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RIFLESSIONI SUL TRIDUO PASQUALE: VEGLIA DELLA NOTTE SANTA DI PASQUA

4/4/2015

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Veglia della Notte santa – la Madre di tutte le veglie. Così S. Agostino definisce questa celebrazione. Essa si colloca al cuore dell’'Anno liturgico, al centro di ogni celebrazione. Ad essa si preparavano i nuovi cristiani, in essa speravano i peccatori, tutti potevano di nuovo attingere dalla mensa ai “cancelli celesti”. Essa rappresenta Totum pasquale sacramentum. Infatti in essa si celebrano non solo i fatti della risurrezione, ma anche quelli della passione di Cristo. 

Dalla comunità primitiva non abbiamo nessuna testimonianza della celebrazione della Pasqua in una domenica precisa. Infatti i cristiani celebravano la risurrezione del Signore ogni domenica, ogni settimana. Ben presto, però, si è iniziato a commemorare la resurrezione in un giorno particolare annuale. Già gli scritti del III sec. come ad es. Didascalia Apostolorum, ci danno la testimonianza di queste celebrazioni. Si insiste sul digiuno, di cui abbiamo già parlato, sul vegliare di tutta la notte nelle preghiere, nelle suppliche, con salmi e le letture fino alle tre della notte. 

La lettura della Parola è uno dei punti principali. Non è molto facile stabilire lo schema antico delle letture. Probabilmente le letture erano sei. Quasi sempre poi sono presenti la lettura dalla Genesi (creazione), il sacrificio di Abramo, il passaggio del Mar Rosso

La Veglia primitiva non ha accenni in proposito all’istituzione dell’Eucaristia. Nella tradizione romana però la lettura del passaggio del Mar Rosso viene interpretata in senso battesimale. Dunque nel VII sec. lo schema della celebrazione potrebbe essere questo: La lettura della Parola, La celebrazione del Battesimo, La celebrazione dell’Eucaristia. 

A questo, abbastanza presto, si aggiunge anche la Liturgia della Luce, che apre la celebrazione. Il rito probabilmente proviene dal “lucernario” di cui abbiamo diverse testimonianze. Già Egeria ci tramanda che a Gerusalemme nel IV sec. si accendevano la sera, con una certa ritualità, le candele. Probabilmente all’inizio, questo gesto era solo di tipo pratico, perché era buio. Anche il Gelasiano antico, che rappresenta la liturgia dei Titoli, ha l’Accensione della candela. Ciò non è però presente nelle celebrazioni papali, ma dal V-VI sec. diventa prassi per tutte le chiese, tranne quella del pontefice, che l’assume solo verso XI sec. Dal X sec. si aggiungono nel sud della Francia, i grani d’incenso che arrivano anche a Roma verso XI sec. 

Il canto che accompagna l’'accensione della lampada è assai antico. Già Ippolito Romano ci presentava una preghiera di benedizione del cero durante la cena. Il canto del Exultet in diverse forme è testimoniato dal IV sec. 

Per ciò che riguarda il tempo della celebrazione abbiamo già fatto qualche accenno. Inizialmente e fino al V sec., era una celebrazione notturna che finiva all’alba. Ma dal VI sec. si sposta sempre più avanti. I motivi di questo cambiamento potrebbero essere i seguenti: i candidati al battesimo non sono più adulti ma bambini e non era facile farli vegliare di notte. Un altro motivo può essere quello del digiuno che poteva essere interrotto solo dopo la veglia. Nel IX sec. la celebrazione è già in crisi; si cerca allora di anticiparla, arrivando all’assurdo, con la disposizione del papa Pio V, che vietò la celebrazione della messa nel pomeriggio. Così tutta la celebrazione della veglia notturna finiva a mezzogiorno del sabato; ciò a scapito della molteplice simbologia di questa notte santa. Solo con la riforma del 1951, che anticipava quella vaticana, si ripristinava la celebrazione nelle ore notturne. 

Siccome tutti i riti finivano di sabato, la domenica rimaneva “vuota”. Anche Leone Magno ha ancora un sermone solo per la Veglia. Ma all’inizio del V sec. nasce un formulario anche per la messa della domenica di Pasqua. Il Gelasiano Antico ne è la testimonianza. 

Una piccola menzione deve esser fatta dei Vespri battesimali celebrati dal V sec. e descritti nell’Ordo XXVII dell’VIII sec. Scomparsi nel XIII sec. oggi suggeriti perché siano ripristinati. 

Oggi la celebrazione è stata ritoccata in diversi punti, ma soprattutto semplificata nei riti. Consta di quattro momenti fondamentali. 

1. La liturgia della luce 
2. La liturgia della Parola 
3. La liturgia battesimale 
4. La celebrazione eucaristica 

La liturgia della luce, essendo compiuta nelle ore notturne, ha ripristinato la sua simbologia. Il rito è stato semplificato con la possibilità di adattamenti ulteriori sia da parte del celebrante che dalle Conferenze Episcopali. Compiuta la benedizione del fuoco e del cero, l’assemblea fa rientro in chiesa con il triplice acclamazione del “Cristo – luce del mondo”. Degno di sottolineatura è il fatto della partecipazione dell’assemblea, sia nella risposta “Rendiamo grazie a Dio”, che nell’accensione delle loro candele; prima della riforma l’assemblea era quasi ignorata. Segue il canto dell’Exultet che oggi può essere cantato anche da un cantore. Alcune voci critiche hanno sottolineato l’”assenza” dello Spirito santo, alquanto importante nel senso del “fecondatore” dell’acqua battesimale. Forse sarebbe più opportuno anche collocarlo dopo la Liturgia della Parola come sintesi di essa. 

La Liturgia della Parola è stata arricchita con le orazioni “a scelta”, che rendono più facile la comprensione delle letture. Oggi abbiamo nove letture scelte dall’Antico e dal Nuovo testamento. Si può tralasciarne qualcuna, mai però quella dell’Esodo, cioè del passaggio del Mar Rosso. Nel varco dall’Antico al Nuovo si ha il canto del Gloria – canto pasquale per eccellenza - accompagnato dal suono delle campane. Quell’inno nell’Occidente fu riservato proprio alla Notte santa. A ciò si aggiungono diversi “Alleluia” che annunziano la gioia della Risurrezione del Signore. 

Alla Liturgia della Parola segue la Liturgia Battesimale. Il messale presenta due varianti: quando ci sono i battezzandi, oppure la sola benedizione dell’acqua lustrale. Qui vediamo una novità non indifferente: la rinnovazione delle promesse battesimali e l’aspersione dell’assemblea con l’acqua benedetta. I fedeli portano in mano la candela accesa col fuoco nuovo, che simboleggia l’attesa del Signore che ritorna alla fine dei tempi. E’ da sottolineare che i padri più che l’attesa della risurrezione vedono qui l’attesa escatologica. Parafrasando si potrebbe dire: “se vedete la prima alba celebrate l’Eucaristia. E’ segno che questa volta il Signore non verrà”. 

Si è voluto lasciare alla Veglia il senso battesimale. Pertanto se ci sono i candidati al battesimo qui ha il luogo la celebrazione del sacramento. 

Al termine la celebrazione prosegue con l’Eucaristia. Tutto il mondo cosmico è rinnovato dal Mistero Pasquale. I neo-battezzati per la prima volta si comunicano assieme con tutti i fedeli. Tutti partecipano al sacramento dell’altare, a cui l’intera preparazione quaresimale e il digiuno intra-pasquale hanno portato. 

Purtroppo dal punto di vista pastorale c’è ancora molto da fare, perché la Veglia sia riscoperta anche da parte dei fedeli. La Vigilia di Natale ad es., riesce abbastanza bene; tanto più dovrebbe essere celebrata questa, La Madre di tutte le veglie, unica nell’anno. Si dovrebbero forse, accentuare maggiormente gli elementi fondamentali di questa celebrazione: la Liturgia della Parola, la celebrazione dell’acqua e soprattutto la celebrazione dell’Eucaristia, che è il coronamento di esse. Quest’ultima rischia però di passare in secondo ordine, in quanto non comporta una propria originalità.

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