Non tutte le vasche portano al podio: si chiama vita. Dice Federica che se a 28 anni deve rispondere a domande del tipo "ti ha ceduto la testa" dà un cazzotto a tutti e se ne va. Finché sei a Rio, Federica, fai bene a dirlo perché quando tra un attimo sarai nella vita vera — la vita — non lo potrai dire più. Se sul lavoro ti fanno una domanda fuori tono, tu non puoi dare un cazzotto a tutti e andartene, perché rimani senza lavoro. Finché sarai a Rio puoi andartene sbattendo la porta: quanto entrerai nella vita vera,
Federica, la porta non sbatterla mai perché potresti rimanere per strada chiusa fuori. Nella vita — non nella vita d'oro — funziona che la vita ha delle sconfitte, dei no, delle fermate, che vengono anche se si è fatto tutto e tutto bene. Il quarto posto ci sta anche se non ci sono colpevoli. Federica dice che non sa perché non ha vinto perché ha fatto tutta la preparazione che doveva fare, e io le credo. Io le credo perché di gente disoccupata che aveva i titoli per lavorare e aveva fatto la preparazione giusta, io ne conosco tanta. E conosco anche gente che ha un tumore senza aver fumato e avere sbagliato mai nulla. È la vita che è fatta così, Federica.
La vita, scoprirai Federica, è per i grandi, cioè per chi non cerca colpevoli ma riparte e si rituffa. La vita non è un gioco. Chi perde torna a casa per davvero. Non c'è una seconda partenza. Non si ripassa dal via. Non c'entra l'orgoglio personale: ora, Federica, sei simile a me e questo può solo farti bene.
Quando sei appesa alla corsia, ti togli la cuffia e ti immergi per mandare indietro i capelli che sono pieni di pensieri, quando sei così, sei come me quando perdo. Sei come me nella vita. Tu puoi insegnarmi molto sul nuoto. Io posso insegnarti molto sui quarti posti.
Mauro Leonardi