I Dieci Comandamenti in prima serata su Rai Uno: uno spettacolo scoppiettante. Ma la Bibbia personale e anti-Chiesa del comico ha il fiato corto
Benigni è bravo, poco da dire su questo. Parla bene, diverte, commuove, appassiona. E pure gli argomenti se li sceglie bene. Magari a volte li ritratta, come nel caso dei Dieci Comandamenti, di cui un po' di anni fa parlava in maniera forse ancor più divertente di quanto non faccia oggi, e cioè come un'esilarante idiozia inventata dagli umani contro il volere di Dio. Oggi ne parla con reverenza, e ci infarcisce sopra due prime serate su Rai Uno con conseguente e prevedibile record di ascolti.
Benigni diverte, commuove, appassiona. Sì. Però inganna. Inganna perché dietro al velo della sua retorica scoppiettante la materia trattata ne risulta costantemente massacrata, o comunque deformata. I Comandamenti, tra i meandri di una parziale esaltazione, ne escono in realtà sviliti. La Costituzione italiana, al contrario, ne usciva oltremodo esaltata, al di là dei suoi effettivi meriti e pregi. La Commedia di Dante, poi, si diluiva in un sentimentalismo indegno dello spessore umano e razionale del Poeta. Tant'è che Benigni non ha mai convinto nessuno a leggere o studiare la Commedia: ha convinto solo a guardare Benigni che parla della Commedia.
E lo stesso vale per la Bibbia e i Comandamenti. L'assunto generale delle due serate era questo: io vi leggo il testo originale e vi faccio vedere quant'è bello e pieno di sorprese. Vi parlo del Dio autentico, scevro dalle tante aggiunte ingannevoli con cui la Chiesa nei secoli ce lo ha coperto. Naturale che in tutto questo (essendosi Benigni ben preparato) ne siano uscite, soprattutto nella prima serata, anche cose molto belle, appassionanti e che andavano pure a sovrapporsi e a coincidere con il messaggio che la Chiesa ci ha sempre trasmesso a proposito di Dio e del suo amore per l'uomo. Ma l'inganno resta, e nella seconda serata si è svelato in maniera ancor più evidente.
Guarda un po' che caso, l'inganno si è disvelato pienamente quanto il Benigni è scivolato sul sesso. La Bibbia vera dice una cosa, e cioè semplicemente che non dobbiamo commettere adulterio. La Chiesa, chissà per quale malattia sessuofobica, se n'è inventata un'altra, e cioè che il sesso tutto quanto, in qualsiasi sua forma, è peccato mortale. Parole testuali del Benigni. Gli piace vincere facile, verrebbe da dire.
E poi è strano proprio. Quando Benigni parla, ad esempio, di «non rubare» dice che questo non deve limitarsi al rubare in senso stretto, ma deve avere mille declinazioni e casistiche, fino a dire che è rubare anche costringere a lavorare più di otto ore al giorno (!). Quando si parla di sesso, ogni interpretazione oltre all'adulterio è invenzione della Chiesa, impegnata a non fare altro che impedirci di usare il pisello in qualsivoglia maniera.
Ovvio, il problema non è il sesso, il problema è la Chiesa. Anche perché sul sesso vien da dire che o Benigni si è inventato un sacco di fregnacce, o è stato sfortunato. Certo, decenni di moralismo e formalismo su questo argomento vanno probabilmente imputati alla Chiesa, su questo siamo d'accordo; però devo dire che non so i lettori, ma io un prete che appena entrato in confessionale da ragazzino mi chiedesse «quante volte?!» non l'ho mai incontrato. E addirittura dirò di più: non ho mai incontrato preti che la facessero tanto lunga sui peccati sessuali, sia quelli da giovinetto, sia quelli più impegnativi di quando si diventa adulti. Anzi, sono i peccati che con più magnanimità mi son stati perdonati. E mi hanno sempre insegnato, i preti, che sono altri i peccati veramente gravi: perdere la fede e la speranza in Dio su tutti, oppure provare odio per il prossimo.
Benigni ignora o finge di ignorare tutto questo. Non sa che quando si dice che «de sexto non datur parvitas materiae» non significa che tutti i peccati sessuali sono mortali, perché la gravità della materia non basta a far peccato mortale, e ci vuole pure la piena consapevolezza e il deliberato consenso. Benigni ignora, a proposito del comandamento «non uccidere», che è andare contro la volontà di Dio dire, come lui ha fatto, che quel peccato non può essere perdonato. Tutti i peccati, anche i più gravi, possono essere perdonati dall'infinita misericordia di Dio. Tutti, tranne naturalmente il peccato contro lo Spirito Santo, cioè pensare che Dio non ci possa salvare e rifiutare la sua misericordia. Ecco il solo peccato imperdonabile.
In conclusione, il compimento e il disvelamento della Bibbia da quattro soldi che Benigni ci ha propinato (be', quattro soldi per noi, non per lui...) lo si è avuto nel gran finale panteistico con inno alla vita firmato Walt Whitman: via la Chiesa, ma via anche Dio e la Bibbia, rimane solo un indistinto inno alla vita, all'esserci, che è sì una bella cosa, ma ha la fragilità esistenziale ed estetica di una poesia sentimentale. Dura il tempo di una risata per una bella battuta di Benigni.
Poi la trasmissione di Rai Uno finisce, e si torna a fare i conti con la propria vita, con il proprio desiderio di una felicità così difficile da raggiungere, con la propria fragilità e debolezza. E forse a quel punto le belle parole di Benigni non servono più a niente. Forse, nella vita vera, ci vuole un po' di sostanza, forse una compagnia umana che renda presente il significato della vita. Che so, una roba tipo quella tanto vituperata Chiesa...
Rossano Salini