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ETEROLOGA: PERCHE' NO

30/7/2014

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È lecito dal punto di vista morale proporre e votare una legge che limiti i danni provocati dalla sentenza della Consulta che haaperto all’eterologa? Semplificando, a tale quesito si possono dare due possibili risposte. Da una parte abbiamo coloro che considerano lecito votare una legge che smorzi gli effetti negativi della pronuncia dei giudici asserendo che tra una situazione di maggior danno prospettata dalla Corteed una di minor danno realizzata attraverso l’intervento del Parlamento non si può che, in stato di necessità, essere costretti ad optare per la soluzione meno lesiva. Su altro fronte vi sono invece coloro i quali negano questa possibilità asserendo che mai si può votare una legge intrinsecamente malvagia (futura legge sull’eterologa) perché il voto a questa legge è essa stessa azione malvagia e mai si può compiere il male anche volendo perseguire un fine buono come quello di limitare i danni. Bene contenere gli effetti negativi della sentenza, ma il mezzo per farlo deve essere lecito. Lo scrivente appoggia quest’ultima tesi e tenteremo per sommi capi di fondare tale scelta.

La fecondazione artificiale, che sia omologa o eterologa, è pratica intrinsecamente malvagia. Una legge che disciplinasse questa condotta sarebbe essa stessa malvagia, anche se extrema ratio per arginare il male. C’è chi obietta argomentando così: il “votare” è azione di per sé buona o tuttalpiù neutra sotto il profilo etico. Il mio voto sarà buono o cattivo a seconda del fine preposto (finis operantis, cioè fine fissato dal soggetto): se voto la legge sull’eterologa con l’intenzione di volere questa pratica, la mia azione sarà malvagia; se invece voto questa legge con il fine di limitare i danni provocati dalla sentenza della Consulta il mio voto saràeticamente accettabile. Non tutte le leggi sull’eterologa sono dunque malvagie, dipende dal fine per cui si vota tale legge.

Ma le cose non stanno così. Come è noto e come spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica (1750) le fonti della moralità sono l’oggetto dell’azione (alcuni autori parlano di “identità dell’azione”) – cioè il “che cosa” scelgo di compiere - il fine e le circostanze. Se un’azione ha un oggetto intrinsecamente malvagio, il fine soggettivo e le circostanze in cui si svolge l’azione non ne possono cambiare la natura: rimarrà sempre un’azione malvagia. Ora il voto su una legge riceve coloritura morale dal contenuto della legge stessa, il voto diventa così dal punto di vista morale finis operis. 

Se ciò che disciplina la legge è conforme alla dignità dell’uomo la legge sarà buona e così anche il mio voto (a patto che anche il fine e le circostanze lo siano); se la legge per sua natura è contraria al bene dell’uomo il mio voto configurerà un’azione malvagia, seppur prestato al fine di limitare i danni. 

Facciamo un esempio. “Sperimentare” è un’azione né buona né cattiva, come il “votare”: è un atto materiale, un’azione neutra perché naturalisticamente intesa. Per sapere se è buona o malvagia occorre capire, tra le altre circostanze, su cosa si sperimenta. Se sperimento sugli embrioni provocandone la morte, l’azione di sperimentazione è malvagia; se sperimento sugli animali provocandone la morte l’azione sarà buona (tralasciamo in merito a quest’ultimo caso altri criteri perché l’azione possa essere considerata lecita). È il termine verso cui verte la sperimentazione – embrione o animale - che colora questo atto in senso positivo o negativo. È il termine verso cui verte il voto – legge buona o malvagia -  che colora il voto delle tinte della liceità morale o della sua illiceità, perché faccio mio – seppur a malincuore in caso di leggi inique – il contenuto della legge stessa che ha già una sua valenza morale, un suo intrinseco orientamento etico. 

E in merito al fine buono di contenere i danni, usiamo sempre l’esempio della sperimentazione. Un’epidemia sta mietendo milioni di morti. Posso sperimentare su una manciata di embrioni per limitare i danni e debellare così l’epidemia? No, perché non posso mai compiere un’azione di per sé malvagia anche per un fine ottimo come quello di salvare il genere umano dall’estinzione, fosse anche l’unica soluzione percorribile.

C’è chi obietta: ma io non voglio far mio il contenuto malvagio della legge che non approvo – non voglio l’eterologa - bensì solo limitare i danni – voglio meno eterologa (cosiddetta azione volontaria mista). L’oggetto dell’azione scelto da me è la limitazione del danno e sopporto gli effetti negativi di questa mia scelta cioè il votare articoli malvagi. Risposta. In realtà nella dinamica dell’azione io per prima cosa ordino la mia volontà a votare una legge iniqua (oggetto dell’azione) con il fine di limitare i danni. Se davvero non volessi sposare il contenuto della legge iniqua dovrei votare contro la legge o astenermi. Facciamo un esempio. Un pazzo mi dice che ucciderà tre persone se io a mia volta non uccido una persona innocente. Non regge il seguente ragionamento: l’oggetto della mia scelta è salvare le tre persone e sopporto come effetto non voluto la morte da me provocata di una sola persona innocente. Più semplicemente invece io avrò compiuto un omicidio, atto malvagio, per un fine buono, cioè quello di limitare i danni salvando le altre tre persone. Se davvero non volessi uccidere l’innocente, dovrei astenermi dall’ucciderlo.

Altra obiezione: con la nuova legge io non provoco nessun nuovo danno, non produco un male morale, bensì lo limito solo. È un po’ come se ci fosse un incendio (la sentenza della Consulta) ed io mi limito solo a contenerlo. Non ho io appiccato l’incendio, bensì la Consulta. Risposta. Vero che c’è già il danno ma con il voto alla legge sull’eterologa si configura un’azione positiva di conferma al male morale, seppur limitandone gli effetti negativi (anzi è come se buttassi benzina sul fuoco dato che gli effetti negativi giurisprudenziali riceveranno addirittura la veste formale della legge, che è ben più importante  di una sentenza di un giudice). 

Qui occorre stare attenti al concetto di “danno” e quello di “male morale”, due concetti distinti. Il danno ormai c’è già, ma se io voto la legge sull’eterologa aggiungo all’atto moralmente illecito della Consulta anche un altro atto illecito: ad una sentenza intrinsecamente malvagia sommo una legge intrinsecamente malvagia. In altri termini i giudici hanno compiuto un male morale ed io lo rinnovo, seppur limitando la portata dei danni. Un male di minor entità negli effetti, ma sempre di un atto malvagio si tratta, nuovo e distinto da quello compiuto dalla Corte Costituzionale. 

Sul caso si  cita spesso il n. 73 dell’Evangelium vitae di Giovanni Paolo II. Questo numero non è il lasciapassare ad un’azione iniqua se persegue il fine buono di contenere gli effetti perniciosi di una legge o sentenza già varata o inevitabile. Bensì dice che in questi frangenti dove non è possibile ottenere il risultato ottimo (abrogazione della legge malvagia, annullamento di una sentenza iniqua), l’unica azione buona possibile è solo quella volta alla limitazione del danno, ma a patto ovviamente che l’azione di limitazione sia buona. 

Torniamo all’esempio di prima: se per impedire la morte di milioni di persone dovessi sacrificare la vita di un innocente, l’azione che provoca la morte dell’innocente è un’azione sì che – sul piano degli effetti - limita i danni ma è anche – sul piano morale - un’azione intrinsecamente malvagia. E l’uomo deve guardare prima al bene che all’utile. Quindi l’EV direbbe sì ad esempio ad una legge sull’eterologa, per ipotesi proposta da parlamentari cattolici, che contenga norme volte solamente alla limitazione del danno come ad esempio: “Si fa divieto di scelta del donatore, di compravendita di gameti, di doppia eterologa, etc.”; non a norme del seguente tenore: “È permessa l’eterologa semplice con donatore scelto a random, tramite donazione di gameti etc”. 

Il risultato sul piano degli effetti sarebbe il medesimo (divieto di scelta del donatore, di compravendita di gameti, di doppia eterologa), ma non sul piano etico. Nel primo caso infatti questi effetti sarebbero ottenuti tramite un’azione lecita – legge che solamente limita i danni: oggetto dell’azione unicamente buono – nel secondo caso tramite un’azione illecita – legge che permette l’eterologa seppur con vincoli: oggetto malvagio. 

Un nota bene. La rimanente parte di azioni non vietate che sopravviverebbero ai divieti posti dal legislatore cattolico  – l’esistenza di un donatore per l’eterologa semplice e la donazione di gameti – non sarebbe scelta positivamente dal legislatore cattolico che ha posto solo divieti, bensì solo tollerata da costui perché impossibilitato dalla Consulta ad ottenere effetti ancor migliori. Sarebbe la Consulta ad averli voluti, non il legislatore cattolico.

Quest’ultima considerazione ci traghetta ad un’ultima possibile obiezione: astenendoci dal votare una legge che limitasse i danni è come collaborare con la Consulta a mantenere una situazione di forte iniquità dove molto se non tutto è permesso. Risposta che parte ancora dall’esempio di prima. Il pazzo che tiene in ostaggio le tre persone e promette di ucciderle se io non avrò compiuto a mia volta l’omicidio di una persona innocente costruisce lui una condizione di iniquità che non posso far altro che non accettare e rifiutare in radice. La prima modalità di non collaborare al progetto del pazzo è quello di astenermi da qualsiasi azione malvagia. Sarà la Consulta il soggetto responsabile della situazione che si andrà a creare di maggior danno, non chi è stato costretto dagli eventi all’inattività, pena di compiere un’azione malvagia. L’uomo è chiamato sempre a fare il bene morale, non sempre a lucrare l’utile. E se in certi frangenti l’unico maggior bene possibile è quello dell’astensione da atti malvagi io non potrò che optare per questa scelta omissiva. Anche se questa mia scelta provocherà più danni, ma non imputabili a me dato che sarò stato costretto all’omissione dalle scelte inique altrui.

Ricordiamo quale fu la posizione che tenne alla fine degli anni ‘90 proprio Giovanni Paolo II nella famigerata questione sui consultori cattolici tedeschi in tema di aborto. Molti di questi articolavano il seguente ragionamento: se non entriamo nella lista ufficiale dei consultori che possono accostare le donne che vogliono abortire al fine di persuaderle a tenere il bambino, lasciamo il campo ai soli consultori abortisti. Perseguendo lo scopo di limitare il danno ci iscriviamo in queste liste. Il problema stava nel fatto che se il colloquio dissuasivo non aveva avuto successo, per legge questi consultori cattolici erano obbligati come tutti a rilasciare il certificato abortivo. Il Papa chiarì che mai si può collaborare al male anche con l’intenzione di limitarne la portata malvagia. L’unica strada  - dopo alcune soluzioni (fallimentari) proposte tra cui dichiarare che il certificato non aveva valore legale – era quella di non essere iscritti in quelle liste.

​Tommaso Scandroglio
da fonte non rintracciabile

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MATRIMONI GAY/ La Corte europea: le unioni omosessuali non sono diritti umani 

28/7/2014

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Con una sentenza destinata a far storia, la Corte europea dei diritti umani infatti ha dichiarato che non spetta ad essa ordinare ai singoli paesi l'accesso al matrimonio alle coppie dello stesso sesso, che non spetta neanche ad essa formulare una legge a livello europeo sui matrimoni dello stesso sesso e specifica che le unioni civili sono più che sufficienti per le coppie omosessuali. 

La Corte ha poi confermato che la protezione dell'istituto tradizionale del matrimonio è un interesse valido per ogni singolo stato, in questo modo riconoscendo in modo implicito che le relazioni tra le persone dello stesso sesso non sono identiche a quelle tra uomo e donna sposati. 

La sentenza in questione è scaturita dal caso di un transessuale finlandese (un uomo diventato donna) e da sua moglie, che avevano chiesto alla Corte europea di pronunciarsi sulla validità del loro matrimonio.

Il transessuale, che aveva avuto un figlio e che nel 2009 si era sottoposto a operazione per cambiare sesso, aveva fatto denuncia alla Corte europea in quanto in Finlandia non esiste una legge che riconosca i matrimoni tra persone dello stesso sesso. 

La coppia sosteneva che per via delle loro credenze religiose non poteva divorziare e che le unioni civili non garantivano loro gli stessi diritti delle coppie sposate. 

Ma la Corte ha loro negato la richiesta: i diritti umani europei, si legge nella sentenza, non contemplano i matrimoni gay e le unioni civili sono più che sufficienti. 

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QUEL CHE NON CI DICONO DELLA FOTO DEI DUE ''PADRI'' GAY

10/7/2014

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L’immagine dovrebbe emozionare e dimostrare che una coppia omosessuale può avere un figlio... in realtà dimostra che non lo può avere e che due papà non fanno una mamma.

La sequenza fotografica in cui due uomini – una coppia gay canadese – abbracciano, commossi, un neonato ancora sporco di liquido amniotico, ha fatto il giro del mondo, pubblicata sui giornali con titoli che si appellano esplicitamente all'emozione del lettore (la foto in pagina è tratta dalla pagina Fb del fotografo, ndr). L'emozione c'è, ma non è empatica. È piuttosto un indefinibile turbamento che coglie qualunque donna osservi le foto dei due, che, a torso nudo, tengono il piccolo pelle contro pelle. In una sola inquadratura, ai margini, si intravede il profilo di una donna dall'espressione smarrita e sofferente; è la donna che ha tenuto quel bimbo nel suo grembo per nove mesi, che lo ha appena partorito, e deve subito consegnarlo ad altri, come da contratto. È stata pagata per questo, ha fatto il suo lavoro. Nelle foto successive scompare. Non è una madre, è solo una prestatrice d'opera, come l'altra, la sconosciuta che ha fornito a pagamento gli ovociti; perché chi ordina un bambino come un oggetto da confezionare, non vuole che sia legato biologicamente a una sola donna, e preferisce che ci siano due madri, una genetica (quella da cui sono prelevati gli ovociti) e una gestazionale (quella che presta l'utero). Poi naturalmente queste madri spariranno, e non ci sarà più nessuna madre. Le lacrime dell'uomo che ha finalmente il bimbo in braccio sono comprensibili, ma anche terribili. Non è l'emozione di un papà che ha assistito al parto, che ha tenuto la mano della compagna, che ha vissuto con lei la gravidanza. Qui non c'è un padre, perché non c'è più una madre. La donna è esclusa, negata, a malapena appare nell'angolo di un'unica immagine, ma deve essere cancellata perché si costruisca la Grande Finzione, quella di una genitorialità senza corpo, senza sesso e senza relazioni naturali. Quel bimbo non potrà riascoltare, nelle braccia della mamma, vicino al suo cuore, il battito cardiaco che l'ha accompagnato nell'utero, un suono per lui confortante e abituale. Non saprà mai che ci si può attaccare al seno, succhiando il latte prodotto solo per lui. Non sentirà l'odore della madre, l'odore dolce della morbida pelle del seno e del latte. Quel bimbo è stato ottenuto attraverso il nuovo mercato della genitorialità, che prevede procedure ben definite: cataloghi da cui selezionare le cosiddette "donatrici", mediatori competenti, avvocati, contratti, pagamenti, penali da pagare se il contratto non è rispettato.
​
La foto dovrebbe emozionare, perché dimostra che una coppia gay può "avere" un figlio. In realtà dimostra che non lo può avere, e soprattutto dimostra che due papà non fanno una mamma

Eugenia Roccella
​da Tempi
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PER UN'OBIEZIONE DI COSCIENZA ALLE SPESE ABORTIRE

9/7/2014

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Si chiama O.S.A e significa Obiezione alle Spese Abortive. L’idea è stata partorita dall’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII la quale, sul suo sito (www.apg23.org), ricorda che «l’aborto legale è pagato coi soldi delle nostre tasse. Siamo costretti a finanziare coi nostri soldi la soppressione di 320 bambini tutti i giorni. La campagna di Obiezione di coscienza alle Spese Abortive (OSA) è un gesto concreto di ribellione contro questa ingiustizia: essa chiede che cessi ogni forma di finanziamento pubblico legato all’uccisione della vita nascente. Ci si propone l’obiettivo di ottenere una opzione fiscale in denuncia dei redditi affinché si possa destinare la propria quota di tasse per garantire il diritto alla vita dei cittadini più deboli e indifesi sostenendo le gestanti in difficoltà».

Quindi la proposta dell’obiezione fiscale, voluta dal suo fondatore Don Oreste Benzi sin dal 1990, ha una doppia valenza. Da una parte simbolica: non versare poche decine di euro alle casse di uno Stato abortista è un segnale di forte critica alla 194, legge che ha introdotto l’aborto procurato nel nostro Paese. Su altro versante la proposta mira ad incoraggiare realtà pro-life destinando la somma non versata all’Agenzia delle Entrate ad associazioni che operano per aiutare la vita nascente.

Ecco come nel dettaglio si può praticare l’OSA: «Chi vuole fare obiezione alle spese abortive (OSA) deve effettuare il versamento di una cifra (si suggerisce una cifra simbolica, in quanto non è l’entità della cifra che conta, ma il gesto in sé) a favore di una realtà che opera in difesa della vita nascente. L’obiettore dovrà inviare una “dichiarazione di obiezione” al Presidente della Repubblica e al presidente della propria regione pubblicizzando al massimo il suo gesto presso amici, conoscenti, stampa locale… Al momento del pagamento delle proprie imposte l’obiettore può effettuare un gesto di disobbedienza civile, trattenendo la cifra versata per la vita nascente dalle tasse dovute o chiedendone il rimborso se a credito».

C’è anche un modulo OSA scaricabile sul sito che così recita: «Dichiaro di dissociarmi dalle scelte politiche del Governo e del Parlamento italiano e della mia Regione che sostengono e incoraggiano lʼuccisione di bambini innocenti mediante il finanziamento alle strutture che eseguono aborti ed interventi di fecondazione artificiale; di impegnarmi al fine di modificare le leggi esistenti in materia in modo che lo Stato e la Regione non forniscano alcun sostegno, compreso quello economico, a queste pratiche; di richiedere pertanto che lo Stato e le Regioni, ognuno per la parte di sua competenza, cessino immediatamente il suddetto finanziamento e dirottino i relativi fondi verso iniziative concrete di sostegno economico alle madri e famiglie in difficoltà».

Sul modulo c’è anche uno spazio apposito per allegare copia dell’avvenuto versamento compiuto a favore di una realtà associativa pro-life. Sul sito dell’associazione di Don Benzi è scaricabile anche il fac-simile della lettera che si può inviare al proprio presidente di regione. In un passaggio di questa così si legge: «L’aborto non è una attività finalizzata a dare o migliorare la vita, ma a dare la morte, pertanto non è accettabile che l’Ivg rientri tra le prestazioni comprese nei L.E.A. (livelli essenziali di assistenza): le chiediamo quindi di intervenire affinché possa cessare ogni finanziamento pubblico alle pratiche abortive».

È proprio il caso di dire che chi OSA rischia (sanzioni), come ricorda la stessa associazione: «Chi sceglie di non pagare una parte delle imposte allo Stato dovrà nel tempo affrontare le conseguenze di tale decisione». Un rischio di poco conto e forse assai gradito per chi ama la vita.
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CHI SALVERA' I BAMBINI DA ''SAVE THE CHILDREN''?

3/7/2014

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La famosa ONG a servizio della cultura della morte: contraccezione, aborto ed ora eutanasia per tutte le età, dal neonato in su

Aborto, pianificazione familiare ed ora eutanasia infantile: questo è il programma d'azione di Save the Children, la famosa ong che - quantomeno nel nome - a ben altre battaglie dovrebbe rifarsi.

E così l'organizzazione che dichiara come ragione sociale il motto "salva i bambini" collabora attivamente con Planned Parenthood, esorta le donne a fare meno figli e considera come opzione caldeggiata l'interruzione di gravidanza.
Tali aspetti sono stati sollevati da molti enti, tra cui l'associazione pro-life americana Life Decision Internation ed il gruppo britannico Catholic Action UK, che, oltre a denunciare l'operato di Save the Children, chiedono ai credenti e, più in generale, a tutte le persone che credono nel valore della Vita di astenersi da qualsiasi forma di supporto a questa ong.

L'organizzazione ha ovviamente innumerevoli siti, uno per ciascuno Stato in cui è insediata, con palpabili differenze da Nazione a Nazione: per esempio nel portale web italiano ed in quello statunitense il termine "aborto" è mascherato dietro il concetto di "pianificazione familiare", mentre in quello australiano, realtà dove la sensibilità verso la tematica è minore, si fa direttamente riferimento all'interruzione di gravidanza.
Ma anche il sito italiano non è scevro da concetti antinatalisti e frutto della più retriva cultura neomalthusiana: "La sovrappopolazione è una questione aperta ormai da anni." si legge "Facciamo troppi figli nel mondo.", "Un corretto accesso alla pianificazione famigliare invece salverebbe milioni di persone.”

Ora l'ultima uscita di Save the Children chiude il cerchio della cultura della morte: incita all'eutanasia per tutte le età, dal neonato in su.

È quanto sta accadendo in Scozia dove, nell'ambito del dibattito preparatorio alla discussione di un disegno di legge sulla cosiddetta dolce morte, entra a gamba tesa l'ong tramite il comitato "Together" - di cui Save the Children è il membro più importante - chiedendo al Parlamento scozzese di - udite, udite - rispettare la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo ed introdurre l'eutanasia anche per i minori, anche per i bambini, prendendo a modello il Belgio.
Lasciando da parte tutto il discorso sulla capacità decisionale di un bambino soprattutto in materie quali la scelta di vivere o morire, è paradossale che proprio chi sbandiera di difendere i più piccoli contribuisca a farne morire milioni nel ventre materno ed ora pretenda di concludere lo scellerato piano con l'eutanasia.

​Notizie Provita
da BastaBugie
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Arrestate il Commissario, non i medici obiettori

2/7/2014

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Arrestate il Commissario, non i medici obiettori
di Renzo Puccetti e Stefano Alice
 "Il medico ispira la propria attività professionale ai principi e alle regole della deontologia professionale senza sottostare a interessi, imposizioni o condizionamenti di qualsiasi natura" (articolo 2).

"L'esercizio professionale del medico è fondato sui principi di libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità" (articolo 4).

"La prescrizione a fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione è una diretta, specifica, esclusiva e non delegabile competenza del medico, impegna la sua autonomia e responsabilità [...] il medico non acconsente alla richiesta di una prescrizione da parte dell'assistito al solo scopo di compiacerlo" (articolo 13).

"Il medico può rifiutare la propria opera professionale quando vengano richieste prestazioni in contrasto con la propria coscienza o con i propri convincimenti tecnico-scientifici, a meno che il rifiuto non sia di grave ed immediato nocumento per la salute della persona, fornendo comunque ogni utile informazione e chiarimento per consentire la fruizione della prestazione" (articolo 22).

"Il medico in caso di contrasto tra le regole deontologiche e quelle della struttura pubblica o privata nella quale opera, sollecita l'intervento dell'Ordine al fine di tutelare i diritti dei pazienti e l'autonomia professionale. In attesa della composizione del contrasto, il medico assicura il servizio, salvo i casi di grave violazione dei diritti delle persone a lui affidate e del decoro e dell'indipendenza della propria attività professionale" (articolo 68).

Abbiamo riportato 5 articoli del nuovo Codice deontologico. Hanno una cosa in comune: il medico agisce in scienza e coscienza, non sottostà a diktat da qualsiasi parte essi provengano. Se lo facesse violerebbe la dignità della professione, perché un medico che si fa dirigere da qualcun altro tradisce la propria missione e facendolo diventa una minaccia per la salute di tutti. Quando infatti si è disposti ad incrinare la propria integrità una volta, perché non lo si potrebbe fare altre due, dieci, cento, mille volte? Se si tradisce ciò in cui si crede per paura, perché non lo si potrebbe fare per interesse? Questo ci pare sia la posta in gioco nella sfida lanciata dal presidente della regione Lazio Zingaretti in qualità di cCommissario ad acta con il decreto sulle linee d'indirizzo regionali per le attività dei Consultori Familiari con il quale, oltre ad imporre ai medici obiettori la redazione del documento per abortire, si obbligano tutti i medici dei consultori ad inserire spirali e prescrivere pillole post-coitali. 
Vorremmo che fosse ben chiara la questione: un politico vuole imporre ai medici che cosa debbono fare negli ambulatori. I medici hanno il diritto di pretendere dai propri ordini professionali quello che è doveroso: resistere ad una intromissione moralmente indecente. E poiché un tale intervento viola gravemente l'indipendenza dell'attività professionale, ai sensi dell'articolo 68 i medici non hanno alcun obbligo di assicurare provvisoriamente il servizio ingiustamente comandato. Peraltro, è proprio la legge 405 istitutiva dei consultori a stabilire tra gli scopi dei servizi di assistenza alla famiglia e alla maternità "la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento". Per quanto poi riguarda la redazione del documento per abortire, la legge 194, all'articolo 9 recita: "L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento". 

Per più di trent'anni anche i sassi hanno capito che il documento rilasciato dal medico dopo il colloquio con la donna rientra nelle attività specifiche all'aborto (e a cos'altro servirebbe un foglio dove è scritto che la donna è in stato di gravidanza, si è presentata al consultorio ed ha svolto il colloquio previsto dalla 194?) e necessarie all'aborto (il presidente Zingaretti è a conoscenza di qualche donna che abbia abortito legalmente senza quel documento? Se sì, porti le carte). Ma ora arriva lui, il commissario che non è né Maigret, né Montalbano, ma un commissario politico, a castigare i medici che non vogliono avere a che fare col sangue degli innocenti. Il colmo della beffa si raggiungerebbe se, scaduto Zingaretti, il successivo responsabile politico anch'egli democraticamente eletto, abrogasse la direttiva; in tal caso infatti i medici obiettori che avessero chinato il capo, ai sensi della legge 194 sarebbero decaduti dall'obiezione.

L'aggressività del potere abortista si fa sempre più audace e giunge a sfidare con un semplice decretino un diritto costituzionalmente fondato come il diritto alla libertà di coscienza dovuto dallo Stato ad ogni cittadino. I settori intellettuali che sempre occhieggiano quanto viene deciso all'esterno per importare in Italia il peggio, dovrebbero almeno una volta avere l'onestà  intellettuale di prendere atto che dalla nazione la cui trasparenza dei processi decisionali e indipendenza dei poteri è di esempio per tutti, giunge una decisione che è una vera e propria sberla per quanti, a partire dall'inquilino della Casa Bianca, avevano pensato di potere fare divorare la libertà della persona dalle fauci del leviatano. Non licet, non è permesso.

La catena di prodotti di bricolage Hobby Lobby insieme alla società di infissi in legno Conestoga, entrambe di proprietà di famiglie cristiane dalle forti convinzioni etico-religiose, sono state il Davide che non ha avuto paura di affrontare Golia, il Sistema Sanitario del potentissimo Obama. Hanno perso il primo round, ma sono andate fino in fondo ed alla fine, dove più contava, davanti alla Corte Suprema Federale, hanno trovato cinque giudici che hanno dato loro ragione. Pagare per assicurare pillole potenzialmente abortive ai propri dipendenti viola la libertà religiosa di un datore di lavoro, una libertà che deve essere toccata il meno possibile dallo Stato, il quale ha l'obbligo di cercare le alternative meno invasive nei confronti di tale libertà, obbligo che l'Obamacare ha violato. "Dubitiamo", ha scritto il giudice Samuele Alito insieme ai colleghi della maggioranza, "che il Congresso che ha varato la legge sul Ripristino della Libertà Religiosa avrebbe ritenuto un risultato tollerabile porre un'azienda a gestione familiare di fronte alla scelta di violare le proprie sincere convinzioni religiose o privare tutti i dipendenti delle attuali polizze assicurative sanitarie".

Noi abbiamo un dubbio simile, dubitiamo che l'Assemblea Costituente stabilendo che "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" avrebbe ritenuto un risultato tollerabile mettere un medico che cerca semplicemente di tutelare ogni vita umana davanti alla scelta di violare le proprie convinzioni morali e religiose, o privare la famiglia del sostegno del proprio lavoro. 
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