NAZARETH FdD il Blog
ECCLESIA FIRMAMENTUM VERITATIS
  • HOME
  • FOCUS ON
    • MONDO OGGI
    • CHIESA OGGI
    • ACTUAL
  • CHIESA CATTOLICA
    • FONDAMENTALI >
      • I 10 COMANDAMENTI
      • I 5 PRECETTI GENERALI DELLA CHIESA
      • 54 MODI DI ESSERE MISERICORDIOSI DURANTE IL GIUBILEO
      • 12 MODI PER ESSERE CATTOLICI MIGLIORI
      • GALATEO IN CHIESA
      • REGOLE PER I LETTORI
      • ATTENTI A MESSA
      • CIRCOSTANZE IN CUI BISOGNA EVITARE DI COMUNICARSI
      • DECALOGO DEL CHIRICHETTO
      • 17 SCUSE - SMONTATE - PER NON ANDARE A MESSA
    • RIFLESSIoni DI LUCE >
      • RIMERITIAMOCI SOPRA >
        • ANNO B 2014-2015
        • ANNO C 2015-2016
        • ANNO A 2016-2017
        • ANNO B 2017 - 2018
        • ANNO C 2018 - 2019
      • SANTE PAROLE
      • RIFLESSIONI
      • VITA E DETTI DEI PADRI DEL DESERTO
    • UN SACERDOTE RISPONDE
    • ESAME DI COSCIENZA
    • LITURGIA
    • LECTIO BREVIS
    • PREGHIERE
  • PARABOLE MODERNE
  • MEDIA
  • PETIZIONI
  • LINKS

IN NOME DI QUALE PROGRESSO HAI TOLTO QUEL BAMBINO A SUA MADRE?

29/2/2016

0 Commenti

 
Immagine
Nichi Vendola, in nome di quale progresso hai tolto quel bambino da sua madre?

«La guida di un movimento che, se ricordo bene, si autoproclama comunista cede alla pratica ultraclassista dell’adozione di un bambino mediante la mercificazione integrale della donna resa possibile dall’utero in affitto». Queste le parole del giovane filosofo marxista Diego Fusaro a commento della notizia che il leader di Sinistra Ecologia e Libertà (SEL), Nichi Vendola, assieme al compagno gay, avrebbe acquistato un bambino in California, chiamato Tobia Antonio.

«Non può essere vero», scrive Fusaro, «sarebbe la dissoluzione immediata e irreversibile di Vendola e del suo partito; sarebbe la prova che si tratta di un partito al servizio del capitale e della mercificazione, dello sfruttamento dei corpi e dell’umiliazione permanente delle donne. No, Vendola non può legittimare quest’orrore. È sicuramente una montatura, un vile attacco ai danni suoi e del suo partito: che presto smentirà, immagino. Vendola, del resto, è uomo colto e sicuramente si ricorda di questo passaggio storico: “si lacerano per il proletario tutti i vincoli familiari, e i figli sono trasformati in semplici articoli di commercio e strumenti di lavoro”. Questa citazione non è tratta da un’Enciclica o da qualche manifesto cattolico in difesa della famiglia tradizionale. È, invece, desunta dal “Manifesto del partito comunista” del 1848 di Carlo Marx e Federico Engels. Due comunisti, di quelli veri». Lo stesso pensa anche Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista.

Purtroppo, pare proprio sia vero. Notizia che ha sconvolto perfino i feticisti di Twitter che, mentre ieri difendevano il senatore gay Sergio Lo Giudice, anche lui dichiarato ed orgoglioso acquirente di bambini, oggi massacrano di insulti e ironia l’ex governatore pugliese. Critiche arrivate anche da molti esponenti omosessuali, coscienti che si tratta di un fatto controproducente per le loro istanze. Alcuni, tuttavia, hanno preso le difese di Vendola, sostenendo che in California è una pratica legale e la madre è una “donna generosa” e non viene sfruttata. Come se regalare i bambini, mercificandoli come fossero pacchi natalizi, fosse una cosa meno orribile e meno violatrice della dignità umana. C’è chi intima di “non giudicare” (gli stessi che ti giudicano se sei contro le nozze gay) e chi fa notare che sarebbero più le coppie eterosessuali a compiere queste pratiche, leggenda confutata proprio pochi giorni fa.

Molti ci hanno segnalato anche le terribili parole pronunciate da Vendola nel 1985 in un’intervista per Repubblica (riprese anche in un libro): «Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti – tema ancora più scabroso – e trattarne con chi la sessualità l’ ha vista sempre in funzione della famiglia e dalla procreazione». Nel 2010 l’ex governatore della Puglia ha condannato la pedofilia ma sembra aver mai smentito o ritrattato quelle precise parole.

Nichi Vendola ha risposto parlando di “bellissima storia d’amore”. L’amore viene sempre tirato in ballo per coprire e giustificare le nefandezze umane. Ma quale amore? Un bambino reso appositamente orfano di madre, che un ricco omosessuale occidentale ha acquistato -o si è fatto regalare, è lo stesso- da una donna che per nove mesi lo ha cullato, creando con lui un legame inscindibile, illudendolo di essere la persona che lo avrebbe poi abbracciato e amato fin dalla nascita. Ed invece, Tobia Antonio è l’esperimento del progresso in cui crede l’Occidente, simbolo della mostruosità e disumanità dei nuovi diritti.

E’ stato profetico lo psichiatra Paolo Crepet, quando proprio pochi mesi fa parlò di chi torna dalla California con un bambino figlio dell’utero in affitto: «Se due gay che stanno insieme e decidono di andare in Usa o in Canada, ovvero dove si può andare, e si affitta un utero – perché è di questo che si tratta – e si torna in Italia dopo nove mesi con un bambino, io lo trovo nazista. C’è un’enorme quantità di studi sulla relazione emotiva che c’è tra il feto e la mamma durante i nove mesi di gravidanza. Non è un oggetto che hai nella pancia; è un essere umano vivente che ha delle relazioni con te. Parlo di nazismo perché se due signori gay andassero in California o in Canada ad affittare un utero, non cercherebbero una signora grassa, ma troverebbero qualcosa che si addice alla loro razza. Questo si chiama “eugenetica”, una prassi molto amata dai nazisti».

da UCCR

0 Commenti

CIRINNA' DISASTROSA E NON SOLTANTO PER LE UNIONI GAY

27/2/2016

0 Commenti

 
di Michele Paolini Paoletti 

Nei giorni infuocati della discussione in Senato del ddl Cirinnà, ci siamo abituati a riflettere sulle parti del disegno di legge riguardanti le unioni tra persone dello stesso sesso. L’intera discussione è incentrata sui diritti delle coppie omosessuali e sull’eventuale possibilità di adottare – da parte di uno dei due partner – il figlio naturale dell’altro partner (la cosiddetta stepchild adoption). 

Il ddl Cirinnà, tuttavia, muove da assunzioni che vanno ben oltre i diritti dellecoppie omosessuali. E le conseguenze dell’approvazione del maxiemendamento che lo ha sostituito saranno ben più rilevanti del riconoscimento giuridico di queste ultime. Cito dall’introduzione del ddl: «unione civile definisce il rapporto tra due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, che vogliano organizzare la loro vita in comune» e «la disciplina proposta, con uno statuto normativo flessibile e “leggero”, intende fornire ai cittadini che scelgano forme non tradizionali di convivenza la necessaria tutela delle relative situazioni giuridiche soggettive, evitando così ogni forma di discriminazione ai loro danni». Secondo il ddl, infatti, «è necessario dare un riconoscimento giuridico a una realtà così rilevante socialmente da non poter più essere ignorata dalla legge».

L’argomento di fondo è il seguente: visto che le unioni non-tradizionali sono ormai una realtà socialmente rilevante e visto che i loro membri sarebbero discriminati se tali unioni non fossero regolamentate giuridicamente, si rende necessario introdurre una nuova figura giuridica (quella dell’unione civile) e regolamentare appunto i diritti e i doveri dei suoi membri. Al centro del ddl, dunque, non vi sono né esclusivamente, né primariamente le coppie omosessuali. E la questione culturale che si solleva è di non poco conto. Stando al disegno di legge, lo Stato è chiamato a consentire ed assecondare una tendenza già presente nella nostra società: quella alla “liquidità” nei rapporti di coppia. L’unione civile – anche tra coppie eterosessuali – dovrebbe godere di numerosi diritti assimilabili a quelli del matrimonio (civile o religioso). Tuttavia, a differenza del matrimonio, essa potrebbe essere instaurata e, soprattutto, sciolta con maggiore facilità, fermi restando certi doveri “residui” (ad esempio, nei confronti dei figli). Il maxiemendamento che ha sostituito il ddl segue la medesima tendenza e, anzi, riesce persino ad accentuarla, eliminando l’obbligo di fedeltà, allentando gli obblighi di sostentamento e accelerando le pratiche di separazione. 

Qui non si tratta soltanto di garantire i diritti di certe coppie (quelle omosessuali) che non possono contrarre il matrimonio – almeno secondo gli attuali ordinamenti. Lo Stato propone che anche le coppie che possono contrarre il matrimonio (quelle eterosessuali) abbiano la facoltà di accedere ad un “surrogato” del matrimonio stesso, cioè l’unione civile. Tale “surrogato” prevede molti diritti, ma è appunto più “liquido”. Esso consente che due persone possano “organizzare la loro vita in comune” in una forma più elastica di quella matrimoniale e, per sua natura, potenzialmente più instabile. C’è da chiedersi perché si sia tentata questa mossa. Che interesse ha lo Stato nel sostenere un istituto alternativo e concorrenziale rispetto a quello matrimoniale? Le unioni di fatto eterosessuali sono appunto unioni di fatto, non di diritto. Le persone possono impegnarsi in tali unioni per molteplici motivi: per “sperimentare” la vita insieme; perché non credono in un impegno “vita natural durante” come quello richiesto dal matrimonio cattolico; perché non sono interessati al matrimonio stesso; e per mille altre ragioni. 

Nondimeno, quando si parla di diritti della “coppia” e dei membri della coppia, di comunione o separazione dei beni, un istituto già esiste: quello del matrimonio (sia pure del solo matrimonio civile). Che bisogno abbiamo di un nuovo istituto – almeno per le coppie eterosessuali? Certamente possono insorgere situazioni nelle quali i due conviventi non sposati debbano vedersi riconosciute alcune prerogative. Ad esempio, nell’assistenza al partner in ospedale, in un atto di successione, o semplicemente nella delega a ritirare un documento. Queste prerogative sono già in larghissima misura riconosciute nel nostro ordinamento senza introdurre nuove forme di convivenza alternative al matrimonio. Ma il problema evidentemente non è questo. Il problema – e l’assunto di fondo di tutto il discorso – è che, secondo molti politici ed intellettuali, la nostra società sta appunto divenendo sempre più “liquida”, che deve essere così e che sarà sempre più così. 

Nel contesto di tale “liquidità”, bisogna trovare il modo di garantire comunque certi diritti. Ma una cosa “liquida” non ha appunto forma: essa assume solo la forma dei propri contenitori. La forma delle unioni di fatto è transeunte e sarà ben presto rimpiazzata da qualcos’altro – purché si tutelino i diritti individuali e un sempre maggior numero di essi. Nuove saranno le possibilità sperimentate nella nostra società, nuovi saranno i diritti e nuove saranno le richieste, poiché ogni sperimentazione di fatto assurgerà legittimamente a soggetto di diritto. Nessuno vuole qui negare la “liquidità” di fatto della nostra società. Ciò che si intende negare è la sua legittimità di diritto. In primo luogo, è legittimo pensare che siano le volontà degli uomini a determinare la suddetta “liquidità”. È curioso che molti progressisti, sempre attenti a difendere qualsiasi libertà individuale, siano poi pronti a parlare di una marcia inesorabile della storia umana in certe direzioni, ignorando o sottacendo il contributo della stessa libertà individuale nell’assecondare o nel respingere tali tendenze. 

La nostra società sta diventando sempre più “liquida”: e dunque? Dovrebbe forse essere così? Dovrà forse essere così per sempre? Chi pensa di avere in tasca una risposta positiva a queste domande somiglia più ad un indovino o ad un superstizioso che ad un intellettuale degno di questo nome. I processi storici hanno un inizio e, presumibilmente, un termine – nonché dei responsabili. In secondo luogo, dinnanzi a tali processi storici, conviene chiedersi: quale deve essere il ruolo dello Stato? Secondo alcuni, lo Stato dovrebbe semplicemente garantire e promuovere i diritti di volta in volta richiesti dagli individui, evitando conflitti tra individui e/o tra diritti. A detta di altri, invece (i cosiddetti “conservatori”), lo Stato deve tener bene a mente tre fatti: (1) che la società è fondata su fatti naturali di rilievo politico e su un patto tra chi vive ora, tra chi è vissuto in passato e chi vivrà in futuro; (2) che questo patto dà origine, nel corso dei secoli, ad una costruzione per sua natura fragile (la società stessa); (3) che lo Stato dovrebbe ben guardarsi dall’alterare le fondamenta di questa costruzione e, in ogni caso, dal farlo repentinamente – pena il suo crollo.

Accettare una forma più “liquida” di convivenza – in concorrenza con il matrimonio – significa, da parte dello Stato, minare l’esistenza stessa della società. Significa assecondare una tendenza storica dissolutrice verso l’atomizzazione, cioè verso l’affermazione esclusiva di interessi e desideri individuali al di là di ogni relazione interpersonale che sia foriera di un obbligo duraturo. Se un rapporto può essere cancellato con un semplice tratto di penna su un registro o con una semplice visita dal notaio per il semplice fatto che «si desidera così», se non c’è più alcun tempo per la riflessione (magari un tempo di separazione?), se ogni cosa che tiene assieme oggettivamente due persone al di là dei loro sentimenti può essere altresì fatta e disfatta in brevissimo tempo (al di là dei figli, che rimangono), quale obbligo duraturo si può stabilire tra due persone che consenta la sopravvivenza della società stessa? 

Certamente vi sono matrimoni fallimentari, certamente vi sono situazioni nelle quali si deve scappare, e subito. Ma la maggior parte dei matrimoni si costituisce entro una zona grigia nella quale gli sposi, tra mille alti e bassi, si incontrano e scontrano nelle loro aspirazioni, con i loro vizi e le loro virtù. E i figli, all’interno di quei matrimoni, generalmente vogliono che i loro genitori stiano assieme, che il padre e la madre lottino contro le loro reazioni e i loro istinti immediati, che non cedano all’entropia del «le mie esigenze sono cambiate». Se lo Stato assecondasse l’idea che uno la mattina può svegliarsi e, “sentendo” un nuovo desiderio, può porre fine in un attimo alla propria “unione di fatto”, che coinvolgersi in un’unione di fatto è più semplice e meno obbligante che sposarsi (perché dà origine a moltissimi diritti con minori “intralci”), la società stessa sarebbe scossa alle proprie fondamenta. Le “cose durature”, quelle che richiedono fatica, sacrificio e dedizione, quelle “cose durature” che consentono la sopravvivenza della società, diverrebbero sempre più rare. In particolare, la fiducia verso gli altri sarebbe devastata dalla paura di perdere, per il capriccio di un istante, le persone di cui dovremmo fidarci.

Non bisogna nascondersi dietro un dito: lo Stato, con le proprie leggi ed i propri ordinamenti, può favorire o meno certi comportamenti. Di più: compiendo determinate scelte piuttosto che altre, lo Stato persegue certi fini, assecondando o meno certe forze storiche. Si può accettare la “liquidità” e l’atomizzazione che caratterizzano il nostro tempo. O ci si può ergere sulla breccia – e attendere magari che la tempesta passi.
0 Commenti

STRALCIARE LA STEPCHILD ADOPTION NON BASTA

24/2/2016

0 Commenti

 
Unioni civili. Gandolfini: «Stralciare la stepchild non basta. Tutte le ingiustizie nascoste nel ddl Cirinnà» 
La trascrizione della conferenza stampa in Senato in cui il portavoce del Comitato Difendiamo i nostri figli ha dettagliato le ragioni dell’opposizione al testo


Pubblichiamo di seguito una nostra trascrizione dell’intervento di Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, durante l’affollata conferenza stampa svoltasi martedì 23 febbraio presso la sala Nassirya del Senato per ribadire le posizioni del Comitato sul ddl Cirinnà e sui tentativi del governo di modificare il testo con eventuali stralci ad alcuni articoli.

Buonasera a tutti e grazie di essere presenti. Contiamo molto sulla vostra collaborazione, perché come avrete già notato, noi di voce pubblica ne abbiamo poca mentre il servizio pubblico della Rai non perde occasione per fare spot alle famiglie arcobaleno. Ne faccio una questione quasi personale, cito testualmente una frase sentita su Rai 3 che ha definito la gente presente al Family Day del 30 gennaio «un gruppo di puttanieri e di preti che si trovano per insegnare agli altri come si fa la famiglia». Lo trovo quanto meno maleducato e irrispettoso anche perché non sono arrivate scuse di nessun tipo e troviamo che questo sia l’antitesi della democrazia.


Vi abbiamo chiamato e vi ringraziamo per essere qui presenti con il Comitato “Difendiamo i nostri figli” che ha reso possibile la piazza del 20 giugno e quella del 30 gennaio. Una piazza fatta di gente comune, che si è autofinanziata, che è venuta facendo anche enormi sacrifici ma anche con una enorme passione e un grande sentimento di partecipazione e di voler essere una cittadinanza attiva su un disegno di legge così terribilmente deostruente l’antropologia della famiglia come noi italiani la conosciamo da secoli. La partecipazione della gente è altissima, vi possiamo dare testimonianza di un desiderio di far sentire la propria voce e noi siamo qui come portavoce di queste persone. Se in piazza c’erano uno o due milioni di persone – non stiamo qui a fare una guerra di numeri – è altrettanto vero che a casa c’erano altri milioni di persone che non erano potute venire in piazza. Penso di poter dire che noi rappresentiamo una grandissima quantità di cittadini italiani.

LE DUE RAGIONI DEL NO
Entrando nel merito del disegno di legge, ci chiedono quale sia la nostra posizione e cercheremo di essere molto chiari. La nostra posizione non è cambiata, da sempre noi siamo contrari a una legge che istituzionalizzi il rapporto di convivenza tra due persone di pari sesso che sono legate da ragioni di natura sentimentale e affettiva. Per noi una legge sulle unioni civili in Italia è inutile e ingiusta se si vanno ad analizzare i singoli articoli, soprattutto il numero 5. Perché è una legge inutile? Perché tutti i diritti civili che garantiscono la libertà della persona e che uno può giocarsi in un rapporto affettivo e quindi di mutuo soccorso anche con una persona dello stesso sesso, già esistono. Basta andare ad aprire il codice civile e si potrà vedere che tutti questi diritti sono già presenti. Il mainstream mediatico fa passare come inesistenti diritti che invece sono tutti largamente codificati, dalla visita in ospedale o in carcere alla questione patrimoniale, fino alla successione del contratto di locazione, addirittura anche la legge che riguarda i trapianti, che prevede che l’espianto degli organi sia legato all’assenso o dissenso del convivente senza specificare se questo sia un uomo o una donna. Anche questo diritto è previsto nel codice civile. E anche la domanda di grazia.
La nostra posizione è assolutamente contraria a una legge sulle unioni civili. Non vogliamo che sia istituzionalizzato un comportamento affettivo e sentimentale di carattere personale, e che questo possa diventare un modello pubblico nel quale il popolo italiano si riconosce. Perché? Lo ripeto, per due ragioni: primo, perché i diritti legati alla persona già ci sono e non c’è bisogno di coniugarli in altro modo; secondo, perché a noi, popolo del Family Day, sta molto a cuore anche la valenza antropologica e culturale di ogni singola legge. Nel momento in cui si dovesse istituire l’idea che esistono modelli diversi di famiglia, per cui la famiglia non è più quella società naturale fondata sul matrimonio di cui parla l’articolo 29 della Costituzione, ma ci possono essere famiglie di tipo omogenitoriale o addirittura famiglie composte da più soggetti – perché se l’elemento che unisce è quello dell’affetto e del sentimento, non si capisce perché questo debba essere limitato a due persone –, questo costituirebbe un modello educativo deostruente per le nuove generazioni. E siccome noi difendiamo i nostri figli, figli e nipoti, non vorremo mai che nello Stato italiano possa passare una deriva antropologica di questo genere.

NON FANALINO DI CODA MA FARO DI CIVILTÀ
Ogni tanto qualcuno ci fa notare che “l’Europa fa così”, “il mondo fa così”, “voi siete rimasti al medioevo”… Noi rivendichiamo con orgoglio che l’Italia non è il fanalino di coda ma un faro di civiltà. La storia ci ha sempre consegnato l’Italia come un faro di civiltà e lo può essere anche oggi, perché nel momento in cui un popolo si riconosce nell’idea che ci sono un padre e una madre e che questi proprio strutturalmente sono una società naturale perché a loro è destinato e adibito il mantenimento della specie con la procreazione, questo lo troviamo una istanza di un tale livello civile che dovremmo essere assolutamente orgogliosi di poter essere non il fanalino di coda ma il faro di civiltà all’interno dell’Europa. È inutile che vi citi numeri, voi sapete benissimo che non è assolutamente vero che tutti gli stati dell’Unione Europea hanno i matrimoni gay. E sapete altrettanto bene che all’interno dell’Onu, dove sono rappresentate circa duecento nazioni, quelle che hanno i matrimoni omosessuali sono una ventina. Per cui non è assolutamente detto che la nuova cultura porta verso le unioni civili omosessuali.

0 Commenti

RENZI CI RICORDEREMO

22/2/2016

0 Commenti

 
di R. Puccetti

Ho appena terminato di leggere le dichiarazioni di Renzi all'assemblea del Partito Democratico dove il segretario ha annunciato di essere disposto a porre la fiducia sulla legge Cirinnà e dico in tutta franchezza che sono contento. Rassicuro i lettori che non sono né impazzito, né sono colpito da un attacco di masochismo, né ho cambiato sponda (ideale). 

No, la mia soddisfazione nasce dal fatto che finalmente le cose sono chiare a tutti. Vedremo nei fatti se Alfano preferisce altri 24 mesi al massimo di sopravvivenza, ma come un dead man walking in attesa dell'esecuzione che avverrà alle prossime elezioni, potendo solo sperare che il governatore dello Stato Renzi sospenda l'esecuzione offrendogli la grazia con un seggio da aspirante Follini; o se invece sceglie di essere ancora un attore credibile nello scacchiere politico dimostrando che non tutto è negoziabile. Vedremo quanta rappresentatività goda nella truppa parlamentare pentastellata quel 43% di voti cattolici dato ai grillini stimato da Mannheimer. 

Sono anche contento perché una volta di più abbiamo la prova che le cenette, i sorrisini, le galanterie, le manovre nell'ombra per silenziare chi non vuole soggiacere alla prepotenza dei potentati del pensiero unico, gli inviti al compromesso e ad abbassare i toni provenienti da tremuli, femminei ed inverecondi ecclesiasti, pronti a ripetere consenzienti il diktat dell'odierno conte zio e terrorizzati dal ricatto economico, "sopire, troncare ... troncare, sopire", non solo è una nuova forma di simonia dove il bene spirituale viene ceduto in cambio di favori economici, ma è anche un'idiozia politica. 

E c'è infine un ultimo motivo che mi fa trarre soddisfazione dagli accadimenti di oggi. Si era nascosto dietro la Boschi, che si era nascosta dietro Lo Giudice che a sua volta aveva mandato avanti la faccia della Cirinnà; ma finalmente il lupo di Firenze ha dovuto mostrarsi come il vero motore del matrimonio gay. Non che il popolo del Circo Massimo non lo avesse capito, ma oggi che le cose stiano così è innegabile. L'uomo cresciuto nello scoutismo cattolico è il vero e primo promotore della trasformazione riduttiva del matrimonio da istituzione volta alla generazione e protezione dei figli ad istituto sentimentale dove i bambini sono l'appendice strumentale per l'appagamento degli adulti e le donne dei meri forni a gettone.

#Renziciricorderemo deve diventare ad una sola voce la nostra risposta all'ululato di sfida che da Palazzo Chigi oggi ci viene lanciato. Oggi Renzi ha reso evidente che è contro il popolo della famiglia, contro il popolo del Circo Massimo, contro i milioni di familiari ed amici che li hanno sostenuti, contro le migliaia di suore, frati e sacerdoti che hanno pregato il Cielo per noi, contro i bambini che hanno il diritto a crescere vedendo l'amore del padre per la propria madre, contro gli educatori che non intendono piegarsi alla dittatura arcobaleno che tutto omologa e tutto rende indifferente. Possiamo essere certi che troveremo Renzi e le lobby che l'hanno messo sul piedistallo ferocemente determinati ad annichilirci, ma oggi possiamo trovare conforto dalle parole del cardinale Bagnasco che ci ha esortato a tornare a "portare la croce sul nostro corpo". E dunque, ci lasceremo spaventare dall'inquilino di Palazzo Chigi e dal suo "cerchio magico" radical chic?
0 Commenti

L'IMPRONTA DI DIO

15/2/2016

0 Commenti

 
Ha fatto scalpore la notizia della rilevazione delle onde gravitazionali. È stata giustamente enfatizzata da tutti i media del mondo come una svolta epocale.

Tutti hanno ripetuto che tale rilevazione ci fornisce finalmente la conferma sperimentale di quanto Albert Einstein aveva ipotizzato cento anni fa nella sua teoria della relatività generale.

Ora si aprono orizzonti inediti per la scienza, ma solo gli addetti ai lavori possono intuire alcuni scenari futuri della ricerca: il grande pubblico e i media non sono in grado di capire tutta la portata scientifica di questo avvenimento.

Invece il «caso Einstein» può e deve essere compreso in tutte le sue implicazioni e non si può ridurre alla sola narrazione banale e celebrativa della genialità di questo straordinario scienziato.

È stato lui stesso, infatti, ad accompagnare le sue teorie - che hanno rivoluzionato la scienza - con considerazioni che riguardano tutti noi come esseri umani nel mistero dell' universo e finalmente la nostra mente alla ricerca di Dio. Lo si può affermare - come vedremo - proprio sulla base di quanto Einstein stesso ha scritto.

Anzitutto va detto che Einstein era essenzialmente un fisico teorico. Mentre il fisico sperimentale costruisce (appunto) esperimenti con sofisticate tecnologie, per appurare dei fenomeni, il fisico teorico, partendo da ipotesi, arriva, attraverso delle equazioni matematiche, ad enunciare delle leggi fisiche non ancora verificate sperimentalmente.

Per questo i famosi studi sulla relatività di Einstein hanno previsto una serie di fenomeni e realtà fisiche la cui effettiva esistenza è stata constatata solo negli anni successivi.

L' ultima clamorosa conferma è appunto di questi giorni. Ma molte altre cose intuite per via teorica da Einstein erano già state dimostrate effettivamente esistenti nella realtà. E questo ha rivoluzionato la fisica, ma anche la nostra stessa vita quotidiana.

Tuttavia c' è un aspetto che sfugge in tutta questa vicenda. I media in questi giorni non gli danno alcuna attenzione, considerandolo scontato, ma era invece ritenuto da Einstein assolutamente sorprendente: il fatto cioè che la mente umana, tramite equazioni matematiche, sia in grado di ipotizzare l' esistenza di fenomeni fisici mai visti e il fatto che la realtà fisica dell' universo mostri di essere stata «costruita» proprio così, con perfetta (e altissima) razionalità matematica.

La matematica è una costruzione della mente umana. Com' è possibile che un' equazione astratta costruita dalla nostra intelligenza si ritrovi poi esattamente riprodotta nelle leggi fisiche vigenti nelle più remote regioni dell' universo?

Il cosmo non è stato prodotto da nessun essere umano e tuttavia è governato proprio da quella stessa ferrea razionalità matematica che la nostra mente elabora in astratto.

Tutto questo è un autentico «miracolo»: è il più colossale e clamoroso miracolo che si trovi costantemente sotto i nostri occhi e a cui non facciamo alcun caso.

A chiamarlo così - «miracolo» - è stato proprio Einstein che ne era immensamente stupefatto.

Nella famosa lettera a Solovine, Einstein scriveva: «Lei trova strano che io consideri la comprensibilità della natura (per quanto siamo autorizzati a parlare di comprensibilità), come un miracolo (Wunder) o un eterno mistero (ewiges Geheimnis). Ebbene, ciò che ci dovremmo aspettare, a priori, è proprio un mondo caotico del tutto inaccessibile al pensiero. Ci si potrebbe (di più, ci si dovrebbe) aspettare che il mondo sia governato da leggi soltanto nella misura in cui interveniamo con la nostra intelligenza ordinatrice: sarebbe» aggiungeva Einstein «un ordine simile a quello alfabetico, del dizionario, laddove il tipo d' ordine creato ad esempio dalla teoria della gravitazione di Newton ha tutt' altro carattere. Anche se gli assiomi della teoria sono imposti dall' uomo, il successo di una tale costruzione presuppone un alto grado d' ordine del mondo oggettivo, e cioè un qualcosa che, a priori, non si è per nulla autorizzati ad attendersi. È questo il "miracolo" che vieppiù si rafforza con lo sviluppo delle nostre conoscenze.

È qui che si trova il punto debole dei positivisti e degli atei di professione, felici solo perché hanno la coscienza di avere, con pieno successo, spogliato il mondo non solo degli dèi (entgöttert), ma anche dei miracoli (entwundert)».

In perfetta consonanza con Einstein, un altro Premio Nobel per la Fisica, Antony Hewish, astronomo, ha affermato: «Dall' osservazione scientifica arriva un messaggio molto chiaro. E il messaggio è questo: l' universo è stato prodotto da un essere intelligente».

È questo che autorizza a parlare di certezza razionale dell' esistenza di Dio.

Il più importante filosofo dell' ateismo, Anthony Flew, che proprio grazie ad Einstein ha di recente rinnegato l' enorme mole del suo lavoro precedente, proclamando di avere oggi raggiunto la certezza razionale dell' esistenza di Dio, ha scritto: «Einstein credeva chiaramente in una fonte trascendente della razionalità del mondo, che definì variamente: "mente superiore", "spirito superiore illimitabile", "forza ragionante superiore" e "forza misteriosa che muove le costellazioni”».

È la conferma di quanto la Chiesa ha affermato nel Concilio Vaticano I: l' uomo con la semplice intelligenza può arrivare alla certezza dell' esistenza di Dio.

La fede cristiana poi è altra cosa: è la Rivelazione dell' incarnazione del Figlio di Dio, Gesù. Ma alla certezza razionale dell' esistenza di Dio si può arrivare con la semplice ragione. Infatti c' è arrivata la più alta mente dell' antichità - Aristotele - e la più alta mente della modernità: Einstein.

Ecco un altro suo pensiero: «È certo che alla base di ogni lavoro scientifico qualificato troviamo il convincimento, simile al sentimento religioso, della razionalità e intelligibilità del mondo (…). Tale fermo convincimento, legato al sentimento profondo dell' esistenza di una mente superiore che si manifesta nel mondo dell' esperienza, costituisce per me l' idea di Dio».

Diceva ancora: «Chiunque sia seriamente coinvolto nella ricerca scientifica, si convince che le leggi della natura manifestino l' esistenza di uno spirito immensamente superiore a quello dell' uomo e davanti al quale noi, con i nostri modesti poteri, ci dobbiamo sentire umili».

E ancora: «La mia religiosità consiste in un' umile ammirazione dello spirito infinitamente superiore che rivela se stesso nei lievi dettagli che siamo in grado di percepire con le nostre fragili e deboli menti. Questa convinzione profondamente emozionante della presenza di un potere ragionante superiore, rivelato nell' universo incomprensibile, costituisce la mia idea di Dio».

È evidente che Einstein non possa essere considerato ateo o spinoziano, cioè panteista. Lui stesso lo smentì esplicitamente: «Non sono ateo e non credo di potermi definire panteista. Siamo nella stessa posizione di un bambino che entra in un' enorme biblioteca piena di libri in molte lingue. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri. Non si sa come. Non si comprendono le lingue in cui sono scritti. Il bambino sospetta vagamente un ordine misterioso nella collocazione dei libri, ma non sa quale sia. Questo, mi pare, è l' atteggiamento anche del più intelligente degli esseri umani nei confronti di Dio».

Da questo si comprende la sua posizione di scienziato: «Voglio sapere come Dio ha costruito questo mondo (…). Voglio conoscere i suoi pensieri».

Una posizione opposta a quella di certi divulgatori mediatici di oggi, tuttora aderenti all' ottocentesca ideologia positivista e quindi allergici alla parola «Dio».

Uno scienziato libero da pregiudizi ideologici non può che arrivare alle conclusioni razionali di Einstein.

Il caso Einstein spiega perché un altro grande scienziato, profondamente cattolico, Louis Pasteur, fondatore della microbiologia, poteva dire: «Poca scienza allontana da Dio, ma molta scienza riconduce a Lui».
Immagine
0 Commenti

PAPA FRANCESCO E IL PATRIARCA KIRILL UNITI PER LA FAMIGLIA E LA VITA

13/2/2016

0 Commenti

 
Francesco e Kirill, uniti per la famiglia e i perseguitati
di Massimo Introvigne13-02-2016 AA+A++




Il 12 febbraio Cuba è stata testimone di un avvenimento atteso da mille anni: il primo incontro fra un Pontefice cattolico e un Patriarca ortodosso di Mosca, accompagnato dalla firma di una impegnativa dichiarazione comune. 
Perché mille anni? La separazione fra Oriente e Occidente cristiano, dopo secoli di progressivo estraniamento e incomprensioni, si è venuta consumando definitivamente nell'anno 1054. Diversi sono i punti dottrinali su cui si è consumato il distacco: la disputa sul Filioque – l’aggiunta della clausola “e dal Figlio”, dopo avere affermato che lo Spirito Santo “procede dal Padre”, nel Credo che si recita nella Messa –, l'esistenza del Purgatorio, che gli ortodossi non accettano, ma soprattutto la natura del primato del vescovo di Roma sugli altri vescovi, che per i cattolici è di giurisdizione e di governo mentre per gli ortodossi potrebbe essere al massimo un primato di onore. Praticamente subito dopo la divisione del 1054 santi e teologi hanno cercato di operare per il ritorno al l'unità. Ma i loro sforzi non hanno finora dato frutto.
Stime aggiornate al 2016 valutano gli ortodossi nel mondo intorno ai 284 milioni. Di questi, 60-70 milioni dipendono direttamente dal Patriarcato di Mosca, che è però considerato un punto di riferimento autorevole da circa due terzi degli ortodossi. Quanto agli altri, molti fanno riferimento al patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, che ha fatto arrivare alla Santa Sede un via libero per l'incontro con il patriarca russo Kirill. Se a partire dal beato Paolo VI patriarchi di Costantinopoli avevano accettato di incontrare Pontefici romani, mai fino ad oggi questo era avvenuto per i patriarchi di Mosca.
«Restano difficoltà», ha avvertito subito il patriarca Kirill abbracciando il Papa, e volutamente l'ampia dichiarazione comune non entra nei temi teologici più controversi, limitandosi a condannare il «proselitismo» condotto con «mezzi leali», che come sappiamo per il Papa è cosa diversa dalla missione. 
Comunque sia, l'incontro ha un'importanza straordinaria. La dichiarazione indica le ragioni per cui oggi, nel 2016, ricercare l'unità tra cattolici e ortodossi è obbligatorio, e diventa qualcosa di più di un sogno o un'utopia. Ci sono in particolare tre ambiti che spingono al riavvicinamento. Il primo è la persecuzione dei cristiani nel mondo, specie in Medio Oriente, che sta molto a cuore anche agli ortodossi. È quello che il Papa ha chiamato molte volte «ecumenismo del sangue». 
Il testo insiste appunto sul Medio Oriente. «In Siria e in Iraq - afferma - la violenza ha già causato migliaia di vittime, lasciando milioni di persone senza tetto né risorse. Esortiamo la comunità internazionale ad unirsi per porre fine alla violenza e al terrorismo e, nello stesso tempo, a contribuire attraverso il dialogo ad un rapido ristabilimento della pace civile. È essenziale assicurare un aiuto umanitario su larga scala alle popolazioni martoriate e ai tanti rifugiati nei paesi confinanti. Chiediamo a tutti coloro che possono influire sul destino delle persone rapite, fra cui i Metropoliti di Aleppo, Paolo e Giovanni Ibrahim, sequestrati nel mese di aprile del 2013, di fare tutto ciò che è necessario per la loro rapida liberazione». Rivolto implicitamente ai musulmani, il testo congiunto aggiunge che «sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace».
Contrariamente ad alcune previsioni, il testo non ignora diplomaticamente la questione dell'Ucraina, ma invita tutte le parti, Chiese comprese, a non alimentare il conflitto. «Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime, innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla solidarietà sociale e all'azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all'armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto».
Il secondo tema della dichiarazione è la difesa della famiglia, che «si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna» e va riconosciuta come «il centro naturale della vita umana e della società». «Siamo preoccupati dalla crisi della famiglia in molti Paesi. Ortodossi e cattolici condividono la stessa concezione della famiglia e sono chiamati a testimoniare che essa è un cammino di santità, che testimonia la fedeltà degli sposi nelle loro relazioni reciproche». «Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio viene estromesso dalla coscienza pubblica».  
Francesco e il Patriarca di Mosca chiedono «a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita. Milioni di bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio». No anche alla «cosiddetta eutanasia», la quale fa sì che «le persone anziane e gli infermi inizino a sentirsi un peso eccessivo per le loro famiglie e la società in generale». E no alla fecondazione artificiale, «perché la manipolazione della vita umana è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo, creato ad immagine di Dio». 
Il terzo tema è la testimonianza della fede, specie ai giovani, in un mondo secolarizzato. E la fede oggi si annuncia non solo denunciando la superficialità e il «consumismo», ma affermando con chiarezza che la libertà religiosa è violata anche in Occidente. «In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità, costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa». Una «fonte di inquietudine» è la progressiva limitazione «de diritti dei cristiani, se non addirittura la loro discriminazione, quando alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica». 
Cautela anche sull'immigrazione. Papa e patriarca chiedono di «rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane».
Kirill ha affermato in un breve discorso che «le nostre due Chiese possono lavorare insieme difendendo il cristianesimo in tutto il mondo e con piena responsabilità affinché non ci sia più la guerra, ovunque la vita umana sia rispettata e si rafforzino le fondamenta della morale della famiglia e della persona». Non è ancora l'unità fra la Chiese, ma «l'unità si costruisce nel cammino», ha affermato il Papa. Nel nome dei cristiani perseguitati, della famiglia e dell'evangelizzazione un incontro a lungo considerato necessario ma impossibile oggi è diventato possibile.
0 Commenti

USARE IL MEDIOEVO COME INSULTO E' SEGNO DI IGNORANZA STORICA E CULTURALE

8/2/2016

0 Commenti

 
Usare il “Medioevo” come insulto è segno di ignoranza storica e culturale
di Giuliano Guzzo

Uno dei misteri più grandi, lo dico senza ironia, è stata la fuorviante trasformazione del termine “medievale” in aggettivo – cito il Dizionario Treccani – riferito a «concezioni e principî superati e retrogradi». Pare che dietro tutto questo vi sia lo zampino illuminista, ma vale la pena vederci chiaro.

Anche perché, voglio dire: il vituperato Medioevo ci ha regalato arte, cattedrali, monasteri e cultura ancora oggi (anche economicamente, si pensi al turismo) fruttano patrimoni: non so se invece fra alcuni anni – ne dubito – qualcuno vorrà andare a farsi qualche giro, non solo se pagante ma neppure se pagato, in molti aborti firmati dalle nostre archistar; ma quanto scommettiamo che per quanto l’epoca medievale ha lasciato vi sarà ancora interesse? Chi vivrà, vedrà: e sono certo che vedrà.

La stessa terrificante Inquisizione medievale, invocata come la vergogna della storia, tutto fu fuorché tale: lo sanno anche i sassi che l’apice delle caccia alle streghe si registrò durante il Rinascimento e comunque nelle regioni germaniche protestanti più che in quelle cattoliche. Inoltre tutto fu, il Medioevo, fuorché ostile alla donna: i nomi di Matilde di Canossa, Eleonora d’Aquitania, Bianca di Castiglia o Ildegarda di Bingen dicono nulla? Altro che la Merkel o la Boldrini o Hillary Clinton. Senza parlare delle cinture di castità, bufala totale: perfino al Museo d’arte medievale di Cluny a Parigi, per dire, fino a non moltissimi anni fa se ne poteva ammirare una che si credeva appartenuta alla regina di Francia Caterina de’ Medici: peccato che fosse una patacca.

Curiosa pure l’idea che esser medievali sia sinonimo di essere «retrogradi»: storici come Jean Gimpel (1918–1996) hanno parlato, per quell’epoca, d’una vera e propria rivoluzione industriale. Le stesse invenzioni non mancarono; pensiamo all’aratro meccanico, alla ferratura dei cavalli, al verricello, alla carrucola, alle staffe lunghe, all’arco rampante, alla volta a crociera, all’aggiogatura a spalla, al sapone, alla vite elicoidale, al bottone, al martinetto, allo specchio, agli occhiali, al prosciutto, allo champagne, al parmigiano e tanto altro. Quanto alla leggenda della terra creduta piatta, nel Medioevo circolava ampiamente – in latino – il Timeo di Platone, dove si parla di un «mondo in forma di globo, tondo come fatto da un tornio, con i suoi estremi in ogni direzione equidistanti dal centro, la più perfetta e la più simile a se stesso di tutte le figure…».

Strano davvero, insomma, che il vituperato Medioevo fosse un’epoca così barbara e ignorante. Così barbara e ignorante, fra l’altro, da aver donato all’umanità gente come san Francesco d’Assisi – uno dei più significativi santi di tutti i tempi -, come san Tommaso d’Aquino – uno, se non il teologo più grande di tutti i tempi – e come Dante Alighieri, la cui Divina Commedia è un’opera talmente straordinaria che rivela un’intelligenza – dicevano intellettuali quali Federico Zeri (1921–1998) – incredibile, mostruosa, tale da fare quasi escludere che il Divin Poeta fosse un essere umano. L’era delle «concezioni e principî superati e retrogradi» è stata inoltre – alla faccia del suo presunto degrado – quella dei Comuni, delle libertà municipali, della Magna Charta.

Fa sorridere pure il collegamento fra il Medievo e l’odio contro le persone omosessuali: su Wikipedia, tempio della cultura 2.0, da un lato si ammette che nell’Alto Medioevo l’omosessualità era trattata come peccati come l’adulterio ed i rapporti prematrimoniali, dall’altro si dice che nel Basso Medioevo scattarono persecuzioni della quali, guarda caso, mancano però le fonti. In ogni caso, a proposito di omofobia, si fa bene a ricordare che ad incarcerare Oscar Wilde non furono né i medioevali e neppure i cattolici, bensì l’Inghilterra vittoriana. E potremmo continuare se il mistero di “medievale” come insulto non fosse già abbastanza fitto e ingiustificato. La sola vera colpa del Medioevo, in realtà, è una: essere stato cristiano. Profondamente cristiano. E questa proprio non gliela si può perdonare.
0 Commenti

CURIAMO UCCIDENDO: ABORTO PER ''GUARIRE'' DA ZIKA

6/2/2016

0 Commenti

 
di ‪#‎LuciaScozzoli‬ di ‪#‎LaCroce‬

"L’Onu si è pronunciata sul virus che causa microcefalia nei feti delle donne gravide che lo contraggono, improvvisamente
diventato endemico in Sudamerica: la soluzione sarebbe premere sui governi perché legiferino “urgentemente” in materia di contraccezione e aborto. Le olimpiadi pare che nessuno voglia toccarle, viene il sospetto che si miri a forzare il sentire popolare.

La microcefalia è una malformazione che porta a uno sviluppo più contenuto del cranio rispetto al normale, con deficit di crescita che interessano anche il cervello. Ci sono diversi gradi di gravità della malattia e talvolta può essere letale, nei casi in cui il cervello è talmente sottosviluppato da non potere gestire le funzioni vitali efficacemente.

Si ritiene che la principale causa della microcefalia siano condizioni congenite, ma negli ultimi decenni diversi studi hanno evidenziato come altri agenti esterni possano condizionare lo sviluppo di questa malformazione. 
Tra le cause sono indicati l’abuso di sostanze stupefacenti durante la gravidanza e l’infezione da alcuni virus, come quello che causa la rosolia.
Nel 2014 in Brasile ci sono stati 150 casi di microcefalia, l’anno seguente sono stati più di 3.500. Tra i principali sospettati c’è il virus Zika: alcuni bambini morti a causa della microcefalia sono risultati infetti, ma per ora non ci sono prove scientifiche consistenti e definitive circa un legame tra questo virus e la microcefalia.
Ciononostante il virus Zika sta seminando il panico in tutto il mondo.
Quattro quinti degli adulti infettati non presentano alcun tipo di sintomo, e nel restante quinto la febbre si esaurisce in meno di una settimana. Inoltre il virus non rimane per sempre nell’organismo: alle donne colpite si consiglia di aspettare sei mesi prima di affrontare una gravidanza (anche se molte di loro sceglieranno probabilmente di aspettare un po’ di più).

Lo Zika esiste da tempo. È stato individuato per la prima volta tra le scimmie dell’Uganda nel 1947, e il primo caso relativo a un essere umano è stato riscontrato in Nigeria nel 1954. Si è poi gradualmente diffuso a est, in Asia, e ha cominciato ad attraversare il Pacifico all’inizio degli anni duemila. 

Ma quando ha raggiunto il Brasile, nel 2015, si era improvvisamente trasformato in una forma che sembra provocare la microcefalia nei feti delle donne infette.
Ora l’ONU lancia un appello sull’epidemia: “I paesi coinvolti dal virus Zika devono autorizzare la contraccezione e l’aborto”, sottintendendo che il rapporto di causalità tra virus e microcefalia sia stato già assodato (e non è così) e che il problema non sia curare il malato (cioè il bambino), bensì ucciderlo. Non si capisce come dal punto di vista logico la soppressione di un individuo possa in alcun modo essere definita “cura”: tra l’altro il virus non mette affatto in pericolo la salute della madre, ma solo quella del nascituro.
L’alto commissario delle Nazioni unite per i Diritti umani, Zeid Raad Al Hussein, ha fatto sapere che garantirà alle donne in questi paesi anche consulenza su salute sessuale e riproduttiva. “Le leggi e le politiche che restringono il loro accesso a questi servizi devono essere riviste con urgenza, allineandosi agli obblighi internazionali sui diritti umani per garantire il diritto alla salute per tutti”, per tutti tranne che per i bambini, ovviamente.
È curioso come questo virus si sia improvvisamente evoluto portando a probabili conseguenze sul feto proprio in America Latina, ed in particolare in Brasile, dove una donna può abortire legalmente solo per due motivi: quando la gravidanza mette in pericolo la vita della madre e quando è la conseguenza di uno stupro. È vietato anche negli altri paesi dell’America Centrale e dell’America Latina, eccezion fatta di Cuba, Guyana e Uruguay, dove è legale.

Senza voler gridare al complotto per forza, notiamo solo alcune incongruenze: alcuni ufficiali sanitari statunitensi e delle Nazioni Unite avvertono che la mancanza di dati sta costringendo i laboratori di Usa ed Europa a lavorare con campioni di precedenti epidemie e sta vanificando gli sforzi per sviluppare test, farmaci e vaccini. Il problema, spiegano, è rappresentato dalla legge brasiliana: al momento è infatti illegale per i ricercatori e gli istituti brasiliani condividere materiale genetico, inclusi campioni di sangue contenenti Zika ed altri virus. 
Per l’OMS però va bene così: ‘’Abbiamo tutti i dati necessari - ha affermato all’ANSA il portavoce Christian Lindmeier - e non c’è nulla che blocchi la ricerca. Infatti, i paesi non sono tenuti e trasferire i campioni dei virus, bensì a condividere i risultati degli studi, ed è ciò che hanno fatto gli istituti brasiliani’’.

Insomma, meglio costringere questi paesi a varare in fretta e furia leggi che permettano l’aborto piuttosto che esortare il Brasile alla collaborazione con la ricerca internazionale per giungere ad una soluzione più rapida del problema e che tuteli davvero la salute delle persone.

Naturalmente il problema è urgente ed endemico ma non ha indotto nessuna autorità nazionale e sovranazionale a mettere minimamente in discussione l’opportunità di effettuare proprio in Brasile i giochi olimpici il prossimo agosto: la salute delle persone è importante, ma non quanto il denaro.
​
Come dire, qualche dubbio sulle reali motivazioni di certe raccomandazioni dell’ONU ci viene: non è per caso che vogliono solo diminuire rapidamente la crescita demografica della popolazione dell’America Latina ed introdurre l’aborto in modo forzato, aggirando la volontà popolare? 
Ai posteri l’ardua sentenza".
Immagine
0 Commenti

SOPRA LA CROCE DI GESÙ NON ERA SCRITTO SOLO INRI. ECCO IL VERO SIGNIFICATO DELL’ISCRIZIONE EBRAICA

5/2/2016

0 Commenti

 
Immagine
di Daniele Di Luciano 

In Esodo 20,2 Dio rivela il suo nome a Mosè:

“Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto”

La parola tradotta con “il Signore” è il famoso Tetragramma che gli ebrei non possono neanche pronunciare: 

“YHWH“, vocalizzato in diversi modi tra i quali “Yahweh“. Le quattro lettere ebraiche che lo compongono sono queste: “יהוה“, yod-he-waw-he. Ricordiamo che l’ebraico si legge da destra verso sinistra.

Nel Vangelo di Giovanni, capitolo 19 versetti 16-22, leggiamo:

“Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: «Il re dei Giudei», ma: «Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei»». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».”

Nonostante il brano in questione sia famosissimo, la scena che si è svolta davanti a Gesù crocifisso dev’essere stata un po’ diversa da come ce la siamo sempre immaginata. Giovanni, forse, ha provato a sottolinearlo ma il lettore, non conoscendo la lingua ebraica, è impossibilitato a comprendere.

L’iscrizione di cui parla Giovanni è la famosa sigla “INRI“, raffigurata ancora oggi sopra Gesù crocifisso. L’acronimo, che sta per il latino “Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum“, significa appunto “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei“.

Ma Giovanni specifica che l’iscrizione era anche in ebraico. Non solo: in un momento così importante l’evangelista sembra soffermarsi su dei particolari apparentemente di poco conto:

- il fatto che molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città

- i capi dei sacerdoti che si rivolgono a Pilato per far modificare l’iscrizione

- Pilato che si rifiuta di cambiarla. 

Ponzio Pilato, che era romano, probabilmente non capiva che, senza volerlo, aveva creato un po’ d’imbarazzo – se vogliamo definirlo così – agli ebrei che osservavano Gesù crocifisso con quell’iscrizione sopra la testa.

Henri Tisot, esperto di ebraico, si è rivolto a diversi rabbini per chiedere quale fosse l’esatta traduzione ebraica dell’iscrizione fatta compilare da Pilato. Ne parla nel suo libro “Eva, la donna” nelle pagine da 216 a 220.

Ha scoperto che è grammaticalmente obbligatorio, in ebraico, scrivere “Gesù il Nazareno e re dei Giudei“. Con le lettere ebraiche otteniamo “ישוע הנוצרי ומלך היהודים“. Ricordiamo la lettura da destra verso sinistra.

Queste lettere equivalgono alle nostre “Yshu Hnotsri Wmlk Hyhudim” vocalizzate “Yeshua Hanotsri Wemelek Hayehudim“.

Quindi, come per il latino si ottiene l’acronimo “INRI“, per l’ebraico si ottiene “יהוה“, “YHWH“.

Ecco spiegata l’attenzione che Giovanni riserva per la situazione che si svolge sotto Gesù crocifisso. In quel momento gli ebrei vedevano l’uomo che avevano messo a morte, che aveva affermato di essere il Figlio di Dio, con il nome di Dio, il Tetragramma impronunciabile, inciso sopra la testa.

Non poteva andar bene che YHWH fosse scritto lì, visibile a tutti, e provarono a convincere Pilato a cambiare l’incisione. Ecco che la frase del procuratore romano “Quel che ho scritto, ho scritto” acquista un senso molto più profondo.

Sembra incredibile? Pensate che Gesù aveva profetizzato esattamente questo momento. In Giovanni 8,28 troviamo scritto:

“Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono” 

Per “innalzare” Gesù intende la crocifissione. “Io Sono” allude proprio al nome che Dio ha rivelato a Mosè in Esodo 3,14:

“Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: «Io-Sono mi ha mandato a voi»”

0 Commenti

L'AMORE E' ANCHE GAY, LA FAMIGLIA MAI

3/2/2016

0 Commenti

 
La giornalista e attivista cattolica Costanza Miriano, presente al Family Day, spiega il suo punto di vista. I bambini devono potersi rapportare con la diversità maschile/femminile incarnata dai genitori. Bergoglio ha paragonato l'idea "gender" al nazismo.
di Dario Ronzoni

La famiglia? Una sola, non si discute. La madre è la madre e non “un termine antropologico”. Le coppie nascono con un progetto (il matrimonio) e l’amore, che pure è la cosa più importante di tutte, non è un concetto giuridico. Più o meno in sintesi, potrebbe sembrare la lista dei precetti di chi si oppone al ddl Cirinnà, cioè al disegno di legge che regolamenta le unioni civili (anche per le coppie omosessuali) e prevede la possibilità di adozione da parte del partner, del figlio dell’altro componente della coppia. Per Costanza Miriano, giornalista, attivista cattolica, presente al Family Day e autrice dei due volumi Sposati e sii sottomessa e Sposala e muori per lei è anche di più. È la base di una battaglia da combattere. Per salvare la famiglia.

Il concetto di famiglia è così chiaro?
Io penso di sì. La famiglia è un concetto pre-cristiano, ed è composta da un uomo e una donna, dai quali discendono dei figli. Esistono anche coppie sterili, certo, che sono sempre famiglie – non è fondamentale la presenza dei figli. E' fondamentale la disponibilità ad averne.

Con un uomo e una donna.
Sì. La vita nuova viene dall’unione di un maschio e di una femmina. Questo mi sembra indiscutibile. Se si parla di sentimenti allora le cose sono diverse.

In che modo?
Nessuno può permettersi di giudicare la condotta di nessuno. Ognuno ama chi vuole. È una cosa che io difendo sempre, anche in modo feroce. E vale per eterosessuali e omosessuali. Io non mi intrometterei mai, e nemmeno lo Stato lo può fare. Sono cose private. Ognuno di noi ha la sua vita, ognuno è doppio, triplo. Ognuno ha il suo mistero.

Però, quando si parla di figli le cose cambiano.
Si esce dalla sfera personale e si entra in quella collettiva, pubblica. E la collettività deve difendere la famiglia per difendere i figli.

Ma da cosa vanno difesi?
Le coppie omosessuali, da sole, non possono generare figli. Se lo fanno, alterano il dato di realtà, e capovolgono il diritto. Ecco, i figli vanno difesi da questo: si pensa che siano un diritto degli adulti, e non è così. Da madre sono imbevuta dal senso di maternità e, in fondo, è un desiderio che capisco. Però i figli non sono un diritto: è evidente, ma viene negato. Siamo in una situazione in cui bisogna sguainare le spade per dire che le foglie d’estate sono verdi.

Certo, non li possono generare. Ma questo non impedisce che possano crescerli bene.
Ma come fanno? È una situazione in cui manca la madre, o il padre. Sono figure fondamentali per la crescita e l’equilibrio del bambino.

È una battaglia che faccio in buona fede. Senza doppi fini, senza guadagnare nulla e senza insultare nessuno. Non me ne pentirò mai, perché tra tutti i diritti deve prevalere quello dei bambini
Costanza Miriano


La madre esiste, come è ovvio, ma è poi necessario che coincida con il genitore?
La madre non è, come dicono, un “concetto antropologico”, per cui variabile, modificabile dalle culture. È il corpo che ha generato, che ha nutrito, è il cuore che per nove mesi il bambino ha sentito, tutti i giorni, nel ventre. L’attaccamento è naturale, e impedirlo non può che provocare danni psicologici.

È sicura che una famiglia omosessuale non possa garantire serenità ai figli?
Credo di no. Il problema sorge con l’età: tutti i bambini chiedono, domandano, vogliono conoscere le loro origini. Vogliono sapere da dove vengono. Come reagisce un bambino se scopre che la madre lo ha respinto? Che chi lo ha procreato lo ha poi ceduto? Questo provoca danni, e sofferenze. E poi i cervelli di uomini e donne sono diversi, e il bambino deve conoscere entrambi, rapportarsi con entrambi. Un padre e una madre hanno strutture emotive diverse, perché sono un maschio e una femmina. Questo è costitutivo in una famiglia.

Sì, ma parlare di strutture cerebrali non implica che il modello di famiglia “naturale” sia, in effetti, “naturale”. Nella storia e nei luoghi sono esistiti – ed esistono – diverse varietà di organizzazione sociale.
Certo, ma i cervelli sono sempre quelli, non cambiano da una società all’altra. E i bambini devono rapportarsi con entrambi. Per questo la famiglia non è un “modello”, ma è un archetipo, una struttura profonda. Ed è la nostra realtà. Criticare i casi di famiglia disfunzionale, in cui ci sono tradimenti, violenze, abbandoni – che esistono e sono gravi – è giusto. Ma questo non vuol dire che la famiglia “tradizionale”, come viene definita, non sia fondamentale.

Diversi studi dimostrano che non ci sono differenze tra figli cresciuti da coppie omosessuali e coppie eterosessuali.
È un campo troppo giovane perché esistano risultati definitivi. Esistono anche studi che dimostrano il contrario, e figli di coppie omosessuali che, intervistati, chiedono di non far vivere ad altri quello che hanno vissuto loro. Quello che penso, in realtà, è che sotto questa battaglia delle coppie omosessuali si celi altro. Una questione culturale.

Cioè?
Il desiderio degli omosessuali di vedersi, di essere considerati come gli altri. È giusto, ma io al posto loro sarei orgogliosa della mia diversità. Non cederei alla volontà di omologarmi, di copiare modelli borghesi: il tinello, la vita di coppia. I grandi scrittori omosessuali che amo, come Pasolini, e Cunningham, interpretano l’omosessualità in altro modo.

Lei cosa farà se, invece, si dimostrerà che i figli di coppie omosessuali non subiscono danni psicologici? Cioè se, alla fine, andrà tutto bene?
Non credo che andrà così. Ma, se proprio, penserò che ho fatto tutto in buona fede. Senza doppi fini, senza guadagnare nulla e senza insultare nessuno. Non me ne pentirò mai, perché tra tutti i diritti, deve prevalere quello dei bambini.

La sua posizione affonda le radici nella fede cristiana. Il Papa però si è mostrato piuttosto distaccato dalla questione.
Non è così. Papa Francesco ha chiesto alla Chiesa, intesa come gerarchie, di non intervenire nell’agone politico. Al centro dei suoi pensieri prevale la questione economica, la volontà di attirare le persone lontane. Sul gender, però si è espresso. E ha avuto parole che, se fosse stato Ratzinger, lo avrebbero crocifisso: lo ha paragonato al nazismo. Direi che è piuttosto chiaro.

Al di là dei numeri, non pensa di combattere una battaglia minoritaria?
Minoritaria nei media, forse. O tra gli intellettuali. Tra le persone comuni le assicuro che è una posizione molto sostenuta.

Sono posizioni che non esprimono, diciamo, lo spirito dei tempi.
La proposta cristiana sì, oggi è minoritaria. È vincente il modello di un individuo autodeterminato, senza vincoli – ad esempio, il divorzio è breve. Il suo impegno nella collettività è discrezionale. Noi siamo rimasti, come si diceva, un piccolo gregge, per cui la cosa non mi scandalizza. So che la società non è più saldamente cristiana, e so che chi sceglie di esserlo lo fa controcorrente ma con consapevolezza. Personalmente, lo preferisco. Pochi cristiani, ma buoni: lo si è per scelta, non per costrizione. Nel mondo dove domina l’idea di inseguire i desideri individuali, facendone il perno del proprio agire, noi preferiamo un’altra strada: quella in cui il desiderio esiste, ma viene educato. In nome di qualcosa di più alto.
Immagine
0 Commenti
<<Precedente

    Feed RSS

    Archivi

    Novembre 2018
    Ottobre 2018
    Agosto 2018
    Gennaio 2018
    Dicembre 2017
    Ottobre 2017
    Settembre 2017
    Agosto 2017
    Luglio 2017
    Giugno 2017
    Maggio 2017
    Aprile 2017
    Marzo 2017
    Gennaio 2017
    Dicembre 2016
    Novembre 2016
    Ottobre 2016
    Settembre 2016
    Agosto 2016
    Luglio 2016
    Maggio 2016
    Marzo 2016
    Febbraio 2016
    Gennaio 2016
    Dicembre 2015
    Novembre 2015
    Ottobre 2015
    Settembre 2015
    Agosto 2015
    Luglio 2015
    Giugno 2015
    Maggio 2015
    Aprile 2015
    Marzo 2015
    Febbraio 2015
    Gennaio 2015
    Dicembre 2014
    Novembre 2014
    Ottobre 2014
    Settembre 2014
    Agosto 2014
    Luglio 2014
    Giugno 2014
    Maggio 2014
    Aprile 2014
    Marzo 2014
    Febbraio 2014

Foto