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LE MENZOGNE ABORTISTE E L'OBIEZIONE DI COSCIENZA. CASO RISOLTO

25/10/2016

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La conclusione cui è pervenuta la task force ministeriale inviata a Catania per far luce sulla morte di Valentina Milluzzo, la 32enne catanese deceduta il 16 ottobre dopo aver abortito spontaneamente due gemellini al quinto mese di una gravidanza ottenuta con la procreazione assistita, è del tutto inequivocabile: «Dalla documentazione esaminata e dalle numerose testimonianze raccolte dal personale non si evidenziano elementi correlabili all’argomento obiezione di coscienza». Naturalmente tutto ciò non placherà gli animi dei parenti della donna, i quali per primi avevano denunciato presunti ritardi nell’assistenza dovuti al rifiuto di uno dei medici del reparto di intervenire subito, prima della morte del primo figlio, perché obiettore di coscienza; ma questo, se ci si pone nell’ottica di chi perde una persona cara, è umanamente comprensibile.

Quel che invece risulta meno tollerabile è l’indegno processo mediatico che, dal 16 ottobre a ieri pomeriggio, si è celebrato non tanto e non solo nei confronti del medico obiettore in questione – e tanti saluti al garantismo -, ma contro l’obiezione di coscienza stessa. Per giorni e giorni, infatti, ci è toccato ascoltare le peggiori assurdità, dalla presentazione dell’Italia come un Paese in cui non si può abortire – ditelo ai 6 milioni di bambini (!) che grazie alla Legge 194 non sono mai nati – alla caccia all’obiettore, presentato come medico inadempiente, di serie B, mentre invece altri non è che il vero erede del non cristiano Ippocrate, che già millenni or sono avvertiva: «Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte».

State però tranquilli che neppure adesso che gli esperti ministeriali hanno accertato quanto già altri sostenevano – dal primario del reparto catanese, il professor Paolo Scollo, che è pure presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, a bioeticisti coraggiosi come il prof. Renzo Puccetti -, e cioè che l’obiezione di coscienza non uccide affatto, anzi, coloro che fino a ieri hanno partecipato al processo mediatico chiederanno scusa. Non è nelle loro abitudini. Soprattutto non lo è in quelle del fronte abortista che da sempre, davvero da sempre, basa le proprie argomentazioni su balle clamorose. Gli esempi che si potrebbero in tal senso fare sono moltissimi, per brevità mi limito a tre. Immagino sappiate qual è la principale ragione per cui in Italia e non solo l’aborto procurato è stato reso legale: per combattere la piaga della clandestinità.

Il fatto che molti ignorano, però, è che per plagiare l’opinione pubblica, negli anni Settanta, sugli aborti clandestini si diedero letteralmente i numeri: il Corriere della Sera del 10 Settembre 1976 li stimava essere da 1,5 a 3 milioni; in un numero dell’Espresso del 9 Aprile 1967, si parlava addirittura di 4 milioni! Mentre i quotidiani pubblicavano queste cifre assurde, uno studioso serio come il professor Bernardo Colombo, demografo dell’Università di Padova, in una ricerca elaborata con gli statistici Franco Bonarini e Fiorenzo Rossi, stimò che gli aborti clandestini, in Italia, fossero al massimo 100.000. Questo significa che le stime degli aborti clandestini che campeggiavano sulle prime pagine dei giornali dell’epoca erano ingigantite in modo esponenziale, talvolta persino del 4.000%! Mica male come menzogna no?

Ma questo – come si diceva poc’anzi – è solo un esempio tra molti. Un altro classico tormentone dell’abortismo è quello secondo cui l’opposizione all’aborto legale sarebbe fissa da medievali. Ora, non è ben chiaro su quale oscuro testo si fondi questa curiosissima tesi, ma è la storia contemporanea a metterci al corrente del fatto che le cose stanno diversamente, e cioè che sono in realtà coloro che credono giusto l’aborto legale ad avere predecessori impresentabili. I primi a rendere legale l’aborto sono infatti stati l’URSS di Lenin, nel 1920, e la Germania di Hitler, coi nazisti ascesi al potere da neanche sei mesi quando, nel 1933, stabilirono per legge l’impegno a prevenire «le nascite congenitamente difettose». Due precedenti che, converrete, non hanno esattamente il sapore del progresso.

Non aspettatevi però che i vari intellettualini ed opinionisti che in questi giorni hanno fatto sbraitato contro l’obiezione di coscienza vi raccontino queste cose. Ai fatti, loro, sono allergici. Ed è per questo – terzo esempio di bugia – che da anni ci tormentano con la manfrina degli obiettori sempre più numerosi che ostacolano il “diritto” di aborto senza spiegarci quello che le relazioni del Ministero sull’applicazione della Legge 194/’78 dicono al riguardo. Tipo che fin dai primi anni di attuazione della Legge 194, dunque non da oggi, il personale sanitario ha esercitato in percentuali elevate il diritto all’esercizio dell’obiezione di coscienza, e che comunque gli obiettori non possono essere un problema per nessuno primo perché la loro percentuale è calante: erano il 71,5% nel 2008, mentre nel 2013 erano il 70% (cfr. Relazione del Ministero della Salute 2015, p.42).

Che cosa implica tutto questo? Anzitutto che in Italia non esiste alcuna difficoltà ad abortire né si può parlare di casi di medici costretti dai colleghi obiettori a praticare solo aborti dato che al personale non obiettore, a conti fatti, tocca in media 1,4 aborti a settimana: non uno sforzo pazzesco e che tale diventa solo in mancanza di adeguata organizzazione interna a strutture e ospedali. In secondo luogo, come si diceva poc’anzi, che l’abortismo non si regge occasionalmente sulla menzogna ma è esso stesso menzogna per le innumerevoli verità che nasconde con le parole; a partire da quella dell’embrione, del feto o del grumo di cellule che dir si voglia, vale a dire la verità del figlio, di un essere umano unico ed irripetibile, che non la scienza ma solo l’ideologia può portarci a non considerare persona. Anche se già vive, già sogna e forse – come ha scritto una volta Marcello Veneziani – già ci giudica.

Giuliano Guzzo
Dal sito Alla quercia di Mamre
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OBIEZIONE DI COSCIENZA NEL MIRINO PER COPRIRE LA FIV?

24/10/2016

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Si specula sui morti per attaccare il diritto all’obiezione di coscienza. È quanto sta accadendo in merito al tragico decesso di Valentina Milluzzo, 32 anni, e dei due gemellini che portava in grembo.
I mass media hanno subito strombazzato ai quattro venti che la donna è morta perché, all’ospedale Cannizzaro di Catania, il medico che l’aveva in cura si è rifiutato di aiutarla in quanto obiettore di coscienza.


Ripercorriamo brevemente i fatti, così come riportati sulla stampa. Valentina Milluzzo è alla diciannovesima settimana di gravidanza di due gemelli avuti attraverso fecondazione artificiale. Il 29 settembre viene ricoverata per una “sospetta dilatazione dell’utero”. La mattina del 15 ottobre le sale la febbre e lamenta vomito ed intensi dolori. Gli accertamenti medici rilevano uno stato di sofferenza fetale di uno dei gemelli. Il medico, però, si sarebbe rifiutato d’intervenire in quanto obiettore di coscienza e, nelle ore successive, i due bambini vengono partoriti morti.

La magistratura farà le sue indagini e trarrà le sue conclusioni. Allo stato attuale, però, i dati sembrano dire altro. Secondo il primario del reparto, il professor Paolo Scollo, presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, si sarebbe trattato  di un aborto spontaneo settico, ovvero dovuto a infezione. L’obiezione di coscienza, quindi, non c’entra nulla. Inoltre, a quanto pare – come scrive l’Ansa – non risulta proprio che il medico incriminato si sia dichiarato obiettore come scusa per non intervenire. La ricostruzione dei familiari di Valentina, pertanto, al momento non trova alcun riscontro. «Non c’è stata alcuna obiezione di coscienza da parte del medico che è intervenuto nel caso in questione, perché non c’era un’interruzione volontaria di gravidanza», ha affermato il direttore generale dell’ospedale Cannizzaro, Angelo Pellicanò.

Come ha scritto Renzo Puccetti, «non è affatto scontato che in questi casi anticipare il parto o effettuare l’aborto sia di qualche beneficio». «Il bambino – infatti – non è la causa dell’infezione, ma subisce l’infezione che affligge anche la madre». «Indurre il parto in questi casi  – prosegue – non è di alcun beneficio per la madre, anzi, sottoporla ad uno stress in condizioni di sepsi si può tradurre in un aggravamento delle condizioni della donna. L’unica eccezione è quando il focolaio infettivo è situato all’interno della cavità dell’utero (es. corionamniosite). In questi casi l’espletamento del parto è terapeutico per la donna, ma anche per il bambino se questi ha capacità di vita autonoma. In caso contrario lo svuotamento della cavità uterina non costituisce comunque un aborto diretto, ma ricadrebbe nella fattispecie dell’aborto indiretto. In questo caso infatti il medico non procura l’aborto direttamente, ma elimina il focolaio di partenza del male e la morte del bambino è un effetto previsto, ma non voluto. D’altra parte la gemellarità costituisce un fattore di rischio». Specie, aggiungiamo noi, se frutto di una fecondazione artificiale.
​
Non sarà che si criminalizza il diritto all’obiezione di coscienza (lo vogliono eliminare a tutti i costi) per nascondere tutte le problematicità connesse con la fecondazione in vitro? Forse non si vuole danneggiare il grande business della provetta e l’ideologia che vi è sottesa?

Dal sito Provita & Famiglia
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DA SEMPLICE SACERDOTE A CARDINALE: LA STORIA DI DON ERNEST, VIVO PER MIRACOLO IN UNO STATO DOVE HANNO PROVATO A UCCIDERE DIO

9/10/2016

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Sono saltato sulla sedia appena ho sentito quel nome: don Ernest Simoni. Papa Francesco lo ha creato cardinale. Lui un semplice prete di 88 anni, albanese, per molti aspetti timido ed estroverso diventa ora un “principe della Chiesa”. Lo confesso: mi sono commosso. Conosco la sua storia di dolore e di sangue. E ringrazio Papa Francesco per questa sua scelta illuminata ma soprattutto riparatrice nei confronti di quelle migliaia di sacerdoti, religiosi, religiose, vescovi e semplici laici che sono stati orribilmente massacrati dal regime comunista di Henver Hoxha.

Io sono stato in Albania e ho visto e sentito quello che lì è successo. Non 70 anni fa, ma pochi decenni fa. Qui hanno provato a uccidere Dio. Lo hanno ucciso anche con la Legge. Questo è stato il primo paese ateo per costituzione. E per quaranta anni i comunisti hanno creduto pure di esserci riusciti. Ma Dio non era morto. Era più vivo che mai. Proprio in Albania, Dio è resuscitato.

E’ risuscitato in sacerdoti come don Ernest e in migliaia di altri martiri che Papa Francesco ha deciso di beatificare perché uccisi in “odium fidei”.

E’ risuscitato in donne come Maria Tuci, una ragazza che voleva diventare suora. Per questo – dopo essere stata percossa – è stata messa in un sacco nuda, insieme a una gatta feroce.

In Albania mi dicevano: “Henver Hoxha voleva creare in Albania un comunismo purissimo, più puro di quello russo e di quello cinese”. Per questo la religione è stata cancellata. Era un ostacolo a questo processo di purificazione.

Nel mio  reportage dalla periferia d’Europa, da Scutari – una piccola Auschwitz a 90 chilometri da Tirana – (questo il link per vedere la puntata andata in onda su Tv2000 per Indagini ai Confini del Sacro https://youtu.be/JlWq3sCy-oo) accompagnato dall’arcivescovo Mons. Angelo Massafra ho visto le galere albanesi. Qui per 50 anni preti, suore e religiosi sono stati imprigionati a causa della loro fede. In celle come queste don Ernest ha subito torture e vessazioni. In celle come queste – la cura ora di queste galere della polizia segreta albanese è stata affidata a delle suore albanesi – ho visto i graffi sui muri di sacerdoti e religiosi che hanno inciso con le proprie unghie: “Signore aiutaci, viva Cristo Re”.

Si racconta (ma forse è più di un racconto) che Madre Teresa di Calcutta (albanese di nascita) era così invisa dal regime che non ha potuto più mettere piede in Albania. Neanche quando le è morta sua mamma e sua sorella. Ma nel 1989 viene invitata e va ad accoglierla all’aeroporto nientemeno che la vedova di Enver Hoxha, che appena arriva la porta dritto alla tomba del dittatore. La televisione riportò l’avvenimento come un grande successo del regime. Quella visita fu un colpo durissimo per i fedeli, la gente era atterrita: possibile che Madre Teresa si fosse fatta strumentalizzare per portare lustro alla memoria del dittatore defunto?   Il vero motivo si seppe qualche anno dopo. Sembra che la visita era stata sollecitata da Nexhmije Hoxha perché si vergognava delle grida e del tremore che si sentivano provenire dalla tomba del tiranno. Aveva dunque incaricato Ylli Popa, uno dei più fedeli uomini del regime, e traduttore di Hoxha, di portare una lettera a Madre Teresa, in cui le chiedeva di venire a pregare sulla tomba del marito per ottenere pace, che non si sentissero più le grida e non tremasse più la terra. Quel giorno dunque Madre Teresa si soffermò a lungo a pregare sulla tomba di Hoxha e i rumori terrificanti intorno alla tomba di Hoxha cessarono.

David Murgia
Dal blog Il segno di Giona
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