Con la sua sortita a dare manforte agli amichetti del boicottaggio gay e fecondarolo, Cecchi Paone ci informa che: a) lui possiede un guardaroba bel fornito di boxer e slipponi usciti dalla sartoria di Dolce & Gabbana; b) ai fidanzati il tirchio Paone non fa certo cadeau da mille e una note anche se portare la griffe di D&G sui luoghi strategici dev’essere un must per certa gente. Nel coro mondiale intonato da Elton John contro Gabbana, Cecchi Paone giunge in cattiva compagnia. L’idea delle mutande da buttare sul rogo la deve aver rubata da Courtney Love che ha espresso lo stesso proposito («Ho raccolto tutti i miei vestiti Dolce e Gabbana e li voglio bruciare. Non ho parole. Boicottiamo la bigotteria insensata»), mentre l’ex tennista milionaria e lesbica Martina Navratilova ha colto subito il lato commerciale della faccenda: «Bisognerà vedere», ha insinuato, «se queste sciocchezze faranno male al loro conto in banca».
Tutti a condannare quelle affermazioni di Domenico Dolce che ha avuto il coraggio di affrontare il pensiero unico con evidenze di fatti e di buon senso: «Sono gay, non posso avere un figlio, la vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia». A seguire la frase incriminata: «Non mi convincono i figli della chimica, i bambini sintetici, gli uteri in affitto, semi scelti da un catalogo». Il capofila della campagna di boicottaggio, Elton John ha fatto sapere che indosserà più nulla di Dolce Gabbana e ha invitato gli amichetti dello star system a fare altrettanto. Posizioni intolleranti e fasciste, gli ha replicato Gabbana invitando a suo volta a boicottare i dischi di Elton John. Comunque, una cosa è certa: D&G non sono della stessa pasta di Barilla (ricordate?), loro non si sono rimangiati nulla. Anzi, rilanciano: «forse perderemo qualche fan di Elton John, forse guadagneremo qualche mamma».
Il resto è noia e finzione. Tra un boicottaggio e l’altro, un cincillà che brucia e t-shirt griffate che finiscono nella spazzatura, la guerra in corso non ha nulla di nobile e drammatico, come sono la difesa dei diritti della vita e la venuta al mondo dei bambini. Verrebbe da mandare al diavolo questo mondo di miliardari che sfodera il suo orgoglio gay perché non ha più nulla di decente da esibire. Eppure, da Cecchi Paone a Ricky Martin, padre surrogato e impotente, la polemica hollywoodiana e tutta mercantile su Dolce & Gabbana ha molto da dire e da scoprire. Una volta accettato che maschio e femmina pari sono genericamente pari, che l’embrione possa essere non il frutto di un rapporto d’amore tra un uomo e una donna, ma il prodotto di una manipolazione in laboratorio, che al desiderio non c’è limite se non quello provvisorio e mutevole della scienza, che per fare un matrimonio non ci vogliono una donna e un uomo e neppure mamma e papà per fare un figlio. Beh allora bisogna solo scegliere la tecnica migliore o la banca dei gameti capace di soddisfare anche i più eugeneticamente esigenti. In questo folle puzzle Frankenstein, tutti ci possono mettere il loro pezzettino biologico: come quella madre inglese che si è fatta impiantare nell’utero un embrione prodotto con lo sperma del figlio. Il bambino, che ora ha già sette mesi, è nei fatti figlio di suo fratello e di sua nonna. Mica poi tanto diverso dai «figli sintetici della chimica» ricordati da Dolce.
Comprereste un paio di boxer da genitori così? O uno sparato gay-fucsia con occhiali a pois verdi daun Elton John che in un attacco di paternità si procura due gemelli da un donna in affitto? Il pensiero unico e anti umano che l’ideologia gender mira a imporre a tutti, vorrebbe che tutto ciò fosse accettato come “naturale” e che innaturale e deviante diventasse invece chi si oppone a questa delirante deriva totalitaria. Le avanguardie abitano il mondo dorato dello spettacolo e del vippaio fashion perché, si sa, la moda è ormai l’unica certezza rimasta ai sudditi consumatori. Contro Dolce e Gabbana la lobby dei ricchi e famosi agita lo spauracchio del boicottaggio e del no logo, contro tutti gli altri basta la legge Scalfarotto e l’accusa di omofobia, malattia considerata ormai più pericolosa del cancro.
Luigi Santambrogio
Dal sito La Nuova Bussola Quotidiana
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