È la mancanza di libertà quella che in realtà rende la vita impossibile. Abbiamo vinto insieme quando abbiamo deciso di puntare sulla libertà e sulla responsabilità delle donne e degli uomini di questo Paese, per scegliere se e quando diventare madri. Abbiamo vinto insieme quando abbiamo puntato sui cittadini e le cittadine perché decidessero loro se la loro vita familiare, se il loro matrimonio, era ancora possibile, agibile, se era ancora vivibile. E nei momenti difficili, nelle scelte individuali, non abbiamo altre scelte.
Se vogliamo vivere insieme, pure se la pensiamo diversamente, anche se crediamo in cose diverse, la cosa che ci può unire, l’unica che ci può unire, è la libertà nella responsabilità. E quindi vivere liberi. E quindi vivere liberi, fino alla fine». Il testo del videomessaggio – realizzato, si avverte, prima che Emma Bonino scoprisse di avere un tumore e ribadito qualche giorno fa in un’intervista rilasciata alle “Invasioni Barbariche” – contiene cinque volte la parola “libertà”. Definita “responsabile”, legata all’affermazione di desideri individuali che concernono le scelte di vita, dalla soppressione del concepito, alla distruzione del matrimonio, alla scelta di farsi dare la morte.
Non c’è da farsi illusioni. La libertà, forza che “unisce” – come sostiene la Bonino – porterà presto nel nostro Paese all’introduzione dell’eutanasia. Si eliminerà l’anziano malato – soggetto privo di rilevanza sociale, perché non produce e diventa solo un peso da sostenere – e poi, come accade in Olanda o in Belgio, si elimineranno i bambini con malformazioni, perché l’imperfezione umana è ritenuta solo materiale da buttare. Non c’è nessuna differenza tra la cultura che proviene dalla Rivoluzione Francese – sancita a livello internazionale con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 – e la cultura nazista dei lager o da quella comunista staliniana o della Corea del Nord del terzo millennio.
Né c’è neanche da farsi illusioni che quella cultura troverà opposizione politica in Parlamento, dove la logica praticata dalla legge sul divorzio in poi è quella del “male minore” e dove – se va “bene” – chi dovrebbe “gridare dai tetti”, tace, per non prendere posizione e occultare la Verità. Né, infine, c’è da farsi illusioni sulla “sorte” di Emma Bonino.
Dio, con la sofferenza che inevitabilmente le causa il tumore, le ha concesso un tempo di ravvedimento, di “soddisfazione” ̶ com’è descritto dal numero 1459 del Catechismo della Chiesa Cattolica – e di “penitenza”, che come si legge al numero 1460, «deve tener conto della situazione personale del penitente e cercare il suo bene spirituale. Essa deve corrispondere, per quanto possibile, alla gravità e alla natura dei peccati commessi. Può consistere nella preghiera, in un’offerta, nelle opere di misericordia, nel servizio del prossimo, in privazioni volontarie, in sacrifici, e soprattutto nella paziente accettazione della Croce che dobbiamo portare. Tali penitenze ci aiutano a configurarci a Cristo che, solo, ha espiato per i nostri peccati una volta per tutte. Esse ci permettono di diventare coeredi di Cristo risorto, dal momento che “partecipiamo alle sue sofferenze” (Rm 8,17)».
Emma Bonino consuma il suo “tempo di ravvedimento” propagandando la morte eutanasica. Senza giudicare, possiamo però essere certi che anche la “Chiesa della Misericordia” non potrà abolire i suoi peccati.
Danilo Quinto
Dal sito Corrispondenza Romana
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