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MATTARELLA E I CATTOLICI

1/2/2015

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L’elezione alla presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella è stata accolta da un plauso quasi generale. La sua naturale ritrosia verso il cicaleccio dei mezzi di comunicazione, il suo rigore di giurista e di uomo politico pronto anche a dimettersi da incarichi di rilievo pur di essere coerente con le proprie idee, la tragedia familiare da cui è stato colpito nel 1980 con l’assassinio da parte di Cosa Nostra del fratello Piersanti, hanno costruito un alone di rispetto attorno alla figura del Capo dello Stato. La fotografia di Mattarella mentre raccoglie devastato il corpo del fratello appena crivellato di colpi mafiosi di ritorno dalla Messa e quella in cui da uomo delle istituzioni coraggiosamente (in pochissimi l’avrebbero fatto) bacia l’anello di San Giovanni Paolo II incontrandolo, per quanto mi riguarda consegnano un’evidenza plastica di chi Mattarella sia. E’ un uomo. Un uomo forgiato nel fuoco del dolore indicibile (e infatti non ne ha mai parlato, non ne ha mai fatto sfoggio) e capace di nettezza nell’esposizione pubblica e persino fisica del proprio pensieri, il che in un tempo di camaleonti ambigui me lo rende assolutamente simpatico, nel significato anche etimologico del termine.

Il plauso, dicevo, è stato “quasi” generale. Normale, direi fisiologico: sarebbe persino pericolosa l’assenza di scontenti e di oppositori del nuovo Capo dello Stato. Un filo sorprendente è stata però la levata di scudi di qualche frangia del mondo cattolico che ha protestato con toni invero paradossali accusando, con una posizione che rivela un pregiudizio politico-ideologico, il neo presidente di essersi dimesso sì da ministro per la legge Mammì che diede il via libera alla costruzione dell’impero mediatico berlusconiano, ma di non aver fatto lo stesso “per la legge 40 o la legge sul divorzio lampo”. A parte che bisogna conoscere i fatti e Mattarella non è stato parlamentare né nella sedicesima né in questa diciassettesima legislatura repubblicana, dunque sul divorzio breve non avrebbe potuto dimettersi da alcunché. Per quanto riguarda la legge 40 io la considero una buona legge che non a caso i cattolici italiani hanno trionfalmente difeso rifilando una sonora e plateale batosta al fronte laicista che era sicuro di poterla abolire per via referendaria.

Ecco, io faccio parte di quel mondo cattolico lì: di un mondo cattolico che non chiacchiera, non alambicca, non si rifugia in eterni benaltrismi conditi da qualche sofisma che nasconde spesso pregiudizio e appartenenza partitica o comunque un approccio ideologico. Io sono convinto (e mi rafforzo sempre più in questa convinzione grazie all’insegnamento di Papa Francesco) che l’ideologia sia un male. Io mi considero un testimone della verità e un combattente. E nel combattimento c’è una dimensione di concretezza che cerco di non sacrificare mai alla presunta purezza ideologica.

La Croce esce in edicola il 13 gennaio 2015 con un titolo di apertura che ha scatenato mille polemiche la cui code insultante non si è ancora placata. Quattro parole: “Serve un presidente cristiano”. Il 31 gennaio un presidente cristiano è stato eletto. A qualcuno Mattarella non piace perché oltre ad essere cristiano è democristiano o perché ha militato nell’ala sinistra di quel partito o perché è “dossettiano”. Cretinate ideologiche, appunto. Mattarella è un presidente cristiano e per noi combattenti, consci che il 2015 sarà l’anno decisivo della battaglia per la difesa della cultura della vita e della famiglia dalle iniziative parlamentari già in corso che puntano a varare le norme sulle unioni gay e sulla legittimazione dell’utero in affitto tramite la stepchild adoption, è decisivo avere un cristiano non all’acqua di rose al Quirinale.

I cattolici che oggi protestano contro Mattarella e scrivono che un presidente “cattolico” (usano offensive virgolette) serve a liquidare i cattolici, chi avrebbero preferito? Walter Veltroni? Umberto Veronesi? Il proseguio del settennato di Napolitano, quello del caso Englaro?

Mattarella è la migliore soluzione nelle condizioni date. Non dico la migliore soluzione in assoluto, noi avevamo candidato con un articolo strepitoso di Costanza Miriano la splendida Paola Bonzi al Quirinale, in rappresentanza di tutti i cattolici e gli uomini e le donne di buona volontà che si battono concretamente per la cultura della vita. Ma in politica si ragiona sulle soluzioni possibile nelle condizioni date. Come cattolici dovremo imparare a farlo e rapidamente perché la battaglia da combattere è talmente complessa che adesso servono i soldati, non i filosofi sofisti alla ricerca di purezze spaccando il capello in quattro. Bisogna ragionare sulle soluzioni possibile nelle condizioni date, per un obiettivo preciso da raggiungere: tutelare l’Italia da un’offensiva normativa che dal matrimonio omosessuale all’eutanasia ha messo radici, informo i distratti, negli ordinamenti di tutta Europa. In tutta Europa, ma in Italia no. Merito dei cristiani che resistono e, forse, anche dei tanti vituperati democristiani. Che hanno eletto un presidente cristiano alla presidenza della Repubblica.

Chi non capisce che, nelle condizioni date, va ringraziato il Signore per questo miracolo semplicemente non è in battaglia. Chiacchiera, sì, ma qui le chiacchiere stanno a zero. Bisogna vincere un combattimento difficile contro forze che ci sovrastano per numero e furbizia. Sarà bene affilare le armi dell’intelligenza, perché continuando a bearsi di cretinerie ideologiche prive di concretezza, ci si espone a certa e devastante sconfitta.

Mario Adinolfi
Da La Croce Quotidiano.it
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