vi erano alberi di pomi a lato della strada, ben recintati in un frutteto; e dalle fronde rosseggiavano frutti maturi come mai si erano visti belli. Grande era la calura della giornata, e Randazio era digiuno; si trovò indi a guardare con insistenza verso quelle succulente sfere.
Al che gli si accostò il giovane benvestito che disse lui: "Frate, perché esiti? Non vedi che il cancello è aperto e nessuno si vede intorno? Certo non è peccato quietare la fame e il disiro giusto di cibo che Iddio stesso ti ha posto in core."
Ma Randazio replicò "Tu sai che quei pomi sono altrui; sarebbe rubare, anco se niuno lo sappia."
Rise il giovine di un riso sguaiato. "Quanti scrupoli, monaco! Iddio creò quei pomi per il tuo sollazzo, e tu esiti? Andranno sprecati se tu non te ne cibi, e sarà peccato imputato a tuo carico. Non pensi che se lassù ti avessero voluto affamato si sarebbero trattenuti dal mostrarti codesti alberi? La voglia naturale mai dovrebbe essere ignorata."
Ma il frate già procedeva avanti sul sentiero.
Giunsero alfine ad un prato fiorito, il cui dolce profumo riempiva l'aere, e sopra a cui augelli spandevano i loro richiami. Un venticello leggero rinfrescava, e l'ombra di certi alberi si spandeva sul'erba. Polverosa ed erta la strada andava, nella calura; e Randazio si sentì stanco e con i piedi doloranti.
"Un riposino, frate mio?" Disse lui il giovane, che persisteva nell'inseguirlo. "Veggio che hai le membra affaticate: perché non lasci che il giorno proceda e il sonno del giusto ti prenda su questo magnifico prato? Certo il Signore Iddio stesso ha voluto preparare un luogo sì ameno per te, quale ricompensa per le tue sofferenze. Perché non profittarne?"
"Perché, come forse sai, sono atteso altrove" disse il monaco "e non è riposo che vo cercando nel fare ciò".
"Ah, sbagli ancora!" Rispose il giovane. "Dovresti cedere a questi desideri che, se sono nel tuo core, sono certamente boni e degni. Come fai a dire che sono male? Meglio, dopo un buon sonno, avanti andrai, e chi ti aspetta aspetterà ancora: che devi a lui, che ti impedisce di pensare prima a te medesimo?"
Randazio si voltò verso il giovine. "Tu questo dici? Che dovrei cedere a fare ciò che il core mi detta?"
Questi allargò le braccia. "Ma certo! Su, più non esitare: fa quello che il tuo animo e la tua voglia ti dicono, senza riguardo per alcuno."
Al che il monaco raccolse da terra un robusto randello, e disse: "Il mio animo prova il desiderio irrefrenabile di percuoterti con codesto bastone fino a lasciarti a terra insanguinato; e perché non dovrei cedere al disiro, che sicuramente mi è stato messo in core da Iddio in persona?"
Ma il giovine si era dileguato, come fatto fosse stato di ombra e non di carne: perché altri non era che il demonio. Così Randazio riprese il cammino, fischiettando. Portandosi dietro, per prudenza, il randello."