Sull’onda emotiva del referendum irlandese che ha elevato a diritto costituzionale il “matrimonio” tra persone delle stesso sesso, il ministro Boschi aveva promesso che subito dopo le elezioni regionali il governo avrebbe varato il decreto Cirinnà. Oggi, dopo la tempesta imperfetta delle regionali vinte dal centro-sinistra 5 a 2, ma che Renzi ha perduto nell’altamente simbolica Liguria, dove il suo “personale” candidato ha subito la batosta di Lega, Forza Italia e Movimento Cinque Stelle, non è escluso che a Palazzo Chigi vi siano dei ripensamenti.
Intanto, sul fronte trasversale dei sostenitori del primario diritto dei bambini ad avere un padre e una madre, si registra la mobilitazione di un vasto fronte di oppositori al ddl Cirinnà. Domani, mercoledì 3 giugno, un gruppo di parlamentari annuncerà di aver fatto proprio e lancerà in Parlamento l’appello di cinquanta intellettuali che chiedono rispetto e accoglienza nei confronti delle persone omosessuali. Ma nessuna legge che istituisca un «simil-matrimonio» o che apra alle adozioni.
E domenica 20 giugno si svolgerà a Roma, con conclusione e “festa” a Piazza San Giovanni, una manifestazione per sostenere e difendere il diritto di ogni bambino ad avere una mamma e un papà.
Le ragioni di questa doppia mobilitazione sono state anticipate ai lettori di Avvenire in un manifesto che campeggiava su mezza pagina del quotidiano della Cei nell’edizione del 31 maggio. Firmato dai Comitati Sì alla famiglia e Alleanza cattolica, il manifesto ricorda che non è possibile alcuna legge sulle unioni civili senza adozioni omosessuali, «perché la giurisprudenza europea ha stabilito che, una volta introdotte le unioni civili, non è possibile discriminare le coppie omosessuali legittimate in sede civile escludendole dalle adozioni».
«Dunque – spiega il presidente dei Comitati Sì alla famiglia Massimo Introvigne – chi non vuole le adozioni deve opporsi al ddl Cirinnà. Il che non significa rifiutare di riconoscere i diritti e i doveri che nascono da ogni convivenza, anche omosessuale, per esempio in materia di visite in ospedale, in carcere o locazione: abbiamo proposto di riunirli in un testo unico, presentato al Senato da Sacconi e alla Camera da Pagano, che è la vera alternativa alla legge Cirinnà».
Il dibattito italiano sulle unioni gay potrebbe quindi infiammarsi nei prossimi giorni. Ciò si deve anche al fatto che, dopo il clamoroso successo ottenuto dai sostenitori dall’agenda Lgbt in Irlanda, l’Italia rimane tra i pochi paesi europei che non ha ancora riconosciuto le unioni e matrimoni tra persone dello stesso sesso.
A ben vedere, però, la legislazione italiana in materia è ancora allineata a quella della maggioranza del mondo, dato che i paesi dell’est capitanati dalla Russia, l’intero continente asiatico guidati da Cina e India, i paesi musulmani del Medio Oriente e l’Africa (con l’eccezione del Sudafrica), rifiutano categoricamente di allinearsi al paradigma con pretesa universalistica introdotto dal presidente americano Barack Obama. Bisognerà allora vedere se e come la Casa Bianca intenderà spingere il governo italiano sulla china dell’allineamento all’agenda Lgbt.
In effetti, dopo aver supportato i due mandati presidenziali di Barack Obama con uno sforzo propagandistico e finanziario davvero straordinari, la task-force di militanti, avvocati, spin-doctor e ambasciatori legati alla lobby Lgbt insediatasi alla Casa Bianca, considera oggi inaccettabile che l’Italia non si sia ancora allineata ai paesi che riconoscono unioni e matrimoni tra persone dello stesso sesso. Per l’attuale amministrazione Usa la capitolazione del paese che ospita la sede della Chiesa cattolica – istituzione che nonostante lo scandalo pedofilìa scaturito dalle inchieste americane si ostina a resistere al “verbo” della multinazionale arcobaleno – è ritenuto un obbiettivo strategico di primaria importanza.
Per questo l’ambasciata americana a Roma è particolarmente attiva su questo fronte. Quando nel giugno 2012 l’ambasciatore a Roma David H. Thorne annunciò l’adesione degli Stati Uniti al gay pride italiano, aveva chiara la portata e la “missione salvifica” della presidenza Obama: introdurre nel mondo la “rivoluzione” del “same-sex marriage”. «Il Presidente Obama – dichiarava Thorne – proclamando il mese dell’orgoglio Lgbt, ha riconosciuto il grande lavoro svolto dagli attivisti e dai sostenitori dei diritti Lgbt dalle loro famiglie e dagli amici che “cercano di costruire per se stessi e gli altri una nazione dove nessuno sia considerato cittadino di seconda classe, a nessuno vengano negati i diritti fondamentali, e noi tutti possiamo essere liberi di vivere e di amare come desideriamo”».
Naturalmente, da nessuna parte dell’Occidente le persone omosessuali sono considerate “cittadini di serie B”. Eccetto, ovviamente, che in taluni paesi stimati dall’Occidente e alleati degli Stati Uniti (tipo Qatar e Arabia Saudita). Dove però i più elementari diritti umani vengono quotidianamente calpestati – tanto più quelli Lgbt, ma nello stranissimo silenzio dell’amico americano e Lgbt – e coincidenza vuole sono anche paesi che finanziano politici come Hillary Clinton, ex segretario di Stato di Obama e candidato democratico alle presidenziali 2016 (vedi editoriale).
In nessuna parte del mondo libero e democratico viene oggi impedito alle persone omosessuali di “amare” e di esercitare i proprio diritti di cittadini. Piuttosto, stando ai trend dell’industria dei media e dei consumi globali, sembra che siano le persone eterossessuali a vedere sempre più minacciati i propri diritti di cittadinanza e a doversi sentire quasi in colpa per il loro antiquato “stile” di relazioni famigliari e affettive. Insomma, l’unico “diritto” che non è stato ancora istituzionalizzato in un’ultima esigua minoranza di paesi liberi e democratici è l’equiparazione al matrimonio tra un uomo e una donna. Istituzione la cui conquista da parte dell’agenda Lgbt pare indispensabile per legittimare e internazionalizzare l’adozione, la produzione e il commercio dei bambini da parte delle coppie omosessuali. Coppie che, essendo per definizione impossibilitate a dare vita e dovendo ricorrere all’adozione o all’esternalizzazione della procreazione, vengono strumentalizzate e utilizzate simbolicamente per stravolgere l’esperienza naturale della maternità e paternità e leggittimare così surrogati e linee di filiazione sradicati da una madre e da un padre. Distruggere la peculiarità della relazione uomo-donna. Separare la maternità e la paternità dall’atto procreativo. Rendere i bambini orfani fin dalla nascita. Promuovere una “nuova fase” dello sviluppo capitalistico incentrato sullo sfruttamento della donna e sulla “colonizzazione” della vita umana. Questi, in ultima analisi, sembrano essere gli obbiettivi non dichiarati ma praticati dai grandi e potenti sponsor dell’agenda obamiana in fatto di “diritti gay” (vedi articolo “non c’entrano Né amore né diritti”).
D’altra parte l’agenda Lgbt è diventata in questi anni la punta di lancia dell’offensiva politica americana nei confronti dei paesi che non si sottomettono alla leadership “morale” degli Stati Uniti nel mondo. E’ il caso della Russia di Putin, dove si susseguono le provocazioni create ad arte (si pensi ai gruppuscoli Lgbt finanziati e sostenuti nelle proteste sulla piazza Rossa o alle Olimpiadi di Sochi dove Usa e Europa inviarono nazionali provocatoriamente guidate da atleti Lgbt), che insiste a non sottomettersi al dossier americano in materia di “diritti”.
E’ nota, per altro, la procedura messa a punto in sede Ue e alla quale si devono attenere tutti i paesi che presentano domanda di associazione all’Unione, pena il respingimento della domanda di associazione stessa: essi devono impegnarsi a introdurre “riforme” che prevedono il “diritto all’aborto”, legislazioni “gay friendly” nel senso del riconoscimento legislativo delle unioni gay e leggi “antiomofobe” che limitano la libertà di parola e di pensiero nello stile del ddl Scalfarotto. Il passo successivo, cioè il via libera alle adozioni e alla maternità e paternità surrogata, viene garantito per tramite sentenze ad hoc della Corte di giustizia europea, che hanno valore giuridico in tutta l’Unione.
Quanto allo scontro geopolitico e culturale tra le due superpotenze in Europa, l’ultimo atto di ostilità della Casa Bianca è stato ritenuto essere dalla Russia l’invio dell’Fbi in Svizzera e l’incriminazione per “corruzione” dei vertici Fifa impegnati nell’organizzazione dei mondiali a Mosca del 2018. D’altra parte, se è vero che il conflitto aperto in Ucraina spinge Mosca a qualificare come “indebita ingerenza” ogni intervento americano in Europa, è anche vero che nessun agente Fbi si è ancora fatto vedere nei cantieri Fifa in Qatar. Dove solo lo scorso anno, nella costruzione degli stadi che ospiteranno il mondiale del 2022, sono morti oltre 400 lavoratori stranieri. Immigrati che vivono ridotti in schiavitù in uno stato piccolissimo ma troppo ricco di petrodollari (e di investitori in Borsa e Real Estate Usa e Ue) per essere messo sotto accusa. Pur essendo internazionalmente risaputo che, oltre dei diritti umani negati, il Qatar è il santuario anche dei finanziatori del Califfato islamico dell’Isis.