1. Passi per il tizio di Motta Visconti che ha confessato, ma quell’altro non risulta ancora essere colpevole. Sicché un ministro degli Interni che dice: “l’assassino è stato individuato”, beh: nemmeno in Rwanda (cit. Massimo Ribaudo). Tra l’altro Alfano ha deciso da solo tutti e tre i tre gradi di giudizio mentre Bossetti era ancora in stato di fermo: non era nemmeno arrivata la convalida del gip agli arresti. Se questo ministro appartiene alla schiera dei cosiddetti “garantisti”, chissà gli altri. Un velo pietoso poi sul Giornale che titola “Schifezze d’uomini”: evidentemente in via Negri mentre decidevano la prima pagina avevano davanti uno specchio.
2. Sto pensando di costituirmi parte civile contro tutte quelle testate che parlando del genitore biologico di Giuseppe Bossetti lo definiscono “il vero padre” (tipo La Stampa, pagina 5). Il vero padre, se c’è stato, e buono o pessimo che sia stato, è quello che ha cresciuto Giuseppe dalla nascita all’età adulta, come sa qualunque genitore adottivo: non chi si è fatto una trombata quarant’anni fa poi è sparito. Qui siamo ai basici, eh.
3. E no, Bossetti non è un “figlio illegittimo”, come hanno detto tivù, giornali, siti e radio: i figli non sono mai illegittimi, né per la legge (vedere diritto di famiglia) né per chi conosce l’italiano. Semmai del famoso autista di autobus il signor Bossetti è figlio biologico: e se proprio non vi viene, va bene anchenaturale. Ma illegittimo, proprio no, grazie, e pure da parecchi anni.
4. Non sono affatto tra quelli che si indignano se i giornali vanno a prendere le foto di vittime e presunti colpevoli da Facebook: in assenza di una regola che glielo impedisca e in presenza di un sistema concorrenziale tra testate a scopo di lucro, è inevitabile. O meglio lo è se appunto non ci sono regole: di chi sono le immagini messe sui social network? Chiunque può pubblicarle a fine di profitto? Ecco: tra le tante norme invocate per il web – spesso puramente censorie – curiosamente nessuno (tanto meno il nostro inutile Ordine) pensa di occuparsi in qualche modo di questa prassi, ovviamente con un balance tra diritto di cronaca e diritti personali su foto private (qualche proposta di buon senso, in merito, può essere facilmente avanzata). Desaparecida anche l’Authority per la privacy, assai solerte quando sono in gioco i politici e i Vip.
5. Una prece per chi ieri mattina, appena Carlo Lissi è stato arrestato, ha creato una pagina Facebook a suo nome con un falso filmato dell’omicidio “ripreso da una telecamera”, il tutto per spedire gli utenti su siti di pubblicità; ma una prece anche per tutti quelli che – credendo la pagina autentica pur essendo stata messa su da pochi minuti – vi hanno scritto i loro auguri di morte, tortura e sodomia nei confronti dell’arrestato.
6. Auguri di rapido pensionamento per psichiatri, psicologi ed esperti vari che oggi commentano le cause profonde che secondo loro hanno mosso gli assassini o presunti tali: ovvio che i giornalisti li chiamino per riempire un paio di colonne, vuoti vanesi loro se rispondono inoltrandosi in analisi su persone che non hanno mai visto e di cui hanno solo sentito qualcosa in tivù. Non so voi, ma io non manderei mai un amico da uno specialista che cialtroneggia sapendo di cialtroneggiare al solo scopo di vedersi la fotina sul giornale.
7. Se tutto questo vi sembra un elogio bacchettone del politicamente corretto, no problem: so bene di espormi a questa critica. A me sembra invece una questione di ecologia dei comportamenti, insomma di civiltà, di rispetto reciproco. Perché in questo ca... di mondo dell’anno 2014 siamo tanti, viviamo tutti più o meno insieme, siamo tutti tracciabili digitalmente e siamo pure tutti dentro la grande marmellata mediatica con entrambi i piedi anche se nella vita facciamo altro. Cerchiamo di avere cura di noi stessi, del nostro vivere sociale.